Praga astronomi riuniti per trovare la parola che cambierà lo spazio.
Attorno al Sole, oltre ai 9 attuali in arrivo Cerere, Caronte, 2003 UB313.
Sistema solare, summit scientifico
"Ci sono tre nuovi pianeti"*
PRAGA - Sette scienziati, undici giorni di tempo, una decisione capace di stravolgere cent’anni di storia dell’astronomia. L’attenzione degli studiosi di tutto il mondo è concentrata a Praga, dove dal 14 agosto scorso è riunita l’assemblea generale dell’Unione astronomica internazionale (Iau). Una sola questione sul tavolo: cambiare o non cambiare la definizione "pianeta". Se decidessero a favore, gli elementi del sistema solare diventerebbero 12, non più nove.
Tre nuove rotte attorno al Sole: "Cerere", l’asteroide tra Marte e Giove scoperto nel 1801, "Caronte", uno dei tre satelliti naturali di Plutone, e "2003 UB313" oggetto al di là dell’orbita di Nettuno, più grande di Plutone cui non è ancora stato dato nome definitivo anche a causa della diatriba sorta sull’eventualità o meno di considerarlo un pianeta o farlo invece rientrare in altre categorie.
A fine mese, si chiuderà forse una querelle di vecchia data, sviluppatasi di pari passo con l’evoluzione della ricerca spaziale e delle tecnologie d’osservazione dell’universo. Il vecchio termine pianeta, derivazione del greco, scelto per indicare un oggetto che si muove nello spazio rispettando uno schema fisso, non sembra andare più bene. Più di una volta gli astronomi si sono trovati davanti l’impossibilità di definire nuovi oggetti secondo vecchie classificazioni.
La base scientifica su cui verrà a determinarsi questa ridefinizione di "pianeta" terrà conto di due elementi specifici: l’oggetto dovrà essere in orbita intorno a una stella, ma non potrà essere da solo una stella, dovrà avere massa sufficiente perché la propria gravità ne determini un forma quasi sferica. "La scienza moderna - spiega il presidente di IAU Ron Ekers - fornisce conoscenze ben più approfondite della sola determinazione di un’orbita attorno al Sole. Le scoperte recenti hanno messo in dubbio tanta parte del vocabolario attuale aprendo la ricerca a nuova definizione di "pianeta".
L’Unione astronomica internazionale, che si occupa della nomenclatura planetaria e stellare dal 1919, riunisce attorno a sè astronomi di tutto il mondo. Il cosidetto "Comitato per la definizione di pianeta" (PDC), attivo da circa due anni, è nato per volere del Comitato esecutivo condotto da Ekers ed è formato da sette persone, legate al mondo dello spazio per competanze scientifiche o storiche: Richard Binzel, docente di geologia, scienza atmosferica e planetaria al MIT, Andre Brahic, professore a Universite Denis Diderot e direttore dei laboratori Gamma-gravitation, Owen Gingerich, professore di astronomia e di storia della scienza al centro Harvard-Smithsonian, lo storico Dava Sobel, Junichi Watanabe, direttore della Outreach Division di NAOJ, Iwan Williams, esperto delle dinamiche e proprietà fisiche degli oggetti del sistema solare e Catherine Cesarsky, direttore generale dell’Eso.
Se la risoluzione proposta venisse accettata, i dodici pianeti nel nostro Sistema solare diventerebbero quindi Mercurio, Venere, Terra, Marte, Cerere, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone, Caronte e 2003 UB313 ma secondo la "watchlist" della Iau, la lista degli avvistamenti e delle scoperte, in futuro molti altri elementi stellari potrebbero rientrare nella nuova definizione di "pianeta". Attualmente infatti la lista d’attesa dell’Unione astronomica conta circa una dozzina di nuovi candidati.
Il progetto di risoluzione di IAU dovrebbe inoltre portare ad una chiara definizione dei "pluton", elementi spaziali distinti dai pianeti classici perché risiedono in orbite ben più lontane dal Sole, lungo percorsi più inclinati rispetto ai pianeti classici e lontano da essere perfettamente circolari. Tutte caratteristiche che stanno interessando gli scienziati non soltanto dal punto di vista terminologico ma storico, suggeriscono infatti nuove teorie sull’origine dei pianeti. (16 agosto 2006)
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www.repubblica.it, 16.08.2006
Biden, il pianeta oltre Plutone che allarga il sistema solare
di Giovanni Caprara (Corriere della Sera, 28.03.2014)
È il pianeta più lontano del nostro sistema solare. È stato scoperto oltre i confini finora conosciuti, in un profondo buio dove finora si pensava esistessero soltanto astri con la coda e per questo era stata battezzata la culla delle comete.
Il nuovo corpo celeste ha per il momento soltanto una sigla, 2012 VP113, ma basta per far sognare rapidi cambiamenti nella conoscenza del lontano mondo a cui si guarda con sempre maggior curiosità. Il nuovo protagonista del corteo solare è un pianeta nano, secondo la nuova classificazione adottata nel 2006 dall’Unione astronomica internazionale.
