Ill.ma Senatrice,
a nome del Gruppo EveryOne e degli Amici di Elissa, la prego di accettare questa nostra sentita espressione di solidarietà nei suoi confronti.
Come qualunque buon cittadino italiano, accogliamo con malinconico sdegno l’odierna sentenza di proscioglimento per l’esecutore materiale dell’agguato al Dott. Nicola Calipari.
Non ci dilunghiamo sulla fragilità delle Istituzioni repubblicane e non ci facciamo cogliere dalla rassegnazione. Crediamo che nessun Tribunale possa alterare la verità storica, che è quella che rimane nella memoria dei popoli e della posterità.
La sentenza di oggi è - sotto quest’ultimo profilo - IRRILEVANTE. Essa condanna sé stessa, condanna un sistema giudiziario che è molto lontano da un’idea accettabile di Giustizia.
Desideriamo invece farle sentire la nostra umile vicinanza e soprattutto l’amore che proviamo per Suo marito, il Dott. Nicola Calipari; farle sapere ciò che egli rappresenta per tutti noi, a prescindere da sentenze da Paese vassallo. Proprio qualche giorno fa gli abbiamo dedicato un commosso pensiero (lo riportiamo qui di seguito).
Non era nostra intenzione inviarlo alla sua attenzione, perché sappiamo che il suo dolore è sempre molto vivo. Ma forse oggi non è sbagliato aver pensato di condividerlo con lei.
Ci dica per favore se abbiamo sbagliato.
A sua disposizione per iniziative di comunicazione, sensibilizzazione, protesta civile.
I più reverenti saluti,
Salvatore Conte (Roma)
Gruppo EveryOne
Gli Amici di Elissa
Ai Sacri Mani di
NICOLA CALIPARI
M.O.V.M.
Massimo Onore dei suoi Secoli e della sua Italia
Padre della Nazione degli Uomini
Senatore della Città Eterna
L’ho conosciuto soltanto quando la sua vita terrena si era già conclusa.
Ma mi consolo di avere usato bene le mie parole quando lui era ancora vivo.
Non conoscevo nulla di lui, ma ho capito che c’era.
Sono stato - se non deriso - almeno frainteso (ben poca cosa in sé stessa),
ma l’importante è che ho capito che c’era...
Sono molto fiero di averlo capito. Non sempre è vietato sognare un Eroe.
Io spero che Nicola Calipari abbia letto le mie parole
e quelle di tutti gli altri che lo hanno amato e ringraziato (inconsapevoli del suo nome)
per la liberazione di Manhaz, Raad, Simona e Simona.
Forse - ed un giorno me lo dirà - le ha portate con sé nella sua ultima missione,
quando il suo ultimo istante di vita si è rivelato il più prezioso di tutti:
senza l’intermezzo di un istante, dalla sua morte è nata la seconda vita di Giuliana Sgrena.
L’ha fatto per tutti noi. È stato l’Eroe di tutti noi.
Ed io credo, l’ho sentito, che Nicola Calipari abbia lottato insieme a ciascuna delle persone
che nel Mondo si sono battute per Pegah Emambakhsh,
le abbia sostenute, abbia parlato con la loro voce,
abbia lui stesso salvato Pegah, dopo aver salvato Manhaz, Raad, Simona, Simona e Giuliana.
Ho accostato Roberto Malini a Nicola Calipari.
So di avere espresso un giudizio che è tanto più grande di me.
Ma io mi chiedo in che cosa siano diverse le loro anime.
Ah Nicola, quante Stelle nel Cielo di Dio portano con fierezza il tuo nome!
Se non avessimo pensato che Tu sei esistito, e che Tu esisti sempre,
noi non ce l’avremmo fatta, nessuno di noi poteva farcela.
Non è stata quella la Sua ultima missione, Dott. Calipari.
È giunta ancora una vittoria, ancora una donna piena di luce che vive perché Tu ci sei stato. Eccome.
Ci sei stato, eccome.
Massimo Esempio.
