Woody Allen suona «Bella ciao»
di Natalia Lombardo *
Bella ciao all’americana: Woody Allen ha battezzato la nuova era della Rai di centrosinistra, suonando Bella Ciao alla serata di gala al Palais des Festival di Cannes, davanti ad allibiti dirigenti Rai (di destra),entusiasti e liberati quelli di sinistra, divertiti i pubblicitari ospiti della Sipra.
All’una di notte di venerdì,alla fine del concerto dixieland con la sua New Orleans Jazz Band,un gruppo di arzilli vecchietti più da brunch della domenica che sofisticati jazzisti (fantastico il duo Dalla-Morandi), Woody Allen, smilzo e canuto, fa partire la canzone di battaglia al clarinetto, richiesta da una signora in sala che sapeva di trovarla nel repertorio del regista newyorkese.. Le orecchie si drizzano: ma è Bel..., è Bella ciao? Proprio quella. E giù tutti a cantare in abito da sera. Quelli di sinistra e quelli che si adattano.
Mentre in Italia il cambiamento di governo sembra ancora avvolto nelle polemiche, gli americani vanno per le spicce. E che Bella ciao sia diventato «l’inno della Rai» lo dice ieri Michele Santoro: «Lo avevo intuito io prima di essere così bruscamente interrotto», quando la cantò nell’ultimo Sciuscià. E la risente ora che torna in video sulla tv pubblica con un programma d’informazione in onda su RaiDue in prima serata dal 21 settembre, per undici settimane.
Anno Zero infatti è una delle poche novità dei palinsesti autunnali presentati a Cannes dai vertici Rai, il direttore generale Cappon, il presidente Petruccioli e tutti i direttori di rete, con Gianni Morandi nel ruolo di conduttore. Disinvolto e divertente nello scambio di giacche con Cornacchione, pronto a fare nel programma di Fabio Fazio «il comico di destra. Quello che in tv non può parlare. Silvio non è potuto venire», avverte l’attore, «perché è a casa a contare le schede....». Tutto confermato per l’informazione: Vespa resta con quattro serate di Porta a Porta (altro che delibera del Cda per movimnetare il palinsesto di RaiUno). Tornano Ballarò (con sorpresa...) e In Mezz’ora di Lucia Annunziata.
La Rai 2006-2007 punta sui grandi eventi: l’accoppiata Pippo Baudo e Roberto Benigni per Sanremo, insieme alla bella Michelle Hunziker, «prestata» da Mediaset per il solo Festival. Il conduttore settantenne (che finché c’è Mike in pista non si ritira, dice) è pronto a fare il direttore artistico, a capo di una commissione che sceglierà le canzoni.
Con il comico toscano sono in corso trattative, «spero che Benigni abbracci la Rai» annuncia Petruccioli, parlando anche dell’idea di portare il Fiorello radiofonico in tv al delle Vittorie. Altro evento è lo show di Morandi per cinque giovedì, un tour per l’Italia che parte da Palermo, prodotto dal potente Bibi Ballandi vero patron della Rai, oltre che delle star.
Della programmazione non si sposta quasi una virgola;ci sono dei vuoti come la conduzione dei pacchi di Affari tuoi (Max Giusti o Flavio Insinna). Stessi programmi su RaiUno, Domenica In divisa fra Giletti-Baudo.
Tutto uguale anche su RaiTre, mentre nuovo è un programma di Carlo Lucarelli che racconta nel suo stile i grandi romanzi. Tornano sia Fazio che Serena Dandini, da vedere le lezioni d’arte di Dario Fo. Per il resto un diluvio di fiction, punto forte per Agostino Saccà: da Giovanni Falcone a Joe Petrosino, dai Mille all’immancabile Papa (Luciani).
Molti i film di RaiCinema presentati da Giancarlo Leone in uno spot sulla parafrasi di Lost e Desperate Housewives (la serie torna in onda su RaiDue). Tra film su Raiuno, La maledizione della prima luna, L’ultimo samurai, Ritorno a Cold Mountain, Shall we dance? e Harry Potter. Per lo sport la novità è la Champions League, su RaiUno.
Ma i giovedì di Morandi su RaiUno sbattono con Anno Zero su RaiDue. Un giochetto che Santoro conosce, quello della contro-programmazione in casa, ma per ora incassa, contento di vedersi restituito «il microfono». E se il malcostume ha preso il sopravvento, dice, «è anche perché non trova spazio la creatività degli autori». Eppure il direttore di RaiUno,Fabrizio Del Noce, derubrica gli scandali a «qualche gossip che era meglio non pubblicare».