La decisione fu allora molto contrastata perché portò alla cancellazione di Plutone come ultimo pianeta e diventato il primo della nuova classe. Ma il provvedimento venne adottato perché ci si rendeva conto che ormai i confini del sistema solare dovevano essere ridisegnati lasciando solo gli otto grandi pianeti fino a Nettuno degni di questo nome mentre gli altri era opportuno battezzarli «nani». In verità erano più piccoli, ma avevano anche caratteristiche differenti e quindi era il caso di distinguerli diversamente.
A spingere verso questa drastica scelta era stata soprattutto la scoperta di un corpo celeste, Sedna, più grande di Plutone: una prova inconfutabile dell’esistenza di una famiglia di corpi da osservare con occhi diversi.
I confini del sistema solare sono posti a 50 unità astronomiche, vale a dire cinquanta volte la distanza tra la Terra e il Sole che è di 150 milioni di chilometri. Sedna si trova a 76 unità astronomiche.
Ora il nuovo pianeta VP113, già ribattezzato non ufficialmente da alcuni «Biden» (in quanto «VP», vicepresidente degli Stati Uniti), si trova ancora più lontano, a 80 unità astronomiche: è nella «nube di Oort», la culla delle comete. Gli autori della scoperta (i primi indizi risalgono al 2012) sono gli astronomi americani Scott Sheppard e Chadwick Trujillo, che hanno utilizzato un telescopio in Cile. «Di questi corpi con un diametro superiore a mille chilometri riteniamo ne esistano almeno novecento in quelle zone estreme», hanno precisato.
Ma studiando l’orbita di Biden gli astronomi hanno risollevato quasi un mito inseguito da decenni; cioè la presenza di un pianeta gigante oltre tutti quelli conosciuti, il famoso e mai trovato «decimo pianeta». Ci sono infatti anomalie nella sua corsa che farebbero pensare alla presenza di un corpo dieci volte più grande della Terra.
L’origine di Biden resta misteriosa. Si immagina che una volta fosse vicino al Sole e che sia stato spinto lontano con il tempo o addirittura che sia frutto di una cattura al corteo di un’altra stella. Tutte ipotesi non facili da verificare, comunque affascinanti da indagare.
Il nuovo pianeta si è accompagnato in queste ore ad un’altra scoperta interessante (entrambe pubblicate sulla rivista Nature ) e cioè il ritrovamento attorno all’asteroide Chariklo in orbita tra Saturno e Urano di due densi anelli di polvere analoghi per certi aspetti a quelli ben più numerosi del famoso Saturno. Gli anelli di Chariklo sono ben più ristretti e rispettivamente larghi tre e sette chilometri. Anch’essi rappresentano un record perché è la prima volta che si avvistano anelli intorno ad un asteroide.
La decisione presa dal congresso internazionale Iau in corso a Praga Pochi giorni fa erano stati promossi invece Cerere, Caronte e Xena Gli astronomi declassano Plutone solo otto i pianeti del sistema solare Il corpo celeste è stato "retrocesso" a "pianeta nano" per ragioni di grandezza Scoperto nel 1930, mai visitato da una sonda, è il più lontano dal sole (www.repubblica.it, 24.08.2006)
PRAGA - Plutone retrocede, diventa "pianeta nano" e va nella stessa categoria di Cerere, Caronte e 2003 UB313 (Xena): grandi asteroidi "promossi" nei giorni scorsi. Il sistema solare secondo gli astronomi della Iau (Unione astronomica internazionale) riuniti in questi giorni a Praga è ora formato da otto pianeti "classici": Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno in ordine di distanza dal Sole. Poi ci sono i 4 "nani". Come spiega Gianna Cauzzi da Praga "la proposta di includere Cerere, Xena e Caronte tra i pianeti era stata presentata (e non decisa) la scorsa settimana, ma non ha trovato supporto, anche in virtù del fatto che grazie a nuovi strumenti e tecnologie, probabilmente in pochi anni ci ritroveremo con dozzine di nuovi corpi celesti di questo tipo".
Il declassamento di Plutone è stato dettato dalle sue dimensioni troppo piccole (il suo diametro medio è di circa 2306 chilometri). I miglioramenti nelle osservazioni spaziali stanno permettendo infatti agli scienziati di scoprire l’esistenza di molti altri corpi celesti della grandezza simile a quella dell’ex pianeta e da qui l’esigenza di introdurre la categoria dei "pianeti nani".
Scoperto nel 1930 e battezzato in onore della divinità romana dell’oltretomba, Plutone è il pianeta più distante dal sole e l’unico a non essere mai stato visitato da una sonda. Molte misurazioni sono quindi approssimative e non confermate. La sua debole atmosfera è composta prevalentemente da metano gassoso, argon, azoto, monossido di carbonio e ossigeno.
