’Ndrangheta e colletti sporchi

Crotone chiama: Napolitano dribbla, Alfano tace, Sculco risponde e il Pm Bruni continua a pulire la Calabria da compassi, mafia e...

CROTONE SI INCHINA A ENZO SCULCO CHE RICEVE IN VIA ROMA
giovedì 2 luglio 2009.
 

Dal blog di Roberto Galullo

Ci sono mille modi per far morire un Uomo: quello peggiore è il silenzio. Oppure l’indifferenza che, come dice mio padre (un ex generale dell’Esercito rigido come un bastone e loquace come un ghiro in letargo) è la maggior forma di disprezzo.

Scegliete voi: il risultato non cambia, come per la proprietà invariantiva della moltiplicazione, per cui il prodotto di due numeri non cambia, cambiando l’ordine dei fattori.

L’Uomo in questione è Pierpaolo Bruni, giovane e preparatissimo Magistrato antimafia che da diversi anni sta mettendo a ferro e fuoco le gerarchie della ‘ndrangheta crotonese e calabrese la quale, per questo, vorrebbe tanto, ma proprio tanto, che lui saltasse per aria (ne ho già scritto in questo blog l’11 maggio). Ci hanno provato - ma per sfortuna loro e della parte malata della società crotonese e calabrese - non ci sono riusciti.

Fino a che Bruni toccava la ‘ndrangheta, la disgustosa politica locale e regionale rideva e faceva pubblicamente finta di compiacersene. Quando Bruni ha cominciato - oltre a picciotti fetusi - a colpire colletti bianchi ancor più fetusi e la politica fetusissima, allora sono cominciati i guai seri. Ma lui - uno dei migliori magistrati in Italia, non una toga rossa ma semplicemente una toga - se ne fotte tre quarti come ha fatto con l’ultima operazione che, la scorsa settimana, ha scoperchiato in provincia la connivenza tra dirigenti regionali, presidi e imprese edili, unite nel cognome (Leone padre e figlio) e nella truffa ai danno dello Stato (ne ho scritto sul Sole-24Ore online giovedì 11 giugno) . Il tutto - ma guarda tu che novità in Calabria! - all’ombra di cappucci, grembiuli e compassi (del resto, questi ultimi, indispensabili per geometri e ingegneri delle imprese edili...).

Le minacce di morte - da reali che erano - sono diventate addirittura tangibili.

Ebbene - cari lettori - voi direte: lo Stato si sarà eretto come un sol uomo a difesa di quest’Uomo! Eccome no!

Toppato: l’esatto contrario. Dapprima lo Stato (anzi: lo stato) ha pensato bene di non rinnovargli l’applicazione alla Direzione distrettuale di Catanzaro e poi ha pensato bene di tacere di fronte alle proteste dei cittadini perbene. Ah stavo dimenticando un particolare trascurabile: sbadatamente lo Stato (pardon, lo stato) ha pensato bene di affidargli per un certo periodo l’inchiesta Why Not avocata a Luigi De Magistris. Lo stato si è accorto che Bruni faceva sul serio e che avrebbe voluto scavare ancora più a fondo di quanto aveva fatto il bel tenebroso volato a Strasburgo sulle ali dell’Italia dei (dis)valori.

Detto, fatto: la massopolindrangheta si è stretta a coorte e Bruni non conduce più un fico secco di quell’inchiesta che aveva acceso i riflettori su simpatici (almeno io li reputo tali, non so voi) personaggi: dai fratelli Loiero Tommaso e Agazio a Romano Prodi, da Clemente Mastella ad Antonio Saladino, dai coniugi (coniugati e complessi) Adamo a tanti altri bei nomi del castello fatato.