(www.unita.it, pubblicato il 25.06.06)
BELLA CIAO!
La storia lunga, complessa e affascinante di una canzone-mito. Le sue tante interpretazioni ed esecuzioni, da una ballata del 500 francese fino ad oggi. Buon 25 Aprile! (di Chiara Ferrari, "Patria Indipendente")
“Bella ciao" e Tom Waits canta come un partigiano
di Gino Castaldo (la Repubblica, 14.09.2018)
Ha scelto bene Tom Waits come riapparire dopo due anni di silenzio: una straziante e profonda versione di Bella ciao, sentito omaggio all’Italia e alla sua lotta contro il fascismo, suggerito da una incredibile e inaspettata popolarità di cui all’estero sta godendo l’inno partigiano. Anzi a sentire il suo vecchio compagno di strada, il chitarista Marc Ribot (che esce oggi col progetto anti-Trump Song of Resistance 1948- 2018),
Waits l’ha scelta senza esitare nel mazzo di pezzi che gli aveva proposto, una ricca scelta di canti di opposizione scovati nella storia degli ultimi decenni. Certo, l’arcinota melodia diventa ufficialmente Goodbye beautiful, ma per onorare come si conviene l’originale, Waits ha lasciato alcune parole in italiano, compreso un ruvido e strascicato "partisciano" che ammalia come un esperto colpo da maestro.
Racconta Ribot che quando la fece ascoltare in anteprima ai suoi amici italiani gli dissero che la voce di Tom suonava proprio come quella di un vecchio partigiano. E infatti è ruvida, disperata, un’elegia più che un canto di protesta, un urlo di dolore di fronte all’avanzata inesorabile del male, dei nemici della libertà e della democrazia. Ed è solo l’ultimo capitolo, di certo il più autorevole, di una straordinaria catena che sta rilanciando nel mondo il nostro più famoso e condiviso canto di Resistenza.
Ci ha pensato la serie spagnola La casa di carta e a seguire un mare di remix e mash-up che hanno trasformato Bella ciao addirittura in un forsennato pezzo da discoteca, con esempi al limite del buon gusto, anzi decisamente oltre, fino al magistrale tocco di classe di Tom Waits, all’interno di un disco tutto ispirato ai canti lotta.
Dice Marc Ribot, che in passato ha collaborato anche con Vinicio Capossela, che arriva un momento in cui bisogna lasciare da parte timori e incertezze e che ogni movimento di opposizione ha bisogno delle sue canzoni. Il suo disco può servire da memoria storica, tanto per ricordare com’è che si faceva, e del resto il governo Trump, insiste Ribot, va combattuto in ogni modo.
E l’Italia musicale? Per ora tace, e a ricordare Bella ciao ci pensano gli stranieri, perfino gli eroi della dance come l’olandese Tiesto. Da noi il testimone non è stato ancora raccolto. E invece sarebbe bello "rispondere" a Tom Waits, allungare la catena, riprendersela, sarebbe bello che a rilanciarla, a darle nuova vita ci pensasse qualche rapper nostrano, un rocker in vena di riscoprire il linguaggio dell’antagonismo. O dobbiamo pensare che oggi un pezzo come Bella ciao serva solo all’America di Trump?
Bella Ciao è l’inno mondiale contro le oppressioni (ma non ditelo al Pd) di Silvia Truzzi (Il Fatto, 25.01.2015)
NEL 2011 il consiglio d’amministrazione della Rai vietò di far eseguire Bella ciao sul palco dell’Ariston (Sanremo è Sanremo perché è davvero lo specchio del Paese). Il venerdì ci sarebbe stata la serata commemorativa per i 150 anni dell’Unità d’Italia, e Gianni Morandi voleva Bella ciao tra i brani che avrebbero dovuto simbolicamente ripercorrere la storia d’Italia. “È il canto delle mondine”, disse stupito del casino che si era creato dopo l’annuncio. Gianmarco Mazzi - che di quell’edizione era il direttore artistico - propose di affiancare Giovinezza, per questioni di par condicio. Né l’una né l’altra furono eseguite, causa veto politico di Viale Mazzini. Allora si disse che c’era una certa differenza perché Bella ciao era l’inno della Resistenza, Giovinezza la canzone simbolo del Fascismo.
