America, i poveri si curano in India
di Cristiana Pulcinelli *
Un tempo, chi doveva sottoporsi ad un intervento chirurgico complesso andava negli Stati Uniti. Oggi sembra che il flusso si stia invertendo: dagli Stati Uniti i pazienti vanno a operarsi verso i paesi a basso reddito, come l’India e la Tailandia. Naturalmente, si tratta dei cittadini americani meno abbienti, quelli che non possono permettersi i costi astronomici della sanità statunitense. Il fenomeno sta diventando eclatante. Tanto che la prestigiosa rivista medica «New England Journal of Medicine» ha dedicato al tema un lungo articolo sul numero uscito il 19 ottobre scorso dal significativo titolo «I nuovi rifugiati d’America».
Gli autori, i medici americani Arnold Milstein e Mark Smith, cominciano raccontando due storie emblematiche. La prima è quella di Howard Staab, un carpentiere di mezza età che lavora in proprio nella Carolina del Nord. Staab non ha un’assicurazione sanitaria, ma è sempre stato bene. Un brutto giorno però scopre di avere un serio problema cardiaco: un prolasso della valvola mitralica. Il medico non ha dubbi: bisogna operare. Staab si rivolge all’ospedale regionale più vicino che gli presenta un preventivo di 200.000 dollari, la metà dei quali vanno versati prima dell’operazione. Staab decide di vendere la casa, ma il figlio, uno studente di medicina, entra in contatto con Naresh Trehan, un chirurgo del cuore che, dopo aver studiato alla New York University, è tornato nel suo paese natale, l’India, a lavorare in un nuovo ospedale privato di Nuova Delhi. Il carpentiere decide di farsi operare dal medico indiano e parte. Il costo complessivo (ospedale e chirurgo) è di 6.700 dollari. Tutto va bene e Staab ora è tornato al suo lavoro e alla sua casa che non ha più dovuto vendere.
La seconda storia riguarda invece i lavoratori di una cartiera della Carolina del Nord. L’industria stava fallendo, ma gli operai decidono di fondare una cooperativa e rilevare l’impresa. I vecchi proprietari pagavano agli operai l’assicurazione sanitaria, ma la cooperativa non può permettersi costi così alti, così i soci un’idea: offrire incentivi fino a 10.000 dollari per chi, dovendo sottoporsi a operazioni complesse, sceglie di andare in India.
Quante altre storie come queste ci sono? Dati dagli Stati Uniti non ci sono. Però, India e Tailandia riportano un aumento nel numero di pazienti americani. All’Ospedale Bumrungrad di Bangkok, ad esempio, l’anno scorso sono stati ricoverati 55.000 statunitensi, il 30% in più degli anni precedenti. E la maggior parte non si è sottoposta a trattamenti estetici.
A produrre la fuga dei «nuovi rifugiati» è il sistema sanitario americano, basato sulle assicurazioni private. «Se la spesa per la sanità continua a crescere più rapidamente del Prodotto Interno Lordo - scrivono gli autori - la copertura assicurativa diventerà insostenibile per un numero sempre più alto di lavoratori. La percentuale di persone senza assicurazione sta aumentando rapidamente tra le famiglie a reddito medio che non ricevono i sussidi destinati ai più poveri».
___
*
www.unita.it, Pubblicato il: 23.10.06 Modificato il: 23.10.06 alle ore 6.36
Questa la lettera che il regista americano ha pubblicato sul suo blog
"L’amministrazione Bush ha già iniziato un’azione legale contro di me"
"Io e il mio film in fuga dal governo americano"
di MICHAEL MOORE *
IL mio nuovo film, "Sicko" è pronto e avrà la sua prima mondiale oggi a Cannes. La mia intenzione era di tenere "Sicko" nascosto, senza farlo vedere praticamente a nessuno fino alla prima di Cannes. E sono, quindi, rimasto rigorosamente in silenzio, sia perché lavoravo molto per completarlo, sia perché sapevo che l’industria della salute, un’industria che produce il 15 per cento del nostro prodotto interno lordo, non avrebbe gradito gran parte di quello che vedrà in questo film, e non pensavo che fosse il caso di farli arrabbiare prima di quanto necessario.
Bene, non tutto è andato come previsto. Per qualche strano motivo il 2 maggio l’amministrazione Bush ha iniziato un’azione legale contro di me per il modo in cui ho ottenuto parte dei contenuti che loro credono siano nel mio film. Dato che fino ad oggi nessuno di loro ha visto il film (o così io spero!), hanno deciso, a differenza di "Fahrenheit 9/11", di non aspettare l’uscita del film per iniziare il loro attacco.
Il ministro del tesoro Henry Paulson, ha aperto un’inchiesta su un viaggio che ho fatto a Cuba per filmare alcune scene. Queste scene coinvolgono un gruppo di lavoratori che si sono ammalati durante il lavoro a Ground Zero. Hanno avuto poco o nessun aiuto dall’assistenza medica pubblica o dal governo. Non voglio svelare quello che accade nel film perché non voglio rovinarvi la sorpresa. Resta certa una cosa: nessuna legge è stata violata. Ho violato solo una regola del giornalismo moderno che dice "non fare domande a chi comanda o il tuo permesso di partecipare al banchetto sarà revocato".
"Il ministro Paulson può sequestrare il film?", ho chiesto ai miei avvocati. "Sì", è stata la risposta. Chi vuole correre il rischio? Io no. Quindi ho fatto un duplicato del film e l’ho fatto uscire dal paese, in modo che nessuno del governo lo possa prendere... E’ incredibile? E’ solo un film! Cosa posso mai aver messo in celluloide che possa richiedere una simile azione priva di senso contro di me?
Bene, sto andando a Cannes, con una copia del film con me. Non vi preoccupate, starò una settimana nel sud della Francia. Poi tornerò a casa. E tutti potrete vedere il film. Non vedo l’ora che possiate farlo.
* la Repubblica, 19 maggio 2007
La Corte Suprema degli Stati Uniti approva la Legge sanitaria
di Adam Liptak e John H. Cushman Jr
in “The New York Times” del 28 giugno 2012 (traduzione di Maria Teresa Pontara Pederiva)
La Corte Suprema ha approvato oggi, giovedì 28 giugno, l’estensione dell’assistenza sanitaria contenuta nella revisione alla Legge sanitaria proposta dal presidente Obama, affermando che è lecito affidare al Congresso il potere di alzare le tasse per garantirne la copertura finanziaria.
Il voto è stato di 5 favorevoli contro 4 contrari con il presidente della Corte Suprema, John G. Roberts Jr., che sì è schierato dalla parte dei membri liberal del tribunale.
La decisione rappresenta una vittoria per il presidente Obama e tutti i Democratici del Congresso, dal momento che è stata confermata la linea centrale dell’attuale presidenza. La sentenza della Corte ha riaffermato i cosiddetti diritti individuali secondo i quali sarà consentito alla stragrande maggioranza dei cittadini americani di poter usufruire d’ora in poi di un’assicurazione sanitaria, e in caso contrario sono previste sanzioni.
Accolto il ricorso dei Vescovi Usa
Rischia la riforma sanitaria di Obama
di Marco Ventura (Corriere della Sera, 30 luglio 2012)
È bastato un mese alla Chiesa cattolica americana per rispondere alla battaglia vinta da Obama di fronte alla Corte Suprema a difesa della sua riforma sanitaria. Il giudice distrettuale del Colorado John Kane ha accolto il ricorso della famiglia Newland, industriali cattolici di Denver, contro l’obbligo di assicurare i propri lavoratori per le spese necessarie a coprire eventuali interventi medici che il magistero cattolico considera abortivi.
Il giudice ha accolto l’argomento dei vescovi degli Stati Uniti: imponendo ad un cattolico di pagare un aborto si attenta alla sua libertà religiosa e dunque si viola il primo emendamento della Costituzione. La decisione non è definitiva; ricorsi analoghi pendono in altri Stati. La stessa Corte suprema ha per ora giudicato costituzionale la copertura medica obbligatoria (l’individual mandate), ma non si è ancora espressa su quelle che il fronte conservatore, cattolici in testa, denuncia come spese abortive (il contraception mandate). La Hercules della famiglia Newland, produttrice di impianti di aerazione e condizionamento con 300 lavoratori, ha vinto una battaglia importante. I vescovi possono ora sperare di vincere la guerra. In gioco, essi sostengono, non vi è soltanto il diritto della Chiesa di Roma di essere se stessa, ma il diritto di ogni chiesa di uniformarsi ai propri dettami senza ingerenze dello stato, secondo uno dei più sacri principi della nazione.
Il primo emendamento alla Costituzione adottato nel 1791 vieta infatti al Congresso di istituire una religione di stato e gli impone di rispettare il «libero esercizio» della religione. Grande beneficio ne è venuto ai cattolici: essi hanno sofferto del pregiudizio anti-papista della società americana, ma sono sfuggiti all’oppressione riservata alle minoranze religiose negli stati cattolici europei, mentre il «libero esercizio» li metteva al riparo dalla persecuzione comunista e dal pungolo della laicità francese, spagnola e italiana. Portano loro, oggi, la bandiera del primo emendamento: ispirano il conservatorismo americano; intravedono il trionfo contro Obama.
