Editoriale

San Giovanni in Fiore: Mauro boccia la «chirurgia sperimentale», se su ricuoti cu l’ossa rutte

Ecco perché serve il consiglio comunale aperto
venerdì 12 febbraio 2016.
 

Ieri i capigruppo consiliari di San Giovanni in Fiore, il sindaco Giuseppe Belcastro in testa, hanno affrontato una difficile trasferta a Cosenza, dove hanno discusso col dg dell’azienda sanitaria provinciale, Raffaele Mauro, del mito dell’eterno ritorno: da Scopelliti a Scura, a parte Oliverio. Di certo è stato uno scambio intenso, alto, vivo, un momento istituzionale di rara fattura, «sua disianza vuol volare sanz’ali».

L’incontro sostituiva, per volizione della maggioranza di centrosinistra, il consiglio comunale aperto sulla sanità locale, proposto da più parti a cominciare da Antonio Lopez (Fratelli d’Italia), unico eletto della minoranza, e dalla deputata 5 stelle Dalila Nesci.

Dopo un’introduzione del sindaco sull’importanza in sé della sanità, con suo vibrante apprezzamento per l’afflato delle forze politiche innanzi al dg, il Mauro ha bocciato l’idea di una «chirurgia sperimentale» nell’ospedale di San Giovanni in Fiore, che il commissario al rientro sanitario, Massimo Scura, dovrebbe o potrebbe decretare col gaudio finale di tutti, buoni, bravi, belli e brutti.

La questione teleologica della «chirurgia sperimentale» è dunque rinviata ad altro speciale appuntamento: i rappresentanti locali incontreranno “sua santità” Massimo Scura, che, a seguito di tante preghiere accorate di là d’Arno, dispenserà l’attesa grazia firmando, se vorrà, un aggiornamento del DCA n. 9/2015, atto che stabilisce la dotazione e funzione degli ospedali calabresi.

Mentre si aspetta il gesto salvifico della “santità” della sanità, va registrato il ritorno a testa china dell’intera delegazione politica florense. Dal colloquio col Mauro non è emerso nulla: in sostanza tutto resta tale e quale, fatta salva la cortese disponibilità del dg a una garbata interlocuzione futura, rigorosamente istituzionale, da cui si possa individuare un percorso, di rango istituzionale, per l’attesa a mani giunte del miracolo dal commissario governativo alla “santità”, lapsus, alla sanità calabrese.

Anche confortate dagli interventi di Peppino Bitonti (Udc) e Angelo Gentile (Rinascita democratica, saluti al “Conte” buonanima), dal dg Mauro le proposte del consigliere Lopez - passaggio del servizio di Cardiologia dalle sei ore giornaliere alle ventiquattro, aumento dei medici per il pronto soccorso, disponibilità di chirurghi e anestesisti per la stretta emergenza, avvio di specifiche attività di prevenzione, reperibilità delle ostetriche per i parti d’urgenza, reperimento posti letto da parte della centrale operativa, istituzione dell’ambulatorio pediatrico e del consultorio ospedaliero, riordino del personale a partire dagli oss in medicina e dagli ausiliari in pronto soccorso - sono state sì ascoltate, ma senza l’assunzione di impegni.

Tutto rinviato, perciò, all’adunanza ventura innanzi al commissario Scura, che comunque parlerà dalla montagna, cioè dalla sede del dipartimento regionale Tutela della Salute a Palazzo Alemanni, posta molto più in alto della «Cittadella» regionale in Germaneto di Catanzaro.

Penso che alla fine il commissario Scura decreterà la «chirurgia sperimentale», che sarà carta straccia senza il placet dei ministeri vigilanti, ultimamente molto impegnati ad accelerare i tagli alla sanità, conseguenza degli obblighi europei derivanti dal perverso sistema monetario dell’euro, voluto da un intero "guscio" di potere, bancario politico e mediatico.

Forse i sangiovannesi, alcuni già adirati, altri fiduciosi a oltranza nella taumaturgia di Belcastro, di Scura e del «compagno» Mario, non sanno che il debito sanitario della Calabria era di 2 miliardi, sanato tramite un mutuo trentennale col Tesoro di 900 milioni e l’utilizzo di Fondi Fas, di norma destinati all’ammodernamento, per 1,1 miliardi di euro.

Forse i sangiovannesi non sanno che di questi 2 miliardi quasi l’80% è stato speso dalla Calabria per la cura dei pazienti cronici. Sono soldi che risultano a debito ma costituiscono, in realtà, un credito per la Regione.

Forse i sangiovannesi non sanno, dunque, che da calabresi siamo stati presi per i fondelli, perché ci hanno convinto che siamo capre e spreconi, mentre i nostri soldi sono valsi ad arricchire le aziende ospedaliere del Nord, verso cui prosegue un’emigrazione sanitaria che alla Regione Calabria costa 278 milioni all’anno.

Ecco perché serviva e - a fortiori, alla luce della suddetta trasferta a Cosenza - serve un consiglio comunale aperto, volto a trovare una proposta compiuta, una linea, una strategia. Sono stato chiaro, presidente avvocato Domenico Lacava?

Emiliano Morrone

emilianomorrone@gmail.com

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