Applausi a "Nuovomondo" di Crialese. Le storie degli italiani
arrivavano alle porte degli Stati Uniti in cerca di fortuna
Quando gli immigrati eravamo noi Verso gli Usa, tra realismo e poesia
La lunga traversata dell’Atlantico, l’arrivo a Ellis Island, di fronte a Manhattan. Poi il lavaggio, visite mediche e test d’intelligenza
dal nostro inviato CLAUDIA MORGOGLIONE (www.repubblica.it, 08.09.2006)
VENEZIA - Quando gli immigrati eravamo noi. Quando gli italiani, trattati come bestie, si ammucchiavano nelle navi in partenza per l’America, e non tutti sopravvivevano alla traversata. Quando la terra promessa, Ellis Island, dopo lo sbarco si rivelava un lager. Quando i nuovi venuti venivano ispezionati come cavie da laboratorio, e i più deboli deportati in patria. Per non dimenticare da dove veniamo, per recuperare - in forma poetica - questa nostra memoria, arriva qui alla Mostra il secondo, attesissimo film italiano in concorso: "Nuovomondo" di Emanuele Crialese. Accolto da molti applausi, alla proiezione mattutina riservata alla stampa.
Insomma un buon esordio festivaliero per l’autore, già considerato cult per la sua pellicola precedente, "Respiro": vincitrice della Settimana della critica a Cannes, accolta con indifferenza in Italia, diventata poi un successo internazionale. Un boom che ha permesso al regista (classe 1965) di dedicarsi a un film impegnativo e ambizioso come quello che vediamo oggi al Lido.
Ambientata ai primi nel Novecento, la storia è divisa in tre parti di uguale lunghezza: la Sicilia, la traversata, lo sbarco a Ellis Island, l’isola che è di fronte a New York. Si comincia dunque a Petralia Sottana, paesino di pastori. E’ qui che vive il protagonista Salvatore (il Vincenzo Amato di "Respiro"), vedovo e padre di due ragazzi, uno dei quali (Filippo Pucillo) è muto. L’uomo decide di partire per la terra promessa, suggestionato dalle leggende di un paese della cuccagna in cui sui rami crescono le monete e in cui ci si fa il bagno nel latte. E così decide di affrontare la traversata insieme ai figli e alla madre (Aurora Quattrocchi), molto riluttante a lasciare il luogo d’origine.
I quattro dunque si imbarcano sulla nave. E qui, tra gente ammassata come su un carro bestiame, conoscono Lucy (Charlotte Gainsbourg): inglese decisa a conquistare il diritto di restare in America con un matrimonio. E, tra i tanti passeggeri che la guardano con desiderio, lei sceglie proprio il mite Salvatore. Intanto, dopo quattro settimane in mare (con tanto di tempesta in cui muoiono diverse persone), i nostri eroi giungono a Ellis Island.
Ed è qui che comincia la parte forse più straziante - e più realistica - del film. Perché gli immigrati vengono sottoposti a una serie di operazioni che ricordano più un lager, che un centro d’accoglienza: lavaggio, accurate (e invasive) visite mediche, test di intelligenza per stabilire chi può e non può rimanere. Chiunque sia debole, o anziano, viene rispedito indietro. Mentre le donne, che possono entrare nel Paese solo se non sposate, vengono costrette a una sorta di umiliante "asta" in cui gli uomini già residenti le scelgono come mogli. Il finale, però, abbandona il realismo per la poesia: vediamo infatti i protagonisti, dal destino ancora incerto, fare il bagno nel latte.
In altre parole, un mix tra ricostruzione storica e potenza dell’immaginazione. Come del resto Crialese conferma: "Al realismo preferisco il mito, è vero. Ma il film ha comunque una sua base concreta e una sua attualità: ad esempio sono assolutamente veri i test d’intelligenza e attitudinali a cui venivano sottoposti gli immigrati. Un meccanismo bio-politico di persecuzione e di discriminazione. Ma dietro il viaggio di Salvatore e della sua famiglia io vedo soprattutto l’epocale passaggio dall’uomo antico all’uomo moderno. Ed è questo che ho voluto raccontare". Sarà: ma è vero che a colpire gli spettatori è soprattutto lo strazio atroce della "selezione" a Ellis Island. Quella burocratica mancanza di umanità che - forse - colpisce anche i clandestini che sbarcano oggi sulle nostre coste.