Nessun costo per la copertura contraccettiva: la libertà religiosa oggi è un po’ più forte
La libertà religiosa oggi è un po ’più forte. E’ una questione di salute delle donne e delle loro famiglie.
di Sally Steenland
in “The Huffington Post” del 21 gennaio 2012 (traduzione di Maria Teresa Pontara Pederiva)
L’amministrazione Obama ha preso una decisione che prevede che da oggi la maggior parte dei datori di lavoro siano tenuti a fornire a costo zero la copertura contraccettiva, nell’ambito della legge sanitaria Affordable Care Act. La decisione prevede l’obiezione di coscienza per i luoghi di culto e per alcune organizzazioni no profit che danno lavoro e sono al servizio di persone della stessa fede religiosa. Ma non esime però le numerose istituzioni a vario livello legate a una qualche religione, ma che danno lavoro a persone di fedi diverse - così come quelle che non dichiarano alcun credo religioso - per le quali la pianificazione familiare è un aspetto fondamentale della loro responsabilità morale.
Questa decisione se da una parte riceve un’accoglienza positiva, dall’altra è avversata. Alcuni leader religiosi nelle scorse settimane si sono opposti con veemenza alla decisione odierna, affermando che essa violerebbe la libertà religiosa. Alcuni si sono spinti fino a sostenere che l’amministrazione Obama stia conducendo una vera e propria guerra contro la libertà religiosa.
Il che non è vero. Tuttavia è vero che la questione della libertà religiosa sia fortemente contestata: e non solo in questo paese. Mentre la nostra nazione diventa sempre più pluralista e accoglie persone con fedi diverse, abbiamo da affinare la nostra comprensione nei confronti dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, e assistiamo al fatto che i problemi di coscienza entrino in gioco su entrambi i lati del dibattito del diritto di decisione in materia riproduttiva, lottiamo per discernere dove la libertà religiosa è sotto attacco e dove invece sta crescendo in quanto a forza e comprensione.
Permettere alle donne di prendere decisioni basate sul rispetto della loro coscienza quando si tratta di questioni fondamentali riguardo alla propria famiglia e alla propria salute è un esempio di libertà religiosa al suo massimo livello. Fornire una deroga ragionevole per l’obiezione di coscienza nei confronti di alcune istituzioni religiose ne rappresenta un altro fulgido esempio.
Questa decisione non pone in contrasto la fede religiosa e la società laica, e neppure cattolici contro le altre religioni. I fatti dimostrano che la stragrande maggioranza delle donne con un credo religioso facciano normale uso di contraccettivi, e fra le donne che di dichiarano cattoliche la percentuale è al 98%. Considerando questi numeri, si potrebbe affermare che la Chiesa cattolica - stando ai propri fedeli - sostenga la decisione di oggi.
In questa decisione si riscontrano anche due punti ancora più essenziali: un modo sicuro per ridurre la necessità di ricorrere all’aborto è quello di ridurre il numero di gravidanze indesiderate, rendendo la contraccezione accessibile e conveniente. Inoltre, un buon modo per promuovere gravidanze sane, la nascita di bambini sani e robusti, è quello di utilizzare la contraccezione per una pianificazione familiare del numero dei figli così da garantire intervalli tra le nascite dei bambini. Oggi l’amministrazione Obama ha scelto una cosa giusta. Quanti hanno a cuore la salute delle donne, la salute delle loro famiglie e anche la libertà religiosa non possono che essere grati.
Usa, l’ordine di Obama agli ospedali
"Riconoscere i partner dei gay"
Il presidente Usa: "I malati omosessuali potranno indicare
i loro compagni come le persone che hanno il diritto di visita" *
WASHINGTON - Barack Obama ha ordinato agli ospedali americani di riconoscere i diritti delle coppie gay, permettendo al paziente di indicare il proprio partner come la persona che ha il diritto di visita e che dovrà prendere decisioni sulla sua salute. Con un ordine esecutivo il presidente americano ha così stabilito che il dipartimento della Sanità dovrà in questo modo proibire ogni discriminazione dei gay negli ospedali che ricevono sovvenzioni federali dove ora le coppie omosessuali avranno gli stessi diritti di quelle eterosessuali.
Le organizzazioni per i diritti dei gay, che da tempo lavoravano per ottenere questa misura, hanno esultato per l’ordine esecutivo di Obama che metterà fine alla pratica adottata dagli ospedali di impedire a chi non ha una relazione di parentela ufficiale con il malato di andarlo a trovare in caso di gravi patologie o di prendere decisioni in caso di pericolo di vita. "La discriminazione tocca ogni aspetto della vita delle lesbiche, dei gay, dei bisessuali e transgender, anche nei momenti di dolore e malattia, quando noi abbiamo maggiormente bisogno di avere chi ci ama accanto" ha dichiarato Joe Solomense, presidente di Human Rights Campaign.
"Ogni giorno, in tutta l’America, a pazienti viene negata la cura dei loro cari - si legge nell’ordine esecutivo di Obama - ai gay e le lesbiche americane viene spesso vietato di stare accanto a compagni di una vita, vietato di prendere decisioni in caso che il paziente non sia in grado di farlo". Il presidente ha voluto legare la sua decisione ad una "vera storia americana" telefonando a Janice Langbehn, una donna della Florida che non ha potuto stare accanto, insieme ai loro figli, fino alla fine alla compagna Lisa Pond, con cui aveva vissuto 18 anni, morta nel febbraio 2007 per aneurisma cerebrale. "Sono anni che ripeto che tenere la mano a qualcuno che sta morendo non è un diritto dei gay ma un diritto umano, ed ora il presidente mi chiama e mi dice che ’è d’accordo con me, è una cosa soprendente’" ha detto la donna dopo la conversazione con Obama.
* la Repubblica, 16 aprile 2010
Approvato (con 220 voti contro 207) anche il pacchetto di modifiche Sconfitti i repubblicani che cercheranno la rivincita nelle elezioni di midterm
Usa, via libera definitivo alla Camera
per la riforma sanitaria di Obama *
WASHINGTON - Il Congresso americano, dopo avere approvato domenica la storica riforma sanitaria, ha dato luce verde giovedì sera anche al pacchetto di modifiche, completando il trionfo dei democratici e dell’amministrazione Obama. La Camera ha approvato infatti per 220 voti a 207 (quattro più del minimo) le norme che, poche ore prima, avevano avuto il "sì" del Senato per 56 voti a 43.
I repubblicani, sconfitti domenica col passaggio della riforma della sanità, avevano cercato una rivincita tentando di bloccare il passaggio delle modifiche con una raffica di emendamenti al Senato (tutti sconfitti). Il pacchetto era già stato approvato dalla Camera domenica, ma poichè il testo nella lunga battaglia al Senato aveva subito un cambiamento ’tecnico’ (una alterazione di sedici righe su 153 pagine) il testo è tornato giovedì sera alla Camera per il voto definitivo.
La strategia in due fasi, prima la legge e poi le modifiche, era stata ideata dalla Casa Bianca e dai democratici per aggirare la perdita della maggioranza blindata di 60 voti al Senato subita dai democratici con la sconfitta in Massachusetts sul seggio occupato per quasi mezzo secolo da Ted Kennedy e passato ai repubblicani dopo la sua morte.
I repubblicani, che hanno votato in massa contro la riforma, hanno promesso ai democratici di trasformare la campagna elettorale per il voto di midterm di novembre in un referendum sulla riforma mettendo sotto accusa i democratici che l’hanno approvata.
Ma il presidente Barack Obama, che ha conseguito con la riforma un successo sfuggito per un secolo a numerosi altri inquilini della Casa Bianca, ha raccolto la sfida dicendosi certo che gli americani, una volta assaporati nei prossimi mesi i benefici della nuova legge, premieranno alle prossime elezioni il partito che ha sostenuto la storica riforma.
Il dibattito sulla riforma, durato oltre un anno negli Usa, ha lasciato strascichi pesanti: alcuni deputati democratici hanno ricevuto questa settimana minacce di morte (e lanci di mattoni negli uffici) per avere approvato la nuova legge.
* la Repubblica, 26 marzo 2010
Nella notte il "sì" della Camera con 219 favorevoli e 212 contrari Assistenza medica per 32 milioni di americani che ne erano sprovvisti
"Questo è il vero cambiamento"
Passa la riforma sanitaria di Obama
Ora tocca al Senato. Il presidente ha vinto le ultime resistenze degli antiabortisti
dal corrispondente FEDERICO RAMPINI *
NEW YORK - "Questa non è una riforma radicale ma è una grande riforma. Questo è il vero cambiamento". Così a mezzanotte, ora di Washington, Barack Obama ha salutato lo storico voto della Camera. Un’ora prima con 219 sì contro 212 no, sotto la presidenza di Nancy Pelosi la Camera aveva approvato la sua sofferta riforma sanitaria. E’ passata una legge di straordinaria portata, che dopo l’approvazione del Senato estenderà a 32 milioni di americani un’assistenza medica di cui erano finora sprovvisti. E’ la fine di un incubo, 14 mesi in cui il presidente si era giocato la sua immagine su questo "cantiere progressista".
