Domenica Kosovo indipendente? L’Ue invia missione *
I 27 paesi dell’Unione Europea hanno dato via libera al dispiegamento in Kosovo della missione civile Eulex.
A quanto si è appreso alla mezzanotte di venerdì si è infatti conclusa senza novità la procedura di silenzio-assenso prevista per dare luce verde all’invio della missione.
Nell’imminenza della proclamazione dell’indipendenza del Kosovo dalla Serbia, i 27 paesi dell’Ue hanno quindi deciso di mandare nella provincia un contingente composto da circa duemila uomini che avrà come compito principale quello di accompagnare in Kosovo nel processo di transizione verso una struttura amministrativa autonoma.
Del contingente della missione civile fanno parte anche 250 tra giudici e magistrati che saranno guidati dall’italiano Alberto Perduca.
Saranno inviati in Kosovo nel corso dei prossimi 120 giorni anche 1500 poliziotti e 250 tra doganieri e altro personale amministrativo.
Alla missione contribuiscono tutti i paesi dell’Unione salvo Malta in ragione di motivi logistici, oltre che Stati come la Turchia e gli Stati Uniti.
Eulex si affiancherà inizialmente alla missione Unmic delle Nazioni Unite e si aggiungerà come presenza sul territorio al contingente Nato della Kfor.
A quanto si è appreso un’avanguardia della missione Eulex dovrebbe raggiungere il Kosovo già entro le prossime due settimane per preparare il terreno all’arrivo del resto del contingente di quella che si annuncia come probabilmente la missione civile più importante inviata all’estero dall’Ue.
Conferme e smentite sull’indipendenza del Kosovo. La provincia proclamerà la separazione dalla Serbia domenica 17 febbraio alle 17:00, aveva annunciato il portavoce del premier kosovaro Hashim Thaci, dopo che il Parlamento kosovaro ha approvato una mozione che permette di adottare in 24 ore le leggi necessarie alla proclamazione dell’indipendenza sulla base delle raccomandazioni contenute nel piano del mediatore dell’Onu, Martti Ahtisaari.
Ma il premier Thaci si è rifiutato di annunciare la data ufficiale. Interpellato più volte dalla stampa internazionale durante la conferenza stampa, Thaci ha fatto muro: «Non risponderò a nessuna domanda su questo argomento», ha ripetuto.
L’associazione delle municipalità serbe del Kosovo ha invece bocciato la possibile indipendenza della provincia e «ha deciso di organizzare in coordinamento con Belgrado l’11 maggio le elezioni locali e regionali per votare il Parlamento del Kosovo». La riunione dell’assemblea si è svolta a Kosovska Mitrovica (nord del Kosovo).
Fumata nera intanto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocato d’urgenza su richiesta di Belgrado e Mosca per discutere della provincia serba a maggioranza albanese. La riunione si è concluso con un nulla di fatto per le posizioni inconciliabili dei Paesi che ne fanno parte. Secondo fonti diplomatiche, citate a Belgrado dall’agenzia Tanjug, il rappresentante russo nel Consiglio, l’ambasciatore Vitaly Churkin, ha detto che solo cinque Paesi - Usa, Francia, Gran Bretagna, Belgio e Italia - dei quindici membri hanno appoggiato il piano proposto dall’ ex mediatore dell’Onu per il Kosovo, Martti Ahtisaari, che prevede l’indipendenza del Kosovo.
Parole confermate, dopo la seduta del Consiglio, dal ministro degli esteri serbo Vuk Jeremic. La maggioranza dei membri del Consiglio, ha detto il capo della diplomazia serba, ha appoggiato la prosecuzione delle trattative sullo status finale per il Kosovo perché «sono convinti che solo tramite le trattative e in modo pacifico si può risolvere un problema cosi complicato».
Il Consiglio permanente dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) si riunirà in seduta strordinaria martedì prossimo per discutere l’indipendenza del Kosovo. «Ci sarà una riunione straordinaria del Consiglio permanente davanti al quale parlerà il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic», ha annunciato il portavoce dell’organizzazione Susanna Loof. La delegazione serba presso l’Osce ha confermato l’arrivo del capo della diplomazia.
* l’Unità, Pubblicato il: 15.02.08, Modificato il: 16.02.08 alle ore 9.55
Thaci: ’’In un Paese indipendente nessuno si sentirà mai discriminato’’
Kosovo, domenica l’annuncio dell’indipendenza
Il premier kosovaro non conferma esplicitamente la data ma incontra il primo ministro macedone Nikola Gruevsky.
