"Congratulazioni, prof, per la tua vittoria, in cui abbiamo sperato sino all’ultimo. E grazie di cuore per i tuoi insegnamenti sulla libertà di pensiero". *
Così, "la Voce di Fiore" vuole commentare la conclusione della controversia fra l’Università Cattolica di Milano e Luigi Lombardi Vallauri (l’ultimo a destra nella foto in alto, scattata a Jure vetere sottano, presso la prima chiesa dell’utopista Gioacchino da Fiore), tra i più celebri filosofi del diritto in Italia e amico del giornale.
Il Corriere della Sera di oggi riporta la vicenda. La Corte di Strasburgo ha riconosciuto le ragioni del professor Lombardi Vallauri, licenziato negli anni scorsi dalla Cattolica di Milano. Vi rinviamo, dunque, all’articolo di Marco Ventura, pubblicato dal quotidiano diretto da Ferruccio De Bortoli, di seguito riportato. Oggi il nostro giornale-laboratorio è in festa.
La redazione
* Giordano Bruno (Filippo), di Luigi Lombardi Vallauri (Video: You Tube)
di Marco Ventura, sul Corsera del 21 ottobre 2009
Il caso
Accolto il ricorso del docente Luigi Lombardi Vallauri
L’Europa: violati i diritti del filosofo «eretico» escluso dalla Cattolica
La Corte di Strasburgo condanna l’Italia
Lo Stato dovrà pagare 10mila euro per aver impedito la celebrazione di un giusto processo dopo il ricorso
L’ateneo: «Nessun commento, valuteremo»
L’Europa, attraverso una sentenza della Corte di Strasburgo, condanna l’Italia: violati i diritti del filosofo Luigi Lombardi Vallauri, escluso dall’università Cattolica di Milano per le sue posi zioni «nettamente contrarie al cattolicesimo».
Lombardi Vallauri non doveva più insegnare nell’ateneo «per rispetto della verità, del bene degli studenti e di quello dell’università».
La Cattolica: condannato lo Stato italiano, non la nostra università, ora valuteremo.
Luigi Lombardi Vallauri si sedette per terra. Lo stupore corse tra studenti e colleghi presenti in aula, a Bari, per la sua conferenza. «Del Dio che emoziona non mi sento di parlare seduto su una sedia - spiegò lui - quindi mentre parlerò di questo Dio starò seduto per terra». Era il 19 aprile 1996. Filosofo del diritto al l’Università di Firenze, l’allora sessan tenne Lombardi Vallauri insegnava an che, dal 1976, presso l’Università del Sacro Cuore di Milano. Il rinnovo annuale del contratto con la Cattolica era divenuto mano a mano più spinoso. L’incontro di Lombardi Vallauri con le religioni orientali aveva inasprito la sua critica del cattolicesimo. Seduto per terra in quella mattinata barese, Lombardi Vallauri celebrò «il Gange dell’umanità in cui si gettava come affluente il Tevere del cattolicesimo romano». Poi, finita la meditazione sul «Dio che emoziona», passò «al Dio professionale filosofico, di cui si può benissimo parlare seduti a un tavolo congressuale». E da lì, dal tavolo congressuale, smontò l’ortodossia, la tradizione. La teologia naturale tomista, soprattutto: «Ircocervo consistito nell’attribuire all’etnico, geloso, furiosotenero, bellicamente e giuridicamente feroce, idiosincraticissimo Yahvè e al dolcissimo-spietato ’Padre’ impassibili attributi ontologici desunti da una ingegnosamente violentata ontologia generale aristotelica».
Questo Lombardi Vallauri, incontenibile nello stile e nella sostanza, fu convocato in Vaticano due anni dopo, il 23 ottobre 1998, per un colloquio presso la Congregazione per l’Educazione cattolica. Quando i colleghi della Cattolica si riunirono, dieci giorni dopo, il preside comunicò la decisione vaticana: per le sue posizioni «nettamente contrarie alla dottrina cattolica», Lombardi Vallauri non doveva più insegnare nell’Università Cattolica «per rispetto della verità, del bene degli studenti e di quello del l’Università». Dopo vent’anni di rinnovi, l’incarico cessava. Lombardi Vallauri ricorse al Tar della Lombardia, poi al Consiglio di Stato. Facile la risposta dei giudici amministrativi: non sindachiamo quello che decide la Chiesa; così vuole il Concordato, così vuole la Corte costituzionale, già pronunciatasi nel 1972 sull’analogo caso Cordero. Rimane va solo la Corte di Strasburgo. E ieri mattina la Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso.