LA SCHEDA: IL TESTO DELLA RIFORMA
Obama ce l’ha fatta su un terreno dove da mezzo secolo tutti i presidenti erano stati sconfitti. Ha affrontato una piaga sociale, che vede l’America molto più indietro degli altri paesi ricchi per la qualità delle cure mediche offerte all’insieme della popolazione. Forse il suo partito pagherà qualche prezzo alle elezioni legislative di novembre, ma i democratici hanno messo la loro firma esclusiva (senza un solo voto repubblicano) su una delle più ambiziose normative sociali del paese. 34 di loro hanno votato contro, per paura di giocarsi la rielezione a novembre, di fronte all’offensiva della destra che dipinge questa legge come la "socializzazione delle cure mediche" e l’anticamera di una bancarotta di Stato. Ma fino all’ultimo le defezioni nel partito di maggioranza hanno rischiato di essere ben più elevate.
La pattuglia più numerosa dei "dissidenti" era quella degli antiabortisti, guidati dal deputato Bart Stupak del Michigan. E’ stato decisivo l’intervento di Barack Obama nelle ultimissime ore. Rinviato il suo viaggio in Indonesia, il presidente ha fatto pressione personalmente su ciascuno dei deputati incerti. Agli antiabortisti ha offerto una garanzia speciale: proprio mentre la Camera era riunita per le votazioni, ieri Obama ha firmato un "ordine esecutivo" che rafforza il divieto di usare i fondi federali per rimborsare le spese delle interruzioni di gravidanza. A quel punto Stupak e la pattuglia di antiabortisti sono passati a favore della riforma, garantendo la maggioranza per l’approvazione della legge. L’ultimo voto al Senato è previsto in pochi giorni, ed entro questa settimana Obama dovrebbe firmare la legge.
I primi effetti di questa riforma, in vigore da subito, colpiranno gli abusi più odiosi delle assicurazioni. Sarà vietato alle compagnie assicurative rescindere una polizza quando il paziente si ammala, una pratica fin qui tristemente consueta. Sarà illegale rifiutarsi di assicurare un bambino invocando le sue malattie pre-esistenti.
Diventeranno fuorilegge anche i tetti massimi di spesa, usati dalle assicurazioni per rifiutare i rimborsi oltre un certo ammontare (un costume particolarmente deleterio per i pazienti con patologie gravi che richiedono terapie costose, come il cancro). I genitori avranno il diritto di mantenere nella copertura della propria assicurazione sanitaria i figli fino al compimento del 26esimo anno di età, una norma particolarmente attesa in una fase in cui i giovani stentano a trovare un posto di lavoro (e quindi non hanno accesso all’assicurazione che di solito è connessa a un impiego stabile). Più avanti, entro il 2014, scatteranno gli altri aspetti della riforma, quelli che porteranno 32 milioni di americani ad avere finalmente diritto a un’assistenza. Di questi, la metà circa entreranno sotto la copertura della mutua di Stato per i meno abbienti, il Medicaid. Quest’ultimo garantirà cure gratuite fino alla soglia di 29.000 dollari di reddito annuo lordo, per una famiglia di quattro persone. Altri 16 milioni dovranno invece comprarsi una polizza assicurativa. Ma potranno farlo scegliendo in una nuova Borsa competitiva sorvegliata dallo Stato, e riceveranno sussidi pubblici fino a 6.000 dollari, onde evitare che l’assicurazione gli costi più del 9,5% del loro reddito. Multe salate per le aziende con oltre 50 dipendenti che non offrono l’assicurazione sanitaria ai dipendenti. Perché questo resterà comunque anche dopo la riforma il tratto distintivo del sistema sanitario americano, imperniato sulle assicurazioni private, e ben lontano dai servizi sanitari nazionali dei paesi europei.
Manca, nella riforma, quello che all’origine doveva essere l’aspetto più radicalmente innovativo: la cosiddetta opzione pubblica. Di fronte alle accuse di voler imporre un "socialismo medico di tipo cubano" - secondo uno slogan usato dalla destra populista del Tea Party Movement - i democratici hanno abbandonato quell’idea, che avrebbe creato un’assicurazione di Stato disponibile a tutti, a costi contenuti, per far concorrenza alle assicurazioni private. In compenso ci sarà una stangata fiscale sulle multinazionali farmaceutiche, per finanziare una parte dei costi della riforma.
Il voto compatto di tutti i repubblicani contro la riforma sancisce la sconfitta di Obama su un terreno: la ricerca di larghe intese bipartisan per fare avanzare le sue riforme. Questo potrebbe danneggiare un presidente che nel novembre 2008 conquistò la Casa Bianca anche grazie ai voti degli indipendenti, l’elettorato fluttuante di centro. Ma la destra è scivolata su posizioni estreme e Obama ha dovuto fare un calcolo diverso: rinunciare a questa riforma avrebbe deluso la base più progressista e militante del partito democratico, spingendola all’astensionismo alle elezioni di novembre. La vittoria alla Camera ha del miracoloso perché appena due mesi fa la riforma sembrava condannata, quando i democratici persero un’elezione cruciale nel seggio senatoriale del Massachusetts che era stato di Ted Kennedy. Proprio le compagnie assicurative hanno fornito a Obama l’opportunità per riprendere l’iniziativa: il rincaro del 39% delle tariffe imposto dal colosso assicurativo Blue Cross in California un mese fa è diventato il simbolo di un sistema iniquo e perverso. Da quell’episodio è cominciata la riscossa di Obama, che ha accusato i repubblicani di essere al servizio di un capitalismo sanitario che accumula profitti speculando sulle sofferenze dei cittadini.
© la Repubblica, 22 marzo 2010
"Siamo ancora un popolo capace di grandi cose" *
WASHINGTON - "Questa notte abbiamo dimostrato al mondo che siamo un popolo ancora capace di grandi cose". Consapevole e orgoglioso, così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha commentato a caldo l passaggio della riforma sanitaria alla Camera dei rappresentanti. "Il cambiamento - ha detto - non scende dall’alto ma sale dal basso".
Obama, che aveva seguito le fasi del voto alla Casa Bianca insieme ad un gruppo di medici, piccoli imprenditori e sostenitori della riforma da lui proposta, ha a lungo applaudito nel momento in cui la Camera ha raggiunto la quota dei 216 voti necessaria per il passaggio della riforma. Poi, accompagnato dal vicepresidente Joe Biden, in una breve dichiarazione nella East Room della Casa Bianca ha pubblicamente ringraziato la speaker della Camera, Nancy Pelosi, vera artefice del successo, e tutti i deputati impegnati nel voto. "So che non era un voto facile - ha detto - ma sappiate che avete espresso un voto giusto". "Questa notte - ha aggiunto - abbiamo reso possibile ciò che gli scettici dicevano non fosse possibile".
Obama, che ha riservato un ringraziamento speciale a Nancy Pelosi, rivolgendosi ai parlamentari che hanno reso possibile "questo momento storico", ha quindi aggiunto: "Questa non è una riforma radicale, ma è una riforma importante. Questa legge non aggiusta tutto ciò che non funziona nel nostro sistema sanitario, Ma ci muove nella direzione giusta". "Per la prima volta nella storia della nostra Nazione il Congresso ha approvato una riforma complessiva del sistema sanitario. L’America aveva aspettato per cento anni questo momento. Questa notte, grazie a voi, lo abbiamo finalmente raggiunto" ha detto Obama, secondo il quale è questo il vero valore aggiunto del voto di questa notte. "Ciò che ha maggior valore è che la vittoria di questa notte va molto al di là delle leggi e dei numeri" ha detto Obama, ricordando che la riforma avrà effetti diretti su ogni famiglia americana. "E’ questo - ha concluso - ciò che intendo per cambiamento".
* la Repubblica, 22 marzo 2010
Il tempo della riforma è adesso
di BARACK OBAMA (La Stampa. 20/3/2010)
Pubblichiamo il testo del discorso sulla riforma della sanità pronunciato ieri dal Presidente degli Stati Uniti alla George Mason University.
E’ grandioso essere di nuovo qui, alla «George Mason», con un gruppo di veri patrioti. Ho visitato per la prima volta questa università tre anni fa. Allora avevo iniziato da poche settimane la campagna elettorale. Non c’era molto denaro e nemmeno uno staff numeroso. Le nostre quotazioni erano piuttosto basse. Un sacco di gente non sapeva nemmeno come si pronunciasse il mio nome e la maggior parte degli esperti pensava che non valesse nemmeno la pena di tentare.
Ma anche allora avevamo qui alla George Mason un gruppo di studenti convinti che se avessimo lavorato sodo e combattuto a lungo e radunato un gruppo sufficiente di supporter ce l’avremmo fatta a portare il cambiamento a quella città di là dal fiume. E noi credevamo che saremmo riusciti a far funzionare Washington - non per i lobbisti, non per gli interessi particolari, non per i politici, ma per il popolo americano. E il voto sulla riforma sanitaria ha a che fare proprio con questo.
A poche miglia da qui il Congresso è alle ultime fasi di un epocale dibattito sul futuro dell’assicurazione sanitaria. Un confronto che ha infuriato non solo nell’ultimo anno ma per gran parte del secolo scorso. Non riguarda solo il costo della tutela della nostra salute ma il carattere stesso del nostro Paese e la nostra capacità di raccogliere la sfida dei tempi; deciderà se siamo ancora una nazione che offre ai propri cittadini la possibilità di realizzare i propri sogni.