MAXIMUM EXEMPLUM
Salvatore Conte
Gruppo EveryOne
Gli Amici di Elissa
----- Original Message -----
From: rosacalipari@rosacalipari.it@
To: Salvatore Conte
Sent: Wednesday, November 07, 2007 4:01 PM
Subject: re: Nicola Calipari, M.O.V.M. : "In nome del
popolo ital iano" il delitto è impunito
Caro Salvatore,
scusandomi del ritardo con il quale ti rispondo, per prima cosa voglio dire a te e ai gruppi che hai rappresentato nella tua mail.. "GRAZIE".
Grazie perché, anche te, come molti italiani condividi la mia posizione e la mia battaglia di legalità internazionale, di tutela dei diritti umani e di giustizia. Ancora una volta, come già due anni e mezzo fa, riscopro attraverso la partecipazione di tanti, che il nostro Paese è meno crudele, cinico e distratto di quanto il dolore rinnovato di questi giorni mi spinga credere. Esiste uno stupore maggiore anche della stessa arroganza dell’ingiustizia ed è quello di riscoprirci in tanti.
Quello che è successo il 25 ottobre in quell’aula del Tribunale di Roma non riguarda più solo la famiglia Calipari, ma l’Italia. Credo infatti che tutto il nostro Paese abbia perso qualcosa, anzi per meglio dire ha rinunciato a qualcosa, alla propria sovranità; ha rinunciato non soltanto a processare l’esecutore materiale dell’assassinio di un uomo che ha dato la vita al servizio del Paese, ma anche ad affermare la propria autonomia sul piano internazionale.
Dalle voci di amici vecchi e nuovi arriva l’invito a non mollare. Sono stati momenti difficili, ma oggi anche di fronte alla grandezza dell’impegno, non voglio cedere il passo all’incertezza o alla sfiducia. E non lo farò. Siamo delusi, scoraggiati, indignati ma con la speranza di credere che non può essere tutto perduto.
Grazie ancora perché il sostegno e la vicinanza delle tue parole che è arrivato a me, alla mia famiglia e alle persone che lavorano con me è grande ed un motore enorme per quella faticosa ma indispensabile ricerca della ricerca della verità, della giustizia, della pace.
Con sincera cordialità e amicizia
Rosa Villecco Calipari
CALIPARI: NIENTE PROCESSO PER LOZANO
ROMA - La terza corte d’assise di Roma ha dichiarato il difetto di giurisdizione e disposto il non luogo a procedere per Mario Lozano, l’ex soldato Usa che il 4 marzo 2005 uccise Nicola Calipari a Baghdad. La decisione è stata presa dal collegio presieduto da Angelo Gargani dopo una camera di consiglio durata più di due ore. Il pronunciamento della Corte ha quindi posto fine al processo a Lozano, mai comparso davanti all’autorità giudiziaria italiana, per omicidio volontario.
La Corte di assise, in particolare, ha deciso sulla base di un’eccezione sollevata dall’avvocato Alberto Biffani, difensore dell’imputato, il quale rivendicava la carenza di giurisdizione dell’Italia a processare l’ex soldato che il 4 marzo 2005, sulla Irish Route, fece fuoco sulla Toyota che stava conducendo all’aeroporto Nicola Calipari, l’inviata del Manifesto Giuliana Sgrena e l’agente del Sismi Andrea Carpani.
La Corte, quindi, ha accolto le argomentazioni dell’avvocato Biffani il quale, tra l’altro, sosteneva il difetto di giurisdizione alla luce dell’adesione dell’Italia ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza secondo la quale tutto il personale della coalizione che opera in Iraq è sottoposto alla giurisdizione dello Stato di invio.
SGRENA, HA VINTO L’ARROGANZA AMERICANA "Ha vinto l’arroganza americana che non voleva questo processo". Così Giuliana Sgrena, l’inviata del Manifesto ferita il 4 marzo 2005 a Baghdad nella sparatoria culminata nella morte di Nicola Calipari, ha commentato la decisione della terza Corte di assise di Roma che oggi ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di Mario Lozano per difetto di giurisdizione. "E’ una decisione incredibile e inconcepibile - ha aggiunto la giornalista - non si vuole fare giustizia per Calipari, celebrato come un eroe quando è tornato in Italia in una bara. Ma l’Italia non vuole capire cosa sia successo". "A Lozano non ho nulla da dire - ha concluso Sgrena - vorrei conoscere la verità e solo lui poteva dircela. L’Italia ha perso la sua sovranità".
