L’Italia stia dalla parte dell’Onu
Appello della Tavola della pace *
COMUNICATO STAMPA
Alla vigilia della visita in Italia del Segretario Generale dell’Onu la Tavola della pace lancia l’appello L’Italia stia dalla parte dell’Onu L’appello è stato inviato al Presidente Napolitano, al Presidente Prodi, al Ministro D’Alema e a tutto il Parlamento Italiano
Lunedì, 10 luglio 2006 - Mercoledì giungerà in Italia il Segretario Generale dell’Onu, Kofi Annan. Per l’occasione la Tavola della pace lancia l’appello "L’Italia sia dalla parte delle Nazioni Unite".
"Il Presidente del Consiglio Romano Prodi e le autorità italiane che lo incontreranno - hanno dichiarato Flavio Lotti e Grazia Bellini, i due Coordinatori Nazionali della Tavola della pace - avranno un’ottima occasione per annunciare la decisione dell’Italia di scendere in campo, senza ulteriori equivoci ed esitazioni, per difendere, salvare, rilanciare e democratizzare l’Onu".
L’appello è stato inviato al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro degli Affari Esteri e a tutti i membri del Parlamento Italiano ai quali si chiede di dichiarare in modo chiaro e forte il proprio impegno per difendere, salvare, rilanciare e democratizzare l’Onu, riaffermare il ruolo centrale delle Nazioni Unite nella promozione della pace, della sicurezza e della cooperazione internazionale, rilanciare i suoi valori e ideali, farla funzionare, dargli le risorse e gli strumenti necessari per adempiere al proprio mandato, tutelare la sua autonomia, la sua indipendenza e la coerenza con i suoi fini.
Il documento avanza inoltre alcune proposte concrete che possono contribuire a rendere credibile la scelta dell’Italia di stare dalla parte delle Nazioni Unite.
Segue il testo dell’appello.
Per contatti stampa: Alessandra Tarquini 3479117177 stampa@perlapace.it
APPELLO
L’Italia stia dalla parte dell’Onu
Mercoledì 12 luglio 2006, giungerà in Italia il Segretario Generale dell’Onu, Kofi Annan.
Il Presidente del Consiglio Romano Prodi e le autorità italiane che lo incontreranno hanno un’ottima occasione per annunciare la decisione dell’Italia di scendere in campo, senza ulteriori equivoci ed esitazioni, per difendere, salvare, rilanciare e democratizzare l’Onu.
Il mondo ha disperato bisogno dell’Onu, ma l’Onu è sotto attacco, sempre più indebolita, delegittimata e marginalizzata. I suoi poteri, le sue risorse e le sue funzioni sono stati drammaticamente ridotti.
L’unilateralismo dei più forti e un’incontrollata globalizzazione stanno mettendo da parte la sola "casa comune" dell’umanità. Allo stesso tempo importanti decisioni politiche ed economiche continuano ad essere assunte in sedi e istituzioni internazionali prive dei necessari principi, valori, legittimazione e controllo democratico. Spesso i governi che controllano e gestiscono l’Onu non mantengono nemmeno gli impegni politici ed economici che hanno volontariamente sottoscritto (come sta avvenendo con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio); violano i diritti umani e gli stessi principi di legalità e di democrazia internazionale che proclamano nei loro discorsi e nelle loro risoluzioni; procedono nella gestione degli affari internazionali senza tener in alcun conto le proposte che la società civile mondiale continua ad avanzare. Alcuni, addirittura, stanno palesemente tentando di imporre all’Onu (e al mondo intero) la dottrina della guerra preventiva. Nel frattempo l’Onu, fondata per "salvare le future generazioni dal flagello della guerra", è stata estromessa dall’Iraq, marginalizzata in Afghanistan, isolata nei territori palestinesi, costretta all’impotenza in molti degli altri conflitti aperti e dimenticati.