Al cuore di questo dibattito c’ è un interrogativo: continueremo ad accettare un sistema sanitario che tutela più le società assicurative che i cittadini americani? Perché se questo voto va male l’industria delle assicurazioni continuerà ad agire senza regole. Continuerà a negare copertura finanziaria e cure alla gente. Ad aumentare vertiginosamente i premi del 40 o del 50 o del 60% come hanno fatto in queste ultime settimane. E’ cosa nota. Ed ecco perché i lobbisti delle assicurazioni , mentre vi parlo, stanno imperversando nelle anticamere del Congresso. Ecco perché stanno inondandoci di annunci pubblicitari contro la riforma spendendo milioni di dollari, ecco perché stanno facendo di tutto per uccidere questa legge.
Quindi, l’unica domanda è: dobbiamo permettere a questi interessi particolari di trionfare un’altra volta? O dobbiamo far sì che questo voto rappresenti la vittoria del popolo americano?
Il tempo della riforma è adesso. Dopo un anno di dibattiti ogni proposta è stata messa in tavola, ogni obiezione è stata sollevata. E noi abbiamo fuso le idee migliori, tanto dei democratici come dei repubblicani, in una proposta finale che parte dal sistema assicurativo privato attualmente in vigore. L’industria delle assicurazioni e i suoi supporter al Congresso hanno cercato di farla passare per un cambiamento radicale. Ma non è così, stiamo parlando di una riforma basata sul buon senso.
Se vi piace il dottore che avete potrete tenervelo. Se vi va bene il vostro piano salute lo conserverete. Io infatti non credo che dovremmo dare al governo o alle compagnie assicurative un maggior controllo sulla sanità americana. Credo sia tempo di dare a voi, al popolo americano, maggior controllo sulle vostre polizze.
La proposta al voto al Congresso otterrà questo in tre modi: innanzitutto ponendo fine alle pratiche più scorrette delle compagnie di assicurazioni. Da quest’anno migliaia di americani che in precedenza non avevano alcuna polizza saranno in grado di stipulare un’assicurazione sanitaria - alcuni per la prima volta nella loro vita. Quest’anno alle compagnie assicurative sarà proibito per sempre di negare copertura a bambini che hanno problemi di salute. E sarà loro impedito anche di far cessare il contratto se il cliente si ammala. Tutte queste cose spariranno.
Questa riforma farebbe scendere i costi delle cure mediche per famiglie, imprese e per il governo federale. Per chi stipula l’assicurazione tramite il datore di lavoro, i costi scenderebbero di circa 3.000 dollari a testa. Nel complesso le nostre misure di taglio dei costi ridurrebbero i premi assicurativi per la maggior parte delle persone e farebbero scendere il deficit di oltre un trilione di dollari nei prossimi vent’anni. Non sono miei calcoli. Sono i risparmi elaborati dal Congressional Budget Office, referente bipartisan e indipendente del Congresso.
Ecco, questa è la nostra proposta. Questo è ciò che il Congresso si accinge a votare questo fine settimana. E ovviamente Washington parla di tutto ciò in termini di politica. Che effetto avrà sul voto di mid term di novembre? Come influirà sul voto? Che impatto avrà su democratici e repubblicani?
Lo confesso: non so che ricadute avrà sulla politica. Nessuno può davvero saperlo. Ma so che cosa significherà per il futuro dell’America. Non so che impatto avrà sul voto, ma so che impatto avrà su milioni di americani che hanno bisogno del nostro aiuto. So cosa vorrà dire questa riforma per gente come Leslie Banks, una ragazza madre della Pennsylvania che sta cercando di far finire il college a sua figlia. La sua compagnia assicurativa le ha appena mandato una lettera dicendo che quest’anno hanno intenzione di raddoppiarle i premi. Leslie Banks ha bisogno che passi questa legge.
So cosa vorrà dire questa riforma per Laura Klitzka. Laura pensava di avere sconfitto il suo cancro al seno, ma poi ha scoperto di avere delle metastasi ossee. Lei e il marito hanno la copertura assicurativa ma le spese mediche che hanno dovuto sostenere li hanno indebitati e così lei ora passa il tempo a preoccuparsi quando vorrebbe solo stare con i suoi due figli. Laura Klitzka ha bisogno che passi questa legge.
E so cosa significa questa riforma per Natoma Canfield. Quando la sua assicurazione ha alzato le rate, Natoma ha dovuto disdire la sua polizza anche se era terrorizzata all’idea che una malattia improvvisa la riducesse sul lastrico. E adesso è all’ospedale, malata, e prega di farcela, in qualche modo. Natoma Canfield sa che il tempo della riforma è adesso. Il tempo della riforma è adesso.
Entro pochi giorni una battaglia secolare culminerà in un voto storico. E quando, in passato, abbiamo dovuto affrontare questo tipo di decisioni, la nazione ogni volta ha scelto di allargare la sua promessa a un maggior numero di cittadini. Quando i signori no sostennero che la Sicurezza sociale avrebbe portato al comunismo, gli uomini e le donne del Congresso tennero duro e crearono un programma che ha tolto dalla miseria milioni di persone.
Generazioni fa chi ci ha preceduto decise che i nostri anziani e i nostri poveri non sarebbero dovuti restare senza assistenza sanitaria solo perché non potevano permettersela. Oggi tocca a questa generazione decidere se fare la stessa promessa alle famiglie della classe media, ai piccoli imprenditori e ai giovani, come voi, che sono agli esordi. So che è stato un tragitto difficile. So che sarà un voto duro. So che Washington ha condotto questo dibattito come una gara sportiva. Ma ricordo anche una frase che ho visto su una targa alla Casa Bianca l’altro girono. Si trova nella stessa stanza dove io stavo chiedendo risposte ai dirigenti delle assicurazioni ricevendo solo scuse. E’ una frase di Teddy Roosevelt, che per primo chiese una riforma sanitaria, tanti anni fa. Dice: «Combattere in modo determinato per ciò che è giusto è lo sport più nobile che il mondo si possa concedere».
Non so quali saranno le ripercussioni politiche di questa riforma. Ma so che è giusto farla. Teddy Roosevelt lo sapeva. Harry Truman lo sapeva. Il nostro caro amicoTed Kennedy, lo sapeva, più di ogni altro.
E se anche voi credete sia giusto, bene, ho bisogno del vostro aiuto per concludere la battaglia che loro hanno iniziato. Ho bisogno di voi al mio fianco. Proprio come quando venni qui, tre anni fa, all’inizio della nostra campagna, ho bisogno che voi bussiate alle porte e parliate ai vicini e telefoniate e facciate sentire la vostra voce, in modo che vi possano sentire sull’altra riva del fiume. Credo ancora che possiamo fare quello che è giusto fare. Credo ancora che possiamo fare quello che è difficile fare. Il bisogno è grande, l’occasione è qui. E il tempo della riforma è adesso.
Il testo, approvato con 60 voti contro 39, è diverso da quello varato dalla Camera
Inizia ora il lavoro di armonizzazione, il via libera definitivo a fine gennaio o a febbraio
Usa, sì del Senato alla riforma sanitaria
un successo storico per Obama
dal nostro inviato ANGELO AQUARO *
WASHINGTON - La riforma sanitaria di Barack Obama ha tagliato il traguardo storico che non era riuscito a nessun presidente - neppure a Bill Clinton. Con un voto nel giorno della vigilia di Natale, alle 7.16 il Senato ha licenziato il suo "bill", il provvedimento (60 a 39 il voto finale) che adesso dovrà essere armonizzato con quello già approvato il mese scorso dalla Camera. Se ne parla dopo le feste, naturalmente, e con ogni probabilità la firma definitiva, che il presidente non vede l’ora di apporre, non potrà arrivare prima di fine gennaio o inizi di febbraio, vista la particolare difficoltà del dibattito: giusto in tempo perché la controversa legge diventi argomento di discussione della campagna elettorale di mid-term in cui i democratici si preparano a pagare il calo di consensi di Barack.
Ma per ora è tempo di festeggiare, in tutti i sensi. Il presidente ha rimandato le vacanze alle Hawaii proprio per presenziare da Washington all’ultimo, anzi penultimo, atto della battaglia su cui si sta giocando tutta la sua credibilità politica. Il voto ha seguito le aspettative della vigilia: i senatori avevano detto sì già tre volte nelle votazioni procedurali di questa settimana. I democratici si sono allineati dietro le direttive di Harry Reid, il capogruppo che ha dovuto mediare tra le diverse anime del partito e farsi garante di una serie di concessioni, politiche ed economiche. Il Wall Street Journal di Rupert Murdoch, che avversa la riforma, ha stilato il lungo elenco degli aiutini che sono serviti a catturare il voto di tutti i 58 senatori democratici e dei due indiependenti che votano con loro (il quorum di 60 voti era necessario per evitare il filibustering, la battaglia cavillare, dei repubblicani): nel Connecticut concessi 100 milioni al centro medico dell’Università, in Florida una clausolda da 5 miliardi di dollari "salva" i nonni che rischiavano di perdere l’assicurazione Medicare, 500 i milioni di aiuti al Massachussettes, 100 milioni al Vermont, esenzioni previste per il Michigan...
