Il terremoto alla Regione
SCOPELLITI CONDANNATO A 6 ANNI E INTERDETTO
Vertice notturno con assessori e consiglieri
Il presidente della Regione travolto dal processo per il caso Fallara. Dopo la lettura della sentenza lunga riunione con i suoi più stretti collaboratori: in bilico il futuro della legislatura *
REGGIO CALABRIA - Sono arrivati a Reggio nel tardo pomeriggio gli assessori e i consiglieri regionali più vicini a Peppe Scopelliti. Dopo la lettura della sentenza, che ha condannato il presidente della Regione Calabria a 6 anni e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici (LEGGI), hanno raggiunto il presidente ed è seguita una lunga riunione finita verso mezzanotte. L’incontro è servita, anche, per fare una prima valutazione politica alla luce della sospensione dalla funzione fino a fine legislatura.
LEGGI L’ITER: ECCO COME SCATTA LA SOSPENSIONE
Scopelliti non ha voluto rilasciare dichiarazioni, ma tutti gli assessori hanno firmato un documento in cui denunciano che la «condanna del presidente Giuseppe Scopelliti era ampiamente prevista. Non già perché meritata, ma per il fatto che il comportamento reiteratamente ostile e illegittimo del tribunale ne aveva costituito una evidente anticipazione». Secondo gli esponenti della giunta «la sentenza, tra l’altro, ha preteso di strafare applicando una pena eccessiva ed esorbitante, volutamente esemplare. Quasi nel tentativo di sottolineare la base politica della condanna. Non è questo il modo di intendere il corretto svolgimento dei rapporti tra ordine giudiziario e politica».
LEGGI LE REAZIONI POLITICHE ALLA SENTENZA
La condanna stabilita dai giudici Olga Tarzia, Filippo Aragona, Teresa De Pascale, superiore ai due anni di reclusione per i reati contestati, in base alla “Legge Severino”, comporta la sospensione per 18 mesi dal consiglio regionale e a questo punto Scopelliti è fuori gioco anche rispetto ad una ricandidatura, a meno che non dovesse sopraggiungere una sentenza di secondo grado di assoluzione. Per il presidente della Regione, che non era presente in aula al momento della lettura della sentenza, a questo punto si apre un nuovo scenario politico (LEGGI).
Scopelliti era imputato, insieme a tre ex revisori dei conti, nell’ambito dell’inchiesta sul bilancio del Comune di Reggio Calabria. Per l’ex sindaco l’accusa formulata era abuso d’ufficio. Condannati anche i tre revisori dei conti dell’epoca (Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero De Medici) di Palazzo San Giorgio, accusati di falso ideologico: per loro 3 anni e 6 mesi con 5 anni di interdizione. Scopelliti dovrà anche risarcire 120mila euro di provvisionale, in attesa della quantificazione definitiva. Ventimila euro a testa dovranno risarcire invece i revisori.
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Tutta la vicenda giudiziaria è legata alle autoliquidazioni che avrebbe fatto l’ex dirigente dell’Ufficio finanza del Comune di Reggio, Orsola Fallara, suicidatasi nel 2010 (LEGGI LA RICOSTRUZIONE). Il pm Sara Ombra aveva chiesto pene esemplari: cinque anni e l’interdizione dai pubblici uffici per Scopelliti. Ma la condanna è stata ancora più pesante. Per i tre revisori l’accusa chiedeva la condanna a 4 anni di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici. Entro 90 giorni i giudici depositeranno le motivazioni della sentenza.
* IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA, venerdì 28 marzo 2014
SULL’ARGOMENTO, NEL SITO, SI VEDA:
’Ndrangheta: scoperta cupola segreta in Calabria, chiesto l’arresto del senatore Caridi
Gli ’invisibili’ infiltrati nella politica: in manette anche Alberto Sarra, uomo di fiducia di Scopelliti. Ma ci sono pure Alemanno e Gasparri fra gli uomini con cui i vertici della criminalità erano direttamente o indirettamente in contatto
di ALESSIA CANDITO (la Repubblica, 15 luglio 2016)
REGGIO CALABRIA - Una cupola in grado di pianificare i destini politici ed economici non solo della Calabria. E’ quella scoperta dal pm Giuseppe Lombardo della Dda di Reggio Calabria, che ha diretto l’indagine del Ros dei carabinieri in grado di svelare un nuovo, più importante e più pervasivo livello della ’ndrangheta. È sconosciuto ai più, invisibile, come gli uomini che è in grado di forgiare e usare per realizzare il suo programma eversivo.
Strumenti per infettare le istituzioni nelle mani dell’èlite dei clan, come l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, e il senatore Antonio Caridi. Il primo è finito in manette questa notte, insieme al funzionario regionale Francesco Chirico, mentre per Caridi (Gal) si attende l’autorizzazione della Camera di appartenenza.
Per i magistrati, con diversi ruoli e compiti sono tutti uomini di cui questa nuova struttura della ’ndrangheta si è servita per governare la Calabria e in parte anche il Paese. È la "mammasantissima" o "santa" ed è il luogo in cui la ’ndrangheta si mostra nella sua essenza più pura, il potere. Una cupola - così la definiscono i magistrati - che non agisce mai in via diretta, ma solo tramite i suoi insospettabili uomini, i cosiddetti "riservati".
E sono stati proprio riservati come Sarra o Caridi, o gli uomini che a loro volta per conto della cupola controllavano, a mettere direttamente l’élite delle ’ndrine reggine con politici del calibro dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e dell’attuale vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri. Il vice-presidente del Senato ed ex capogruppo del Pdl smentisce, e precisa che con questa cricca non ha mai avuto nulla a che fare. Eppure il suo nome viene fuori in una delle conversazioni intercettate fra Paolo Romeo e Alberto Sarra.