Ma siccome le censure trovano sempre il modo di aggirare l’ostacolo, negli ultimi anni Bella ciao si è presa una rivincita mondiale. A cominciare proprio dal 2011: a Zuccotti Park, la intonarono gli indignados di Occupy Wall Street. François Hollande la usò per chiudere la campagna elettorale delle Presidenziali 2012: gli portò fortuna, sconfisse Sarkozy.
E molto probabilmente la stessa cosa succederà in Grecia: Alexis Tsipras l’ha cantata dopo l’ultimo comizio prima del voto di oggi.
A Istanbul nel 2013 divenne l’inno dei manifestanti di Gezi park, contro il premier Erdogan. In ottobre, a Hong Kong, Franco Mella, un sacerdote italiano, intonò al megafono Bella ciao e i ragazzi della rivoluzione degli ombrelli si misero a cantare con lui.
La canzone del partigiano morto per la libertà ha salutato i vignettisti Tignous e Charb, uccisi nella strage di Charlie Hebdo. Huffington Post ricorda anche precedenti più domestici: Michele Santoro, in tv dopo l’editto bulgaro.
E NATURALMENTE Don Gallo: fu la colonna sonora del suo commovente corteo funebre. La cantava sempre, come diceva lui, “in una mano il Vangelo, nell’altra la Costituzione”.
La cosa buffa è che mentre una canzone italiana - sul sito dell’Anpi si trova la storia dettagliata - diventa la bandiera mondiale contro le oppressioni, il più grande partito della sinistra italiana si è ormai definitivamente “nazarenizzato”. Non da oggi, ovviamente: ora è solo tutto molto più chiaro. Ieri un articolo di Repubblica, citando un libro del 2005 (Bella ciao. Canto e politica nella storia d’Italia di Stefano Pivato, Laterza) ricorda che “la sua storia e la sua memoria ‘la accreditano come la canzone che unifica le speranze e le attese della democrazia’”. L’inno dei costituenti. Solo che quelli nuovi, quelli che dovrebbero riscrivere le regole, lo fanno con patti segreti.
Ve lo immaginate il lupetto di Rignano sull’Arno che chiude la sua campagna elettorale con Bella ciao? Al massimo potrebbe dire ciao bella alla Boschi. Senza contare che agli amici Silvio e Denis verrebbe un colpo apoplettico e, se la riconoscesse (il che non è detto), anche al compagno di governo Angelino. Che poi, perfino la versione delle mondine s’addice poco al partito del Jobs Act: “Il capo in piedi col suo bastone o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao, il capo in piedi col suo bastone e noi curve a lavorare”.
La Coca Cola pubblicizza così una bevanda destinata all’America Latina
Protestano i docenti di lingua e cultura italiana: "Uso improprio di un simbolo"
Messico, "Bella ciao" in uno spot
Gli intellettuali: "Cambiate musica"
di MARINA ZENOBIO *
UNA pamplonata. Così Matteo Dean - insegnante di italiano presso l’ambasciata d’Italia a Città del Messico e membro di AlterIta, collettivo di docenti di lingua e cultura italiana in Messico - definisce lo spot con cui Coca Cola sta pubblicizzando nel paese latinoamericano un suo nuovo prodotto. Ma con un particolare: la colonna sonora è una versione di Bella Ciao che ricorda un po’ quella cantanta da Manu Chao, ma di sicuro non è sua la voce.
"A ritmo di ska e sulle note di questa mattina mi son svegliato - racconta il professor Dean - un folla di gente festosa corre, inseguita da tori che in realtà sono maschere, ognuna composta da due persone, che rincorrono gli altri fino allo sfinimento. Dopo la festa, sfiancati, tutti si dissetano bevendo questa nuovo prodotto della Coca Cola". Nuovo in Messico ma in realtà Aquarius, la bibita alla quale si riferisce il professore e destinata soprattutto agli sportivi, era già stata lanciata sul mercato europeo in occasione delle Olimpiadi spagnole del 1992.
Connotazione temporale del lancio del prodotto a parte, i docenti di AlterIta proprio non hanno digerito, come si legge in un loro appello, l’utilizzo da parte della company di Atlanta, "la più presente e più ricca a livello globale ma a scapito delle comunità produttive e dei consumatori", di uno dei più famosi motivi del vasto canzoniere della guerra partigiana in Italia.