I democratici sostengono che il provvedimento riuscirà a coprire 31 milioni di americani per cui l’assicurazione sanitaria oggi non è prevista. La legge vieta anche alle compagnie di negare la copertura ai bambini e a chi ha particolari "precedenti" medici (una discrezionalità scandalosamente penalizzante per i cittadini). La chiave del provvimento risiede nella norma che prevede l’obbligatorietà dell’acquisto di una assicurazione sanitaria a tutti: previsti anche sussiddi per chi non se la può permettere e multe per le aziende con più di 50 dipendenti che non forniscono l’assicurazione.
Non c’è, invece, nel testo passato oggi al Senato, alcun riferimento alla cosidetta opzione pubblica, una sorta di assicurazione di stato: l’accenno è scomparso dopo che l’indipendente Joe Lieberman (l’uomo che quando militava nei democratici fu candidato alla vicepresidenza con Al Gore) aveva minacciato di non concedere il suo indispensabile sì. Come alla Camera, è passata invece la norma che limita ancora di più l’uso di fondi pubblici per l’aborto terapeutico: una concessione già digerita con amarezza dai democratici più liberal ma che è servita al Senato a strappare il voto, anche questo necessario, del sessantesimo senatore, Ben Nelson.
Obama ha già detto che il traguardo del Senato è "storico", la fine di una battaglia "secolare" che permetterà allo Stato di "salvare tante vite e tanti soldi", con un risparmio sul deficit calcolato da qui a dieci anni. La palla passa adesso alla conferenza Camera-Senato che dovrà stilare quel provvedimento da far approvare nell’ordine ai due rami del Parlamento. L’appuntamento è all’anno prossimo ma il lavoro degli sherpa - una triangolazione tra Camera, Senato e Casa Bianca - è già cominciato.
© la Repubblica, 24 dicembre 2009
L’approvazione della riforma alla Camera è un importantissimo primo passo
il dibattito politico ripropone il contrasto tra due visioni del futuro
Sanità Usa, inizia la rivoluzione ma la strada è ancora lunga
di ARTURO ZAMPAGLIONE *
NEW YORK - Esortati da Barack Obama "ad ascoltare il richiamo della storia", i democratici sono riusciti a far approvare il loro piano per la riforma sanitaria, passato alla Camera con 220 voti a favore e 215 contrari. Un margine molto esiguo, per colpa di 37 blue dogs (cani blu), come vengono chiamati i democratici conservatori, che hanno voltato le spalle al partito, mentre un solo repubblicano ha tradito il suo. Eppure per Obama rappresenta la più grande vittoria di politica interna della sua presidenza.
Intenso e passionale come ai tempi delle leggi sulla Social security e sul Medicare, il dibattito parlamentare ha visto contrapposte due visioni molto diverse del futuro degli Stati Uniti: la destra ha difeso il modello ultraliberista della sanità, basato sulla centralità dell’individuo, la filosofia del mercato e un ruolo margionale dello stato; i democratici hanno mantenuto fede alle istanze sociali e alle promesse elettorali con un piano che darà allo stato funzioni importanti e permetterà ad almeno 36 milioni di americani, che ora non hanno alcuna forma di assicurazione medica, di essere tutelati.
"E’ un voto storico che permetterà finalmente ai nostri concittadini di avere cure mediche di qualità a prezzi abbordabili e al tempo stesso conterrà la spesa pubblica", ha commentato Obama. "Sono orgogliosa di questo risultato storica", gli ha fatto eco il presidente della Camera Nancy Pelosi.
Certo, la strada della riforma è ancora molto lunga e tortuosa. Il Senato comincerà tra poco a discutere e ad approvare un suo piano. Poi si dovrà trovare un accordo su un testo unificato, da sottoporre a un altro voto delle due Camere. Nella migliore delle ipotesi la firma di Obama in calce al provvedimento non si vedrà prima di gennaio o febbraio 2010, anche se il presidente spera ancora di chiudere la partita entro la fine dell’anno. Eppure per la Casa Bianca, che nelle settimane scorse cominciava a soffrire di un declino di popolarità (e di fiducia in se stessa), il voto di ieri è sicuramente una svolta.
Lo è anche per gli Stati Uniti: a differenza di ogni altro paese industrializzato non hanno mai avuto un sistema sanitario nazionale, e il cambiamento indicato dal voto di ieri equivale a una vera rivoluzione. Finora infatti il governo ha avuto un ruolo marginale nel settore, limitandosi solo a tutelare gli impiegati pubblici, i pensionati e i ceti particolarmente poveri. Il piano dei deputati democratici, lungo ben 1.990 pagine, stabilisce invece l’obbligo per ogni americano di avere una assicurazione medica (chi non ce l’ha pagherà una tassa) e impone alle aziende con un monte salari superiore al mezzo milione di dollari di pagare circa due terzi del costo della polizza per ogni dipendente.
Il piano della Camera crea anche una "borsa" delle assicurazioni mediche, dove aziende e singoli potranno comprare le polizze in modo competitivo: a farsi concorrenza non saranno solo le compagnie di assicurazioni già esistenti, ma anche cooperative ad hoc e lo stesso governo che offrirà un suo contratto assicurativo (la cosiddetta "public option"). I giovani fino a 27 anni potranno essere inseriti nelle polizze dei genitori. Le compagnie assicurative non potranno più respingere coloro che hanno problemi medici pre-esistenti. E il costo della riforma sarà pagato con una tassa speciale sui redditi molto alti ed eliminando alcuni aiuti fiscali per le multinazionali.
Pur non prevedendo un sistema gratuito nazionale, come nei paesi europei, il piano sanitario è stato attaccato ferocemente dai gruppi di interesse, a cominciare dalle società farmaceutiche, e soprattutto dai repubblicani, che hanno cercato in tutti i modi - anche ieri durante le discussione procedurali - di mettere i bastoni tra le ruote, denunciandone il carattere "socialista", i costi eccessivi in tempi di recessione e l’indebita ingerenza dello stato nelle scelte mediche dei cittadini.
E’ stata dunque una battaglia durissima, combattuta non solo nelle aule parlamentari, ma anche nelle piazze e sulle televisioni a botte di spot pro e contro la riforma. Obama e il presidente della camera Nancy Pelosi hanno potuto contare sull’appoggio di organizzazione influenti, come quelle di medici, pensionati, consumatori e agricoltori.
Ieri, tra gli scogli dell’ultima ora, c’è stata soprattutto l’opposizione di un gruppo nutrito di parlamentari cattolici (e ovviamente anche della Conferenza episcopale americana) a ogni finanziamento indiretto per le interruzione di gravidanza. Grazie a un compromesso, che i liberal e i difensori della libertà dell’aborto hanno subito denunciato come un cedimento e un attacco alla libertà delle donne, è stato consentito ai democratici anti-abortisti di sottoporre al voto un emendamento per impedire al governo di pagare per le interruzioni di gravidanza attraverso le sue polizze assicurative. E la norma è stata approvata, con il voto compatto dei repubblicani.
© la Repubblica, 8 novembre 2009
In un atteso discorso alle Camere, il presidente ritrova i toni della campagna elettorale
"Non sono il primo a provarci, ma voglio essere l’ultimo. Il tempo dei giochi politici è finito"
Ultimatum di Obama al Congresso
"Sanità per tutti gli americani"
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI *
NEW YORK - "Non sono il primo presidente a provarci - dice - ma voglio essere l’ultimo". Barack Obama lancia il suo ultimatum al Congresso: la "sua" riforma sanitaria va fatta, e va chiusa entro quest’anno. Il presidente ritrova i toni ispirati della campagna elettorale, denuncia lo scandalo di un sistema di assistenza medica che "esclude perfino molti appartenenti al ceto medio". Fustiga il suo Paese con rara violenza: "L’America è l’unica democrazia avanzata, è l’unica nazione ricca, che si trova in condizioni così penose. Dove le assicurazioni ti possono revocare ogni assistenza col pretesto di una malattia pre-esistente; o perché hai perso il lavoro". Racconta storie tragiche, come quella di una donna abbandonata dall’assicurazione nel bel mezzo della chemioterapia per il tumore al seno.
"Dobbiamo offrire un’assistenza sanitaria alla portata dei 46 milioni di americani che non ce l’hanno. Nessuno dovrebbe finire in bancarotta solo perché si è ammalato. Siamo a un punto di rottura, il tempo dei giochi politici è finito". Obama annuncia la sua controffensiva sulla riforma sanitaria, un test decisivo. Lo fa in un attesissimo discorso davanti alle Camere riunite e alla nazione, in diretta alle otto di sera locali su tutti i network tv. E’ la sfida su cui si gioca la sua presidenza.
Dopo un’estate in affanno, messo in difficoltà dagli attacchi dell’opposizione e con indici di popolarità in declino (il 52% dei cittadini lo boccia sulla sanità), il presidente scende in campo e si gioca la sua autorevolezza. Capisce di aver sbagliato a lasciare la briglia sciolta al Congresso. "Non perderò più il mio tempo", minaccia: è un ultimatum contro chi vuole solo sabotare la riforma. Annuncia per la prima volta dei principi non negoziabili, i contenuti che devono essere nella nuova legge, senza i quali opporrà il veto.
Il primo rassicura i moderati: "Non un centesimo di deficit pubblico in più". Questa riforma da 900 miliardi di dollari "deve autofinanziarsi", attraverso risparmi, tasse sulle assicurazioni private e i contribuenti ricchi. Ma ricorda che il costo di questa riforma è molto inferiore a quello delle guerre in Iraq e in Afghanistan, o agli sgravi fiscali per i ricchi varati da George Bush.