La Tavola della pace
· consapevole della gravità della situazione internazionale, delle numerose guerre e violazioni dei diritti umani in corso, delle continue violazioni della legalità e del diritto internazionale;
· consapevole dei doveri che spettano al nostro paese sanciti dall’Articolo 11 della nostra Costituzione, nonché dal diritto internazionale dei diritti umani,
· considerato il programma di governo dell’Unione che contiene ben tre pagine e mezza (dalla 98 alla 101) dedicate al "l’Italia nel sistema delle Nazioni Unite";
chiede al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al Governo e a tutti i suoi componenti, a tutti i Deputati e Senatori di:
· dichiarare in modo chiaro e forte il proprio impegno per difendere, salvare, rilanciare e democratizzare l’Onu, riaffermare il ruolo centrale delle Nazioni Unite nella promozione della pace, della sicurezza e della cooperazione internazionale, rilanciare i suoi valori e ideali, farla funzionare, dargli le risorse e gli strumenti necessari per adempiere al proprio mandato, tutelare la sua autonomia, la sua indipendenza e la coerenza con i suoi fini;
· operare da subito, nell’Unione Europea e in tutte le altri sedi internazionali, per rimettere l’Onu al centro degli sforzi tesi a porre fine alle guerre e alle gravi violazioni dei diritti umani in corso nei territori palestinesi (mediante l’invio immediato di una forza di interposizione sotto il comando Onu), in Iraq, in Afghanistan, in Cecenia, in Sudan, nella regione africana dei grandi laghi, in Somalia e nel resto del mondo.
La Tavola della pace chiede inoltre di:
1. riaprire subito l’Ufficio dell’Onu in Italia chiuso dal Governo Berlusconi e riattivare la collaborazione con la società civile impegnata a sostegno dell’Onu con programmi di comunicazione ed educazione;
2. definire in Parlamento le iniziative dell’Italia per favorire l’elezione di un nuovo Segretario Generale dell’Onu indipendente e autorevole (dopo 60 anni è venuto anche il tempo che sia una donna);
3. avviare in Parlamento una rigorosa azione di controllo sull’operato dell’Italia nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite e promuovere un dibattito politico, aperto ai contributi della società civile, per definire le proposte dell’Italia per la democratizzazione e il rafforzamento dell’Onu e concorrere così alla definizione della posizione dell’Unione Europea;
4. rendere tripartita la composizione delle delegazione italiana negli organismi Onu (Governo, Parlamento, organizzazioni della società civile) a cominciare dalla prossima convocazione dell’Assemblea Generale;
5. dare nuovo impulso alla proposta di costituzione dell’Assemblea Parlamentare delle Nazioni Unite;
6. agire per rendere finalmente operativo il sistema di sicurezza collettiva previsto dal Cap. VII della Carta delle Nazioni Unite e stipulare gli accordi con il Consiglio di sicurezza delle NU previsti dall’art. 43 al fine di mettere a disposizione dello stesso Consiglio le forze armate, l’assistenza e le facilitazioni necessarie per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali;
7. sostenere e rilanciare la proposta di convocazione di una Convenzione Universale sul futuro delle Nazioni Unite;
8. sostenere l’Assemblea dell’Onu dei Popoli e l’impegno della società civile e degli Enti Locali per salvare, democratizzare e rafforzare le Nazioni Unite.
Non ci sono più alibi né scuse per nessuno. Neanche per l’Italia. Se le cose non cambieranno non sarà solo per colpa di altri. Ci attendiamo decisioni semplici, immediate e coerenti.
