ITALIA

CALABRIA. LA CHIESA DELLA REGIONE A ROMA, IN VISITA "AD LIMINA", DA BENEDETTO XVI. Intervista all’arcivescovo Vittorio Mondello, presidente della Conferenza episcopale calabra. «Diamo radici alla speranza». IN DONO L’ALBERO DI NATALE PER PIAZZA SAN PIETRO.

lunedì 11 dicembre 2006.
 

[...] Quanto incide negativamente la criminalità organizzata sul mancato sviluppo della Calabria?

«Sicuramente è una grave problema, su cui, come Chiesa siamo intervenuti più volte. Ma la questione di fondo, al di là degli atti delinquenziali pur gravi, è la mentalità mafiosa che purtroppo è molto radicata dalle nostre parti. Questa mentalità si potrà cambiare soltanto attraverso una paziente, duratura e profonda opera di formazione, a cominciare dai giovani. Mi ha fatto piacere, dopo la morte di Fortugno, vedere la forte reazione del mondo giovanile. Noi contiamo molto su di loro, perché ci si renda conto che mafia vuol dire schiavitù e che la mafia impedisce il vero decollo di questa nostra regione. In questo contesto anche il Progetto Policoro, nel quale da diversi anni la Calabria è impegnata in prima linea, può dare una mano. Soprattutto per far comprendere che il problema della disoccupazione si risolve anche attraverso la capacità di lavorare insieme» [...]


CHIESA IN ITALIA

Alla vigilia dell’attesa visita «ad limina», la regione del Sud rilancia la formazione e l’iniziativa dei giovani per contrastare la criminalità organizzata e la mentalità che l’alimenta. L’impegno nel «Progetto Policoro»

-  La Calabria da Benedetto XVI.
-  «Diamo radici alla speranza»

L’arcivescovo Mondello: «La nostra è una Chiesa attiva e vigorosa, impegnata nella evangelizzazione e chiamata ad affrontare le sfide della disoccupazione, della mafia e della secolarizzazione»

Da Roma Mimmo Muolo *

Una Chiesa «attiva, vigorosa e impegnata, sia nell’evangelizzazione, sia nel sociale». Ma che deve confrontarsi con problemi antichi (disoccupazione, povertà, mafia,) e nuovi (il vento della secolarizzazione che spira anche qui). E che tuttavia non perde la speranza. Anzi conta proprio sulla visita ad limina, e sul recente Convegno di Verona, per rilanciare la propria azione.

È la fotografia che l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Vittorio Mondello, presidente della Conferenza episcopale calabra, traccia della comunità ecclesiale regionale alla vigilia dell’incontro dei vescovi con il Papa.

La Calabria, infatti, è la quarta regione italiana che si reca a Roma per l’appuntamento quinquennale con il Pontefice. E l’occasione è propizia per una riflessione a tutto tondo.

Eccellenza, come giunge la Chiesa calabrese all’incontro con il Successore di Pietro?

«Penso di poter dire che la nostra è una Chiesa attiva, vigorosa e impegnata. Ne è prova il fatto che quasi tutte le diocesi hanno già celebrato un Sinodo diocesano e si sta tentando insieme un cammino di comunione che ci vede impegnati già da due anni a realizzare un convegno annuale regionale per i sacerdoti e un analogo appuntamento per i seminaristi di teologia. Due itinerari che intendiamo continuare anche in futuro, come occasioni di formazione permanente».

Spesso i vescovi di Calabria hanno fatto sentire la loro voce sui problemi della regione. Ad esempio con la lettera del 13 febbraio 2005. Quali sono i problemi da fronteggiare?

«Effettivamente in quella lettera, intitolata Il Vangelo della speranza per la nostra terra di Calabria oggi, sono state affrontate alcune questioni e date delle indicazioni che anche la classe politica locale ha riconosciuto valide e interessanti».

Quali, ad esempio?

«Lì dicevamo che vorremmo essere voce dei calabresi, soprattutto dei poveri e degli ultimi. Allora abbiamo offerto due piste di lavoro: una qualitativa e una operativa. La riflessione qualitativa riguarda lo stile di governo, che nasce da un’etica della politica. La gente desidera tre cose ineludibili: la progettualità, l’eticità e la risposta celere ai problemi. Una progettualità che manca, purtroppo. Un’eticità da parte dei responsabili del governo regionale, che li mostri misurati e trasparenti, oltre che attenti nell’ascolto dei cittadini. La gente si scandalizza degli sperperi, mentre c’è chi stenta a vivere. La gente si lamenta della burocrazia che rallenta ogni richiesta. E vuole soprattutto puntualità e celerità nelle risposte. La politica, che è ricerca del bene comune, è un’alta forma di carità. E non consiste in favori da concedere, ma in diritti da rispettare».

E la proposta operativa?

«Noi pensiamo che oggi Chiesa, politica e società debbano impegnarsi, ciascuno secondo il suo ruolo, per favorire il lavoro, la famiglia, la sanità, la scuola, le infrastrutture, la crescita culturale, la valorizzazione del patrimonio artistico. Abbiamo grandi risorse, ma non sempre le utilizziamo a dovere».

Quanto incide negativamente la criminalità organizzata sul mancato sviluppo della Calabria?