Il secondo principio: "Migliorare l’assistenza per chi l’ha già; offrirla a quelli che finora non possono permettersela". E’ un dosaggio di giustizia sociale per affrontare una delle piaghe più gravi dell’America e di stabilità. Guai a spaventare gli americani che lavorano nelle grandi aziende, hanno polizze assicurative soddisfacenti, e perciò temono "la mutua di Stato". Su questo punto controverso - il varo di un’assicurazione pubblica - Obama resta prudente e non pone pregiudiziali. Non è vera riforma, dice, senza "un’autentica possibilità di scegliere, una concorrenza che offra agli americani diverse opzioni". Oggi la sanità lasciata alle forze di mercato non funziona, ricorda il presidente. Le compagnie assicurative si riservano di negare le polizze ai soggetti a rischio, e perfino di cancellarle per chi viene colpito da malattie gravi. Questo "sarà vietato per legge".
Il costo delle polizze oggi è alle stelle, è proibitivo per piccole aziende, autonomi, disoccupati. La folle "inflazione medica" costringe gli Usa a spendere il 16% del Pil per la sanità, molto più degli altri Paesi sviluppati e con risultati inferiori. Offrire un’assicurazione pubblica in concorrenza con le private, secondo Obama "aiuterebbe a migliorare la qualità delle cure e a ridurre i costi".
Il presidente fa un gesto gradito alla sinistra del suo partito, che vuole l’opzione pubblica come garanzia di equità. Sul fronte opposto c’è la furiosa resistenza dei repubblicani e delle lobby del capitalismo sanitario. Obama non si spinge fino alle estreme conseguenze. Non minaccia il veto presidenziale se la riforma non conterrà l’opzione pubblica. Può accettare una fase transitoria in cui si sperimenta la creazione di cooperative per far concorrenza alle assicurazioni private.
Preannuncia una "Borsa delle polizze" in cui cittadini e datori di lavoro possano selezionare le offerte più competitive. "Sono aperto a idee nuove, non ho rigidità ideologiche", insiste il presidente. Condanna la campagna di calunnie organizzata dalla destra repubblicana durante l’estate, con l’appoggio della lobby assicurativa: la riforma sanitaria è stata accusata perfino di imporre l’eutanasìa obbligatoria, negando le cure agli anziani per ridurre le spese. Smentisce anche l’accusa di voler estendere gratis l’assistenza agli immigrati clandestini. "La Casa Bianca ha cercato di mantenere un tono civile. Gli avversari hanno usato tattiche del terrore. Spero che il partito repubblicano riscopra la voce della ragione. Troveranno un partner disponibile". Riserva strali acuminati alle compagnie assicurative, che "guardano solo ai profitti da esibire a Wall Street, e strapagano i loro top manager".
"Sull’80% delle misure c’è ormai un accordo", dice, ma nonostante l’ottimismo Obama non ha fatto breccia nell’opposizione. Il partito repubblicano è convinto che sulla sanità potrà affondare questo presidente, come fece con Bill Clinton nel 1993. Questa legge è uno snodo decisivo: se Obama non la porta a casa entro l’anno, tutta l’agenda delle riforme è a rischio. Ma se sui repubblicani non ci sono più illusioni, le aperture al dialogo di Obama in realtà hanno altri obiettivi. Vuole ricompattare il suo partito democratico, divaricato tra l’ala progressista che vuole una riforma audace, e i moderati che temono un’ulteriore esplosione di spesa pubblica. Soprattutto Obama si rivolge alla nazione, per spazzare via miti e leggende sul "socialismo sanitario" che hanno seminato l’ansia. Quattro dei cinque disegni di legge in esame al Congresso soddisfano i suoi "principi essenziali": assicurazione obbligatoria per tutti, sussidi pubblici per chi non può permettersela, controlli sulle tariffe assicurative, e divieto di escludere i pazienti.
Il presidente tira fuori, nel finale a sorpresa, una lettera che Ted Kennedy gli scrisse prima di morire. E’ il momento più alto del suo discorso. "Siamo di fronte a una sfida morale, che riguarda i principi fondamentali di giustizia sociale. E’ in gioco il carattere stesso della nostra nazione. Non possiamo accettare rinvii, non possiamo fallire questo appuntamento con la storia".
* la Repubblica, 10 settembre 2009
"Ora basta con le risse chi è malato non può attendere"
di Obama Barack Hussein (la Repubblica, 17.08.2009) *
Il nostro Paese, oggi, è impegnato in un grande dibattito sul futuro dell’assistenza sanitaria in America. Nel corso di queste ultime settimane, gran parte dell’attenzione dei media si è concentrata sulle voci di coloro che gridavano più forte. Ciò che non abbiamo udito sono le voci dei milioni di americani che silenziosamente lottano ogni giorno con un sistema che spesso avvantaggia più le compagnie di assicurazione che loro.
Sono persone come Lori Hitchcock, che ho incontrato nel New Hampshire la scorsa settimana. Lori, attualmente, è una lavoratrice autonoma e sta cercando di avviare un’attività commerciale, ma a causa di una epatite C non riesce a trovare un’assicurazione che le stipuli una polizza. Un’altra donna mi ha raccontato che una società di assicurazioni non copre le patologie dei suoi organi interni, provocate da un incidente avvenuto quando aveva 5 anni. Un uomo ha perso l’assicurazione sanitaria durante un ciclo di chemioterapia perché la società assicuratrice ha scoperto che aveva i calcoli biliari, di cui egli non era a conoscenza quando aveva stipulato la sua polizza. Poiché la cura è stata sospesa, l’uomo è morto. Ho ascoltato tutti i giorni tante storie come queste, ed è per questo che stiamo lavorando con rapidità affinché la riforma sanitaria possa essere approvata entro quest’anno.
Non devo spiegare ai quasi 46 milioni di americani sprovvisti di copertura sanitaria quanto ciò sia importante. Ma è altrettanto importante per gli americani che sono assicurati. Sono quattro i modi in cui la riforma che proponiamo darà più stabilità e sicurezza ad ogni americano. Primo, se non avete un’assicurazione sanitaria, potrete avere comunque una copertura di qualità ad un costo accessibile, per voi e per le vostre famiglie, copertura che vi seguirà anche se vi trasferirete, se cambierete lavoro o se lo perderete.
Secondo, la riforma metterà finalmente sotto controllo una spesa sanitaria che è alle stelle, il che significa un risparmio reale per le famiglie, per l’economia e per il governo. Taglieremo centinaia di miliardi di dollari di sprechi e di inefficienze che si nascondono nei programmi sanitari federali come Medicare e Medicaid (i due programmi di assistenza pubblica destinati agli anziani e ai poveri, ndt), e nei sussidi ingiustificati dati alle società di assicurazione che non fanno nulla per migliorare l’assistenza e tutto per aumentare i loro profitti.
Terzo, rendendo Medicare più efficiente, saremo in grado di garantire che venga destinato più denaro a favore dell’assistenza agli anziani, anziché per arricchire le assicurazioni.
Infine, la riforma darà ad ogni americano alcuni strumenti di tutela del consumatore che metteranno le assicurazioni nella condizione di rispondere del loro operato. Un’indagine nazionale del 2007, in effetti, dimostra che nei tre anni precedenti, le assicurazioni avevano discriminato più di 12 milioni di americani che avevano malattie o disturbi già in atto. Le società assicuratrici si sono rifiutate di stipulare loro una polizza, oppure hanno fatto pagare un premio più elevato. Noi metteremo fine a questa pratica. La nostra riforma proibirà alle società assicuratrici di rifiutare la copertura a causa della storia medica di un individuo. Né permetteremo loro di revocare l’assistenza in caso di malattia. Non potranno più ridurre la copertura proprio quando se ne ha più bisogno. Non potranno più limitare arbitrariamente il livello di copertura assicurativa che può essere ricevuta in un determinato anno o nel corso della vita. Nessuno in America deve rovinarsi in caso di malattia. Più importante di tutto, chiederemo alle società assicuratrici di coprire anche i controlli di routine, le cure preventive e gli esami di controllo, come le mammografie e le colonoscopie. Non c’è ragione per la quale non dovremmo affrontare queste malattie in via preventiva. È ragionevole, può salvare delle vite e far risparmiare denaro.
Il lungo e acceso dibattito sull’assistenza sanitaria che si è svolto negli ultimi mesi è un segno positivo. L’America è questo. Ma assicuriamoci di parlare gli uni con gli altri, non gli uni sopra gli altri. Possiamo essere in disaccordo, ma dobbiamo esserlo sui temi veri, non su assurdi travisamenti che non hanno nulla a che vedere con ciò che è stato proposto. Questo è un argomento complesso e delicato, e merita un dibattito serio.
