’NDRANGHETA: emigrazione ed esilio

Le università calabresi formano giovani che emigrano dopo la laurea. La società è sempre più sparente. Piove danaro pubblico, ma a che serve, in Calabria, creare atenei supermoderni?

Buona emigrazione 2009
mercoledì 31 dicembre 2008.
 

Di recente all’università Magna Graecia di Catanzaro, dove studio, si è tenuto l’incontro inaugurale di un percorso di formazione avanzata per neolaureati. Centosettantotto tra i più brillanti giovani laureati calabresi, provenienti dalle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, sono risultati vincitori di voucher formativi messi a disposizione dalla Regione Calabria, finalizzati allo svolgimento di stage biennali nelle pubbliche amministrazioni e di programmi intensivi di formazione avanzata. L’evento è stato salutato con grande entusiasmo dal Rettore,il dott. Francesco Saverio Costanzo,che ha aperto l’incontro,al quale ha partecipato anche il Presidente della Regione Agazio Loiero che si è detto soddisfatto dell’iniziativa promossa dal Consiglio Regionale,promettendo la stanziamento di altri cento milioni di euro nell’anno nuovo(centouno sono già stati stanziati nel 2008),per finanziare progetti che “andranno ad accompagnare la carriera scolastica dei giovani calabresi dalle scuole elementari al periodo post-laurea”.Duecento milioni di euro sono una bella cifra,ma quali sono questi progetti,nel concreto,se ne sa nulla. Gli stages biennali nelle pubbliche amministrazioni partiti ad ottobre,a parer di molti,sono una cosa abbastanza inutile. Posto,infatti,che al termine dello stage qualcuno dei fortunati 178 riesca ad inserirsi nel settore pubblico(e ce lo auguriamo tutti),a fronte dei dati preoccupanti che emergono sull’emigrazione dei giovani calabresi dopo la laurea,questa iniziativa somiglia più ad un tentativo pubblicitario da parte della giunta regionale,che così risponde agli interrogativi dell’opinione pubblica,non calabrese,quando le viene chiesto di occuparsi del problema che la Calabria non riesce ad assorbire nel mercato del lavoro e,quel ch’è peggio,nel tessuto sociale, i giovani che si formano nei quattro atenei dislocati sul territorio, tra le province di Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza.Sono migliaia i laureati che lasciano la regione dopo aver conseguito il titolo di studi tanto ambito,in cerca di lavoro e di spazi di libertà e di crescita. La questione calabrese è anche un’altra. Negli ultimi anni sugli atenei di Cosenza e Catanzaro sono piovuti fior di quattrini provenienti anche, dall’Unione Europea. Ciò ha permesso un notevole sviluppo strutturale dei due campus, quello cosentino di Arcavacata e quello catanzarese di Germaneto,inaugurato nel 2007, che hanno visto aumentare notevolmente il numero d’iscritti, grazie anche alla nascita di numerosi corsi di laurea che hanno il sapore delle scienze confuse, sorti probabilmente solo per attrarre neodiplomati che, non avendo possibilità di lavoro, s’iscrivono all’università,credendo di conseguire un titolo di studi che darà loro la possibilità di far carriera in qualche ambito. Molti di loro, alla fine, svolgeranno invece un lavoro per il quale non è nemmeno richiesta la laurea. Un grosso giro d’affari, che favorisce soprattutto le imprese edilizie ed i fornitori di servizi del luogo, nonché coloro che s’inseriscono a vario titolo negli atenei, tra personale vario, amministrativo e non. A guadagnarci sembra che siano soltanto loro,se,da recenti dati pubblicati dallo Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno),con un andamento crescente dal 2001 ad oggi,la Calabria risulta essere tra i primi posti delle regioni meridionali per numero di laureati che emigrano nel nord e centro Italia. Questo vuol dire che le quattro università calabresi sfornano giovani laureati che andranno ad accrescere lo sviluppo di altre regioni Italiane. La facoltà d’ingegneria dell’università di Cosenza,UNICAL,è tra le migliori in Italia. I più brillanti ingegneri cosentini sono richiestissimi nei politecnici di Torino e Milano,e nelle grandi imprese del nord. In Calabria, invece, le imprese si danno a chi proviene da fuori, o ai parenti ed agli amici dei politici, che gestiscono, così, tutto in famiglia, pubblico e privato! E che dire dei numerosi farmacisti, dei laureati in medicina dell’ateneo catanzarese, dei numerosissimi laureati in giurisprudenza dello stesso, o di quelli in architettura dell’ateneo reggino che, in loco, svolgono quasi tutti dei lavori atipici, costretti ad emigrare per svolgere, invece, le professioni per le quali hanno studiato. La Calabria non riesce a trattenerli, dunque. Non ha i mezzi e le strutture per farlo. La fuga di capitale umano preziosissimo, allora, colpisce la nostra Regione più degli incendi estivi. Non c’è bisogno di dati,per accorgersene. Basta venire qui,lo si può constatare con i propri occhi. Una volta fuori, non si è più disposti a rientrare nella propria terra d’origine,perché ciò comporterebbe il necessario ridimensionamento del proprio bagaglio,culturale ed umano. Il risultato finale è che la società calabrese è sparente,ed il posto lasciato vuoto viene riempito dai poteri forti che tengono in pugno questa regione. C’è,infatti,una Ndrangheta della politica,che non vuole la crescita culturale della popolazione,perché ha bisogno del consenso di masse ignoranti,per accedere agevolmente al palazzo. C’è un vergognoso sistema clientelare che non permette la modernizzazione e lo sviluppo d’ogni ambito della società. C’è poi la Massoneria, che in Calabria rappresenta un ottimo trampolino di lancio per il futuro ingresso in società, in cambio, però, della propria libertà, a cui molti rinunciano volentieri. La ‘ndrangheta, che è l’organizzazione mafiosa più ricca persino di Cosa Nostra, che ha un volume d’affari che si aggira intorno ai 36 miliardi di euro, con ramificazioni internazionali, ma che non fa notizia, ha aumentato il proprio potere nell’ultimo decennio, proprio in coincidenza con l’aumento del tasso di emigrazione dei calabresi. Si è diffusa a macchia d’olio in ogni settore della nostra regione, dove fa impresa, gestisce la sanità privata e tiene in pugno le professioni giuridiche, favorita com’è dall’assenza di contrasto da parte della popolazione rimasta, la quale,molte volte ricorre ad essa per avere la “sistemazione”. Quindi fa comodo a molti che la società calabrese sparisca. Se, infatti, vanno via i giovani, preparati, intelligenti, colti, vogliosi di crescere e di riscattarsi, che grazie ad internet hanno appreso quali sono i loro diritti da cittadini europei, il sistema ‘ndrangheta-politica-imprenditoria selvaggia-massoneria che domina incontrastato in Calabria non fa fatica ad imporsi, perché non incontra resistenze. La fuga dopo la laurea è oramai necessaria,per far valere il proprio titolo di studi conseguito con sacrificio e forza di volontà,per accrescere esperienza e per sviluppare le proprie capacità in ambiti di libertà che in Calabria non esistono. Credo,però,che la fuga non debba essere definitiva,ma finalizzata a trovare risorse di lotta e mezzi di movimento.

Annarita Sarro


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