L’ALTRA CALABRIA

«Comunità libere» In rete per dire no alla criminalità
giovedì 15 giugno 2006.
 
«Non limitiamoci a sperare, organizziamo la speranza!». Con questo slogan è stato presentato il Manifesto programmatico di "Comunità libere": una rete composta da singole persone, famiglie, comunità, imprese, associazioni, cooperative, gruppi vari. Per un modo nuovo di intendere il mondo del lavoro che in Calabria si scontra gioco forza con la criminalità e tante altre forme di illegalità.

L’ALTRA CALABRIA Progetto Policoro, imprenditoria sociale, piccole aziende e associazioni tra i soggetti della nuova alleanza

«COMUNITA’ LIBERE» IN RETE PER DIRE NO ALLA CRIMINILATA’ CHE UCCIDE IL LAVORO

Da Catanzaro Giovanni Lucà (Avvenire, 15.06.2006)

«Non limitiamoci a sperare, organizziamo la speranza!». Con questo slogan è stato presentato il Manifesto programmatico di "Comunità libere": una rete composta da singole persone, famiglie, comunità, imprese, associazioni, cooperative, gruppi vari. Per un modo nuovo di intendere il mondo del lavoro che in Calabria si scontra gioco forza con la criminalità e tante altre forme di illegalità. L’iniziativa è stata presentata a Catanzaro, presso la Fondazione Betania, alla presenza di monsignor Paolo Tarchi, direttore dell’ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro, di Vincenzo Linarello, presidente Consorzio sociale Goel, del missionario comboniano padre Alex Zanotelli, di don Pino Silvestre, vicario per la Pastorale dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace (in rappresentanza dell’arcivescovo Antonio Ciliberti) e di monsignor Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri-Gerace, a cui sono state affidate le conclusioni dell’incontro. "Comunità libere" nasce all’interno del movimento regionale che fa riferimento al Progetto Policoro e alla cooperazione sociale di CGM, oggi confluito nel consorzio Calabria Welfare. Il suo manifesto si apre con la chiara indicazione che «riconosce in Gesù Cristo e nel suo Vangelo il fondamento della sua proposta di liberazione». L’intento è quello di creare «uno spazio aperto, pluralistico di confronto e azione comune, insieme a tutti coloro che si identificano pienamente con il metodo e i valori essenziali del movimento». È stato spiegato con chiarezza che questo organismo non vuole essere «un’aggregazione posticcia di realtà debolmente collegate, bensì lo sforzo collettivo e consapevole di tante persone e realtà verso un unico progetto di liberazione economica e sociale». Ogni singolo individuo ed ogni impresa avrà così l’opportunità di non restare isolato e vulnerabile agli attacchi della criminalità, si dovranno invece sentire «una comunità di persone e imprese che osano insieme, guidati da obiettivi comuni». Diventa però strategico il rapporto con altre realtà, fuori dalla Calabria e del Nord in particolare. Anzi, essenziale per raggiungere gli obiettivi prefissati e cioè «costruire alleanze Nord-Sud e Sud-Sud atte a strutturare una rete veramente ampia, a livello nazionale e internazionale, che supporti in modi diversi il nostro lavoro sui territori». Il messaggio sembra essere stato chiaro e Vincenzo Linarello ha reso noto che già il primo giorno della costituzione di "Comunità libere" sono arrivate 70 richieste di adesione ed altre stanno arrivando continuamente. Lo stesso Linarello ha fatto sapere di aver preso contatti con Filippo Callipo - il presidente degli industriali calabresi che l’altro ieri ha annunciato di voler vendere tutto - per coinvolgerlo nel progetto e per convincerlo a desistere dal suo proposito di abbandonare la Calabria. L’idea di fondare un simile soggetto sociale non è estemporanea o dettata da fatti emotivi. È un «lavoro di trincea» che dura da anni, è il frutto di un cammino compiuto in tutta la Calabria «insieme a gente umile, che non poteva o non voleva avere altri riferimenti, che ci ha consentito di conoscere e sperimentare logiche e dinamiche che spesso sfuggono a chi non vive e condivide dentro i territori». Un cammino servito a fare un’analisi dalla quale è emerso «che uno dei criteri regolatori più importanti della nostra società calabrese è l’appartenenza. Nei nostri territori - è stato rilevato - non viene valorizzato chi è professionalmente competente o umanamente capace, bensì chi è in grado di esibire una chiara appartenenza a persone o gruppi in grado di scambiare fette di potere, capaci di influenzare in varia misura i nodi della vita quotidiana di ciascuno». Tutto ciò fa capire meglio la cosiddetta "logica dei valichi", ossia dei tanti ostacoli a cui va incontro un giovane (ma anche un gruppo) che intende intraprendere un’attività imprenditoriale o inventarsi lavoro. Ostacoli che partono dalla difficoltà di reperire aiuti economici pub blici e, via via, andando avanti, fino alle difficoltà di ritagliarsi un proprio mercato; è sempre grande il rischio di «vedersi comunque richiedere tangenti, liste di persone da assumere, pacchetti di voti, scambi di favori, ovvero combinazioni plurime di questi elementi proporzionatamente agli importi in gioco». Gli obiettivi di questa rete sono, perciò, la difesa, la tutela e la protezione dei suoi aderenti ma anche «di tutti coloro che non hanno la possibilità di difendersi da soli, senza nulla chiedere in cambio»


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