Al centro dei colloqui, la demarcazione dei confini settentrionali della Macedonia. Secondo Belgrado, ’’la dichiarazione è illegale’’
Skopje, 15 feb. (Adnkronos) - "Il Kosovo ha la sua agenda per la dichiarazione dell’indipendenza e rispetterà questa agenda". Così il primo ministro Hashim Thaci, in una conferenza stampa a Pristina, rispondendo alla domanda riguardo alla data dell’annuncio. Secondo quanto anticipato nei giorni scorsi, i leader kosovari avrebbero stabilito di dichiarare l’indipendenza domenica prossima. E, pur senza confermare esplicitamente la data di domenica, Thaci ha parlato già del dopo dichiarazione di indipendenza assicurando che nel Kosovo indipendente "nessuno si sentirà mai discriminato". Poi ha annunciato l’impegno di creare un "ufficio per le comunità" che si occupi proprio di mantenere "un continuo canale di comunicazione" con le minoranze, in particolare quelle serbe.
Thaci si è anche recato a sorpresa in Macedonia, dove ha incontrato il primo ministro Nikola Gruevsky. Al centro dei colloqui, ha reso noto l’ufficio stampa di Gruevsky, la demarcazione dei confini settentrionali macedoni con il Kosovo e la cooperazione in diversi campi. Riferendosi al colloquio con Gruevsky, Thaci ha ribadito l’impegno ad avere "con tutti i Paesi confinanti ottime relazioni", alla fine anche con la Serbia. Ma secondo Belgrado, ’’la dichiarazione d’indipendenza è illegale’’: è quanto ha affermato giovedì il premier serbo Vojislav Kostunica. Inoltre, arriva la promessa fatta dal rieletto presidente serbo Boris Tadic nella cerimonia di giuramento al Parlamento. "Non arretrerò mai nella lotta per conservare il Kosovo". E ’’con tutta la mia forza lavorerò per fare della Serbia un membro dell’Unione europea" ha aggiunto. L’ambasciatore serbo all’Adnkronos: "L’Italia non si affretti a riconoscere l’indipendenza".
Secondo quanto riferiscono fonti comunitarie, i ministri degli Esteri dell’Unione europea si limiteranno a ’’prendere atto" di una eventuale dichiarazione nel corso della riunione che li vedrà riuniti lunedì a Bruxelles. Le stesse fonti hanno aggiunto che Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna potrebbero tuttavia procedere a una "dichiarazione congiunta" di riconoscimento. "L’Ue - hanno precisato le fonti - non riconoscerà una eventuale dichiarazione di indipendenza anche perché il riconoscimento è una questione di competenza dei singoli Stati membri e l’Ue in quanto tale non ha ancora la personalità giuridica per poterlo fare".
Umberto Ranieri: «Ma Pristina avrà un’indipendenza sorvegliata»
di Umberto De Giovannangeli *
Umberto Ranieri, presidente della Commissione Esteri della Camera, domani dovrebbe essere il giorno della proclamazione dell’indipendenza del Kosovo. Che valutazione dare di questo evento?
«Il governo italiano si è adoperato a lungo affinché si giungesse ad una decisione sullo status del Kosovo sulla base di una intesa tra Belgrado e Pristina. Non è mancato mai il nostro sostegno al negoziato tra le parti. La verità è che a prevalere sono state reciproche pregiudiziali che hanno impedito il raggiungimento di una intesa: da un lato l’irremovibile opposizione del governo serbo a discutere dell’indipendenza, e dall’altro lato la posizione delle autorità kosovare che ritenevano che l’indipendenza costituisse una rivendicazione non negoziabile, mentre per Belgrado ciò era del tutto inaccettabile. Quindi non è stato possibile raggiungere quel compromesso tra le parti per il quale si era fortemente adoperato il nostro Paese che ha mantenuto buoni rapporti con Belgrado e con Pristina. Io penso che non abbia favorito l’affermarsi di un compromesso anche la condotta tenuta sia dalla Russia che dagli Stati Uniti nel corso del negoziato».
Su che base fonda questa valutazione?
«Mosca ha sostenuto la posizione irriducibile di Belgrado e Washington ha fatto lo stesso con Pristina. Gli Stati Uniti hanno continuato a dire agli albanesi del Kosovo che avrebbero potuto contare su una rapida indipendenza, senza concessioni alla Serbia e questo ha indebolito qualunque eventualità di ulteriori trattative. La ricerca di una soluzione più equilibrata e di compromesso è stata resa vana dal sostegno pregiudiziale che ai contendenti è venuto da Stati Uniti da una parte e Russia dall’altra. Il mio rammarico è che una questione squisitamente europea è stata invece condizionata nella ricerca di una soluzione dalle posizioni americana e russa».
Da Belgrado giunge un monito: difenderemo la nostra sovranità.
