Pedagogia politica

Intervista di Stella a Pietro Ingrao, esponente della Resistenza e del Pci, sugli insulti all’ex-ministro Moratti

mercoledì 26 aprile 2006.
 

Dal Corriere della sera (26/04/06)

Volgare. Inaccettabile. Ma peggio ancora: stupido. Davanti al racconto dell’assalto, sia pure verbale, a Letizia Moratti, Pietro Ingrao è durissimo. L’ha fatta, lui, la Resistenza. Entrò in clandestinità, finì sulla Sila, conobbe sua moglie Laura perché faceva la staffetta e fu con Vittorini uno dei promotori del grande comizio a Porta Venezia del 26 luglio 1943. Insomma: il 25 aprile è più «sua che non di chi ha vomitato addosso al ministro della Pubblica Istruzione, ieri pomeriggio, palate di offese irripetibili. «È un episodio grave. Chiunque, di qualsiasi idea, partecipi a una manifestazione per il 25 aprile dev’essere accolto e rispettato. Bisogna essere contenti che vengano anche persone che non sono di questa o quella formazione vicina ma hanno una storia loro. Quindi, se le cose stanno così...».

Purtroppo è andata proprio così.

«Allora è una cosa inaccettabile».

C’è chi dice che i fischi la Moratti e gli altri che stanno con gli eredi del fascismo dovevano in qualche modo aspettarseli.

«Io la penso assolutamente al contrario. Se la Moratti viene a una manifestazione come questa è un fatto buono. Io non ho le idee della Moratti: è chiaro? Divergo da lei su quasi tutto. Ma se viene a una manifestazione per il 25 aprile ne sono contento. E in ogni caso il suo diritto a partecipare a questa festa deve essere rispettato».

Un pezzo della sinistra non ne può più dei «cretini di sinistra» che si vestono da kamikaze, bruciano le bandiere, insultano...

«Non ho idea di chi siano, questi qui di Milano...».

Non erano black-block né autonomi dei centri sociali.

«So che hanno messo in piedi una cosa sciagurata. Assolutamente da condannare. Tanto più in una giornata come questa che ricorda la riconquista della libertà e dovrebbe essere di gioia per tutti gli italiani».

C’è una responsabilità anche della sinistra nell’avere spesso tollerato in questi anni momenti di violenza verbale?

«Guardi, sono un vecchietto e non voglio erigermi a censore. Ma certo, per me, qualsiasi linguaggio che offenda l’avversario è inaccettabile. Del resto lei sa che, sia pure in tempi molto recenti e in età molto avanzata, io ho fatto una scelta precisa, quella della non violenza. Che naturalmente (e mi dispiace che la guerra in Iraq sia stata un po’ dimenticata dagli italiani) è un tema molto più vasto. Ma "non violenza" significa anche queste cose molto semplici ed essenziali come il rispetto degli altri».

Insomma, non si può essere pacifisti e non violenti sull’Iraq e poi sparare sulla Moratti le volgarità di ieri.

«Esatto. Non si può. Fa stridore. Anzi, se negli eventi terribili quali sono quelli di una guerra non è sempre così facile distinguere sulla violenza, nel caso di una manifestazione assolutamente pacifica che dovrebbe celebrare l’unità di questo Paese non esiste possibilità di dubbio: occorre dare il benvenuto a chi magari ha opinioni diverse ma viene a partecipare a un evento condiviso».

In anni non lontani il servizio d’ordine del Pci o della Cgil si sarebbe fatto carico della Moratti mettendo in riga eventuali teppisti: non c’è dentro la sinistra una progressiva perdita di cultura di controllo degli eccessi?

«Certo, gli eccessi li combattevamo. Questo è sicuro. Io, poi, certi linguaggi non li ho mai amati».

Mai scappata una parolaccia?

«Non mi pare. Forse per timidezza. In ogni modo, se mi fosse scappata, avrei sbagliato. Non c’è bisogno della parolaccia, in politica. Si può essere molto duri e severi senza mai superare certi limiti. A parte il fatto che episodi come questi sono anche un modo molto sciocco e controproducente per affermare una propria linea politica. Io ho molte osservazioni da fare alla politica scolastica della Moratti. Molte. Ma proprio perché è così lontana da me, la devo rispettare».

Questa carica insopportabile di violenza verbale di oggi c’era anche ieri o è cresciuta a dismisura negli anni?

«Intanto devo ripetere che a me la violenza verbale non piace. Quella di ieri e quella di oggi. Non mi sta bene politicamente e nemmeno, come dire, stilisticamente».

Anche quando dirigeva l’Unità.

«Mai. La beffa sì. Il sarcasmo anche, quando ci riusciva. Ma le parolacce no. No. Eravamo dentro forze in cui venivano criticate anche le foto con le donnine nude. Non era nel costume del mio partito, della mia parte politica. Ora, io non vorrei fare il puritano o cadere ne bigottismo, ma... ».

C’è chi dice, a sinistra, che questo tasso di violenza verbale in politica si è impennato per colpa di Berlusconi. Berlusconi rovescia tutto e dice: colpa della sinistra.

«Non ho abbastanza elementi per valutare chi ha ragione. E certo non posso mettermi a dare voti in pagella. So che questa volgarità nella politica non mi piace. Fermo restando che l’episodio di Milano, se la ricostruzione è questa, va al di là delle parolacce. È molto più grave».

Anche perché è suicida, alla vigilia delle amministrative, no?

«Prima ancora che suicida (forse la parola è troppo forte) quello che è stato fatto è stupido. Profondamente stupido. Tanto più, santo Iddio, nel giorno della Liberazione e della ricostruzione dell’unità nazionale. Che senso ha?».

Insomma, nessuna indulgenza.

«No».

Quindi chi dice che la Moratti in fondo se l’è cercata perché mai si era ricordata del 25 aprile prima di essere candidata a sindaco...

«Cosa vuol dire? Se anche la Moratti ha sbagliato sulla scuola, o prima o dopo o perfino anche lì, in piazza, a Milano, la risposta non può essere in ogni caso la violenza verbale e l’espulsione dal corteo. Che significa? Se la Moratti viene alla manifestazione del 25 aprile...».

Benvenuta.

«Certo, se viene io sono contento. Mi fa piacere. Se poi spingeva nella carrozzina un padre che era stato partigiano e deportato a Dachau...».

Gian Antonio Stella


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