L’appello di AlterIta per chiedere alla Coca Cola di "cambiare musica" allo spot incriminato è stato già sottoscritto da note personalità, tra cui il premio Nobel Dario Fo, lo scrittore Valerio Evangelisti, Ascanio Celestini e Franca Rame, la senatrice Rosario Ibarra, storica attivista messicana per la difesa dei diritti umani. "Ma anche molte comunità italiane all’estero - spiega il professor Dean - hanno mandato la loro adesione. Ci sono arrivate email da Brasile, Israele, Stati Uniti, Francia. In Italia la protesta è veicolata da Reboc e Cobas, insomma si è costituita una rete di adesioni vasta e trasversale di cui siamo lieti".
Non è la prima volta, spiega il professore, che i docenti di AlterIta, insegnanti di "linguacultura, un’unica parola per un nuovo concetto della didattica delle lingue per stranieri", svolgono attività diverse, oltre l’insegnamento della lingua italiana. L’anno scorso, per esempio, sono riusciti a bloccare una collaborazione tra l’ambasciata italiana in Messico e quello che definiscono "governo genocida" di Oaxaca.
Questa volta "insorgono" contro la madre di tutte le multinazionali perché ritengono inaccettabile che una canzone come Bella ciao possa essere associata a una impresa le cui pratiche commerciali e lavorative sono oggetto di molteplici denunce per violazioni dei diritti umani in diverse parti del mondo, "che impone un modello di consumo pericoloso e che diffonde una visione della vita assolutamente falsa e senza memoria. "La memoria che abbiamo noi - conclude Dean - è un’altra, quella della dignità, della pace, della libertà e della speranza che le note di Bella ciao esprimono. E su quelle note continueremo a camminare verso la costruzioni di una società più giusta e libera".
* la Repubblica, 17 giugno 2008
Il brano fu portato in America da un musicista tzigano originario di Odessa Ne esiste anche una versione operaia cantata dalle mondine dopo la guerra
Da ballata yiddish a inno partigiano
il lungo viaggio di Bella ciao
dal nostro inviato JENNER MELETTI *
BORGO SAN LORENZO - In fin dei conti, svelare un segreto è costato solo due euro. "Nel giugno del 2006 ero al quartiere latino di Parigi, in un negozietto di dischi. Vedo un cd con il titolo: "Klezmer - Yiddish swing music", venti brani di varie orchestre. Lo compro, pagando appunto due euro. Dopo qualche settimana lo ascolto, mentre vado a lavorare in macchina. E all’improvviso, senza accorgermene, mi metto a cantare "Una mattina mi son svegliato / o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao...". Insomma, la musica era proprio quella di Bella ciao, la canzone dei partigiani. Mi fermo, leggo il titolo e l’esecutore del pezzo. C’è scritto: "Koilen (3’.30) - Mishka Ziganoff 1919". E allora ho cominciato il mio viaggio nel mondo yiddish e nella musica klezmer. Volevo sapere come una musica popolare ebraica nata nell’Europa dell’Est e poi emigrata negli Stati Uniti agli inizi del ’900 fosse diventata la base dell’inno partigiano".
E’ stata scritta tante volte, la "vera storia di Bella ciao". Ma Fausto Giovannardi, ingegnere a Borgo San Lorenzo e turista per caso a Parigi, ha scoperto un tassello importante: già nel 1919 il ritornello della canzone era suonato e inciso a New York. "Come poi sia arrivato in Italia - dice l’ingegnere - non è dato sapere. Forse l’ha portato un emigrante italiano tornato dagli Stati Uniti. Con quel cd in mano, copia dell’incisione del 1919, mi sono dato da fare e ho trovato un aiuto prezioso da parte di tanti docenti inglesi e americani. Martin Schwartz dell’università della California a Berkeley mi ha spiegato che la melodia di Koilen ha un distinto suono russo ed è forse originata da una canzone folk yiddish. Rod Hamilton, della The British Library di Londra sostiene che Mishka Ziganoff era un ebreo originario dell’est Europa, probabilmente russo e la canzone Koilen è una versione della canzone yiddish "Dus Zekele Koilen", una piccola borsa di carbone, di cui esistono almeno due registrazioni, una del 1921 di Abraham Moskowitz e una del 1922 di Morris Goldstein. Da Cornelius Van Sliedregt, musicista dell’olandese KLZMR band, ho la conferma che Koilen (ma anche koilin, koyln o koylyn) è stata registrata da Mishka Ziganoff (ma anche Tziganoff o Tsiganoff) nell’ottobre del 1919 a New York.