«Sono sicuro che Belgrado manterrà l’impegno assunto nel corso di questi mesi ad affrontare le questioni scongiurando in ogni caso il rischio che la situazione possa degenerare nella violenza. Io penso che l’elezione di Tadic a presidente della Repubblica serba la scorsa settimana, abbia chiamato ad assolvere a questo compito così delicato una personalità aperta alla prospettiva dell’integrazione della Serbia nell’Unione Europea, disponibile alla cooperazione con la comunità internazionale e con l’Europa in particolare. Spero che anche in questo momento particolarmente delicato nella storia serba, Belgrado mantenga questa impostazione. D’altro canto, credo che debbano anche essere considerate le ragioni che portano gli albanesi del Kosovo ad aspirare all’indipendenza. Nessuno può sottovalutare che tra serbi e albanesi del Kosovo si sia creato un abisso di inimicizia, di odio, di rancori. E nessuno può ignorare che gli albanesi hanno pagato un prezzo elevato a quella sorta di apartheid contro di loro, i cui primi segni si ebbero già negli anni di Tito per poi dispiegarsi compiutamente con Milosevic. Vanno comprese le ragioni che portano gli albanesi kosovari a porre la questione dell’indipendenza. Inoltre, questa prospettiva è apparsa inevitabile alla comunità albanese del Kosovo di fronte al dissolversi della ex Jugoslavia: hanno ottenuto l’indipendenza la Slovenia, la Croazia, la Bosnia, il Montenegro, la Macedonia; la comunità albanese che rappresenta oltre il 90% della popolazione dell’intero Kosovo, aspirava a una prospettiva di questo tipo con ragioni. La mia opinione è che sarebbe stato necessario un processo diverso per giungere a questo esito. Un tempo l’impostazione della comunità internazionale era prima gli standard e poi lo status: vale a dire prima fare in modo che lo stato di diritto si affermi del tutto in Kosovo, garantendo una legislazione capace di imporre il rispetto delle minoranze e impegnando le autorità kosovare in una lotta alla criminalità e alla corruzione, e poi in un contesto profondamente rinnovato e più affidabile, affrontare anche il tema dello status, nel senso di riconoscere l’indipendenza. Così purtroppo non è stato».
Che indipendenza sarà quella del Kosovo?
«Sarà una indipendenza sorvegliata dalla comunità internazionale. In Kosovo resteranno migliaia di soldati della Nato e una missione civile della Ue sarà lì dispiegata per sostenere il processo di stabilizzazione e di democratizzazione di quel Paese».
* l’Unità, Pubblicato il: 16.02.08, Modificato il: 16.02.08 alle ore 8.28
In 150 mila nella piazza davanti all’ex Parlamento federale jugoslavo
Il premier arringa la folla: "La Russia è con noi". Poi scoppia la rivolta
Belgrado, assalto alle ambasciate
Un cadavere nella sede americana *
BELGRADO - Belgrado scende in piazza contro l’indipendenza del Kosovo. Protestano in centocinquanta mila, poi scoppia la rivolta. Alcune centinaia di estremisti attaccano l’ambasciata americana quando i comizi sono già terminati. Con bastoni e spranghe di ferro, spaccano due guardiole, danno fuoco alle bandiere Usa, lanciano sassi contro le vetrate. La sede diplomatica era chiusa e non difesa. In serata, la tv serba diffonde la notizia di un cadavere carbonizzato che sarebbe stato rinvenuto all’interno dell’edificio, anche se un portavoce dell’ambasciata esclude la presenza di personale durante gli incidenti.
La violenza dei nazionalisti ha avuto la meglio sulla polizia di Belgrado che non ha saputo evitare l’assalto. Scavalcato il muro di cinta ed entrati negli uffici, i rivoltosi hanno lanciato oggetti e suppellettili dalle finestre. Staccato lo stemma dell’ambasciata, hanno appiccato il fuoco davanti alla facciata mentre altri gruppi hanno preso di mira le sedi diplomatiche di molti dei Paesi favorevoli all’indipendenza del Kosovo.
Danni a finestre e bandiere sono segnalati da parte delle sedi diplomatiche di Turchia, Belgio, Croazia, Bosnia e Canada, oltre che degli Usa. L’ambasciata d’Italia è stata sgomberata dal personale civile fin dal primo pomeriggio e protetta da uno sbarramento di forze dell’ordine. Attaccati due ristoranti della catena McDonald’s, due banche (inclusa una filiale del gruppo italiano Unicredit), mentre la tv riferisce di negozi saccheggiati. Secondo un portavoce delle forze dell’ordine, nei disordini sono rimasti feriti 60 giovani tra cui 15 poliziotti.
Al maxi raduno nella piazza antistante la sede storica dell’ex Parlamento federale jugoslavo, il governo serbo sostiene che i manifestanti fossero addirittura mezzo milione. Sul palco, Vojislav Kostunica ha arriganto la folla che sventolava bandiere e simboli patriottici, immagini di eroi nazionali, vessilli della Chiesa ortodossa e striscioni con la scritta "Il Kosovo è Serbia"."Kosovo è il primo nome della Serbia - ha detto il premier serbo - appartiene alla Serbia e al popolo serbo. Così è stato e sarà sempre", ha aggiunto tra le grida e gli applausi dei presenti che scandivano "Russia, Russia". "La Serbia non è sola nella battaglia per la difesa della sua sovranità sul Kosovo - ha proseguito Kostunica - la Russia e il presidente Putin sono con noi. La Serbia non dimenticherà mai la solidarietà di Mosca né quella di tutti i Paesi che ci hanno sostenuto".