Perugia, 10 luglio 2006
* www.ildialogo.org/appelli, Giovedì, 13 luglio 2006
Dov’è il mondo? Subito un cessate il fuoco Appello per la pace di giornalisti italiani in Libano (il manifesto, 06.08.2006)
Un appello alla comunità internazionale per il «cessate il fuoco» in Libano di giornalisti, inviati e corrispondenti delle principali testate giornalistiche italiane che stanno seguendo la guerra in Libano è stato diffuso ieri da La Tavola della pace e dall’associazione Articolo Ventuno insieme all’ elenco dei primi firmatari. «La guerra continua. Ora dopo ora. Giorno dopo giorno. Spaventosa. Crudele. Orribile. Impossibile il conto dei morti e dei feriti. Indicibili le sofferenze delle popolazioni fino ad ora scampate alle stragi. Inestimabili le devastazioni», sottolineano i firmatari che poi proseguono «Noi giornalisti, testimoni della guerra che sta devastando il Libano e il Medio Oriente, sentiamo il dovere di rilanciare il disperato appello dei bambini, delle donne, degli uomini, dei feriti, degli sfollati, degli ammalati di questa terra insanguinata: ma dov’ è il mondo? Fate qualcosa per fermare questa follia senza misura. Chiedete l’ immediato cessate il fuoco. Non restate in silenzio. Fatelo subito. Fatelo ora». Tra i firmatari ci sono: Gianluca Ales (Sky TG24), Giuseppe Bonavolontà (Rai TG3), Stefano Chiarini (Il Manifesto), Luca Del Re (Tg La7), Marc Innaro (Rai), Daniele Mastrogiacomo (La Repubblica), Andrea Nicastro (Corriere della Sera), Ferdinando Pellegrini (GR Rai), Ennio Remondino (Rai), Claudio Rubino (Rai TG3), Barbara Schiavulli (Avvenire), Neliana Terzigni (Rai), e Giuseppe Zaccaria (La Stampa).
Nel sostenere l’appello la Tavola della pace ed Articolo 21, invitano tutti gli italiani, le associazioni, le istituzioni locali ad esporre nuovamente la bandiera della pace ai balconi delle case per esprimere con chiarezza il rifiuto da parte del popolo italiano della crudele distruzione del Libano e della Palestina in corso sotto i nostri occhi.
Italia-Israele Coinvolti fino in fondo a fianco di Olmert. Una legge di Berlusconi rende Roma il secondo partner militare europeo di Tel Aviv
di Manlio Dinucci http://www.agorapisa.it/ 03.07.2006
Appena è stato rapito il caporale dell’esercito israeliano, il ministro degli esteri Massimo D’Alema ha telefonato al presidente palestinese Abu Mazen per esprimergli la «profonda preoccupazione» dell’Italia e la richiesta dell’«immediato rilascio dell’ostaggio». Ha quindi informato del contenuto della conversazione il primo ministro israeliano Ehud Olmert. Ma quando Israele ha rapito un terzo del governo palestinese, il telefono ha taciuto. «L’Italia - spiega il ministero degli esteri - ha da sempre svolto un’azione tesa a favorire il processo di pace in Medio Oriente, coniugando l’antica amicizia con il popolo palestinese con una rinnovata collaborazione con Israele». Riconosce quindi implicitamente anche i «meriti» del governo Berlusconi che, il 16 giugno 2003, stipulò con quello israeliano un memorandum d’intesa per la cooperazione nel settore militare e della difesa. Dopo essere stato ratificato al senato nel febbraio 2005 (grazie ai voti del gruppo Democratici di sinistra-Ulivo schieratosi con il centro-destra) e alla camera in maggio, il memorandum d’intesa è divenuto la legge 17 maggio 2005 n. 94, entrata in vigore l’8 giugno. La cooperazione tra i ministeri della difesa e le forze armate dei due paesi riguarda «l’importazione, esportazione e transito di materiali militari», «l’organizzazione delle forze armate», la «formazione/addestramento». Sono previste a tale scopo «riunioni dei ministri della difesa e dei comandanti in capo» dei due paesi, «scambio di esperienze fra gli esperti», «organizzazione delle attività di addestramento e delle esercitazioni», «partecipazione di osservatori alle esercitazioni militari». La legge prevede anche la «cooperazione nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione» di tecnologie militari tramite «lo scambio di dati tecnici, informazioni e hardware». Vengono inoltre incoraggiate «le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiali» di interesse comune. Secondo fonti militari israeliane, citate da Voice of America, è già stato concordato lo sviluppo congiunto di un nuovo sistema di guerra elettronica, con un primo finanziamento di 181 milioni di dollari. E’ questo un campo in cui Israele aveva finora cooperato solo con gli Stati uniti. Ciò significa che l’accordo italo-israeliano è stato preventivamente approvato dalla Casa bianca.