LA VEDOVA, HANNO UCCISO NICOLA PER LA SECONDA VOLTA "Hanno ucciso Nicola per la seconda volta, e stavolta in nome del popolo italiano". E’ duro il commento di Rosa Villecco Calipari, vedova del funzionario ucciso a Baghdad, alla dichiarazione del non luogo a procedere per difetto di giurisdizione nei confronti del soldato Usa Mario Lozano.
La senatrice parla di una conclusione "contraddittoria": "La Corte ha dovuto decidere sulla qualificazione del delitto politico senza conoscere gli atti. La sovranità del nostro Stato si ferma davanti alla discrezionalità di un cittadino straniero che decide di non mettere piede in territorio italiano". Rosa Villecco ha saputo la notizia mentre era in aula in senato: "Casson è intervenuto a fine seduta per chiedere l’ intervento immediato in aula del ministro della Giustizia per avere delucidazioni".
SODDISFATTO DIFENSORE LOZANO,INCREDULE PARTI CIVILI "E’ stato dimostrato che il nostro sistema giudiziario è con i fiocchi perché in grado di correggere errori di esercizio dell’azione penale". L’avvocato Alberto Biffani, difensore di Mario Lozano, non nasconde la sua soddisfazione per la decisione della Corte di assise di Roma che oggi ha dichiarato il non luogo a procedere per il suo assistito. "Ero convinto della fondatezza delle mie tesi - ha aggiunto il penalista - e la Corte ha ritenuto che non ci fosse la giurisdizione per celebrare questo processo. Vedremo ora le motivazioni. L’ufficio del pubblico ministero conserva intatti, comunque, i poteri di impugnazione". Sorpreso dalla decisione della Corte l’avvocato Franco Coppi, legale di parte civile per conto di Rosa Calipari, moglie di Nicola oggi assente in aula, e dei figli. "Non me l’aspettavo - ha dichiarato - eravamo convinti di avere ragione. Certamente è una decisione sorprendente, aspettiamo le motivazioni".
DIFENSORE LOZANO: "ORA VUOLE VENIRE IN ITALIA" Ora che non può più essere processato per il caso Calipari, Mario Lozano vuole andare in Italia. Lo ha detto Ed Hayes, l’avvocato americano del soldato della Guardia Nazionale per cui oggi la terza Corte d’Assise di Rima ha deciso il non luogo a procedere. "Mario aveva sempre voluto andare in Italia. Ha parenti lì. Ma era difficile per lui fintanto che era sotto processo", ha detto Hayes all’Ansa.
L’avvocato ha detto che Lozano è "molto contento" della decisione del tribunale italiano. E’ stato "un pronunciamento molto equo" - ha detto il legale - in linea con "la lunga e sofisticata storia del sistema giudiziario in Italia". Attraverso Hayes, il soldato protagonista nel marzo 2005 a Baghdad della sparatoria al posto di blocco in cui ha trovato la morte il funzionario del Sismi Nicola Calipari mentre la giornalista Giuliana Sgrena è rimasta ferita, ha espresso gratitudine per il lavoro del suo legale italiano Alberto Biffani ("é stato fantastico") e apprezzamento per l’appoggio ricevuto dal Pentagono. Oggi il portavoce del Dipartimento della Difesa Todd Vician ha commentato che la morte di Calipari a Baghdad "fu una tragedia", ma per il Pentagono restano validi i risultati dell’inchiesta congiunta Usa-Italia del 2005, che escludevano ulteriori azioni legali contro i soldati al posto di blocco. Quanto alle reazioni dell’opinione pubblica italiana alla decisione di oggi della Corte d’Assise, Hayes ha detto che "molti italiani si rendono conto che è stato un terribile incidente". Lozano - ha detto l’avvocato - è convinto che in Italia "l’uomo della strada non sarà infuriato con lui". Quanto alla reazione di Giuliana Sgrena, secondo cui oggi in tribunale "ha vinto l’arroganza americana", Hayes ha detto che la giornalista "non è un testimone credibile".