Il primo ministro serbo se l’è presa poi con le potenze occidentali che vogliono "umiliare la Serbia" con il riconoscimento del Kosovo, a dispetto del fatto che Belgrado "ha rispettato tutti i suoi impegni internazionali". "Vogliono la nostra umiliazione e vorrebbero che la firmassimo, ma non lo faremo mai", ha proseguito Kostunica, ribadendo che "nessun governante avrà mai dal popolo serbo il mandato di accettare alcun mercato umiliante" in cambio di una resa sulla perdita della sovranità sul Kosovo.
Accanto al primo ministro, i leader politici, gli intellettuali e gli artisti come il regista Emir Kusturica e di campioni dello sport come Dejan Bodiroga, leggenda del basket serbo e attuale dirigente della Lottomatica Roma. Previsto un messaggio telefonico di Novak Djokovic, astro nascente del tennis mondiale, la cui famiglia è originaria proprio del Kosovo.
* la Repubblica, 21 febbraio 2008(parziale.
In Consiglio dei ministri l’opposizione del ministro Ferrero
Dal Papa appello alla moderazione "a tutte le parti in causa"
L’Italia riconosce il Kosovo
Belgrado ritira l’ambasciatore
di VINCENZO NIGRO *
Il Consiglio dei Ministri ha appena deciso di riconoscere l’indipendenza del Kosovo. Dopo una relazione del ministro degli Esteri, tutto il Consiglio ha appoggiato la proposta di Prodi e di Massimo D’Alema, salvo il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero (Rifondazione), che ha confermato la sua opposizione.
La reazione di Belgrado è stata quasi immediata: come preannunciato, il ministro degli esteri serbo, Vuk Yeremic, ha confermato oggi il richiamo immediato per consultazioni dell’ambasciatore in Italia, signora Sanda Raskovic-Ivic, in segno di protesta contro il riconoscimento italiano della indipendenza unilaterale del Kosovo. Belgrado ha inoltre inviato una nota formale di protesta nei confronti di Roma.
D’Alema è stato "autorizzato" dal Consiglio dei Ministri a rispondere positivamente alla lettera con cui le autorità kosovare richiedevano il riconoscimento del loro stato come indipendente. L’Italia riconoscerà l’indipendenza del Kosovo "in un quadro di supervisione internazionale" e il ministero degli Esteri avvierà normali relazioni diplomatiche.
Ieri durante un dibattito davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato, D’Alema aveva sostenuto che riconoscere il nuovo Stato "è interesse dell’Italia", che nell’ex provincia serba contribuisce al contingente di Kfor e si appresta ad inviare altri 200 uomini nel quadro della missione civile della Ue EULEX. "Non mi sentirei di lasciare in un Paese che non riconosciamo i 2.600 militari, nè i 200 funzionari civili che stiamo per mandare. Se non riconoscessimo sollecitamente il Kosovo questi uomini non avrebbero la necessaria copertura politica e diplomatica per operare sul terreno e interagire con le autorità di Pristina. Dovremmo ritirarli. Il che non gioverebbe a nessuno, la nostra presenza è utile a tutti, in primo luogo alla Serbia".
Secondo il ministro il processo di riconoscimento di Pristina - "utile e necessario" - va però affrontato con "sobrietà, continuando a lavorare per mantenere buoni rapporti con la Serbia". D’Alema ha definito "comprensibile" il momento di "amarezza e protesta" che sta vivendo Belgrado e ha assicurato che l’Italia continuerà la "politica di amicizia, apertura e dialogo" avviata negli ultimi anni con la Serbia. "Bisogna guardare al futuro", anche perché "in fondo, dal punto di vista sostanziale, il Kosovo non apparteneva più alla Serbia da otto anni".
Per D’Alema, la dichiarazione di indipendenza proclamata unilateralmente da Pristina domenica è un "caso sui generis" che "non determina alcun precedente internazionale" che possa giustificare "effetti imitativi" da parte di altre realtà con ambizioni separatiste.
Intanto, dal Papa arriva un appello alla moderazione. Benedetto XVI ha chiesto "a tutte le parti in causa di agire con prudenza e moderazione, e cercare soluzioni che favoriscano il mutuo rispetto e la riconciliazione’’. Ricevendo il nuovo ambasciatore serbo presso la Santa Sede, il Papa ha detto di condividere "il grande desiderio che la pace raggiunta possa portare duratura stabilità nella regione’’. Il pontefice ha anche ricordato le ’’profonde sofferenze’’ del popolo serbo nei recenti conflitti.