Il ricorso di Lombardi Vallauri è stato accolto. L’Italia è stata condannata per aver violato la libertà d’espressione del professore e il suo diritto a un giusto processo. La vera condannata è l’Università Cattolica, invano costituita si di fronte alla Corte europea; soprattutto quel pezzo di Cattolica che in un fatale consiglio di facoltà, ricostruito dai giudici europei, respinse a risicata maggioranza la mozione in cui si domandavano chiarimenti alla Santa Sede. Per la Corte di Strasburgo, quella degli organi accademici milanesi contro Lombardi Vallauri fu una decisione «priva di motivazione e presa in assenza di un reale contraddittorio». Dall’esame della Corte europea esce male an che la giustizia amministrativa italiana: censurata da Strasburgo per aver abdicato al suo dovere di vaglio dell’atto in criminato, per essersi nascosta dietro un comodo rinvio alla decisione della Santa Sede.
Due traiettorie s’intrecciano. Quella personale di Lombardi Vallauri. E quel la collettiva dei diritti e delle religioni in Europa. Lombardi Vallauri è un pensatore di genio. Originale; controcorrente. Non un buffone, non un eretico a tutti costi. Ha maturato con fatica le sue posizioni. Ben dentro un cattolicesimo cui lo legano, tra l’altro, parentele illustri. La collisione con le autorità cattoliche è seria. A causa del rigore analitico nella denuncia di quel naturalismo teologico in cui è caduto, secondo il filosofo, il pensiero cattolico. E per il modo: per quel lavorio intellettuale che si fa immaginazione, contemplazione; per l’alleanza tra ragione e stupore contro un discorso su Dio squadrato, razionale, politico. Senza contraddittorio. Analoga traiettoria oppone in Europa il vecchio ordine dei concordati, della laicità francese, delle nordiche Chiese di Stato - i vecchi modelli Stato/Chiesa, insomma - al nuovo paesaggio. Caotico e pieno di opportunità. Non basta più dire la parola magica «concordato »; né arretrare di fronte alla sovranità della Santa Sede, all’intoccabilità del diritto canonico. Lo ha compreso Benedetto XVI, molto attento all’incontro di lunedì scorso col neo ambasciatore della Commissione europea. Non lo ha ancora compreso l’Italia, già condannata dalla Corte nel 2001 in un caso simile a quello di Lombardi Vallauri. L’arena europea impone nuove regole alla vecchia partita tra ideologie e fedi, Chiese e Stati. Alla Corte europea ci son giudici, come il dissenziente portoghese Barreto, per i quali il Concordato è sacro quanto è sacra la religione. Ma anche giudici per i quali è scontato che i diritti valgano più dei Concordati. Giudici che temono di dovere domani al diritto islamico quello che si dà oggi al diritto canonico. Come la belga Tulkens, censore della laicità turca in difesa del diritto al velo. O come l’ungherese Sajó, per il quale separare trascendente e pubbli ci poteri è tanto necessario quanto è vero, come ha scritto di recente, che «i cimiteri esistono per ragioni di sanità pubblica, non per facilitare la resurrezione». L’Europa spariglia il gioco. La ragion di Stato non è più sola. Il diritto canonico, il diritto ebraico, il diritto islamico vanno ormai difesi a Strasburgo, a Bruxelles.
Luigi Lombardi Vallauri celebra. «Brindo in famiglia, al diritto», dice. Alle regole del giusto processo, che sono poi «le stesse d’ogni vero dibattito intellettuale ». È questo il valore dei diecimila euro che lo Stato italiano è stato condannato a versargli. Il Dio del filosofo seduto per terra sfida il Dio cattolico. La giustizia europea dei diritti sfida l’ordine concordatario italiano.
Corriere della Sera 21.10.09
Al momento negli ambienti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore si preferisce non commentare l’accoglimento del ricorso presentato da Luigi Lombardi Vallauri alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Da una parte si fa presente la necessità di valutare e analizzare in tutta la sua portata la sentenza emessa a Strasburgo. Dall’altra viene sottolineato che la condanna è stata emessa a carico dello Stato italiano e non dell’Università Cattolica, in quanto i giudici hanno ritenuto che le precedenti sentenze del Tar della Lombardia e del Consiglio di Stato, cui Lombardi Vallauri aveva presentato ricorso contro la decisione di allontanarlo dall’ateneo, abbiano violato i diritti al giusto processo e alla libertà di espressione del docente di Filosofia del diritto. Si tratta ora di vedere se nei prossimi giorni la Cattolica prenderà posizione, visto che all’origine del contenzioso c’è comunque una sua decisione.
