Editoriale

San Giovanni in Pallapalla: puro rito il consiglio sulla sanità, "’na fissiatura"

La maggioranza consiliare si è celebrata, non ha detto nulla e ha venduto fumo
venerdì 26 febbraio 2016.
 

Ieri il consiglio comunale sulla sanità per San Giovanni in Fiore ha dimostrato che alla politica nostrana sta benissimo quanto passa il convento.

Tolti i consiglieri Antonio Lopez (Fratelli d’Italia) e Angelo Gentile (Rinascita democratica, Riformisti di Zavettieri), tutti hanno partecipato al primo atto locale di Capitalismo e schizofrenia, non l’opera di Deleuze e Guattari ma la didascalia del Pd: da Partito comunista a partito consumista.

Il copione: il commissario per il rientro dal disavanzo, sua sanità Massimo Scura, ha promesso una chirurgia in elezione h 24, inizieranno i lavori di adeguamento del pronto soccorso, il laboratorio analisi sarà mantenuto, si procederà all’acquisto di nuovi letti, verrà potenziato l’organico per l’emergenza e così miglioreranno le sorti magnifiche e progressive della città di Gioacchino; avanti tutta. Il merito, scandisce il testo di scena, va alla maggioranza rappresentata dal sindaco Giuseppe Belcastro, che in coro ha lavorato indefessamente per ottenere codesti servigi straordinari, impareggiabili, prodromici all’avvento di molto altro ancora.

Ha introdotto i lavori il presidente-runner Domenico Lacava, dichiarando che «vi sono finalmente le condizioni giuridiche» per rilanciare l’ospedale di San Giovanni in Fiore.

Finora, spiego io, non esiste un atto che aggiorni il decreto commissariale sulla rete dell’assistenza ospedaliera, il n. 9 del 2 aprile 2015. Le «condizioni giuridiche» intese da Lacava starebbero, dunque, nel verbale della riunione dello scorso 17 febbraio, in cui il commissario Scura e i sindaci dei comuni con ospedali montani - Acri, San Giovanni in Fiore, Serra San Bruno e Soveria Mannelli - hanno soltanto riassunto la discussione svolta a porte chiuse.

Nel consiglio comunale di ieri quel verbale è diventato perfino un «protocollo d’intesa». La fantasia galoppa nell’era degli annunci di Matteo Renzi, che fa buona scuola del mondo virtuale. Lacava ha poi utilizzato la metafora dell’uva e del contadino, che intanto festeggia la vendemmia. Il presidente-runner ha continuato il suo discorso apodittico, pronunciando la parola «risultati». A riguardo ribadisco che non c’è alcun atto ufficiale che disponga per l’ospedale del luogo e per la sanità sul territorio. In ordine alla chirurgia in elezione h 24, se fosse decretata non cambierebbe lo stato dell’arte, intanto per due motivi: non avrebbe nulla da fare con l’emergenza-urgenza e nessuno accetterebbe di sottoporsi a intervento programmato senza una rianimazione.

La relazione del sindaco, Giuseppe Belcastro, è stata una continua apologia della sua maggioranza, in nome e per conto del governatore Oliverio, assente. Belcastro ha parlato del suo «tour istituzionale». Ha aggiunto che «Scura non ne voleva sapere», che il primo cittadino con gli alleati ha «salvato il laboratorio analisi» e discusso la linea insieme all’invisibile comitato «Pubblicamente per la salute», unico riferimento per il governo locale, che ha rifiutato un consiglio comunale aperto sulla sanità e dunque ogni confronto col popolo.

La verità è che il laboratorio analisi ha da sé i numeri per proseguire l’attività, per cui nessuno poteva trasformarlo in Point of care testing (POCT), bruttissima espressione straniera con cui s’intende un punto di prelievo. Oggi il laboratorio non ha un dirigente medico per il pomeriggio e per la notte. I tecnici lavorano in reperibilità, sopportando molti gravami. Ma questo non importa ai politici della vendemmia, che ritengono insostenibile la richiesta del servizio cardiologico h 24, fondamentale secondo i fatti e per Lopez, che al governatore ha rimproverato di non voler assumere la guida della sanità regionale.

Belcastro ha ribattuto che Oliverio combatte contro la gestione commissariale della sanità calabrese, ma la verità è un’altra. Il governatore poteva e doveva impugnare il Dca n. 9/2015 sulla rete dell’assistenza. Ciò non è mai avvenuto. Non solo. Come ha ricordato Lopez, presentando un nuovo piano di rientro la Regione tornerebbe a gestire in proprio la sanità, appena approvato. Lo dice la legge, precisamente la 191 del 2009. Oliverio potrebbe copiare il programma operativo di Scura e Urbani e aggiungere l’apertura, obbligatoria, degli ospedali di Trebisacce e Praia a Mare, stabilita da sentenze definitive. Nessuno, a Roma, potrebbe bocciargli un simile piano di rientro. Ma il governatore preferisce traccheggiare, dire ogni tanto, apparire.

Gentile (Angelo) ha accusato la maggioranza di non aver mai avuto una proposta articolata, di essersi limitata a elemosine, senza una riflessione condivisa sulle necessità sanitarie. Inoltre, ha chiarito a margine che c’è un problema di personale nell’ipotesi di una chirurgia h 24 in elezione: l’ospedale di San Giovanni in Fiore va con l’Asp di Cosenza, sicché non potrebbero essere impiegati chirurghi dell’Azienda ospedaliera cosentina.

Gino Perri (Pd) ha insistito per l’Osservazione breve intensiva nel pronto soccorso e illustrato, dal suo punto di vista, le cause del disavanzo sanitario della Calabria: sprechi, mancanza di programmazione, clientelismo politico. Fermo restando che tali elementi vi sono stati e rimangono, la ragione del disavanzo è nei minori trasferimenti dallo Stato centrale.

Dal 1999 a oggi la Calabria ha avuto, tenendosi bassi, un miliardo e settecento milioni in meno per la cura dei pazienti cronici. Da qui il debito di 2 miliardi - coperto con un mutuo trentennale col Tesoro e con fondi Fas - e il persistente disavanzo. Inoltre, i tagli alla sanità pubblica derivano direttamente dal sistema truffaldino dell’euro, dagli aiuti agli Stati e dal fiscal compact, di cui non si parla mai nei consigli comunali, mai.

Tonino Candalise (Pd), beato lui, ha salutato positivamente la tele-cardiologia, riferendo: «Non mi sembra che in campagna elettorale siano state dette favolette».

È proprio vero che quando ci si accomoda sulla seggiola si diventa pompieri. Sino all’altro ieri, regnante Barile, era un continuo viavai di carovane, diligenze, corriere della salute, al grido di «el pueblo unido jamás será vencido».

Ora che Oliverio è governatore, che Renzi è primo ministro e Belcastro sindaco, c’è soltanto il pirandelliano «giuoco» delle parti: il primo è l’eroe disarmato, l’altro il «Bomba» che serve alle banche e l’ultimo un mediatore in forte difficoltà.

Il Pd, obbligato al consiglio di ieri da una pioggia di critiche sul web, non ha capito che l’immobilismo sulla sanità calabrese gioverà soltanto a Ncd, il partitino di Alfano che muove le leve di comando con l’innominato sub-commissario Urbani.

Emiliano Morrone

emilianomorrone@gmail.com

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