* la Repubblica, 21 febbraio 2008.
Kosovo a doppia violazione
di Luciana Castellina (il manifesto, 19 febbraio 2008)
«Non riconosceremo l’indipendenza del Kosovo unilateralmente dichiarata, perché contraria al diritto internazionale». Così ha detto in apertura della riunione Ue - dando con la sua autorevolezza voce a una linea già enunciata da molti governi europei - ilministro degli esteri spagnolo, Moratinos. Che ha anche aggiunto, conferendo particolare drammaticità alla sua denuncia, che accettare questa secessione dalla Serbia equivale all’invasione dell’Iraq .
L’unità dell’Ue si è dunque ampiamente spezzata, al punto che l’Unione va in ordine sparso e non vale più l’argomento secondo il quale non ci sarebbero stati spazi per una posizione italiana diversa da quella che rischia invece di prevalere a Bruxelles: un’accettazione del fatto compiuto, che appare tanto più grave se si considera che così, oltretutto, si opera anche contro il Consiglio di Sicurezza e la risoluzione 1244 votata a suo tempo dall’Onu.
Una doppia violazione, dunque, che per l’Italia appare anche più grave: innanzitutto perché nei mesi passati Roma aveva stabilito un dialogo con la Serbia che, nella pur difficilissima situazione, sembrava dare frutti positivi, tanto è vero che Belgrado aveva già accettato di concedere alla regione ribelle un’autonomia larghissima, tale da conferire alle autorità locali più del 90% delle funzioni statali. Bruciare così bruscamente questo rapporto produrrà inevitabili risentimenti, l’affossamento di ogni ipotesi di soluzione negoziale, la fatale ripresa di egemonia delle forze serbe più nazionaliste, a tutto danno di quelle democratiche che oggi governano. In secondo luogo è particolarmente grave per noi perché è il nostro paese che sarà capofila di una spedizione di polizia affidata a regole quanto mai confuse e destinata a imporre, in spregio ai principi del diritto internazionale, la volontà del gruppo kosovaro di Thaqi, e degli Stati Uniti che l’hanno spalleggiato.
L’affermazione di Moratinos è sacrosanta: l’inviolabilità delle frontiere è uno dei cardini dell’ordine postbellico che va salvaguardata, anche se oramai da tempo le indipendenze unilateralmente annunciate e realizzate solo quando di convenienza occidentale sono diventate la prassi. Proprio l’uso arbitrario nell’attuazione delle decisioni dell’Onu sta minando ogni fiducia nella possibilità di un assetto democratico delmondo e producendo barbarie. Cosa potrà accadere ora nel Kosovo è facile da immaginare. Basti pensare a quanto è già accaduto in questi nove anni: 300.000 profughi serbi, 2.000 uccisioni, monasteri incendiati. Nessuno vuole fare il computo dei morti dell’una e dell’altra parte.Ma va ben detto che con i bombardamenti Nato sulla Jugoslavia si sono fatti altri morti e si è solo ritardata la vittoria degli oppositori di Milosevic. E che ora si apre la strada all’acutizzazione di una serie senza fine di conflitti, bruciando ogni possibilità di trovare soluzioni negoziate per dare a ogni popolo i diritti che gli spettano, mache non necessariamente coincidono con la moltiplicazione di stati che sta sbriciolando la mappa del mondo garantendo solo un’indipendenza fittizia. Perché manovrata dall’una o dall’altra grande potenza; e, complessivamente, dai poteri forti e incontrollati del mercato globale.
Dal Kosovo al Kosova: rimane un nostro problema
di Lucio Caracciolo (la Repubblica, 18 Febbraio 2008)
I tre Kosovo. La dichiarazione di indipendenza e la bandiera all’insegna del geopoliticamente corretto. La dipendenza politica dall’Occidente e quella infrastrutturale dalla Serbia. Le molte teste calde. I traffici criminali. Il Kosova sarà sempre più un nostro problema.
Da ieri ci sono tre Kosovo. Il primo immaginario: la provincia serba cui si riferisce la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il secondo effettivo: il troncone di quella provincia che resta serbo, a nord del fiume Ibar, con relative enclavi etnicamente omologhe nel Centro-Sud. Il terzo, altrettanto reale ma assai maggiore, si chiama Kosova, all’albanese, e comprende tutto il resto del territorio (10mila chilometri quadrati e 2 milioni di abitanti). Di fatto, un secondo Stato schipetaro. In attesa di adeguarsi alle nuove insegne geopoliticamente corrette, con tanto di stelle all’europea, i kosovari albanesi festeggiano agitando la bandiera nazionale, l’aquila bicipite nera su sfondo rosso.