LA RISPOSTA DI ALFANO E QUELLA DEL CAPO DELLO STATO

Il 22 maggio (dice niente questa data? No? Allora ve lo dico io. E’ la vigilia di quel 23 maggio che nel 1992 fece saltare per aria il giudice Giovanni Falcone, la moglie e la scorta in quel di Capaci), un pugno di crotonesi volenterosi - tra cui esponenti politici e sindacalisti delle Forze dell’Ordine - hanno raccolto 110 firme da spedire (tra gli altri) al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affinchè intervenga. Nel frattempo un onorevole, Angela Napoli, scrive al ministro della Giustizia Angelino Alfano, affinchè risponda da par suo e dica per quale motivo la moglie di Raffaele Vrenna, l’imprenditore condannato in primo grado proprio da Bruni per concorso esterno in associazione mafiosa, sia ancora, nella veste di segretaria, nella disponibilità dell’attuale Capo della Procura della Repubblica di Crotone, Raffaele Mazzotta, così come prima lo era del precedente - Franco Tricoli - che con una mossa da scacchi che neppure Anatoly Karpov o Garry Kimovich Kasparov, è andato a gestire proprio i beni mobili e immobili di Vrenna.

Alfano tace come una trota in carpione (e non avrei scommesso un cent sulla risposta), mentre il presidente della Repubblica cosa fa? Avete un secondo di tempo per rispondere. Tempo trascorso: risponde. E come risponde? Tempo scaduto ancor prima di partire: lavandosene le mani. Sì, proprio come Ponzio Pilato. E dire che le 110 persone che hanno sottoscritto l’appello a favore di Bruni scrivevano in un passaggio cose di questi tipo: “ ..il precedente caso verificatosi nel distretto di Catanzaro, che ha visto protagonista il dr. Luigi De Magistris ed i vertici della Procura Generale, oggi insinua dubbi e perplessità nella società civile che ritiene il mancato rinnovo dell’applicazione del dr. Bruni un escamotage per evitare che lo stesso possa continuare a lavorare per smascherare l’intreccio ‘ndrangheta - politica che pervade la regione Calabria”. E gli stessi identici dubbi se li poneva - in un documento ufficiale - anche il consiglio direttivo dell’associazione nazionale forense di Crotone.

Più chiaro di così! Bene il Presidente Napolitano, attraverso il direttore dell’Ufficio per gli affari dell’amministrazione della Giustizia del segretariato generale della Presidenza della Repubblica, Loris D’Ambrosio, il 15 giugno risponde che non è di competenza del Capo dello Stato intervenire su certe contese. Vedere la foto della lettera spedita all’ex segretario cittadino dell’Idv, Giuseppe Trocino, per credere! Quel Trocino che nel corso della campagna elettorale per il rinnovo della Provincia di Crotone, aveva provato a sollevare il caso di Bruni ma non era stato seguito neppure dal suo capo, l’impomatato Antonio Di Pietro (si veda “Il Crotonese” di sabato 9 giugno a pagina 34). Trocino - per la cronaca - ha abbandonato quell’incarico. La foto l’ho allegata a fondo dell’articolo.

Avrebbe potuto rispondere diversamente Napolitano? A mio giudizio sì, visto che è anche a capo del Consiglio superiore della magistratura, alla quale pure la lettera era stata indirizzata. Anche perché, per la miseria, un conto è il protocollo, un conto è la vita (non solo professionale) di un Uomo che onora lo Stato in un pezzo di Italia sottratto alla sovranità della Repubblica italiana. Un Uomo, un Magistrato - lo vedrete continuando a leggere questo post - i cui destini si incrociano con i destini non solo di Crotone ma della Calabria tutta.

Vedremo se e quando - in quella veste - Napolitano risponderà o farà rispondere. Resta l’amarezza di uno Stato che non è come una catena oliata (dove ogni anello sostiene l’altro e insieme spingono la carena del ciclista verso la vittoria) ma come una catena ingrippata in cui ogni anello se ne fotte dell’altro.

CROTONE SI INCHINA A ENZO SCULCO CHE RICEVE IN VIA ROMA

Ci sono mille modi per far resuscitare un uomo (apparentemente-politicamente) morto: quello peggiore è l’ipocrisia.