"La Sgrena - ha detto il legale - odia gli Stati Uniti e permette che le sue opinioni politiche colorino le sue affermazioni". Hayes è un celebre penalista del foro di New York: negli anni Ottanta è stato una star di celebri processi di mafia. Oltre ad aver ispirato il personaggio del romanzo di Tom Wolfe Il Falò delle Vanità, Hayes è apparso in Goodfellas di Martin Scorsese e ha scritto un libro intitolato "Mouthpiece: alife in, and sometimes just out, the Law’.
I servizi segreti che servono l’Italia.
Silvia e il «grazie» a chi fa e non disfa
di Antonio Maria Mira (Avvenire, martedì 12 maggio 2020)
Ci sono uomini a cui non potremo mai dire pubblicamente “grazie”. Non sapremo mai il loro nome. Né cosa abbiano fatto esattamente. Ma è giusto così. Sono gli uomini dei nostri Servizi segreti che con le loro azioni e le loro relazioni sono riusciti a riportare a casa, sana e salva, Silvia Romano.
Sono ombre, ombre preziose e efficienti. Non James Bond, ma veri ed efficaci. Della loro esistenza, del loro lavoro, delle loro facce, ci siamo accorti forse per la prima volta il 4 marzo 2005 quando un loro “capo” sul campo, Nicola Calipari, grande uomo e grande poliziotto, venne ucciso dal “fuoco amico” americano mentre portava in salvo la giornalista Giuliana Sgrena, sequestrata a Baghdad un mese prima. Allora una storia ebbe, pur tragicamente, un nome. Ma Calipari, responsabile delle operazioni all’estero del Sismi, era già stato protagonista della liberazione delle giovani cooperanti Simona Torretta e Simona Pari, “le due Simone” sequestrate sempre in Iraq il 28 agosto 2004 e tornate a casa il 28 settembre dello stesso anno. Di quel giorno c’è una famosa foto che inquadra le due Simone, finalmente libere, in primo piano. Sullo sfondo, sfocato, c’è Calipari. Nessun protagonismo. Così deve essere un vero operatore dell’intelligence. Allontaniamo vecchie e tristi immagini di 007 che depistano le indagini su stragi e terrorismo. Fatti veri, purtroppo mai chiariti fino in fondo: storie di bombe, collusioni, strategie della tensione...
Le storie di oggi sono diverse, anche se restano coperte da segreti. Non per coprire chissà quale nefandezza, ma per tutelare chi opera per salvare vite e per difendere la sicurezza del Paese. Eppure a ogni sequestro risolto si torna a parlare, più o meno scandalizzati, e troppo spesso a sbraitare di riscatti pagati, di cedimenti a chi usa la violenza. Lo fanno soprattutto certi ambienti americani e i filo-amerikani (quelli col “k”, con la “c” filo lo siamo anche noi) che considerano gli italiani troppo umanitari e, dunque, arrendevoli. E che preferiscono le azioni da Rambo, quasi mai vincenti. Spiccano nel mucchio dei polemici anche non pochi politici nostrani.
Già, ma quanto vale una vita? Vale un riscatto? Il 9 maggio abbiamo ricordato la drammatica morte di Aldo Moro, giunta dopo 55 giorni di terribili scontri tra chi voleva trattare e chi no. È ormai noto che Paolo VI autorizzò la raccolta di fondi per pagare un riscatto. Invano. Era un cedimento o l’estremo tentativo di salvare una vita? Allora parte dei nostri Servizi segreti erano inquinati, deviati, più obbedienti agli equilibri (o disequilibri) della “guerra fredda”, guerra a bassa intensità, piuttosto che impegnati a salvare una vita.
Oggi i nostri Servizi salvano anche le vite di chi, malgrado altre forme di guerre, presidia il fronte della solidarietà. Lo fanno usando infiltrati e informatori, utilizzando segrete alleanze, spendendo soldi? È il loro mestiere e lo fanno bene. Non sapremo mai il loro nome, ma un grazie corale lo meritano. Senza polemiche, senza dietrologie, senza rivendicazioni da duri e puri che non hanno mai salvato nessuno. Troppo comodo. Fatelo voi l’agente dei Servizi, o anche l’investigatore come era Calipari prima di scegliere l’intelligence. Una vita che non cerca consensi o notorietà, ma solo risultati.
