Editoriale

San Giovanni in Fiore, Italy: le minacce al sindaco Barile, la ’ndrangheta e la psicologia collettiva

La vera storia del caso più gettonato sulla stampa calabrese
giovedì 16 maggio 2013.
 

Giorni fa il Comune di San Giovanni in Fiore (Cosenza) ha diffuso un comunicato su una lettera minatoria indirizzata al sindaco, Antonio Barile. L’ignoto mittente avrebbe promesso la morte al politico.

Così, il fatto parrebbe lo sfogo di un pazzo, di un esaltato, naturalmente vigliacco e perfino idiota. In altri termini, nella missiva, ad oggi riservata, non ci sarebbe richiesta di delibera, di altro atto che favorisca un preciso soggetto, fisico o giuridico. Si tratterebbe di una minaccia: certamente gravissima per il male prospettato, ma senza un obiettivo manifesto, un fine indicato.

Barile, da due anni destinatario di diversi segnali, ha sempre detto di non sapere da dove e da chi gli stessi possano arrivare. Gli manca un’idea dell’ambito di provenienza e del potenziale autore delle intimidazioni, le quali la comunità va leggendo in sequenza, con l’ipotesi, ventilata pure dal sindaco, di uno scopo precipuo: paralizzare l’attività amministrativa.

Il sindaco Barile è a ragione agitato, spaventato, condizionato; specie perché fu più volte sfregiata l’auto della moglie, un incendio doloso danneggiò la casa di campagna del suocero e, poco dopo, ignoti tentarono il furto nell’abitazione della madre.

Questi bruttissimi episodi, però, non hanno necessariamente un collegamento; il rischio è che a volerlo trovare a ogni costo si finisca per eccedere, per intimorire altrimenti il politico, pur senza l’intenzione precisa.

È bene che la politica s’interroghi, ragioni, ammonisca. In questi casi, essa deve intervenire, dichiarare, riunirsi forte a difesa delle istituzioni e non sottovalutare alcunché, per impedire che la situazione degeneri e diventi più preoccupante.

Tuttavia, questa vicenda di San Giovanni in Fiore potrebbe, se interpretata alla cieca, generare convinzioni fuorvianti e suscitare il sospetto, del tutto infondato, che le forze dell’ordine stiano facendo nulla, a partire dal prefetto di Cosenza.

Se al sindaco Barile non è stata assegnata una scorta, significa che non vi sono i presupposti; benché in giro si mormori che dietro alle minacce potrebbe celarsi un piano di ‘ndrangheta, virale e onnipresente.

Qui le ‘ndrine, va scritto con chiarezza, non c’entrano. San Giovanni in Fiore è storicamente territorio di latitanze - in cui pochi residenti ebbero rapporti con famiglie d’onore - ma la politica, a prescindere dalle bandiere, non è mai entrata in reticoli o questioni criminali.

Se invece - ed è già successo - qualcuno accusasse genericamente i disoccupati, agirebbe per arbitrio. Costoro, riparando nell’aula consiliare o sbarrando la statale 107, hanno sempre reso esplicite le loro intenzioni, mai nascondendo il dito, a costo di denunce o condanne. San Giovanni in Fiore è una delle ultime roccaforti della protesta permanente, con la speranza, alimentata da statisti di bottega e incoscienti, del posto pubblico senza concorso.

In ultimo è da rigettare la voce, in verità non sporadica, secondo cui certa opposizione giocherebbe a tirar matto il sindaco, con minacce sui muri o per lettera anonima. Nessuno della minoranza sarebbe capace di simili mezzucci, né da attore né da regista. Uno è la dialettica politica, altro la follia perpetua; nella fattispecie da escludere.

Piuttosto, c’è un problema di linguaggio equivoco, nel dibattito sulle minacce al sindaco Barile. Infatti, si continua a parlare di «attentati» per intendere «intimidazioni» e di «furto», nel caso dello spiacevole accaduto alla madre, per significare «scasso».

Si lasci che gli inquirenti lavorino e prendano i colpevoli. Nel frattempo, sempre vigilando sull’incolumità del sindaco, non si scordi che è la politica ad aver diffuso nel tempo la convinzione che tutto è possibile, in questo popoloso comune dell’interno calabrese: che si facciano cerimonie perfino a spese del municipio, che monumenti pubblici servano a privati, che con la prepotenza si scavalchi ogni legge.

Emiliano Morrone

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