Con la legge n. 94 del 17 maggio 2005, le forze armate e l’industria militare del nostro paese sono state coinvolte in attività di cui nessuno (neppure in parlamento) viene messo a conoscenza. La legge stabilisce infatti che tali attività sono «soggette all’accordo sulla sicurezza» e quindi segrete. Sotto la cappa del segreto militare può avvenire di tutto.
Poiché Israele possiede armi nucleari, alte tecnologie italiane possono essere segretamente utilizzate per potenziare le capacità di attacco dei vettori nucleari israeliani. Possono essere anche usate per rendere ancora più letali le armi «convenzionali» usate dalla forze armate israeliane nei territori palestinesi. Viene allo stesso tempo violata la legge 185 sull’esportazione di armamenti, poiché viene esteso a Israele il trattamento privilegiato previsto solo per i paesi Nato e Ue.
Quello che il governo Berlusconi ha lasciato in eredità al governo Prodi è un accordo a tutto campo, che travalica l’ambito tecnico. Come sottolinearono i ministri Frattini e Martino, è «un preciso impegno politico assunto dal governo italiano in materia di cooperazione con lo stato d’Israele nel campo della difesa». Un impegno politico, corrispondente a «interessi strategici nazionali», che il governo Berlusconi assunse nel quadro della strategia statunitense, scavalcando l’Ue. «Nessun altro paese dell’Unione europea - sottolineò il ministero israeliano della difesa - gode di questo tipo di cooperazione militare con Israele». Di fronte a un accordo di tale portata, che cosa intende fare il governo Prodi? Metterlo in discussione o applicarlo integralmente? Magari, come prevede la legge, inviando osservatori all’«esercitazione militare» che l’esercito israeliano sta effettuando a Gaza?
WWW.ILDIALOGO:ORG, Giovedì, 13 luglio 2006
Blocco totale al Libano Raid aerei su Sidone: 47 i morti Il Libano chiede il cessate il fuoco*
Israele impone al Libano un blocco totale, aereo, navale e terrestre. E poi avverte: «Via i civili dalla periferia meridionale di Beirut, roccaforte di Hezbollah». «Un atto di guerra da uno Stato sovrano». Così il premier Olmert aveva definito l’attacco dei militanti di Hezbollah e il rapimento di due militari israeliani per poi lanciare l’operazione «Giusta Retribuzione», diretta contro tutte le postazioni di Hezbollah e il Libano che le ospita. Una vera e propria guerra. Nel primo pomeriggio il ministro dell’Informazione libanese Al Aridi chiede il cessate il fuoco da ambo le parti e la «fine dell’aggressione israeliana».
Ma l’offensiva di tel Aviv continua. Il bilancio provvisorio delle vittime parla di 47 morti e 103 i feriti nelle 48 ore di quella che si prefigura come la campagna aerea più violenta lanciata da Israele sul Libano negli ultimi 24 anni. L’aviazione israeliana ha infatti colpito l’aeroporto internazionale di Beirut e le due principali basi aeree libanesi, Rayak e Qoleiat. A riassumere la posizione israeliana ha provveduto il Capo di stato maggiore, generale Dan Haalutz: «Nulla è al sicuro» in Libano. Non è da escludere a priori dunque neanche un bombardamento di Beirut, in particolare degli uffici di Hezbollah.
Fonti militari hanno detto che Israele si deve preparare a un’operazione di lunga durata. Il ministro della difesa Amir Peretz, in una seduta con la commissione affari esteri e difesa della Knesset, ha dichiarato che Israele non permetterà più agli Hezbollah di dislocarsi in prossimità del confine israeliano. Un ufficiale, secondo la radio di stato, ha detto che in futuro ogni persona armata che in Libano si avvicinerà a un chilometro dal confine sarà considerata nemica e uccisa. Il ministro degli Esteri, signora Tzipi Livni, ha avviato una serie di contatti telefonici con i suoi colleghi di altri Stati per spiegare le ragioni e gli obiettivi delle operazioni israeliane in Libano. A tutti ha ricordato che l’attacco degli Hezbollah è stato del tutto ingiustificato poiché gia dal maggio del 2000 Israele si è totalmente ritirato dal territorio libanese occupato, ripiegando sul confine internazionale, lungo una linea approvata dall’Onu. E finalmente si vengono a sapere i nomi dei due soldati israeliani in mano agli Hezbollah da ieri. Si tratta di Ehud Goldwasser, che ha 31 anni, ed Eldad Regev, di 26. E secondo quanto rivelato dal direttore per le Relazioni pubbliche del ministero degli Esteri israeliano, Gideon Meir, Hezbollah vorrebbe trasferire i due soldati in Iran.