Così si difende la dignità di un Paese, salvando persone, non riempiendosi la bocca di stucchevoli proclami. “L’Italia non deve trattare!”, abbiamo sentito anche in questo anno e mezzo di rapimento di Silvia Romano. Meno male che anche stavolta il Governo e i nostri agenti non hanno ascoltato. Prima la vita. Sempre.
4 MARZO 2005. IN MEMORIA DI NICOLA CALIPARI
di GIULIANA SGRENA (il manifesto, 4 marzo 2009)
Quattro marzo 2005. Quattro anni fa, sembra ieri, oggi ancora piu’ di un anno fa. Quanto clamore aveva suscitato la morte di Nicola Calipari. Un eroe, si diceva, tutti dicevano, quando e’ tornato da Baghdad chiuso in una bara. Io non credo agli eroi, proprio io, che sono qui grazie a lui. E non solo io.
Quattro marzo 2009. Un silenzio assordante. Chi si ricorda ancora di Nicola Calipari? Medaglia d’oro al valor militare consegnata a Rosa dal presidente della Repubblica, scuole, strade intitolate a lui, tanti riconoscimenti. E oggi? Dove sono finite le personalita’, i politici di ogni tendenza che allora lo avevano celebrato?
Quei militanti di sinistra che, come me, noi, avevano scoperto che essere un servitore dello stato non vuol dire essere solo al servizio del potere ma puo’ voler dire anche intervenire in soccorso dei suoi cittadini? Tutti.
Come dimenticare che un processo - che forse non avrebbe fatto conoscere la verita’ su quanto successo il 4 marzo 2005 a Baghdad ma almeno avrebbe potuto provarci - e’ finito nel nulla senza che nessuno protestasse? Eppure, ancora una volta, l’Italia ha rinunciato alla sua giurisdizione, anche di fronte all’assassinio di un suo cittadino celebrato come un eroe.
Una sovranita’ sacrificata in nome dei rapporti con gli Usa di Bush. Con Obama sarebbe stato diverso? Forse, ma e’ troppo tardi per saperlo. Da noi i governi sono cambiati ma nessuno ha fatto un gesto per avere il processo, per chiedere a Mario Lozano perche’ nelle varie interviste a giornalisti poco reattivi ha parlato di quella di Calipari come "una missione suicida", per chiedergli perche’ "in Italia era minacciato", da chi?
Negli Usa, un gruppo di avvocati di Los Angeles ha promosso un’azione giudiziaria per chiedere le regole di ingaggio in vigore in tre azioni militari degli americani in Iraq, una e’ quella che ha visto l’uccisione di Calipari. Il giudice ha riconosciuto la validita’ della richiesta, il Pentagono non ha ancora risposto, ma forse lo fara’. Forse in questo caso il nuovo corso di Obama avra’ qualche effetto.
Ma l’Italia, come gli Usa, ha archiviato il caso Calipari. L’Italia e’ diventato un paese senza memoria. Un paese che ogni giorno si arrende di fronte alla demolizione delle fondamenta delle nostre istituzioni nate dalla Resistenza contro il fascismo, come puo’ ricordarsi di un servitore proprio di quello stato democratico.
Eppure non tutti hanno dimenticato Nicola Calipari e non siamo solo noi a ricordarlo. Spesso, girando per l’Italia, in vari incontri mi viene sollecitato il ricordo di Nicola, un ricordo doloroso, da condividere con gli altri, per non permettere l’oblio. Tante persone comuni, quelle che non dimenticano, anche oggi 4 marzo 2009 si ricorderanno i momenti drammatici di quattro anni fa. Non per celebrare un eroe - per gli eroi ci sono le medaglie - ma per un uomo perbene, uno che come noi difendeva gli stessi valori.
Ansa» 2008-06-19 17:55
CALIPARI: CASSAZIONE, NIENTE PROCESSO A LOZANO
ROMA - Non ci sarà nessun processo nelle aule della giustizia italiana per il soldato statunitense Mario Lozano che, il 4 marzo 2005 a Baghdad, ha ucciso l’agente del Sismi Nicola Calipari e ha ferito la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena e un altro agente del Sismi. Lo ha appena deciso la Cassazione.