Mentre aspetta gli annunciati riconoscimenti, il capo del Kosova, Hashim Thaçi, ostenta calma e sicurezza. Garantisce che i diritti delle minoranze saranno rispettati. Convinto di poter presto contare sul formale via libera delle potenze occidentali e di vari altri paesi. Consapevole che la sopravvivenza del Kosova indipendente dipende dai protettori atlantici (i soldati della Kfor), dai soldi e dai funzionari europei che rilevano la gestione onusiana, e, paradossalmente, dalla Serbia. Se Belgrado dovesse optare per il blocco economico, tagliando agli ex concittadini albanesi acqua e elettricità, il nuovo Stato finirebbe in ginocchio.
E’ probabile che in questa fase l’inevitabile crisi serbo-albanese possa essere contenuta entro termini non parossistici. Ma sul futuro prossimo nessuno può giurare. Ci sono molte teste calde in giro nell’area - dalla Bosnia alla Macedonia - e quasi tutti hanno un’arma sotto il materasso. Diffidenza, odio, aperto razzismo sono tramandati da generazioni. Basta poco ad accenderli. E fuori area, i kosovari possono vantare una folta schiera di aspiranti imitatori, dalle enclavi russe in Georgia e in Moldavia agli indipendentisti baschi piuttosto che turco-ciprioti, in cerca di riconoscimento.
Di certo d’ora in avanti il Kosova sarà sempre più un nostro problema. Europeo e italiano. I nostri soldati sono in prima linea, nel quadro Nato. E i notori traffici criminali che dall’Asia giungono a noi attraversando quel territorio balcanico, nel nuovo contesto geopolitico e istituzionale saranno ancora meno controllabili di ieri. Come al solito, arriviamo all’appuntamento impreparati, non sapendo bene che fare. Riconosceremo il Kosova, per mantenere il nostro posticino nel Gruppo di contatto, facendo finta di contare quanto gli altri partner euroatlantici. Ma per far cosa?
La decisione ufficiale del Parlamento riunito in seduta straordinaria
Migliaia di persone, arrivate anche dall’Albania, festeggiano per le strade di Pristina
Il Kosovo proclama l’indipendenza
Serbia: "Non lo riconosceremo mai"
Il dipartimento di Stato Usa: "Prendiamo atto e facciamo un appello alla calma"
E Mosca, furiosa, chiede e ottiene la convocazione del Consiglio di sicurezza
PRISTINA - Il Parlamento kosovaro ha proclamato l’indipendenza unilaterale dalla Serbia. L’assemblea, riunita in seduta straordinaria, ha approvato con un’acclamazione la proposta letta in aula dal primo ministro Hashim Thaci: quella che era una provincia serba ha così scelto di staccarsi e diventare uno Stato "indipendente e sovrano" (il documento). Immediata la reazione di Belgrado: il presidente serbo Boris Tadic, appoggiato pienamente da Mosca, ha ribadito che il suo paese non riconoscerà mai l’indipendenza.
La votazione. Tutti i deputati - con l’eccezione dei pochi rappresentanti della minoranza serba, assenti per scelta - hanno firmato oggi il testo della dichiarazione di indipendenza. Dopo l’acclamazione e il voto per alzata di mano, la dichiarazione è stata sottoposta alla convalida del presidente Fatmir Sejdiu, del premier Hashim Thaci, del presidente dell’assemblea Jakup Krasniqi e di ciascun parlamentare, convocato nominalmente per la firma. Alla fine, in Parlamento è stata esposta la nuova bandiera: una sagoma gialla del nuovo Stato su uno sfondo blu scuro, insieme a sei stelle, che richiamano l’Europa.
I festeggiamenti. A Pristina si celebra l’evento da giorni. E dopo la proclamazione dell’indipendenza la gioia è esplosa. Sono arrivati anche pullman dall’Albania. Ovunque ci sono striscioni e poster con slogan patriottici e messaggi d’auguri (ma anche inviti alla moderazione), oltre che bandiere albanesi (rosse con l’aquila nera al centro) e americane. Qua e là spuntano anche vessilli dell’Ue e di qualche singolo paese europeo.
La reazione di Belgrado. Il presidente Tadic ha dichiarato che la Serbia "non riconoscerà mai l’indipendenza", e che il suo paese "ha reagito e reagirà con tutti i mezzi pacifici, diplomatici e legali per annullare quanto messo in atto". Poco dopo, anche il primo ministro Vojislav Kostunica ha espresso condanna, definendo il Kosovo "un falso stato" e accusando gli Usa per la loro disponibilità a "violare l’ordinamento internazionale per i loro interessi militari". Critiche anche alle Ue, che si sarebbe accodata alla posizione americana "in modo umiliante". Infine, Belgrado ha fatto sapere che richiamerà i proprio ambasciatori dai paesi che riconosceranno il Kosovo.