«Sicuramente è una grave problema, su cui, come Chiesa siamo intervenuti più volte. Ma la questione di fondo, al di là degli atti delinquenziali pur gravi, è la mentalità mafiosa che purtroppo è molto radicata dalle nostre parti. Questa mentalità si potrà cambiare soltanto attraverso una paziente, duratura e profonda opera di formazione, a cominciare dai giovani. Mi ha fatto piacere, dopo la morte di Fortugno, vedere la forte reazione del mondo giovanile. Noi contiamo molto su di loro, perché ci si renda conto che mafia vuol dire schiavitù e che la mafia impedisce il vero decollo di questa nostra regione. In questo contesto anche il Progetto Policoro, nel quale da diversi anni la Calabria è impegnata in prima linea, può dare una mano. Soprattutto per far comprendere che il problema della disoccupazione si risolve anche attraverso la capacità di lavorare insieme».

Molti vescovi, oggi in Italia, sono preoccupati dal fenomeno della secolarizzazione. Com’è da questo punto di vista la situazione nella vostra regione?

«Anche noi non siamo esenti dalle forme di laicismo che si riscontrano altrove. Ma rimane l’attaccamento alle radici. Io penso che in questo campo molto dipenderà dalla formazione che sapremo dare ai nostri laici. Un tema che abbiamo già affrontato in diversi convegni regionali. Servono laici cristiani impegnati responsabilmente a collaborare per la crescita della comunità ecclesiale e per la diffusione dei valori nella società civile».

Che cosa si attende, dunque, da questa visita ad limina?

«La visita ad limina è certamente un momento in cui, mentre noi vescovi portiamo al Papa il vissuto delle nostre Chiese, con le loro luci e ombre, riceviamo la sua parola autorevole e i suoi suggerimenti. Tutto ciò ci infonde nuova speranza e quindi noi aspettiamo questo momento per risollevarci da una certa apatia, per rinnovarci e continuare il nostro cammino sulla strada del Vangelo. Già una bella scossa l’abbiamo avuta con il Convegno di Verona, che è stato molto proficuo. Ci aspettiamo, dunque, che in continuità con il discorso di Verona, il Papa ci dica una parola diretta in special modo alla Calabria».


Dodici diocesi e 973 parrocchie per 2 milioni e 100 mila abitanti

(M.Mu.)

Poco più di due milioni e 100 mila abitanti divisi in dodici diocesi più o meno tutte di media grandezza, se si eccettua Lungro che ha 33 mila anime e un’identità particolare, legata anche alla presenza di una antica comunità albanese, da secoli trapiantata in Calabria.

La Regione ecclesiastica Calabria si presenta, dunque, con un volto demografico abbastanza omogeneo. Non ci sono grandi differenze, almeno dal punto di vista degli abitanti, tra la Chiesa locale più popolosa che è Cosenza-Bisignano (379 mila abitanti) e quella con meno abitanti (sempre esclusa Lungro), che è Cassano all’Jonio (108 mila).

Le sedi metropolitane sono tre: Cosenza-Bisignano, Catanzaro-Squillace e Reggio-Calabria Bova. Della prima sono suffraganee Cassano all’Jonio, Rossano-Cariati e San Marco Argentano-Scalea. Lamezia Terme e la sede arcivescovile di Crotone-Santa Severina compongono con Catanzaro-Squillace la metropolia di quest’ultima arcidiocesi. Mentre a Reggio Calabria-Bova fanno capo Locri-Gerace, Mileto-Nicotera-Tropea e Oppido Mamertina-Palmi. Discorso a parte merita Lungro, che proprio a motivo di quanto ricordato poc’anzi è un’eparchia immediatamente soggetta alla Santa Sede.

In regione oltre alle dodici diocesi si contano 973 parrocchie, 1.056 sacerdoti, 350 religiosi e 153 diaconi permanenti. Questi ultimi sono presenti in tutte le diocesi (i dati sono desunti dall’Annuario Cei del 2006). Terra di antica evangelizzazione, la Calabria annovera tra i suoi santi figure insigni come san Francesco da Paola, san Fantino il Vecchio, san Nilo e san Gaetano Catanoso.



il dono

Arriva dal Catanzarese l’albero di Natale per piazza San Pietro

(A.Cap.)


E’ arrivato(13.12.2006, fls)!

L’abete della Sila in Piazza San Pietro - 25.2 Kb

L’abete della Sila in Piazza San Pietro


Arriva dalla Presila catanzarese, per la precisione dal monte Gariglione, nel comune di Taverna. È alto quasi 35 metri e pesa 150 quintali. A donare al Papa l’albero di Natale che sarà collocato in piazza San Pietro quest’anno è la Regione Calabria.

La cerimonia di consegna è in programma mercoledì prossimo. «L’albero - ha spiegato il presidente della Regione Agazio Loiero - è il simbolo delle bellezze della Calabria, ma anche delle fierezza e della generosità della sua gente».

«Un segno della gioia natalizia per sentirsi in comunione col Papa», lo ha definito il presidente della Conferenza episcopale calabra, Vittorio Mondello. Il contributo calabrese al «Natale in Vaticano» non finisce qui.

Lo stesso appartamento privato di Benedetto XVI sarà addobbato con un abete calabrese che, assieme ad altri 29, sarà prelevato dai vivai dell’Afor di Mongiana, sulle Serre vibonesi, per essere collocati nella cittadella vaticana.


* Avvenire, 10.12.2006


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