Emanuele Severino: «L’università può sospendere chi vuole»
di Armando Torno (Corriere della Sera, 21.10.2009)
Cosa ne pensa Emanuele Severino del caso Lombardi Vallauri? E di quello che vide protagonista Franco Cordero, escluso dall’in segnamento in Cattolica poco dopo di lui? Risponde il filosofo: «Mi sembra, e per quanto ricordo, che Lombardi Vallauri e Cordero siano stati e rimangano sostanzialmente cristiani, e quindi si è trattato di una lite in famiglia. Il mio caso risale alla fine degli Anni 60 e, se i due colleghi non hanno gradito la decisione dell’Università fondata da padre Gemelli, è perché alla Cattolica volevano rimanere».
Cosa capitò, invece, a Severino? Ecco le sue parole: «A differenza di loro, nei miei riguardi c’è stato un processo formalmente analogo, dal punto di vista giuridico e con le debite proporzioni, a quello di Galileo». Insomma, era questione diversa. Perché? «Il mio discorso filosofico - nota Severino- fa rientrare il cristianesi mo nella storia del nichilismo. Non si tratta di una lite in famiglia». Puntualizza: «Aggiungo che per le leggi italiane l’Università Cattolica può sospendere dall’insegnamento, ma non togliere lo stipendio al docente colpito qualora egli sia un professore che abbia vinto un concorso statale (come il sottoscritto, Cordero, Vallauri e tutti gli ordinari). Da parte mia, d’accordo con le autorità accademiche ed ecclesiastiche, ho preferito andarmene a Venezia soprattutto perché avevo attorno un gruppo di giovani studiosi, oggi tutti in cattedra, presidi eccetera, che invece sarebbero ri masti senza alcun sostentamento qualora io avessi scelto di percepire lo stipendio rinunciando a insegnare».
Per quel che riguarda il giudizio europeo sul caso Lombardi Vallauri, Severino osserva: «Ritengo, con tutta la stima per i colleghi, che se un’università libera decide che sia seguito un determinato indirizzo culturale, chi vi insegna non debba poi avere la pretesa di sceglierne uno diverso». E conclude: «Fortunatamente in un’università come quella del San Raffaele dove insegno, chi la guida, cioè il sacerdote don Luigi Maria Verzé, auspica ma non esige dai docenti un determinato indirizzo culturale».
Il risarcimento
Intervista a Luigi Lombardi Vallauri
Nel ‘98 il filosofo fu sospeso dalla Cattolica di Milano per tesi considerate eterodosse. La Corte europea gli ha dato ragione
«Ho battuto la Chiesa in Europa per la libertà»
di Valentina Grazzini (l’Unità/Firenze, 07.01.2010)
Non nomina il premier Berlusconi, parlando di lui come «l’omunculus bandana» e nitrendo ogni qualvolta lo sente nominare (come accade ai cavalli al nome di Frau Blücher in Frankestein Junior di Mel Brooks), perché dice di aver fatto voto di non turpiloquio. È vegetariano convinto, veganiano, visto che «una delle più grandi esigenze dell’etica contemporanea, forse la numero uno, è occuparsi dei diritti degli animali».
È un misto di dottrina e spirito caustico Luigi Lombardi Vallauri, studioso piemontese ordinario di filosofia del diritto all’Ateneo di Firenze. Un personaggio coraggioso e controcorrente, che difficilmente lascia una causa a metà. La sua ultima vittoria, la più grande, l’ha festeggiata poche settimane fa, quando la Corte dei diritti umani di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano a risarcirlo con 10mila euro, a conclusione di una delle vicende più esemplari in materia di libertà di insegnamento (e di pensiero) degli ultimi decenni. Ce la racconta.
Professore, ci parli dell’«Affaire Lombardi Vallauri c. Italie», come recita la sentenza...