La risposta degli Hezbollah Le milizie degli Hezbollah non sono rimaste inerti e hanno reagito con lanci di razzi e attacchi oltre confine. Almeno 60 razzi katiusha sono stati lanciati verso i centri abitati israeliani in Alta Galilea, lungo tutto il confine col Libano, causando vittime tra la popolazione e danni. Al Arabiya ha riferito che la «resistenza islamica» (così chiama Hezbollah) ha lanciato missili contro il «comando delle operazioni dell’aviazione israeliana» di Monte Miron, nel nord di Israele. Si stima che 29 persone siano state ferite nei bombardamenti, in maggioranza in modo lieve. Molti abitanti nei centri minacciati hanno cominciato ad abbandonare le loro case per trasferirsi in località più sicure. In tutti i centri minacciati dell’Alta Galilea la popolazione è scesa nei rifugi e negli ospedali i degenti sono stati trasferiti in aree protette. E Hezbollah ora minaccia anche il porto di Haifa, la più cosmopolita e inclusiva delle città israeliane. «La resistenza islamica annuncia che bombarderà Haifa e dintorni se Beirut o i sobborghi meridionali saranno attaccati», hanno scritto i miliziani libanesi in un comunicato.
Il bilancio delle vittime israeliane, sarebbe - a parte gli 11 feriti di Safed -, secondo il corrispondente della tv satellitare araba al Jazeera, di «una donna e 29 feriti», di cui uno grave. Il sito internet del quotidiano israeliano Haaretz riferisce che la cittadina israeliana colpita è quella di Nahariya, nei pressi del confine con il Libano. La vittima è una donna di 40 anni che era rimasta sul balcone della sua casa, al quinto piano di un edificio, nonostante l’esercito israeliano avesse ordinato ai residenti di mettersi al riparo nei rifugi antimissile. E un missile katiusha ha colpito l’edificio al piano sopra di quello della donna uccidendola. Tra i feriti ci sono diversi bambini.
La Farnesina: non andate nella zona La Farnesina ha attivato una unità di crisi per monitorare la situazione e predisporre le liste di connazionali presenti nella zona. Il nostro ministero degli esteri invita gli italiani a tenersi lontani dal Libano e in particolare dall’area dei combattimenti. Del resto tutti i voli in arrivo sull’aeroporto di Beirut, inagibile dopo i bombardamenti, oggi sono stati dirottati su Cipro. L’unica via di accesso e di uscita dal Paese è la frontiera con la Siria. La Farmesina mantiene un continuo collegamento con i partner comunitari, essendo stato attivato il meccanismo di consultazione fra le Unità di Crisi dei Paesi dell’ Unione Europea, i cui responsabili si sono concertati stamane in teleconferenza.
www.unita.it, Pubblicato il 13.07.06
Beirut, notte di bombe Israele: colpiremo il capo degli Hezbollah di Luca Re (www.ilsole-24 ore. com, 14 luglio 2006)
L’offensiva israeliana in Libano è proseguita con ripetuti bombardamenti notturni sulla capitale Beirut. Il premier dello Stato ebraico, Ehud Olmert, ha autorizzato l’esercito a colpire nuovi obiettivi, dopo una riunione con il ministro della Difesa, Amir Peretz e il capo di Stato maggiore, Dan Halutz. L’aviazione ha preso di mira soprattuto la zona sud di Beirut, considerata la roccaforte di Hezbollah, il gruppo estremista sciita che mercoledì 12 luglio ha rapito due soldati israeliani, provocando la reazione di Gerusalemme sul fronte libanese. Il bilancio delle incursioni conta finora almeno 50 vittime libanesi.