Dice anche che è un pezzo basato su una canzone yiddish il cui titolo completo è "the little bag of coal", la piccola borsa di carbone".
Più di un anno di lavoro. "La Maxwell Street Klezmer Band di Harvard Terrace, negli Stati Uniti, ha in repertorio "Koylin" e trovare lo spartito diventa semplice. Provo a suonare la melodia... E’ proprio la Koilen di Mishka Tsiganoff. Ma resta un dubbio. Come può uno che si chiama Tsiganoff (tzigano) essere ebreo? La risposta arriva da Ernie Gruner, un australiano capobanda Klezmer: Mishka Tsiganoff era un "Cristian gypsy accordionist", un fisarmonicista zingaro cristiano, nato a Odessa, che aprì un ristorante a New York: parlava correttamente l’yiddish e lavorava come musicista klezmer". Del resto, la storia di Bella ciao è sempre stata travagliata. La canzone diventa inno "ufficiale" della Resistenza solo vent’anni dopo la fine della guerra.
"Prima del ’45 la cantavano - dice Luciano Granozzi, docente di Storia contemporanea all’università di Catania - solo alcuni gruppi di partigiani nel modenese e attorno a Bologna. La canzone più amata dai partigiani era "Fischia il vento". Ma era troppo "comunista". Innanzitutto era innestata sull’aria di una canzonetta sovietica del 1938, dedicata alla bella Katiuscia. E le parole non si prestavano ad equivoci. "Fischia il vento / infuria la bufera /scarpe rotte e pur bisogna andar / a conquistare la rossa primavera / dove sorge il sol dell’avvenir". E così, mentre stanno iniziando i governi di centro sinistra, Bella ciao quasi cancella Fischia il vento. Era politicamente corretta e con il suo riferimento all’"invasor" andava bene non solo al Psi, ma anche alla Dc e persino alle Forze armate. Questa "vittoria" di Bella ciao è stata studiata bene da Cesare Bermani, autore di uno scritto pionieristico sul canto sociale in Italia, che ha parlato di "invenzione di una tradizione". E poi, a consacrare il tutto, è arrivata Giovanna Daffini".
La "voce delle mondine", a Gualtieri di Reggio Emilia nel 1962 davanti al microfono di Gianni Bosio e Roberto Leydi aveva cantato una versione di Bella Ciao nella quale non si parlava di invasori e di partigiani, ma di una giornata di lavoro delle mondine. Aveva detto che l’aveva imparata nelle risaie di Vercelli e Novara, dove era mondariso prima della seconda guerra mondiale. "Alla mattina, appena alzate / o bella ciao, bella ciao, ciao, ciao / alla mattina, appena alzate / là giù in risaia ci tocca andar". "Ai ricercatori non parve vero - dice il professor Granozzi - di avere trovato l’anello di congiunzione fra un inno di lotta, espressione delle coscienza antifascista, e un precedente canto del lavoro proveniente dal mondo contadino.
La consacrazione avviene nel 1964, quando il Nuovo Canzoniere Italiano presenta a Spoleto uno spettacolo dal titolo "Bella ciao", in cui la canzone delle mondine apre il recital e quella dei partigiani lo chiude". I guai arrivano subito dopo. "Nel maggio 1965 - cito sempre il lavoro di Cesare Bermani - in una lettera all’Unità Vasco Scansani, anche lui di Gualtieri, racconta che le parole di Bella ciao delle mondine le ha scritte lui, non prima della guerra, ma nel 1951, in una gara fra cori di mondariso, e che la Daffini gli ha chiesto le parole. I ricercatori tornano al lavoro e dicono che comunque tracce di Bella ciao si trovano anche prima della seconda guerra. Forse la musica era presente in qualche canzone delle mondine, ma non c’erano certo le parole cantate dalla Daffini, scritte quando i tedeschi invasor erano stati cacciati da un bel pezzo dall’Italia". "Una mattina mi sono alzata...".
Fino a quando ci sarà ricordo dei "ribelli per amore", si alzeranno le note di Bella Ciao, diventato inno quando già da anni i partigiani avevano consegnato le armi. "Bella Ciao? Forse le cantavano - dice William Michelini, gappista, presidente dell’Anpi di Bologna - quelli che erano in alta montagna. Noi gappisti di città e partigiani di pianura, gomito a gomito con fascisti e nazisti, non potevamo certo metterci a cantare".
* la repubblica, 12 aprile 2008.