L’uomo in questione è Enzo Sculco, già potentissimo padre-padrone della Margherita e del Pd crotonese, colui per il quale la ‘ndrangheta a Crotone è letteratura, oh yes! Testuale. Mister 7.209 voti è consigliere regionale calabrese del gruppo misto nonostante una condanna nel febbraio 2007 in primo grado a 7 anni e sei mesi di reclusione (ma le patrie galere non lo hanno mai visto) per una serie di graziosi reati: truffa, frode e turbativa d’asta. Per lui - di cui mi sono occupato in due post del 9 agosto e del 31 ottobre 2008 e di cui in Calabria tra i miei colleghi (?!) non si occupa nessuno tranne www.antoninomonteleone.it e, alcuni mesi fa, Antonello Caporale di Repubblica.it - è scattata anche l’interdizione dai pubblici uffici.

Ad agosto 2008 però - nonostante l’imbarazzo mostrato soprattutto dai senatori del Pd Dorina Bianchi e Luigi De Sena - Crotone (che raccoglie appena 110 firme per Bruni ma che è pronta a immolarsi per Sculco) e la Calabria tutta lo invocano a gran nome e lui, come Marcello Lippi, torna senza imbarazzo, che non gli procura neppure la successiva condanna a un anno e 3 mesi di reclusione che il 3 marzo 2009 gli infligge il giudice monocratico del Tribunale di Crotone, Francesca Costa, per truffa aggravata e falso. Enzo è in buona compagnia: con lui è condannato anche il fratello Giuseppe, che si becca tre mesi in più. Il pm nel processo (aveva chiesto rispettivamente 4 anni e 1 anno e 6 mesi per i due) era Pierpaolo Bruni. L’avvocato degli Sculco ha annunciato il ricorso direttamente in Cassazione.

Ebbene, un uomo così, secondo me avrebbe dovuto ritirarsi per sempre a vita privata e invece - visto che Crotone lo invoca con tifo da stadio - è tornato alla grandissima in questa campagna elettorale che si è appena conclusa e che ha visto vincere, soprattutto grazie alle divisioni nella coalizione opposta, il candidato del Pdl, Stano Zurlo, che in foto sembra un pesce palla (calvo) con la barba.

Ma un uomo come Sculco poteva scomparire? Nossignori, poffarbacco: ha fatto le prove generali per il ritorno in grande stile - annunciato - quando e se sarà definitivamente assolto. Del resto quando Massimo D’Alema è accorso a Crotone per incoraggiare il candidato ufficiale del Pd Ubaldo Schifino (che sembra l’incrocio tra gli attori Steve Martin di “Una scatenata dozzina” e Leslie Nielsen di “Una pallottola spuntata”) lui era lì. Sotto il palco, ma voleva salire sopra. Le voci maligne che circolano in città dicono che Schifino abbia avuto più di uno scontro con Sculco ma, niente da fare: i voti sono voti e non profumano. Figuriamoci se puzzano! E i demoKratici del Pd con la Kappa - nei quali in un’intervista al Quotidiano della Calabria il 20 settembre 2008 a pagina 34 Sculco aveva dichiarato di riconoscersi - erano ufficialmente tra le formazioni politiche che appoggiavano il candidato Schifino.

Chi con Sculco si è scontrato duramente è stato l’ex presidente Sergio Iritale, che infatti non è stato ripresentato dal Pd ed ha corso, perdendo, con una lista eterogenea a sinistra. Non mi interessa il perché o il percome e non mi interessa neppure sapere se Iritale è un puro della politica come molti sostengono ricordando il suo messaggio del 14 gennaio 2005 in cui gridò all’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita a Crotone, che le istituzioni sono ostaggio della mafia, o se invece è una falsa verginella, come molti altri sostengono. Il dato di fatto è: Iritale fuori dai giochi.

Il ritorno di Sculco - sdoganato per metà - non va sottovalutato. A lui interessava tornare ed è tornato: quella era la sua vittoria e la base per la vittoria futura di chi in lui si riconosce. La sua sede in Via Roma a Crotone è stata ed è meta di pellegrinaggi di politici, amministratori e imprenditori. Il suo zampino è - vox populi - anche nella nomina a segretario generale di Unioncamere Calabria di Fortunato Roberto Salerno, già a capo della Camera di commercio di Crotone.