In particolare i supremi giudici della I sezione penale hanno rigettato il ricorso presentato dalla Procura di Roma, e dalle parti civili, contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di Roma il 25 ottobre 2007 aveva dichiarato la "carenza di giurisdizione" della magistratura italiana ad occuparsi di processare Lozano. I giudici di merito, infatti, avevano ritenuto che il militare sia da considerare esclusivamente sottoposto alla giurisdizione americana. Nei confronti di Lozano non è stato avviato alcun procedimento e tutt’ora è impiegato nell’esercito del suo paese. In Cassazione aveva fatto ricorso Giuliana Sgrena. Si erano associati alla richiesta di processare Lozano in Italia anche l’avvocatura dello stato e la vedova di Calipari, Rosa Villecco.
Il processo era stato chiesto dall’Avvocatura dello Stato, a nome della Presidenza del Consiglio, nell’udienza in corso in Cassazione davanti alla Prima sezione penale, contro la decisione della Corte d’appello di Roma che ha dichiarato il difetto della giurisdizione italiana nei confronti di Lozano.
Ma il sostituto procuratore generale della Cassazione Alfredo Montagna sostiene che l’artigliere americano non può essere processato in Italia e deve essere confermata l’assenza di "giurisdizione italiana". "Dovrà rispoderne alla sua coscienza", così Rosa Villeco, vedova di Nicola Calipari, si é rivolta al sostituto procuratore della Cassazione Alfredo Montagna.
"Dopo aver sentito le conclusioni del sostituto procuratore generale della Cassazione Alfredo Montagna che ha sostenuto l’immunità per Lozano, e dunque la sua non processabilità in Italia ritengo di dover esprimere una posizione agnostica nel senso che mi rimetto al giudizio della Cassazione e non mi esprimo né perché sia affermata la giurisdizione italiana né perché venga confermata l’assenza di giurisdizione. Da Palazzo Chigi abbiamo ricevuto l’indicazione di aderire all’orientamento della Procura della Cassazione". Così l’avvocato dello Stato Massimo Bachetti che rappresenta la Presidenza del Consiglio nel procedimento per l’omicidio dell’agente del Sismi Nicola Calipari e per il ferimento della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena ha preso le distanze dalle memorie presentate dalla stessa Avvocatura dello Stato in Cassazione nei quali l’Avvocatura erariale si associava alla richiesta della Procura di Roma, e delle parti civili, di processare il soldato statunitense Mario Lozano in Italia. Fu Lozano a sparare mortalmente a Calipari al checkpoint 541 della strada per l’aeroporto di Baghdad il 4 marzo 2005.
"Quella che esprimo, mi rendo conto, é una posizione ’agnostica’, un po’ atipica, ma in precedenza non avevo preso in considerazione la riflessione del Pg sull’immunità per Lozano", ha proseguito l’avvocato dello Stato Massimo Bachetti spiegando il ’cambiamento’ della sua posizione. "Rimangono naturalmente in piedi tutte le critiche che abbiamo vantato alla sentenza della Corte d’appello che rimane una sentenza sballata però la decisione di rimettermi alla Corte mi sembra la migliore dal momento che la Procura della Cassazione non ha condiviso il ricorso della Procura di Roma e non possiamo essere noi, da soli, a sostenerlo". Bachetti ha infine ribadito che "l’input avuto da Palazzo Chigi, sia prima con Prodi che adesso con Berlusconi, era quello di seguire l’evoluzione del processo".
La richiesta formulata dall’Avvocatura dello Stato, rappresentata da Massimo Bachetti, é stata resa nota dal consigliere della Prima sezione penale Giovanni Canzio nella sua relazione introduttiva. In aula sono presenti, tra gli altri, la giornalista liberata da Calipari, Giuliana Sgrena, e il direttore del Manifesto, Gabriele Polo, insieme a molti colleghi di Calipari. E’ ora in corso la requisitoria del sostituto procuratore generale Alfredo Montagna. Il verdetto della Suprema corte si conoscerà in serata.