I magistrati li ascoltano mentre mettono a punto la strategia per prendersi la Provincia di Reggio Calabria e piazzare i loro uomini. "Allora - ricapitola Romeo - il discorso nostro quale deve essere? che noi dobbiamo tentare l’equilibrio interno di AN, cioè che tu ti prendi il ruolo alla Regione, con la prospettiva, a rimpasto, di fare l’assessore regionale ... subito ... senza ... perché Peppino ha già posto il problema ... e ... a Gasparri che la provincia di Reggio non può restare senza assessore ... gliel’ho detto ... lui, Peppino, già a Gasparri gli ha detto: "che non ti sogni ... incomprensibile ... vedi che io a Reggio ho bisogno assessore regionale"". Peppino è l’ex sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, oggi indagato e perquisito perché considerato creatura della cupola, per conto della quale è stato eletto prima ed è cresciuto politicamente poi. La conversazione intercettata invece altro non è che un metodo standard usato dalla parte più riservata della ’ndrangheta reggina per governare concretamente la Calabria e non solo.
Quella smascherata dal pm Giuseppe Lombardo e dai Ros è la struttura in grado di decidere nomi e volti di chi è chiamato a governare, in Calabria e come a Roma, ma anche di determinare e orientare i grandi flussi economici dei finanziamenti pubblici e acquisire informazioni riservate, provenienti da apparati informativi ed istituzionali, in cui infiltravano i loro uomini. Avevano contatti con Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita e insieme definivano strategie, ma questo - dice il procuratore capo Federico Cafiero de Raho - "sarà oggetto di altra indagine". Un centro di potere, invisibile ai più, che ha sempre indirizzato la ’ndrangheta militare, per decenni guidata da una componente di cui non ha mai neanche sospettato l’esistenza.
Neanche i magistrati, come commentava soddisfatto il funzionario regionale Chirico "Sapevano dell’Australia, dell’America... che c’erano varie cose, le sanno queste cose ormai... ...(inc.)... questa, l’ultima operazione del Rono (Reparto operativo del nucleo operativo), che sapevano i cazzi di tutti... e i cazzi ...(inc.).... però c’è un’altra cosa ancora che non la sanno nemmeno loro... qua a Reggio contano i... i Segreti". Che adesso sono stati scoperti.
Ed è proprio su questa struttura occulta che la ’ndrangheta ha costruito la propria forza. "È la mafia più potente d’Italia", per il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros, "in grado di attentare alla democrazia" perché capace di infiltrare le istituzioni con uomini selezionati e forgiati per favorire la ’ndrangheta. Quali fossero, dove dovessero essere collocati e cosa dovessero fare lo hanno deciso per decenni gli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, fin dagli anni Settanta veri registi delle più raffinate strategie criminali dei clan. Entrambi condannati definitivamente per concorso esterno negli anni Novanta, di recente sono stati riarrestati in due diverse operazioni per estorsione, ma solo con il provvedimento di cui oggi sono stati destinatari è possibile capire pienamente il loro ruolo.
Sono loro che hanno scelto, preparato e indirizzato uomini come l’ex sottosegretario regionale Sarra, e il senatore Caridi. E tramite loro, hanno condizionato tutti gli appuntamenti elettorali dal 2001 al 2010, amministrativi o politici che fossero. Sono stati gli invisibili a scegliere l’ex sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, per gestire la città e al contempo spedire Sarra in Regione da assessore, al posto del neo primo cittadino. Nello stesso anno, hanno portato sullo scranno più alto della provincia Pietro Fuda, per poi lavorare all’elezione dell’allora assessore regionale Umberto Pirilli al Parlamento europeo. Una manovra scientifica e progressiva, destinata - spiegano i magistrati - a coprire tutte le caselle di governo locale, da inondare di fondi diligentemente procurati a Bruxelles dal loro candidato.
In tanti però hanno beneficiato dei loro servigi e dei loro pacchetti di voti nelle diverse tornate elettorali. Si tratta di Demetro Strati del Cdc, di Leandro Savio della lista civica Alleanza per Scopelliti, di Massimo Labate, Paolo Gatto, Beniamino Scarfone e , per An, di Francesco Germanò, di Seby Vecchio. Quest’ultimo, poliziotto prestato alla politica, finirà anche per diventare presidente del consiglio comunale. Avranno i voti degli invisibili ancheAlessandro Bruno Delfino (candidato alle elezioni comunali dell’anno 2007 nella lista CDC - Italiani nel mondo), mentre su loro ordine troveranno posto in lista candidati voluti dai singoli clan come Giuseppe Adolfo Alati, voluto dai Lampada di Milano.
Per ordine della direzione strategica della ’ndrangheta saranno anche create liste ad hoc, come "Noi Sud", in cui trovavano posto Sebastiano Giorgi, dell’omonimo clan, e il noto legale Antonio Managò, poi nominato sottosegretario regionale. Altri troveranno posti di sottogoverno come Felice Romeo, uomo di spicco della cosca Alvaro, catapultato al vertice dei forestali. Hanno scelto loro i posti dirigenziali in tutte le partecipate della città. Hanno governato, in silenzio, per decenni. Adesso però sono stati scoperti. "Questo - dice il generale Governale - è uno spartiacque. Chiunque voglia affrontare seriamente la lotta alla criminalità organizzata, da domani dovrà partire da qui.