Ciao, bella
di Alessandro Portelli (il manifesto, 28.03.2008)
A metà anni ’60, i braccianti chicanos in sciopero in California cantavano, oltre ai corridos, una versione in spagnolo di «Bella Ciao». Un paio d’anni fa, un gruppo di ragazzi turchi incontrati per strada a Roma ce ne cantò un’altra versione, naturalmente in turco. La sentii, negli anni ’80, in non so più che raduno di gente di sinistra in Inghilterra. Insomma: se c’è una canzone globale e alternativa insieme, è «Bella Ciao». E, come ogni cosa davvero globale, è normale che finisca nel tritatutto globale della pubblicità. Abbiamo fatto pubblicità con Gandhi e con Cristo, non c’è da sorprendersi che una bevanda messicana prodotta dalla Coca Cola si promuova con questo allegro motivetto internazionale.
Infatti, se uno è abbastanza ignorante da non sapere che storia c’è dentro questa canzone e abbastanza sfacciato da fregarsene, «Bella Ciao» è un jingle perfetto: con alto tasso di riconoscibilità, facile da ricordare e ricantarsi distrattamente, carico di ottimismo amicale con quel «bella» e quel «ciao» così in armonia con la convivialità giovanilistica della Coca Cola. Persino ludico - ci insegnava Roberto Leydi che quel ritornello, con l’allegro battito delle mani, veniva da un gioco di bambini da qualche parte fra il Veneto e l’Istria. E poi, a pensarci bene, ai pubblicitari non dev’essere neanche dispiaciuta quella vaga aura di «libertà» che forse ancora associano alla canzone.
In fin dei conti, jingle e spot oggi parlano continuamente di libertà; ma la libertà che ci propongono oggi è una libertà limitata di consumatori, una bibita invece di un’altra, un’automobile, un dentifricio, invece di un altro che gli somiglia. Un prodotto politico invece di un altro, la globale libertà di scelta di noi popolo delle libertà. Se questo è quello che resta della libertà per cui è morto (e vissuto) quel partigiano, è normale che il funerale glielo canti la Coca Cola in Messico.
BELLA CIAO
Tornata - finalmente - in auge, Bella Ciao è una delle canzoni più conosciute della Resistenza italiana. Se ne conoscono diverse varianti, ma questa sembra la più comune:
Questa mattina mi son svegliato oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, questa mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor. Oh partigiano, portami via oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, oh partigiano, portami via, che mi sento di morir. E se io muoio lassù in montagna oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, e se io muoio lassù in montagna tu mi devi seppellir. Seppellire sulla montagna, oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, seppellire sulla montagna sotto l’ombra di un bel fior. E le genti che passeranno, oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, e le genti che passeranno mi diranno: " Che bel fior ". È questo il fiore del partigiano, oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao, è questo il fiore del partigiano morto per la libertà.
(dal sito: www.anpi.it)
Bella ciao è il più celebre canto partigiano italiano. È una canzone che veniva cantata dai simpatizzanti del movimento partigiano durante la Resistenza, in piena seconda guerra mondiale, quando si combatteva contro le truppe fasciste e naziste. In particolare sembra fosse cantata dalle mondine piemontesi. In realtà raggiunse una grande diffusione solo dopo la guerra, negli anni 60. In particolare, la sua diffusione si deve forse a Gaber, Monti e Margot, che la cantarono nella trasmissione televisiva "Canzoniere Minimo". Oggi è molto diffusa tra i movimenti di resistenza in tutto il mondo, dove è stata portata da molti militanti italiani (ad esempio è cantata da molte comunità zapatiste in Chiapas). Il testo si rifà alla canzone popolare centroitalica "Fior di tomba". La musica proviene da una più vecchia filastrocca per bambini, la quale si rifà a una canzone popolare chiamata "La ballata della bevanda soporifera". L’autore della lirica è ignoto.
Bella Ciao Una mattina, mi son’ svegliato o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao Una mattina mi son’ svegliato e ho trovato l’invasor O partigiano portami via o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao O partigiano portami via ché mi sento di morir E se io muoio da partigiano o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao e se io muoio da partigiano tu mi devi seppellir Mi seppellirai lassù in montagna o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao mi seppellirai lassù in montagna sotto l’ombra di un bel fior Tutte le genti che passeranno o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao tutte le genti che passeranno mi diranno che bel fior È questo e il fiore del partigiano o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao è questo e il fiore del partigiano morto per la libertà
(da: Wikipedia, l’enciclopedia libera: www.wikipedia.org)