Dialogo, dibattito

Calabria: dopo la proposta politica di "la Voce di Fiore", il giornalista Vito Barresi scrive a Emiliano Morrone

"Mettiamo in testa al prossimo programma elettorale di una Calabria nuova la domanda di storia che forse non è mai stata potente come nel tempo attuale"
lunedì 19 ottobre 2009.
 

Abbiamo aperto una nuova rubrica, dal titolo "Lettere a Emiliano". Per dialogare e dibattere, consapevoli dell’utilità del confronto.

La prima lettera della rubrica è del collega, anzitutto amico, Vito Barresi; tra i giornalisti più vicini a "la Voce di Fiore" quando cominciammo nel 2004. Il primo numero del giornale, allora in cartaceo, ebbe un suo articolo molto profondo.

Ora Vito ci/mi ha scritto subito dopo la pubblicazione della nostra proposta politica per San Giovanni in Fiore e la Calabria.

Crediamo fermamente nella capacità della rete di avvicinare e aggregare. Ecco perché rilanciamo il dibattito, "approfittando" del puntuale contributo di Vito sull’impegno politico attivo, a partire dall’analisi del nostro presente, figlio del passato.

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Caro Emiliano,

intorno ai progetti del futuro e sul rapporto tra i calabresi e il loro futuro o di come noi ci vediamo, e viviamo questa attesa, ma anche che cosa chiediamo a quanto ordinariamente chiamiamo "domani", dovremmo dedicare una momento importante. Al "futuro" che qui è l’utopia di nessuno. Quindi all’ultimo lembo grecanico della terra di Odisseo, Ulisse, devastata e devastabile, a cui continueremo a chiedere cose che nulla hanno a che fare con il genere collettivo, la ‘communitas’, il sentimento del legame sociale, stare insieme, spazio mediterraneo, agorà democratica.

Il futuro è per i calabresi come un cimitero senza opere né speranza.

Per ora c’è solo un Ponte che ha un alba, data d’inizio e non altro. Persino i nomi dei presidenti riecheggiano ieri per sempre. Un esempio: la storia, la memoria, come valenza della verità inoppugnabile e quindi giustizia, personale e sociale, parte dalla rimozione di come sono andati veramente i fatti. La verità è come le montagne. Ma ricomporre il proprio passato è vietato. E’ questo che istituisce un tabù totemico su un mondo che ormai rifiuta anche la psicoanalisi dei poveri cristi disertando le chiese e i confessionili. Ricomporre il proprio passato richiede il coraggio della verità. Non l’amputazione ma l’imputazione della memoria. Cioè il coraggio di parlare, di spezzare la lunga catena dell’omertà che prende forma, statuto e paradigma nella politica.

La politica in Calabria è il sacrario della menzogna, della malafede, dell’inganno e del raggiro. E’ volpe senza Macchiavelli, è Fedro tradotto in dialetto. Guardate Crotone e rabbrividite. Scopriremo la mappatura del genoma della menzogna bolscevica e stalinista, per poi provare a dire dove erano i gloriosi sindacati della classe operaia quando i lavoratori morivano come cavellette e chi si opponeva alla legge brutale e mafiosa della Stalingrado del sud era un crumiro, un democristo, un venduto... Ostracismo e vendetta s’intrecciavano nella precisa responsabilità di quanti hanno fatto quella storia di veleni, monetizzazione, voto di scambio di marca comunista. Alla Pertusola tutti gli operai, oltre mille, erano tesserati aziendalmente con la trattenuta sulla busta paga al PCI. Altro che caro e dolce Gramsci Togliatti Longo e Berlinguer.

Operai morti e trucidati come i tanti uccisi nelle Foibe, i tanti massacrati dalle mitragliette delle brigate comuniste in Emilia e altrove. Nel reparto dello ‘Strappamento’ e della ‘Elettrolisi’, ancora intatto, sputavano sangue e denti che chiunque andrà a carotare quelle terre industriose potrà trovare in copiosa traccia. Era una fabbrica vecchia, inquinante, mortifera e l’hanno tenuta in piedi per altri dieci anni perché servivano le tessere, i voti, le prebende, i soldi sporchi dei padroni. Ecco, dopo Melissa, la storia è anche questa. Se non vediamo il futuro, se non sogniamo la previsione di una Calabria 2010 questo è perché è mancata la storia e sta vincendo ancora una volta la cronaca di quegli stessi giornalisti che in passato hanno taciuto, vendendo alla politica la verità.

Mettiamo in testa al prossimo programma elettorale di una Calabria nuova la domanda di storia che forse non è mai stata potente come nel tempo attuale. E con essa chiudere i conti con un NOVECENTO CHE HA BRUTALIZZATO E VIOLENTATO QUESTA REGIONE, DISTRUGGENDO GLI ARDIMENTI DEI SUOI GIOVANI E DELLE SUE DONNE, TRUCIDANDO LA SPERANZA, L’UTOPIA CONCRETA DI UN MONDO DIVERSO. Bisognerebbe tentare di comprendere come mai questo non avviene. Perché mettere in moto un movimento una Carovana Calabria significa mobilitare , migliaia di persone per ricostruire il passato e progettare il futuro.

Altrimenti la politica è una superficie piatta, un eterno presente in cui vincono i maghi e i draghi delle illusioni, i maestri di una nostalgia rispetto a luoghi devastati ma che pure ci confortano nel semplicistico ricordo di ieri. per stasera basta,

un affettuoso abbraccio da Vito Barresi


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