Malgrado ciò che abbiamo visto in televisione, credo che in tutte le case americane si stia discutendo con serietà. Negli anni recenti ho ricevuto innumerevoli lettere e domande riguardo all’assistenza sanitaria. Alcuni sono favorevoli alla riforma, altri sono preoccupati. Ma quasi tutti si rendono conto che bisogna fare qualcosa. Quasi tutti sanno che dobbiamo iniziare a rendere le società assicuratrici responsabili e dare agli americani un maggior senso di stabilità e di sicurezza in materia di assistenza medica. Sono certo che quando tutto sarà stato detto e fatto, potremo avere il consenso di cui abbiamo bisogno per raggiungere questo obiettivo. Siamo più vicini ad avere una riforma della copertura sanitaria di quanto sia mai accaduto in passato. Abbiamo dalla nostra parte l’American Nurses Association e l’American Medical Association, perché le infermiere e i medici del nostro Paese sanno bene quanto sia necessaria questa riforma. Abbiamo un largo consenso al Congresso sull’80 per cento di ciò che stiamo tentando di fare. Abbiamo un accordo con le società farmaceutiche per rendere più economiche le prescrizioni mediche per gli anziani. L’AARP (associazione di tutela dei pensionati, ndt) sostiene questa linea politica e concorda con noi che la riforma deve entrare in vigore quest’anno.
Nelle prossime settimane, i cinici e gli oppositori continueranno a sfruttare politicamente i timori e le preoccupazioni. Ma ciò che è veramente spaventoso, e rischioso, è la prospettiva di non fare nulla. Se manteniamo lo status quo, continueremo a vedere ogni giorno 14.000 americani perdere la loro assicurazione sanitaria. I premi continueranno ad aumentare. Il nostro deficit continuerà a crescere. E le società di assicurazione continueranno a fare profitti discriminando chi è malato. Questo non è il futuro che voglio per i miei figli, o per i vostri. E non è il futuro che voglio per gli Stati Uniti d’America. Alla fine, questo non riguarda la politica. Riguarda la vita e la sopravvivenza della gente. Riguarda le attività economiche. Riguarda il futuro dell’America, se saremo capaci, negli anni a venire, di guardare indietro e dire "quello fu il momento in cui abbiamo fatto i cambiamenti di cui avevamo bisogno e abbiamo dato ai nostri figli una vita migliore". Sono convinto che possiamo farlo e che lo faremo.
* Copyright New York Times Syndicate/La Repubblica. Traduzione di Antonella Cesarini
Il regista a Roma: "Voi avete lunghe liste d’attesa ma se siete gravi
vi curano subito. Da noi si muore e in questo modo si eliminano le liste"
Michael Moore e il suo "Sicko"
"Che bella la sanità italiana"
Battute su Berlusconi. Sabina Guzzanti "una sorella, forse un giorno faremo un tour"
di CLAUDIA MORGOGLIONE *
ROMA - Solo un personaggio controcorrente, trascinante e controverso come Michael Moore poteva riuscire a compiere la più impossibile delle missioni: far sentire gli italiani orgogliosi del proprio sistema sanitario nazionale. Proprio qui, nel paese dei mille episodi di malasanità, delle liste di attesa interminabili, degli scandali per episodi di corruzione veri o presunti. Ma lui, il regista già premio Oscar per Bowling a Columbine, nonché Palma d’oro per Fahrenheit 9/11, realizza il miracolo. Con poche, semplici frasi a effetto, come è nel suo stile spiccio e un po’ manicheo: "Certo, in questo settore così complesso avete delle lacune - spiega - ma impallidiscono di fronte al fatto che in America muori, se non hai i soldi per pagare... E poi presentatemi un solo vostro concittadino che è diventato homeless, perché l’ospedale in cui non ha saldato il conto si è preso la casa: la verità è che non ce ne è nemmeno uno, da noi tantissimi".
Punti di vista, questi, che sono al centro della sua ultima fatica, Sicko, in uscita oggi nelle sale italiane: una denuncia durissima, e documentata, sul sistema sanitario a stelle e strisce. In cui 45 milioni di poveri vengono abbandonati al loro destino, perché non hanno una polizza assicurativa; ma in cui anche quelli che ce l’hanno devono scontrarsi col comportamento paracriminale delle potenti compagnie che decidono se, e quanto, risarcirti.
Da qui la breve trasferta romana di Moore. Che si presenta all’appuntamento con i cronisti, alla Casa del cinema di Roma, con un ritardo da rockstar: sessanta minuti, un’ora tonda tonda. "Scusatemi, colpa dell’aereo", si giustifica lui. E poi via con la conferenza stampa. O meglio con lo show, in cui spesso il regista veste i panni, a lui congeniali, del comico, tra applausi e risate della platea (c’è anche il ministro della Salute Livia Turco, ovviamente lieta dello spot pro-sistema sanitario nazionale che gratuitamente riceve). Poi un breve riposo, e in serata per Michael c’è l’anteprima del film al Quattro fontane, con introduzione di Sabina Guzzanti ("una sorella, un’amica, forse un giorno faremo un tour insieme in giro per l’Italia").
E allora, come nella pellicola, anche la conferenza stampa-comizio romano di Moore parte da un dato certo: gli Usa sono solo al trentasettesimo posto nella classifica mondiale della salute. La Francia è prima, l’Italia seconda. "Il fatto - spiega il regista - è che gli Usa sono una società in cui 45 milioni di persone non hanno il diritto umano alla cura. Il che è più di un reato, è un crimine. E anche tutti gli altri, quelli che hanno una polizza assicurativa, spesso fanno bancarotta, perché la copertura non è totale". Conseguenza: "Milioni di persone muoiono perché non viene loro data assistenza. Certo, voi avete lunghe liste d’attesa, magari per una protesi all’anca o una liposuzione: ma se è questione di vita e di morte, venite curati subito". "Da noi, invece - scherza - per sfoltire le liste, abbiamo eliminato 50 milioni di poveri".
Tutto rose e fiori, dunque, in paesi come l’Italia? Su questo punto, l’autore di Sicko fa dei distinguo: "Berlusconi, ad esempio, è amico degli Usa - attacca - e allora ha cercato di ridurre la rete di assistenza e sicurezza sociale, escludendo i meno abbienti, e vi ha lasciato in una situazione non ottimale. E adesso spetta a questo governo sbrogliare ciò che lui ha incasinato, magari evitando di seguire l’America nelle sue guerre illegali e dando più fondi alla sanità". E non è l’unico passaggio in cui Moore cita il Cavaliere. Per lui, ci sono anche riferimenti più ironici: "Gesù ha detto ’gli ultimi saranno i primi, dividete pani e pesci, e andrete nella Grande Casa’. Berlusconi no, così lui non andrà nella Grande Casa. Che bello, ho anche potuto citare Gesù mentre sono a pochissima distanza dal Vaticano!".
Dall’Italia alla Francia, vicina geograficamente così come nella classifica della salute. "Lì, così come da voi, ci si ammala meno anche perché il lavoratore ha diverse settimane di ferie pagate. Certo, Sarkozy dice di voler togliere lo stato sociale, ma come Chirac verrà fermato dalla protesta popolare. Quanto a Ségolène Royal, in America pensare a un candidato che si definisce socialista e ottiene il 46 per cento dei voti è roba da manicomio".
Insomma, il ciclone Michael ha le idee chiare su tutto. E alla fine, come da copione, si prende anche i complimenti del ministro Turco: "Consiglio di vedere Sicko per tre ragioni. Primo: parla della salute, della malattia e della morte, che la nostra società spesso dimentica. Secondo: in modo preciso e rigoroso, racconta cos’è un sistema sanitario governato dalle assicurazioni. Terzo: fa vedere agli italiani che tesoro è, malgrado i tanti problemi che anch’io affronto ogni giorno, il nostro sistema sanitario".
LO SPECIALE -
LE CLIP: QUATTRO STORIE DAL FILM
* la Repubblica, 24 agosto 2007
Sicko : la sanità Usa è classista e inumana
di Pasquale Colizzi *
Michael Moore ritorna a Cannes, il festival roccaforte del cinema come “arte”. Dice che non è voluto essere in concorso per non rubare l’attenzione di cotanti directors e attori ma presentando Sicko, documentario inchiesta sul sistema sanitario degli Stati Uniti ostaggio delle assicurazioni private e delle lobby farmaceutiche, ha avuto tutti gli occhi della stampa addosso. Altri, quelli della giustizia americana, già lo avevano puntato. Il 2 maggio l’amministrazione Bush ha fatto sapere di avere intentato un’azione legale (e preventiva) contro Moore e i suoi collaboratori per essere entrati illegalmente a Cuba. «Martedì rischio di essere arrestato e il mio film Sicko confiscato» ha detto ai giornalisti. Per la verità poco preoccupato. Anche perchè sul suo blog ha raccontato che il doc non è stato fatto vedere a nessuno e quando ha visto che aria tirava, ne ha portato in anticipo una copia in Europa. Un po’ come i registi cinesi o iraniani, costretti a portare all’estero clandestinamente le copie dei film non graditi al regime. Ma cosa si è inventato Moore? Tra le altre cose, con una barca è partito da Miami approdando giusto di fronte, a Guantanamo, la base americana installata a Cuba. Portava 10 reduci volontari che hanno lavorato alle macerie di Ground Zero, si sono ammalati e non possono permettersi le cure a pagamento. All’ospedale della base sono stati respinti, naturalmente, ma il gruppo ha ripiegato in un ospedale pubblico cubano, ottenendo le migliori cure. Tante grazie Fidel.
