DOTTRINA (Emiliano Morrone)
È molto grave che monsignor Francesco Milito, vescovo di Oppido Mamertina-Palmi (Reggio Calabria), abbia promosso alla guida del Duomo di Gioia Tauro (Reggio Calabria) don Antonio Scordo (in foto, ndr), condannato per falsa testimonianza in un processo per violenza carnale. Ancora più grave è che il vescovo abbia argomentato, a giustificare, con la presunzione d’innocenza dell’ordinamento giuridico italiano, trattandosi di condanna in primo grado.
È grave perché è un arbitrio netto: non vi sono ragioni per confondere le acque, per mescolare religioso e laico, ecclesiastico e statuale. Tuttavia, il fatto non mi stupisce, perché viviamo in un tempo di generale confusione, perfettamente anticipato nel Libro dell’Apocalisse e descritto con profondità nell’opera di René Guénon.
Tutto è ricombinabile, oggi: tutto è opinabile perché fatti e dottrina si possono alterare come le immagini digitali, in ossequio al principio utilitaristico che informa il contemporaneo, per cui l’uomo smonta e ri-assembla ciò che vuole, come vuole, giusto perché lo vuole. In questo processo non importa il nesso logico, e viene meno il fondamento delle cose. Ne beneficia il vantaggio individuale, nella diffusa complicità del sistema, che col silenzio e l’immobilismo alimenta, in un tempo, l’ingiustizia e il disordine.
Il vescovo Milito sa bene che «non commettere falsa testimonianza» è un comandamento dato da Dio, ma evidentemente ha preferito soprassedere, per don Scordo, forse rilevando che al divieto divino non corrisponda una normativa sanzionatoria in ambito morale o religioso.
La logica seguita dal vescovo è semplice quanto perdente: poiché don Scordo si presume innocente sino al terzo grado di giudizio, nell’incertezza del reato egli può rimanere l’alter Christus - «il sacerdote è profondamente unito al Verbo del Padre, che incarnandosi ha preso forma di servo, è diventato servo» (Fil 2,5-11) - amministrando i sacramenti e parlando a nome di Cristo; in dottrina, rammento, Sacerdote, Re e Profeta.
La decisione del vescovo, che sino a definizione del giudizio penale doveva sospendere don Scordo, conferma - nonostante l’impegno monumentale di papa Francesco per la pulizia nelle diocesi e parrocchie - una vecchia prassi della Chiesa riassunta nel motto promoveatur ut amoveatur (trad. «sia promosso affinché sia rimosso»). Soprattutto, essa indica una precisa presa di posizione, che Nietzsche definirebbe, probabilmente, «umana, troppo umana»: la Chiesa locale si è messa dalla parte di un potenziale complice di violenza carnale e - verrebbe da dire, riprendendo il martire don Peppe Diana - perfino contro Dio stesso, che per definizione sta con i deboli, con le vittime e con gli ultimi, se ricordiamo le Beatitudini e il senso stesso della nascita, della morte e della risurrezione del Figlio.
DIRITTO (Domenico Monteleone)
Il Consiglio Presbiterale della Diocesi di Oppido ha espresso la Sua solidarietà richiamando espressamente "il diritto di ciascuna persona ad essere considerato non colpevole fino alla condanna definitiva poiché gode della presunzione di innocenza fino al giudizio finale".
Insomma, fino al terzo grado di giudizio, il prode Don Scordo - secondo il Vescovo ed il Suo Clero - potrà essere tranquillamente la guida di una delle Parrocchie più importanti della Diocesi, ovvero il Duomo di Gioia Tauro.
Ma cos’è il Diritto ad "essere considerato non colpevole"?
A parte le sottili distinzione tra presunzione di non colpevolezza e presunzione di innocenza - sulle quali non ci sembra opportuno indugiare - si può dire che nel diritto e nella procedura penale, la presunzione di non colpevolezza è il principio secondo cui un imputato è innocente fino a prova contraria. In particolare, l’art. 27, co. 2, della Costituzione afferma che «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva».
Importante è evidenziare che questo Principio di Diritto ha essenzialmente una conseguenza pratica e la conseguenza è esattamente questa: il divieto di anticipare la pena poiché l’imputato non può essere assimilato al colpevole fino al momento della condanna definitiva.
Insomma, fino a quando ci sarà la possibilità di dibattere in un giudizio, l’imputato non deve e non può andare in galera.
Il principio di non colpevolezza è nato essenzialmente per questo. È nato per mettere un freno a tutti gli abusi perpetrati nel passato.
