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San Giovanni in Fiore: pronta la Consulta degli emigrati, zeppa, ahinoi, di politici

lunedì 18 giugno 2007.
 

La Consulta degli emigrati fu cancellata dallo statuto comunale quando, Riccardo Succurro sindaco, venne in parte modificato e aggiornato.

La maggioranza di allora non accolse l’impianto normativo sul difensore civico proposto da Greco e Basile, della lista civica “Risveglio florense”. Nel contempo, votò per l’abolizione dell’organo, rappresentativo dei fuori sede. Volontariamente o senza avvedersene.

Dunque, alcuni si adoperarono perché la parola “emigrati” tornasse nello statuto, restituendo così un significato e un ruolo politico alla categoria.

Tuttavia, negli anni si verificarono due fenomeni drammaticamente curiosi. Le operazioni per riabilitare la Consulta durarono più in là d’ogni immaginazione. Ancora, ci fu un accanimento di parte verso François-Xavier Nicoletti, reo di rappresentare residenti oltre le mura, in quanto presidente dell’associazione Heritage Calabria e della Fondazione Heritage degli Emigrati.

Certo, lui prese il caso di guerra con l’impeto tipico del calabrese, con l’ebollizione sanguigna dell’anima migrante. Al punto da abbandonare il palco durante l’inaugurazione della foresteria di Heritage, per la partecipazione del sindaco, Succurro, accusato di non aver mantenuto la promessa di risolvere il fattaccio, o l’equivoco.

Così, nonostante le abitudini d’alta Europa, in alcune occasioni Nicoletti s’accalorò da buon meridionale, mandando gli amministratori locali all’altro paese, quel luogo in cui i sistemi di smaltimento non profumano d’incenso. Messa così, tutta la storia sembrerebbe concepita dalla penna di Giovenale o d’un qualche, più noto, autore contemporaneo. Parrebbe suggerirci una messinscena divertente, magari per dimenticare ciò che si compie, sul posto, contro la memoria.

Gli emigrati sono stati spesso considerati un optional, una specie di sfiato, che, tutto sommato, se c’è o manca è uguale.

Venerdì 15 giugno, a Palazzo De Marco, viene presentato il regolamento sulla Consulta, partorito dopo anni e anni di traversie, dialettiche e incomprensioni fra maggioranza in comune e rappresentanze degli emigrati.

Secondo un comunicato stampa diffuso dal municipio, il lavoro è frutto, in primo luogo, di operazioni politiche e tecniche gestite da Annarita Pagliaro, reggitore della commissione incaricata, e Franca Migliarese Caputi, presidente del consiglio comunale.

Un bel colpaccio per la sinistra locale, che ha messo in campo, nella circostanza, due dei suoi membri migliori. Anche se, stando appresso alla vigente retorica sull’emancipazione, il termine non sarebbe proprio calzante.

Ciò che più turba gli emigrati, come il sottoscritto, è il fatto che, sulla Consulta, dei semplici suggerimenti espressi né la Pagliaro né la Migliarese Caputi né l’attuale sindaco, Antonio Nicoletti, hanno voluto tener conto.

Tante volte, infatti, gli emigrati hanno ribadito che la Consulta deve essere di emigrati.

Nell’ottica, dunque, d’una partecipazione dei medesimi all’ingegneria sociale e alle dinamiche politiche del luogo, è stato detto, e scritto, che non è passabile una Consulta composta in prevalenza di politici.

È normale che gli emigrati debbano ritrovarsi, anche grazie ai moderni mezzi di comunicazione, e debba loro riconoscersi piena facoltà di discutere dei problemi di San Giovanni in Fiore, da rappresentare, poi, alle istituzioni competenti.

Se la Consulta diventa contenitore, invece, di politici e partiti, si può fare a meno di chiamarla “Consulta degli emigrati”. Correttamente, a patto d’averci delle prove concrete, potrebbe denominarsi “Consulta per gli emigrati”.

E sarebbe un organo consultivo aggiunto a quelli già esistenti, e poco operativi, se il consiglio comunale ha impiegato, nel merito, più d’un quinquennio per sbrogliare l’intera matassa.

Sarebbe, come dire, una vera duplicazione, in un momento in cui proprio la Calabria fornisce all’Italia segnali di razionalizzazione e snellimento. Il progetto di Nicola Adamo su aziende sanitarie e agenzie regionali per l’agricoltura e la forestazione è stato spiegato in questi termini dal governatore calabrese Loiero.

A me pare, con oggettività, che gli emigrati fanno paura per la loro indipendenza. Perché sono lontani, in tutti i sensi, dalla subordinazione operata dai partiti. Non mi convincono, anche sulla Consulta, i voli pindarici di Antonio Nicoletti, al quale invio un messaggio.

Paolo Pacifici è il sindaco di Campello sul Clitunno. Trentaduenne, ha gestito la recente vicenda dell’esplosione di un silos della Umbria Olii, con quattro morti e grave danno ambientale. È convinto che la politica debba aprirsi alla società, ascoltando i cittadini, che ritiene protagonisti dello sviluppo della sua comunità.

Antonio Nicoletti, a parte le dichiarazioni pubbliche di fedeltà alla coalizione, non fa che dare l’immagine d’un amministratore affezionato al cellulare. A quante voci darà seguito?

Emiliano Morrone

già su il Crotonese del 15 giugno 2007


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