«Nel ‘98 fui sospeso dall’attività didattica dell’Università Cattolica di Milano, dove insegnavo da 21 anni, a causa della mia dottrina sull’Inferno: come filosofo del diritto osservavo che il peccato originale è contrario al principio della responsabilità personale della pena. Una pena eterna è sproporzionata a qualunque delitto uno possa aver compiuto. Questo fu considerato eterodosso e il cardinale Pio Laghi, prefetto per l’educazione cattolica, avviò il processo. Non vi fu né quel che si dice “giusto processo” né dibattito intellettuale. Il Tar Lazio rigettò il ricorso, il Consiglio di Stato anche. Nel 2005 facemmo ricorso alla Corte europea, che con i suoi 47 rappresentanti di altrettanti Stati dell’Unione, considero la cattedra giuridica dell’umanità. Ho vinto 6 a 1, un ottimo punteggio tennistico che ho preferito all’unanimità: è più trasparente».
Guardando indietro qual è la cosa che le ha fatto più male e quella che le ha dato al contrario maggior gioia in tutta la vicenda?
«Sul piano psicologico ha fatto male l’atteggiamento di indifferenza in Cattolica: non certo di Pio Laghi, nunzio dei colonnelli argentini, citato in giudizio dalle madri di Plaza de Maio e soprannominato in Argentina Pio Lager: esser processato da lui è stato un onore. Quanto da parte dei colleghi, il preside, il rettore: hanno dimostrato di non capire che il problema della mia libertà era anche il loro, che l’Università Cattolica, prima di essere cattolica è un’università, che non si può essere dipendenti dal Vaticano. La più bella? Le testimonianze intorno a me, soprattutto di credenti, che mi hanno dato la precisa sensazione di aver distribuito gioia. La vittoria di Strasburgo me l’hanno comunicata i miei studenti, al Polo di Novoli, accogliendomi festanti. L’avevano saputo dalla rete ancor prima dei miei avvocati».
Ha festeggiato?
«Facendo voto di dilapidazione: ho deciso che neanche un euro della cifra (faccio conto di averla, anche se non è così, ci sono tre mesi di comporto nel corso dei quali potrebbe esserci un improbabile ricorso dello Stato alla Grande Charmbre della Corte) dovrà essere spesa per riparare un rubinetto. Ho prediletto lo champagne francese, per omaggio alla corte francofona, intonando “Tanti auguri a te, tanti auguri diritto, tanti auguri a te...”. Il pensiero che a pagare sia Tremonti mi dà piacere».
Cosa ne pensa della vicenda fiorentina di Don Santoro, allontanato dalla sua comunità per aver celebrato l’unione tra un uomo e una donna, “rea” di aver cambiato sesso?
«Abbiamo qualcosa in comune, siamo entrambi privati di qualcosa dalla Chiesa... Il problema è che esiste una mancanza di dialogo, se non un’ostilità, tra la gerarchia cardinalizia e le comunità di base: io simpatizzo per le seconde, che realizzano la religione civile dei diritti dell’uomo, ma trovo che sul piano teorico non hanno tutta la probità intellettuale necessaria. Come esiste il «wishful thinking» (quei tipi di ragionamenti in cui cui si inferisce che qualcosa è vera perché vorremmo che fosse tale, ndr), le comunità creano un «wishful Jesus», insomma ognuno si plasma il Gesù che vuole, facendogli ignorare troppi problemi, per esempio l’esistenza dell’Inferno. Per semplificare, si tratta di un esempio di come la Chiesa pretenda di gestire i nostri corpi, e non riguarda solo i gay. Di questo paternalismo etico del tutto inaccettabile parlo nel mio saggio pubblicato da Le Lettere Nera Luce».
E l’arcivescovo Betori che condanna l’idea di Renzi di allargare le facilitazioni sui mutui alle coppie gay?
«Mi viene in mente una vignetta del Male, dove si presentavano ad un tavolo di fronte ad un funzionario comunale varie coppie di postulanti diversamente assortite: lui e lei, lui e lui, alla fine un uomo solo. Che dice: «Io faccio tutto da solo, posso avere un monolocale?».
Torniamo seri: nuove frontiere del suo pensiero?
«Far dichiarare incostituzionali gli articoli 7 e 8 della Costituzione, perché riservano agli enti religiosi alcuni privilegi come l’8 per 1.000. Sono contrari al principio supremo di laicità dello Stato. E se io lo volessi elargire l’8 per 1.000 ad un Club Med o all’Uaar (l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti)?»
Lasciamoci parlando di animali...
«Papa Pio XII tranquillizzò gli operai dei mattatoi dicendo loro di “non doversi considerare i gemiti degli animali diversi dai clangori dei metalli nelle officine”. Gli animali sono 60 miliardi di vittime l’anno, l’etica ci impone di occuparci di loro».❖