Che c’entra dunque il caso di Don Scordo? Che senso ha tirare in ballo questo Principio per giustificare la "promozione" di una persona che è stata condannata in primo grado? La cui condanna è esistente e formalizzata in una Sentenza? Che senso ha soprattutto alla luce del fatto che nessuno pretende la galera per Lui, la galera immediata, s’intende. Perché se sarà giudicato colpevole alla fine dei tre gradi, in galera ci deve andare!
Secondo Noi - alla luce di tali evidenze - non ha nessun senso, non ha nessun senso richiamare la presunzione di non colpevolezza nel caso di Don Scordo.
Ma vi è di più.
Ed il di più è sintetizzato da una domanda. Nel caso in cui ci fosse una discrepanza tra norma civile, secolare, statale e norma morale, ecclesiale, canonica, in questo caso di divergenza tra questi due tipi di norma, quale delle due avrebbe la prevalenza? Ovvero, fino a quanto conta la Legge Statale per la Chiesa?
Mi spiego meglio. Poniamo il caso in cui ci fosse stata un’assoluzione di Don Scordo e, nel contempo, mettiamo che la Chiesa conoscesse con certezza - intra moenia - la colpevolezza di questo Prete.
Ebbene, in questo caso, Don Scordo potrebbe - nei confronti della Gerarchia - pretendere il rispetto della Legge statale e, dunque, della sentenza di assoluzione. Insomma, la Chiesa delegherebbe il Suo potere inquisitorio allo Stato?
La risposta è no, la Chiesa non delegherebbe e la conferma la si può trovare facendo ricorso ad un po’ di memoria. Ricordate il caso Milingo? Ricordate il suo matrimonio con tale Maria, ricordate quella donna filippina? Ebbene, in quel caso, non ci fu nessuna condanna di un qualche tribunale statale, eppure il Sacerdote fu "rinchiuso" in "meditazione" per tanto tempo in un convento fuori Roma ed oggi pochi sanno effettivamente dove Egli si trovi.
La Chiesa ha dunque le Sue Regole e le applica - giustamente - a prescindere dallo Stato. Ha le Sue Regole da sempre e tali Regole si concretizzano in un corpo di Norme mastodontico e per conferma di ciò basterà chiedere conto a chiunque abbia avuto a che fare con il Diritto Ecclesiastico ed il Diritto Canonico.
Ecco, allora, che il fatto di richiamare una Norma Statale per giustificare una Procedura (una promozione!) interna alla Chiesa tradisce - alla luce delle suddette osservazioni - l’intento di cercare altrove una giustificazione ad un operato che non ha giustificazioni nelle Norme interne. Un operato che non ha giustificazioni nelle Norme Interne della Chiesa perché tali Nome sono di ordine Morale. E le Norme Morali hanno l’asticella piazzata più in alto, molto più in alto.
Ecco: alla bisogna meglio rivolgersi altrove. All’Art. 27 della Costituzione per esempio, pur sbagliando grossolanamente così come abbiamo visto. Rivolgersi altrove conviene. E la Convenienza è come lo spazio, si va dove ce n’è.
Il resto è strenua e ridicola difesa corporativa.
CIRCOSTANZE (Michel Emi Maritato)
Tutto questo mi chiedo nel nome chi? Nel nome di chi, questa chiesa tradisce, violenta, distrugge e perseguita da millenni ... nel nome di chi?Dal martello delle streghe, alle vicende legate a Marcinkus, la nostra chiesa ci tradisce e non ottempera al dovere morale, che Cristo ci ha lasciato versando il suo sangue. Il sangue delle migliaia di violenze perpetrate nel nome della Chiesa. Non si può, non si deve sottacere la storia e la dignità degli uomini e delle donne. Dio non deve essere il mezzo di potere di una chiesa di uomini.
In questo momento storico di crisi mondiale delle coscienze, una luce sta però illuminando i nostri passi nelle tenebre assolute: Papa Francesco.
E’ a lui che con grande sgomento chiediamo di intervenire in questa circostanza, perché ancora una volta gli oblati, i fratelli, le clarisse, le sorelle, i penitenti, i servi,le ancelle, i padri, eccetera, non adoperino tutto questo per il potere personale, confidiamo in questo appello: Grande Padre, il mondo ha bisogno di certezze e di una guida vera ... Tu puoi intervenire ... illuminaci ancora, come sai fare Tu!