La tecnica di Moore, che ha avuto il merito di rilanciare il documentario d’inchiesta per il grande pubblico, è ormai collaudata. Impermeabile alle critiche di “antiamericanismo”, le solite quando si tocca un nervo scoperto del carattere nazionale, nel 2002 ha fatto uscire Bowling at Columbine. Vincendo l’Oscar come miglior documentario. Un lungo resoconto del tartassamento mediatico e culturale che produce nell’americano medio la paranoia del pericolo esterno (un vicino, un malintenzionato, uno straniero) e lo spinge a comprare armi. L’idea era nata dopo l’ennesima strage in un college per mano di due studenti vestiti da Rambo. Poi l’esploit del 2004, quando Fahrenheit 9/11, una cronistoria delle reiterate bugie dell’amministrazione Bush nel post-Torri gemelle, prima è stato osteggiato in tutti i modi negli Usa. Poi, in maniera inusuale per un doc, è stato invitato in concorso a Cannes e, complice il presidente di Giuria Quentin Tarantino e l’animo liberal che soffia sulla Croiesette (e tra gli autori europei), ha vinto la Palma d’oro. Tornando in patria con un motivo in più per essere distribuito. Dopo che la Walt Disney aveva impedito alla controllata Miramax di farlo.
Naturale che stavolta alla Casa Bianca, nientemeno, sia corsa ai ripari in anticipo: si vuole bloccare Sicko prima che esca nei cinema (si prevede per il 29 giugno), prendendo a pretesto qualsiasi cavillo per non mettere in mostra il ventre molle dell’american life style. Adesso tocca alla salute assicurata solo ai ricchi, 50 milioni di poveri senza alcuna assistenza (9 sono bambini), l’ignoranza diffusa, le lobby che governano la politica. Niente di grave: Moore sa giocare con i media. Quando tratta un argomento l’inchiesta è sempre appuntita, precisa nei fatti ma giocata anche con ironia e improvvisazione “situazionista”. Un esempio: la scenetta inserita nel suo doc con l’autore a spasso per i viali di Parigi a guardare con invidia cittadini felici, fidanzati che si baciano e malati che possono andare all’ospedale senza pagare un soldo, perchè sono pubblici e gratuiti. Durante la proiezione per la stampa ci sono stati applausi a scena aperta. Oppure, sentite questa: un uomo ha perso due dita in un incidente: per riattaccare il primo gli avevano chiesto 12mila $, per il secondo 60mila $. Lui, commenta Moore con un po’ di sarcasmo, siccome è un tipo romantico ha scelto l’indice. Nel caso gli serva per infilare un anello.
* l’Unità, Pubblicato il: 19.05.07, Modificato il: 19.05.07 alle ore 19.00
Situazione sbloccata dopo il Partito democratico trova un accordo
per estendere "Maedicare", l’assistenza pubblica per i pensionati ai 55enni
Usa, compromesso al Senato
svolta per la riforma sanitaria di Obama
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI *
NEW YORK - Un compromesso raggiunto ieri sera al Senato di Washington potrebbe spianare la strada per l’approvazione della riforma sanitaria voluta da Barack Obama. Al centro dell’intesa c’è la controversa "opzione pubblica", cioè l’introduzione di una forma di assicurazione sanitaria offerta dallo Stato, in concorrenza con le assicurazioni private.
Finora questo nodo sembrava finora insormontabile, non solo per la decisa opposizione dei repubblicani ma anche per le divisioni in seno alla maggioranza democratica. La componente più moderata del partito democratico - sensibile anche alle pressioni della lobby assicurativa - è contraria a quella che viene demonizzata come una "statalizzazione" del sistema sanitario.
Ieri sera il capogruppo democratico al Senato, Harry Reid, ha annunciato che è stato raggiunto "un ampio accordo" in seno al partito di maggioranza per risolvere la disputa sul ruolo dello Stato. I dettagli dell’accordo non erano ancora noti ieri sera, ma secondo le prime indiscrezioni un punto centrale sarebbe questo: l’estensione del Medicare, un’assistenza sanitaria già oggi gestita dallo Stato e riservata agli ultra-65enni. Il progetto di riforma potrebbe offrire già a partire dall’età di 55 anni la possibilità di aderire al Medicare.
Il compromesso offrirebbe diversi vantaggi. Il Medicare, pur essendo sotto l’ombrello pubblico, è un sistema flessibile che consente il ricorso a medici e ospedali privati. Ha generalmente una buona reputazione fra i pensionati che già ne usufruiscono. Estenderlo ai 55enni darebbe di fatto l’opzione pubblica a una consistente fascia di "baby-boomers". Potrebbe essere un test iniziale, il primo passo verso un’estensione ad altre categorie di età. Non è però quell’opzione pubblica generalizzata, che vorrebbe la sinistra democratica per calmierare l’iperinflazione dei costi medici e delle tariffe assicurative.
Ieri intanto, sempre al Senato, un altro passaggio importante è stato la bocciatura (54 voti contro 45) di un emendamento repubblicano che puntava a vietare il rimborso delle spese di aborto nelle nuove regole assicurative previste dalla riforma. Una sorta di "cavallo di Troia" con cui il partito anti-abortista tentava di usare la riforma sanitaria per impedire l’interruzione di gravidanza alle donne più povere.
Se fosse passato l’emendamento infatti, solo le donne che chiedono il sussidio pubblico per assicurarsi, si sarebbero viste negare il diritto all’aborto. "Una maggioranza - ha detto la senatrice Dianne Feinstein, democratica della California - ha deciso che non è giusto vietare l’aborto a una donna solo perché la sua polizza sanitaria riceve un sussidio dal governo".
© la Repubblica, 9 dicembre 2009
Medici, operazione trasparenza di Obama
Le compagnie farmaceutiche dovranno rendere noti omaggi e compensi di qualunque tipo
Le autorità federali metteranno sul web la lista dei sanitari con i soldi o i favori ricevuti
di Federico Rampini (la Repubblica, 18.01.2012)
New York - Pugno duro contro i conflitti d’interessi della classe medica: il paziente deve sapere tutto sui legami dei dottori con Big Pharma. Barack Obama lancia un nuovo tassello della sua riforma sanitaria, e non uno dei minori. Sarà obbligatoria la massima trasparenza sugli omaggi di ogni tipo, che l’industria farmaceutica fa ai medici. Pagamenti per ricerca, consulenze, inviti a conferenze, viaggi e congressi.
Tutto dovrà essere noto, perché il paziente sappia se il suo medico ha "altre motivazioni" quando prescrive questa o quella cura.
È un tema su cui si battono da tempo diverse associazioni di consumatori. È stato provato infatti, anche grazie ad alcune inchieste del New York Times, che un quarto dei medici accettano regolarmente pagamenti da case farmaceutiche o produttori di apparecchi sanitari; raggiunge addirittura i due terzi la quota di dottori che ricevono compensi in natura come pranzi e cene. Le stesse inchieste hanno dimostrato che i medici così beneficiati spesso somministrano cure diverse, fanno scelte che si discostano da quelle dei colleghi che non ricevono gli stessi favori. Le conseguenze possono essere pericolose per la salute dei pazienti: «Prescrizioni di farmaci più rischiosi, terapie sperimentali».
Un caso grave fu sollevato a proposito della somministrazione di potenti farmaci anti-psicosi ai bambini. Ora almeno la vittima potenziale potrà aprire gli occhi anzitempo. E, se necessario, cambiare dottore. Le autorità federali infatti pubblicheranno su un apposito sito la lista dei medici con gli eventuali pagamenti o altri favori ricevuti. Troppo poco? In realtà oggi la trasparenza è un’arma più efficace che in passato. Tra gli americani si diffonde l’abitudine di consultare appositi siti Internet dove i pazienti si comunicano giudizi sui medici; giornali e riviste pubblicano classifiche sulla qualità degli specialisti. Se il consumatore ha imparato a confrontare online i prezzi delle auto prima di andare dal concessionario, a maggior ragione lo può fare prima di scegliersi il cardiologo, l’oncologo e il pediatra.
Le compagnie farmaceutiche dovranno rendere noti i pagamenti ai medici anche quando sono giustificati da missioni "nobili" come la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi medicinali. Gli omaggi in "natura" dovranno essere pubblicizzati a partire da una soglia molto bassa, 25 dollari: praticamente qualche croissant e caffè, o un pasto in un fast-food. A maggior ragione dovranno essere dichiarati i pagamenti per conferenze, o i viaggi-omaggio per assistere a congressi scientifici (spesso, guarda caso, ospitati in lussuosi "resort" con affaccio su spiagge tropicali). Le sanzioni colpiranno con severità Big Pharma. Le società farmaceutiche e produttrici di apparecchiature mediche saranno colpite con multe di 10.000 dollari per ogni singolo pagamento non dichiarato; 100.000 dollari quando l’omissione sia intenzionale. Il top management potrà essere ritenuto personalmente responsabile, perché le dichiarazioni dovranno portare la firma degli amministratori delegati.
L’annuncio dell’Amministrazione Obama è stato salutato con soddisfazione da Allan Coukell, un farmacologo impegnato nella protezione dei pazienti presso il Pew Charitable Trusts: «I malati hanno bisogno di sapere che stanno ricevendo la migliore cura possibile secondo i criteri medici, non sulla base di un interesse finanziario, ma troppo spesso non hanno il coraggio di fare domande esplicite al proprio dottore».