Il 6 aprile 2009 Salerno è stato prosciolto, al termine dell’udienza preliminare, dal concorso in associazione mafiosa nell’ambito dei processi - unificati - Heracles e Perseus - che vedono alla sbarra i “bei” nomi delle cosche crotonesi.

E chi è che sta conducendo queste due inchieste? Il pm Pierpaolo Bruni, ovvio.

A quanto riporta la Gazzetta del Sud del 7 aprile, Salerno è però stato rinviato a giudizio per un’altra vicenda: tentata estorsione ai danni dell’organizzatore di una fiera commerciale dal quale avrebbe preteso 10mila euro. Lo stesso procedimento nei confronti di Salerno era stato archiviato dal Gip (Giudice per le indagini preliminari) Gloria Gori ma poi riaperto dal solito Pm Pierpaolo Bruni.

Ma che spaccamarroni ‘sto Bruni al quale queste inchieste - visto che non è più applicato alla Dda - saranno sottratte! Ma guarda tu che coincidenza!

IL RITORNO IN GRANDE STILE E L’APPELLO DEL 1° LUGLIO

Il ritorno di Sculco non è da sottovalutare anche perché mentre al pm Bruni lo Stato (anzi, lo stato) risponde con il silenzio e con il pilatismo, a Sculco risponde con garbo e tatto. L’udienza in Corte d’appello, dopo la condanna in primo grado, è slittata infatti al 1° luglio. Motivo: visto che Sculco era impegnato nella campagna elettorale era meglio rinviare l’udienza onde evitare “possibili interferenze mediatiche” in vista del ballottaggio. Un legale di parte civile, inoltre, sarebbe stato candidato al consiglio provinciale (io non ho capito chi fosse ‘sto candidato neppure chiedendolo ad altri candidati, mah!). Quale delicatezza dalla Giustizia! Quale attenzione! La libertà di stampa è diventata “interferenza mediatica”. Ragazzi, questa è la Calabria, il laboratorio di quello che diventerà l’Italia quando passerà la legge sulle intercettazioni che toglierà voce a quel po’ di voce che è rimasta ai giornalisti.

Nella Corte d’appello di Catanzaro che dovrà processare Sculco lavora Caterina Chiaravalloti, già presidente del Tribunale del riesame, attualmente consigliere della prima sezione penale. Caterina Chiaravalloti è figlia dell’ex procuratore generale della Corte d’appello di Reggio Calabria e indimenticabile Governatore, per il centrodestra, della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti.

Il 30 aprile 2009 la Procura generale di Catanzaro ha concluso le indagini preliminari dell’inchiesta Why Not. Tra i 98 indagati figura anche il padre di Caterina, Giuseppe Chiaravalloti. E’ quasi inutile ricordare che quell’inchiesta è stata portata avanti prima da De Magistris e poi Bruni (lo spaccamarroni).

Attendetevi, cari lettori, le prossime mosse (ma sicuramente sbaglierò): Bruni allontanato, Sculco vergine come una Noemi qualunque e Crotone nelle mani di un comitato ancora più forte. E magari anche una nuova faida all’interno degli industriali crotonesi che - un tempo non molto remoto - avevano Raffaele Vrenna come presidente. Il clima torbido è già partito. Un esempio? E’ un caso che Mario Cimino, dal 2006 presidente del Consorzio per lo sviluppo industriale di Crotone, ha (avrebbe) scoperto nel suo ufficio privato un sofisticato sistema di spionaggio visivo? Controllato (se fosse vero) per il suo ruolo consortile o per la sua vicinanza politica al Governatore Loiero Agazio? Per il momento si è sfogato con il pm, indovinate chi? Ma Pierpaolo Bruni!

Scommettete con me che i destini di questi uomini - Bruni, Sculco e Loiero - si incroceranno fino alle politiche regionali del 2010 per le quali Loiero si è ringalluzzito e il candidato in pectore del Pdl, il sindaco di Reggio Giuseppe Scopelliti ha accusato una battuta d’arresto al punto tale da pensare di non scendere più in campo e magari lasciare terreno all’onorevole dell’Udc Roberto Occhiuto?

Alla prossima...

roberto.galullo@ilsole24ore.com


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