Calabria
Gioia Tauro, prete condannato
ma «promosso» dal vescovo
Don Antonio Scordo è stato condannato a un anno per falsa testimonianza in un processo per violenza carnale. Ma ha avuto ugualmente la guida del Duomo
di Carlo Macrì *
Promosso dal vescovo e osannato dai fedeli, nonostante la sua immagine di sacerdote sia stata sporcata da una condanna ad un anno di reclusione per falsa testimonianza, rimediata in un processo per violenza carnale. Don Antonio Scordo 52 anni, ex parroco di San Martino di Taurianova, paese dell’entroterra reggino, ha ottenuto dal vescovo di Oppido-Palmi, monsignor Francesco Milito (quello che affermò di non sapere dell’inchino della Madonna alla processione di Oppido), la guida parrocchiale del Duomo di Gioia Tauro. La trasgressione all’ottavo Comandamento da parte del sacerdote è avvenuta nel corso del processo contro gli stupratori di Anna Maria Scarfò, che all’età di tredici anni subì ripetutamente violenza carnale da parte di un gruppo di giovani, anche loro minorenni, di San Martino di Taurianova.
Assolta dai suoi «peccati»
La ragazza che oggi ha 29 anni cercò conforto da don Antonio Scordo che per tutta risposta la consigliò di non sporgere denuncia per non creare uno scandalo. E l’assolse comunque dai suoi peccati. Solo successivamente la ragazza trovò il coraggio di ribellarsi e sporgere denuncia. I suoi aguzzini volevano che si portasse dietro anche la sorellina di undici anni. Al processo, difesa dall’avvocato Rosalba Sciarrone, si trovò tutto il paese contro. I suoi aguzzini furono condannati. Anna Maria decise di denunciare anche il parroco e una religiosa, suor Mimma che dopo averle fatto il test di gravidanza tentò di allontanarla da San Martino portandola in un collegio di suore di Polistena. Lì, però, non fu accettata perché avrebbe potuto influenzare le altre ragazze.
Sotto protezione
Oggi Anna Maria vive sotto protezione per le minacce subite dai suoi compaesani. Anche i suoi genitori hanno dovuto lasciare il paese. Prima ancora di questa “promozione” don Antonio Scordo, dopo la condanna per falsa testimonianza, era stato premiato dal vescovo Milito e inserito nella rosa con altri sei preti chiamati a rappresentare il presule nell’organizzazione diocesana. Monsignor Milito, nel corso della cerimonia di consegna delle chiavi del Duomo di Gioia Tauro ha voluto precisare che quella di don Antonio Scordo è stata una scelta ponderata. “Ho detto a don Scordo che deve essere una torre perché dall’alto può controllare meglio la comunità” - ha spiegato il presule. Commosso don Scordo ha replicato:” Bisogna avere il cuore di padre. Chi entrerà in questo luogo dovrà sentirsi accolto, amato e voluto bene, addirittura desiderato” - dimenticandosi che lui per primo ha violato l’ottavo Comandamento e scacciato via chi gli aveva chiesto aiuto.
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EVANGELO E TEOLOGIA POLITICA DEL "MENTITORE". PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO, CHE GIA’ DANTE SOLLECITAVA ...
"PATOLOGIA DEL DO. DI. CI.": MAI DIAGNOSI PIU’ PERTINENTE E RIVELATIVA dei tempi che corrono! Onore a Emiliano Morrone, a Domenico Monteleone, a Michel Emi Maritato!
IL LEGAME TRA DOttrina DIritto CIrcostanze è mostrato emergersi in tutta la sua strutturalità di legame fondato sulla falsità, sulla menzogna, sulla tracotanza, e sulla prepotenza dell’ordine dell’"io so’ io, e voi non siete un..."!!!
LA PATOLOGIA DEL DO. DI. CI. ("dal numero degli Apostoli - al lordo di Giuda - fino agli spunti di DOttrina, DIritto e CIrcostanze nell’inCURIA locale") sollecita l’indagine e la riflessione proprio sul DODICI (sul 12... sul contare, sul numero e sul principio, sul chi conta e sul da chi e da che cosa, e da dove cominciamo a contare): da Pitagora, a Guenon, oltre - fino all’inCURIA cattolica, globale e universale, planetaria!!! Con Papa Francesco, oltre - sulla strada del riconoscimento, e della charitas (non del misconoscimento e della caritas)!!!
-***C’E’ DIO E "DIO", E FAMIGLIA E "FAMIGLIA": IL DIO DI GESU’ GIUSEPPE E MARIA (NON E’ QUELLO DI COSTANTINO E DELLA REGINA MADRE ELENA E DELL’INTERO ORDINE GERARCHICO DEL "REGNO DI DIO" VATICANO).
FILOLOGIA E TEOLOGIA. A KAROL WOJTYLA, IN MEMORIA. "Se mi sbalio, mi coriggerete" (Giovanni Paolo II)
PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI.
Federico La Sala
"viviamo in un tempo di generale confusione, perfettamente anticipato nel Libro dell’Apocalisse".
«Uscite, popolo mio, da essa, per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli.
Ap 18,5 Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità.
e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei loro dolori e delle loro piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni.
Cordiali Saluti a tutti dello staff