Israele minaccia Nasrallah. Il ministro dell’Interno, Roni Bar-On, ha dichiarato la volontà israeliana di eliminare Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah. «Nasrallah ha deciso il suo destino: noi regoleremo i conti con lui al momento giusto», ha spiegato Bar-On alla radio pubblica dello Stato ebraico. Gerusalemme sembra quindi intenzionata a mantenere aperto lo scontro con i miliziani sciiti, per rimettere in sicurezza i confini con il Libano e sconfiggere la minaccia dei terroristi filo-iraniani e filo-siriani. Il ministro della Difesa, Amir Peretz, aveva affermato giovedì 13 luglio che Israele avrebbe agito per eliminare Hezbollah e impedire ai suoi militanti di ritornare nel sud del Libano (zona privilegiata per lanciare i razzi contro le città israeliane).
La posizione degli Stati Uniti. Il Segretario di stato Usa, Condoleezza Rice, ha parzialmente corretto la posizione iniziale della Casa Bianca sulle reazioni di Gerusalemme, che si era concretizzata nel veto posto ieri (giovedì 12 luglio) alla risoluzione presentata dal Qatar nel Consiglio di sicurezza Onu. Questa risoluzione condannava l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, iniziata dopo il rapimento del caporale Ghilad Shalit, a opera di miliziani legati al governo di Hamas. La Rice ha chiesto a Israele di esercitare «moderazione» nel suo attacco al Libano, spiegando che l’amministrazione Usa è preouccupata per le conseguenze del conflitto sul governo di Beirut, che potrebbe uscire indebolito dalla crisi con Israele, a vantaggio dell’ingerenza siriana. Secondo il Consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Steve Hadley, l’esecutivo libanese non era al corrente delle mosse di Hezbollah. Le affermazioni della Rice e di Hadley sembrano rivelare il timore di rimanere isolati all’imminente vertice del G8 a San Pietroburgo: le altre potenze mondiali non condividono la posizione esclusivamente filo-israeliana, espressa da Bush allo scoppio della crisi in Medio oriente. Il presidente Usa aveva sostenuto il diritto di Gerusalemme a difendersi, mentre molti Paesi europei avevano condannato un «uso sproporzionato della forza» da parte israeliana.
I bombardamenti. L’aviazione israeliana ha compiuto tre attacchi notturni su Beirut, concentrandosi sui quartieri meridionali: Gisr al Matar, Moawwad, Ghobeiry e Haret Hreik, dove ha sede il quartier generale di Hezbollah. Il Dipartimento di stato Usa ha autorizzato la parziale evacuazione dell’ambasciata americana nella capitale. I caccia F-16 di Gerusalemme hanno continuato a centrare ponti, aeroporti, autostrade e cavalcavia: lo Stato ebraico intende isolare il Libano, grazie anche al blocco aeronavale e terrestre, oltre a ostacolare le comunicazioni tra il sud e il nord del territorio. I velivoli hanno danneggiato anche la strada Beirut-Damasco, che risulta interrotta in cinque punti, tra Sofar e Shtaura. Le bombe israeliane sono poi cadute su una base del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, situata nei pressi del confine siriano. Le navi hanno puntato i cannoni sulla centrale elettrica di Jiyyeh, 30 chilometri a sud di Beirut, colpendo un deposito di carburante. Il quotidiano di Tel Aviv, Haaretz, ha riferito che l’aviazione ha distrutto alcuni bunker, che contenevano missili usati da Hezbollah contro le città situate nel nord dello Stato ebraico. L’artiglieria, invece, ha bersagliato le postazioni dei miliziani nella zona di Ain Ebel, sul confine tra Libano e Israele.
Ue ed Onu: si muove la diplomazia. Prodi condanna Israele*
Dure condanne internazionali per l’attacco israeliano al Libano. A cominciare dal governo finlandese, presidente di turno dell’Unione europea. «Il vecchio principio dell’occhio per occhio o nella versione attuale "venti occhi per un occhio" non può servire i legittimi interessi di sicurezza di chiunque», afferma il ministro degli esteri di Helsinki Erkki Tuomioja nel suo diario internet quotidiano.