La Russia furiosa. La proclamazione dell’indipendenza, che può contare sul sostanziale sostegno degli Usa e di buona parte dei paesi europei, vede fermamente contraria la Russia, che oggi ha chiesto e ottenuto la convocazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu (ore 13 ora di New York, le 19 in Italia). "Sosteniamo in pieno la reazione di Belgrado", ha fatto sapere il ministero degli Esteri. Mosca vuole da Nazioni Unite e Nato un’azione "immediata" per annullare la proclamazione di indipendenza.
Le altre reazioni internazionali. La Nato ha annunciato che continuerà a garantire la sicurezza del Kosovo e ha esortato tutte le parti in causa a muoversi con la massima cautela. Il dipartimento di Stato Usa, "preso atto" della dichiarazione di indipendenza: non è un riconoscimento formale del nuovo Stato, ma un appello alle parti "perchè esercitino la massima moderazione e evitino qualsiasi provocazione". Un invito invito alla moderazione, rivolto sia a Pristina che a Belgrado, è giunto poi dalla Santa Sede.
* la Repubblica, 17 febbraio 2008.
Nel testo approvato dal Parlamento di Pristina si fa riferimento
al piano Ahtisaari e alla "presenza internazionale civile e militare"
"Kosovo per la pace e la stabilità"
Il documento dell’indipendenza
"Una società democratica, laica e multietnica
che vuole avere buone relazioni con i paesi vicini"
PRISTINA - Il Kosovo indipendente sarà "consacrato alla pace e alla stabilità": è quanto si afferma nel documento di indipendenza adottato questo pomeriggio a Pristina dal Parlamento di quella che fino a oggi era una provincia serba a maggioranza albanese.
La nazione del Kosovo "sarà creata sulla base del piano Ahtisaari", aggiunge il documento in 12 punti varato dal parlamento. Il piano, elaborato dall’inviato speciale dell’Onu per il Kosovo, il finlandese Martti Ahtisaari, prevede per la provincia serba una indipendenza "sotto supervisione internazionale", garantita da una missione dell’Unione europea. Approvato dagli occidentali, tale piano è stato bloccato al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dalla Russia, ostile all’indipendenza del Kosovo.
"Il Kosovo è una società democratica, laica e multietnica", che accoglierà "la presenza internazionale civile e militare", prosegue la dichiarazione di indipendenza. La presenza civile è quella della Ue, destinata a prendere il posto di quella dell’Onu, mentre la presenza militare è quella della Kfor, a guida Nato, dispiegata sin dal 1999 nella provincia secessionista e che resterà anche dopo la proclamazione di indipendenza.
"Con l’indipendenza, il Kosovo si assume le responsabilità internazionali, assicura la sicurezza delle frontiere con i paesi vicini, e vieta l’uso della violenza per risolvere le differenze", si legge ancora nel documento di indipendenza nel quale si sottolinea al tempo stesso "la volontà del Kosovo di avere buone relazioni con i suoi vicini".
"Un Kosovo indipendente garantisce la (protezione) dell’eredità culturale e religiosa", riferimento questo alle decine di siti religiosi della chiesa ortodossa serba che si trovano in Kosovo.
* la Repubblica, 17 febbraio 2008.
Ansa» 2008-02-17 12:21
KOSOVO, AL VIA LE PROCEDURE PER L’INDIPENDENZA
PRISTINA - E’ partita stamane come da attesa la macchina per la proclamazione unilaterale di indipendenza del Kosovo prevista per il pomeriggio. Poco dopo le 10.00 un incontro fra le massime autorità istituzionali della provincia a maggioranza albanese - il presidente Fatmir Sejdiu, il primo ministro Hashim Thaci e lo speaker del parlamento Jakup Krasniqi - ha dato avvio alle procedure che nel pomeriggio culmineranno con la proclamazione solenne di indipendenza nel parlamento di Pristina.
Thaci stamane ha formalizzato la richiesta di sessione straordinaria dell’Assemblea, uno dei passaggi ufficiali per giungere alla proclamazione, e parlando con i giornalisti ha confermato che la riunione del parlamento voterà la dichiarazione di indipendenza e l’approvazione dei simboli "del nuovo stato".
Ha inoltre ribadito che "la volontà del popolo kosovaro sarà compiuta". I passaggi ufficiali sono stati preceduti da un omaggio compiuto a prima mattina dal presidente Sejdiu sulla tomba del suo predecessore, Ibrahim Rugova: storico leader non violento del movimento secessionista e padre dell’indipendenza morto nel 2006. La tv kosovara ha cominciato alle 10 una non stop, con dirette e documentari storici, dedicata all’evento.
Nonostante la forte opposizione alla secessione da parte di Belgrado (che la ritiene illegale) e di quel che resta della minoranza serbo-kosovara, finora non sono stati segnalati incidenti. Un raduno di protesta è annunciato per domani a Mitrovica nord, roccaforte serba della provincia.