(8 settembre 2006)
Mostra di Venezia 2006
I commenti dei vincitori e del presidente della giuria, Catherine Deneuve "Commovente il film di Zhang-Ke, contiene tutto ciò che a noi piace"
Crialese: "Premio straordinario. E’ questo il mio Nuovomondo"
Il regista Leone d’oro: "Continuerò a difendere i deboli del mio Paese"
Helen Mirren: "Mi sento in una bolla eccitante, lontana dalla vita quotidiana"
dal nostro inviato CLAUDIA MORGOGLIONE (www.repubblica.it, 09.09.2006)
VENEZIA - Immutabili rituali da fine-Mostra: dopo la proclamazione dei vincitori, la consueta conferenza stampa con i protagonisti della serata. E, almeno per i cronisti italiani, il più atteso è Emanuele Crialese, Leone d’argento-rivelazione di questa edizione 2006: "Sono molto felice - dice lui - già solo di essere qui al Lido, figuriamoci del premio. Questo è il mio terzo film: considero il riconoscimento appena ricevuto qualcosa di straordinario. Che la giuria, tra l’altro, ha quasi inventato apposta per me. Sono emigrato anni fa in America, ora sono tornato nel mio Paese: forse è qui il mio Nuovomondo". In riferimento, ovviamente, al titolo del suo film.
C’è da dire che il regista sembra davvero contento, al di là della diplomazia di rito. Al contrario di chi, in platea, giudica questo strano Leone d’argento una sorta di premio di consolazione, che lo ha di fatto escluso da quelli maggiori. Quale che sia il giusto modo di giudicare la questione, ecco le altre dichiarazioni post-cerimonia.
Jia Zhang-Ke, Leone d’oro per Still Life. "Continuerò a difendere gli strati di popolazione più deboli del mio Paese - dice il regista - questo premio rappresenta per me una conferma di questo impegno: proseguirò su questa strada per almeno altri dieci-vent’anni".
Catherine Deneuve, presidente della giuria. La diva francese difende alcune decisioni giudicate "eccentriche" da molti cronisti. A partire dal Leone d’oro a un film visto da pochissimi addetti ai lavori, la cui proiezione per il pubblico è andata semideserta. "Siamo rimasti sopresi dalla qualità del film - racconta - contiene tutto ciò che a noi piace: la bellezza della fotografia, la storia, i personaggi che ci hanno commosso. E comunque, su questa scelta non abbiamo affatto avuto lunghe discussioni". C’è poi chi si dice perplesso sul fatto che il Leone d’argento-rivelazione sia andato a Emanuele Crialese. Già esploso quattro anni fa, a Cannes, con Respiro. "E’ vero - ribatte la Deneuve - ma non dimentichiamo che la gente ha la memoria corta". E sul riconoscimento a Ben Affleck, accolto con una certa sorpresa, dichiara: "Anche altri attori avrebbero meritato la Coppa Volpi, ma poi bisogna concludere. E alla fine abbiamo trovato un accordo su di lui".
Helen Mirren, migliore attrice. Accolta dai giornalisti presenti con l’ormai consueto, scrosciante applauso. Quanto a lei, ironizza sulla sua eleganza e sul suo aspetto giovanile: "Faccio di tutto per non somigliare alla regina - dice - così tutti ammirano di più la mia interpretazione...". E poi, sul premio: "E’ come una meravigliosa bolla, eccitante, che porta lontano dalla vita quotidiana". Infine, sulle eventuali reazioni di Elisabetta al film: "Forse si è detta ’beh, poteva andare peggio!’".
Il caso Jean-Marie Straub/Daniel Huillet. I registi, vincitori di un premio speciale per l’insieme dell’opera, in cartellone alla Mostra con la pellicola Quei loro incontri, hanno fatto scalpore, due giorni fa, per alcune dichiarazioni. Frasi che suonavano pro-terroristi kamikaze. Questa sera i due sono assenti, ma a parlare a loro nome è una delle attrici del film, Giovanna Daddi: "Sono persone che non farebbero male a una mosca - dichiara - con quella frase intendevano proporsi come terroristi del cinema, non certo come terroristi nella vita reale". Una precisazione che però non spegne le polemiche, intorno a questo riconoscimento.
(9 settembre 2006)