La sua superficie, composta da ghiaccio d’acqua e di metano, non è uniforme, come dimostrano le sensibili variazioni di albedo (la quantità di luce riflessa indietro) riscontrabili da Terra nel corso della sua rotazione.
Da tempo la natura di Plutone era al centro del dibattito astrofisico. Una parte di scienziati ipotizza infatti che possa essere un grosso asteroide della fascia di Kuiper, intuizione rafforzata quando è stato scoperto un asteroide appartenente a questa fascia con un diametro di ben 1000 km, circa la metà di Plutone. Prima del declassamento Plutone oltre a essere classificato come pianeta era anche considerato il maggiore dei corpi della fascia di Kuiper.
(24 agosto 2006)
Svolte contestate La scienza dei golpe Eliminare Plutone è un colpo di stato. Dallo spazio polverizzato al tempo congelato: le bizzarre teorie sull’universo di Giulio Giorello (www.corriere.it, 28.08.2006)
Colpo di stato: Plutone è stato eliminato dal novero dei pianeti del sistema solare. È avvenuto in maniera «democratica» (per votazione), ma ciò non attenua la sorpresa. Dopotutto, ci eravamo abituati ai nostri nove pianeti - e a mio avviso non ha torto chi dice che privilegiare un criterio di classificazione piuttosto che un altro è materia di convenzione, ma fa anche notare che alcune convenzioni sono più consone a una data tradizione di cultura. Ma quello che gli antichi chiamavano «il sistema del mondo» ha conosciuto ben altre rivoluzioni!
In età moderna Copernico sconvolse la tranquilla famiglia dei pianeti mettendo il Sole al centro del sistema e facendo della Terra creduta immobile un «astro errante », cioè appunto, un pianeta. Allora era in gioco non solo una classificazione astronomica ma la stessa collocazione dell’uomo nell’universo. Qualche decennio dopo Galileo Galilei si domandava se fosse il caso di porre ai voti l’opzione tra il sistema tolemaico e quello copernicano e rispondeva negativamente: le verità scientifiche non si decidono «a maggioranza »! Già prima Giordano Bruno aveva «sfondato le muraglie del cielo» immaginando addirittura un universo infinito in cui le stelle non chiudevano più il «sistema del mondo», ma erano disseminate nell’immenso, essendo ciascuna il centro di un proprio sistema planetario. Quando aveva esposto idee del genere, i dotti di Oxford si erano fatti gioco di queste «bizzarrie«; mezzo secolo più tardi tale concezione degli sconfinati liberi cieli doveva riecheggiare nei versi del grande poeta John Milton.
A metà del secolo XIX la vicenda pareva esemplare a un «timido» geologo e biologo del Kent, di nome Charles Darwin, che amava definirsi il Copernico delle scienze del vivente. Anche qui c’era un problema di classificazione: l’essere umano - il nostro Homo sapiens - diventava per lui più simile ai primati superiori che a un angelo o a un diavolo, mentre l’intera struttura delle specie viventi perdeva ogni fissità e appariva evolvere non seguendo un disegno prestabilito ma semplicemente «a opera della Selezione naturale per pressione ambientale ». Quest’ultima teoria ha rappresentato il suo «peccato» più grave, cioè la fonte principale dell’ostilità di non pochi uomini di cultura - scienziati inclusi.
Si potrebbe pensare che oggi Copernico o Darwin siano diventati «senso comune »; ma, se si entra più a fondo nelle pieghe della scienza, ci si rende conto che certi cambiamenti di mentalità sono difficili da assimilare. Persino quando è in gioco la nostra Terra: Alfred Wegener fu pressoché esiliato dalla comunità scientifica per aver ipotizzato che i Continenti «andassero alla deriva». C’è voluta la complessa teoria della tettonica a zolle perché la sua intuizione venisse riabilitata.
Del resto, è passato più di un secolo da quando Albert Einstein ha cambiato il volto (1905) della fisica e ancora destano perplessità le sue concezioni cosmologiche e la paradossale ricomparsa della azione a distanza nel contesto della meccanica quantistica. Oggi vengono proposte audaci e «bizzarre» teorie circa l’origine dell’universo, teorie che non esitano a immaginare un «tempo congelato» o uno «spazio polverizzato» - per non dire di quella «pazza idea» per cui l’universo sarebbe stato prodotto da una «spontanea» fluttuazione del vuoto. Insomma, «tutto quel che c’è» sarebbe una sorta di «pasto gratis» (e questo senza presupporre l’esistenza di un qualche benefattore) come recita lo slogan coniato da John Gribbin, fortunato e prolifico divulgatore scientifico, il quale, tornando a mutamenti intellettuali relativamente più modesti, dovrà anche lui aggiornare il suo Dizionario di cosmologia e astrofisica, non foss’altro che per tener conto della «retrocessione» del povero Plutone.
Giulio Giorello
26 agosto 2006