La giornata si presenta limpida, ma ventosa e sottozero, dopo la neve caduta nella serata di ieri. A Pristina si sono visti le prime corriere giunte dall’ Albania, con gruppi di persone decise a unirsi ai "fratelli" kosovari per festeggiare. Secondo la tv del Kosovo, sono attesi in totale 5.000 albanesi d’Albania per le celebrazioni odierne. Ovunque ci sono striscioni e poster con slogan patriottici e messaggi d’auguri (ma anche inviti alla moderazione), oltre che bandiere albanesi (rosse con l’aquila nera al centro) e americane. Qua e là spuntano pure vessilli dell’Ue e di qualche singolo Paese europeo.
Il portavoce dei premier: "Sarà proclamata dal Parlamento domenica 17 alle 17"
Ma in conferenza stampa Thaci non dà nessuna indicazione precisa
Kosovo, è giallo sulla data
"Indipendenza domenica 17"
Il presidente serbo Tadic: "Non la riconosceremo mai
Rapporti diplomatici a rischio con gli Stati che lo fanno"
PRISTINA - Giallo sulla data in cui il Kosovo proclamerà l’indipendenza. Poco prima dell’inizio della conferenza stampa del premier Hashim Thaci, il suo portavoce ha dichiarato all’agenzia Ansa: "il parlamento del Kosovo proclamerà l’indipendenza della provincia dalla Serbia domenica 17 febbraio alle 17".
Ma durante la conferenza stampa, in cui era atteso l’annuncio ufficiale, Thaci non ha dato nessuna indicazione precisa. E, alla domanda di una giornalista che chiedeva conferma ha glissato, chiedendo di attenersi al tema dell’incontro. Ha invece parlato del futuro del Paese, promettendo che il governo avrà basi costituzionali e che nel Kosovo indipendente i diritti di tutte le minoranze verranno tutelati. "Nessun cittadino si sentirà discriminato o messo da parte" ha detto Thaci, aggiungendo che i rapporti con la Serbia sono "ottimi" ma il Kosovo ha la sua "agenda da seguire".
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Poco dopo il portavoce ha precisato di nuovo all’Ansa che la data di domenica 17 è confermata, ma per motivi di sicurezza "sarà resa nota non prima di 24 ore della effettiva proclamazione dell’indipendenza".
Il no di Belgrado. Dal canto suo, il presidente serbo Boris Tadic, rieletto all’inizio di febbraio, ha prestato oggi giuramento davanti al Parlamento per l’insediamento, promettendo che la sovranità serba verrà mantenuta sulla provincia del Kosovo, nonostante la dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte di Pristina, già ampiamente annunciata, che Belgrado considera secessione.
Gli ha fatto immediatamente eco il premier Kostunica, ribadendo che Belgrado non rinuncerà mai alla sovranità sul Kosovo e che, nonostante "le campagne, le pressioni, le offerte e le minacce" subite, continuerà a opporsi alla secessione "con gli argomenti e metodi democratici". La Serbia ha già fatto sapere che riterrà "nulla e illegale" la dichiarazione di indipendenza del Kosovo e ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di fare lo stesso.
Il governo di Belgrado ridurrà i rapporti con i paesi che riconosceranno l’indipendenza del Kosovo. "Le relazioni non saranno quelle di oggi". Il presidente Tadic non ha escluso il ritiro degli ambasciatori.
L’Onu. Nulla di fatto, intanto, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocato ieri d’urgenza su richiesta di Belgrado e Mosca per discutere della provincia serba a maggioranza albanese. Secondo fonti diplomatiche, citate a Belgrado dall’agenzia Tanjug, il rappresentante russo nel Consiglio, l’ambasciatore Vitaly Churkin, ha detto che solo cinque Paesi - Usa, Francia, Gran Bretagna, Belgio e Italia - dei quindici membri hanno appoggiato il piano proposto dall’ex mediatore dell’Onu per il Kosovo, Martti Ahtisaari, che prevede l’indipendenza del Kosovo.
Parole confermate, dopo la seduta del Consiglio, dal ministro degli esteri serbo Vuk Jeremic. La maggioranza dei membri del Consiglio, ha detto il capo della diplomazia serba, ha appoggiato la prosecuzione delle trattative sullo status finale per il Kosovo perché "sono convinti che solo tramite le trattative e in modo pacifico si può risolvere un problema cosi complicato".
L’Albania festeggia. Il Comune di Tirana ha indetto per domenica "La passeggiata della libertà". Il vicesindaco ha invitato i cittadini a riunirsi per aspettare e festeggiare "un giorno che nella vita di un uomo è irripetibile, e nella storia di un popolo sarà ricordata nei secoli".
* la Repubblica, 15 febbraio 2008.