L’Unione europea si muove alla ricerca di una soluzione diplomatica alla crisi e si muove l’Onu, nonostante il veto posto venerdì dagli Usa ad una risoluzione che condannava l’uso spropozionato della forza da parte di Israele. L’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Javier Solana, sarà in Medio Oriente a partire da sabato, sia in Libano che in Israele. Contemporaneamente Vijay Nambiare, consigliere politico del segretario generale Onu Kofi Annan, accompagnato dagli inviati per il Medio Oriente Alvaro de Soto e per il Libano Terje Roed Larsen, andrà al Cairo per incontrare il governo egiziano e i ministri degli esteri della Lega Araba che sono attesi lì proprio sabato. Di lì la delegazione dell’Onu passerà in Israele, nei territori Palestinesi occupati, a Beirut e a Damasco, capitale della Siria.
La crisi libanese è stata anche inserita nell’agenda del G8 che si svolgerà da sabato a lunedì a San Pietroburgo. «Prenderemo tutte le misure possibili per riportare la pace in Palestina, Israele e Libano», afferma il presidente russo Vladimir Putin.
Sostegno alle iniziative dell’Unione europea e dell’Onu dal premier italiano Romano Prodi che si «appella al governo israeliano affinché consenta agli stranieri che desiderano lasciare il Libano e Gaza di poterlo fare in condizioni di sicurezza». Il presidente del consiglio si dice «preoccupato» dalla spirale di violenza e «pur riconoscendo le legittime preoccupazioni di sicurezza di Israele e ancora condannando il rapimento dei militari», lancia un duro monito al governo israeliano: «L’uso della forza si è spinto al di là di ogni previsione e noi deploriamo questa escalation e i gravi danni alle infrastrutture del Libano, come prima nei Territori di Gaza e le vittime civili che questi raid hanno causato».
Parola quasi identiche a quelle usate dal premier spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero: «Israele sbaglia - afferma - una cosa è la difesa, che è legittima, e altra cosa è lanciare una controffensiva di attacco generalizzato in Libano e a Gaza» L’Unione europea, aggiunge, dovrebbe chiedere «l’arresto immediato delle ostilità».
www.unita.it, Pubblicato il 14.07.06
SI ALLARGA CONFLITTO ISRAELE-LIBANO Israele bombarda e detta le sue condizioni Si allarga il conflitto israelo-libanese. Per tutto il giorno sono proseguite le offensive di Hezbollah e le rappresaglie israeliane (La Stampa, 14.07.2006)
GERUSALEMME. Si allarga il conflitto israelo-libanese. Per tutto il giorno sono proseguite le offensive di Hezbollah e le rappresaglie israeliane. Nuovo raid sulla periferia di Beirut e ancora missili sull’aeroporto, mentre continuano i lanci di razzi Katiuscia a nord di Israele.
Prendendo atto dell’escalation di violenze, il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha annunciato un possibile cessate il fuoco in Libano a tre condizioni: la liberazione dei due soldati israeliani sequestrati da Hezbollah, lo stop ai lanci di razzi verso Israele, l’applicazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza sul disarmo dei guerriglieri sciiti.
La comunità internazionale nel frattempo reagisce con sdegno all’ondata di violenze. Il responsabile dei diritti umani per l’Onu, Jan Egeland, sostiene che il blocco imposto da Israele a confini, porti e aeroporti del Libano «viola le leggi internazionali e il senso comune».
Il Vaticano, con il cardinale Angelo Sodano, ha deplorato l’attacco israeliano ad un paese «libero e sovrano». Un appello per un immediato ’cessate il fuocò è giunto anche dal presidente russo Vladimir Putin, che ha annunciato l’inserimento della crisi mediorentiale nell’agenda del G8 di San Pietroburgo.
Anche il presidente del Consiglio Romano Prodi si è pronunciato contro l’escalation di violenze e le rappresaglie ’sproporzionatè, raccogliendo il plauso degli esponenti della maggioranza. Critica l’opposizione. Per Gianfranco Fini il governo è «irresponsabile» e ha spezzato il «rapporto di fiducia» che c’era fra Italia e Israele.