intervista
«Non mollo, andrò alla Corte Ue»
La grande delusione di Rosa Calipari, moglie del funzionario del Sismi e senatrice dell’Ulivo: prima lo hanno trattato come un eroe, poi lo hanno ucciso una seconda volta. L’Italia si conferma un paese a giurisdizione limitata. Ma non finisce qui. Farò ricorso in Cassazione ma andrò anche oltre, fino alla Corte di Giustizia europea
di Giacomo Russo Spena (il manifesto, 26.10.2007)
Roma «Hanno ucciso Nicola per la seconda volta, e stavolta in nome del popolo italiano». Non usa mezzi termini Rosa Villecco Calipari, moglie del funzionario del Sismi ucciso e ora senatrice dell’Ulivo, per esprimere il proprio sdegno. «Avevo alcuni timori ma...», dice con tono ovviamente amareggiato sulla sentenza della corte. Contemporaneamente però ha la giusta rabbia di chi non si vuole arrendere. Lucida come mai nel voler ottenere giustizia e verità. L’abbiamo raggiunta tra un voto e l’altro a Palazzo Madama.
Come si spiega la decisione della terza corte d’assise a non procedere nei confronti dell’ex soldato Usa Lozano? Trovo la sentenza effettivamente sorprendente. E soprattutto contraddittoria. In nome del popolo italiano è stato deciso che non si può fare giustizia sull’omicidio di mio marito ma nel contempo lo stesso Stato gli ha dato la medaglia d’oro al valor militare. Lo ha celebrato e conclamato come un eroe. E’ una contraddizione in termini se poi questo stesso Stato non mi ha concesso, o meglio non gli è stato concesso, neanche il diritto di avere giustizia e di conoscere la verità su quello che è successo. Quindi se l’unico colpevole è Lozano o ci sono altri responsabili dell’omicidio Calipari.
Si aspettava qualcosa di più da parte delle istituzioni? Qualcuno può aver remato contro l’emergere della verità?Questo non lo so. Però di sicuro ci sono state prese di posizione da parte di molti parlamentari, compresi Fassino e la mia capogruppo Finocchiaro. Oggi (ieri ndr) il senatore Casson ha chiesto anche di avere il ministro di Giustizia Mastella in aula affinché chiarisca sugli eventi. Ma il problema qui non è di palazzo ma di giurisdizione. Siamo di fronte a una corte che ha sentenziato senza conoscere ancora gli atti, decidendo di accogliere le eccezioni poste dalla difesa di Lozano. Così la corte o ha deciso che la giurisdizione esclusiva è degli Stati Uniti, e quindi non compete ai giudici italiani decidere sull’omicidio di un cittadino italiano, oppure ha stabilito praticamente che non è stato un delitto politico. Questo ancora non lo so con esattezza, bisogna aspettare le motivazioni.
Emerge per lei una questione di mancanza di sovranità del paese? Sicuramente, non ci sono dubbi. Noi non abbiamo giurisdizione. Non ci viene riconosciuto né il titolo né il diritto di giudicare l’assassino di un cittadino italiano. Semplicemente perché quest’imputato ha deciso che l’unico posto in tutto il mondo in cui non sarà mai processato è l’Italia. Inoltre tengo a precisare che non ho mai avuto contatti con gli Stati Uniti, né tanto meno con l’ambasciata statunitense.
Cosa si può fare adesso? Sarebbe favorevole all’istituzione di una commissione d’inchiesta? Per ora aspetto le motivazioni della corte, dopodiché mi consulterò con il mio avvocato per vedere se ho la possibilità di ricorrere in Cassazione. Ma andrò anche oltre se necessario... fino alla Corte di Giustizia europea. Non mi fermo. Comunque l’unica cosa certa è che in questo momento ci viene negato quello che abbiamo sempre chiesto: la verità su quello che è successo e soprattutto di avere giustizia.
all’indomani del proscioglimento del marine usa che uccise lo 007
Napolitano alla vedova: «Calipari eroe»
Il presidente della Repubblica telefona alla donna e le rinnova la sua vicinanza
ROMA - All’indomani del proscioglimento del marine Usa che sparò contro Nicola Calipari, il presidente Napolitano ha telefonato alla signora Rosa, vedova dello 007 ucciso a Bagdad mentre scortava la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, appena liberata dopo il sequestro il 4 marzo 2005. Il capo dello Stato - si legge in una nota del Quirinale - ha rinnovato i suoi sentimenti di affettuosa vicinanza, ribadendo l’omaggio delle Istituzioni all’eroico comportamento e sacrificio di Nicola Calipari.