In principio ("arché") era ...l’ "arca"!!!

INIZIATA L’ERA NOACHIDE: SI PREPARANO LE ARCHE. Il giugno scorso, sull’isola di Sptizberg, in Norvegia, è stata posata la prima pietra dell’"Arca di Noè vegetale".

domenica 5 novembre 2006.
 

Le tecniche per conservare le testimonianze della nostra storia ai posteri. Dai messaggi in bottiglia all’Arca di Noè norvegese con 3 milioni di semi vegetali.

"Ricordatevi di noi nell’anno 8113" la storia è nella capsula del tempo

di ANNA MARIA SELINI *

Il messaggio in bottiglia? Acqua passata. Le fotografie e i ricordi nella scatola? Deteriorabili. Suoni ed immagini in dvd? Antiquariato. Se volete che i posteri, terrestri e non, si ricordino di voi e sappiano davvero come, dove e quando siete passati da queste parti, è giunto il momento di preparare una capsula del tempo: un qualsiasi contenitore cioè, da un barattolo, a una sonda spaziale fino a un sito internet, creato per conservare informazioni o materiale da ritrovare nel futuro.

E se per ora non ve la sentite di spedire ricordi nello spazio, potete sempre lasciare tracce della vostra presenza sul web o affidare alle pagine di un diario, rigorosamente virtuale, il racconto del vostro passaggio sulla Terra. In attesa che qualcuno nel lontano 8113, ad esempio, lo possa ritrovare e soprattutto decifrare.

Racconti e tracce sul web. Da sempre gli uomini sentono il bisogno di lasciare testimonianze per essere ricordati o ricordare il tempo e il mondo in cui hanno vissuto. Ma se una volta a parlar di noi erano le opere architettoniche, gli scritti, o gli oggetti del passato, oggi i messaggi per i posteri finiscono sul web o si raccolgono in un blog. L’ultimo nato, già ribattezzato il "diario più grande del mondo", è "One day in history", il progetto culturale inglese che consente a chiunque di raccontare come ha trascorso un’intera giornata (la data prescelta è il 17 ottobre).

Le cronache verranno poi conservate negli archivi della British Library e saranno così accessibili ai futuri studiosi del XXI secolo. Migliaia i post già raccolti, così come quelli che sta accumulando Yahoo! nella sua "capsula del tempo" digitale, che l’8 novembre prossimo verrà proiettata nello spazio con un raggio laser. Si tratta di un gigantesco mosaico dove ognuno può lasciare una testimonianza destinata alle generazioni future, in forma di scritti, foto, video, suoni o disegni, dedicati ad argomenti predefiniti.

I contributi digitalizzati e divisi per tipologia, sesso, età, paese e regione, finiranno nella capsula, che verrà sigillata e riaperta nel 2020 nella sede di Yahoo! in California, in occasione del 25esimo anniversario della società.

In principio furono le scatole. All’inizio del 1900, un gruppo di studentesse americane del Mount Holyoke college, in Massachusetts, sigillò una scatola di metallo destinata alle colleghe del lontano anno 2000. Una volta aperta, 100 anni e 20 minuti dopo (i minuti necessari ai fabbri per scardinarla), all’interno sono stati trovati un berretto universitario, programmi teatrali, una foto della classe 1900, alcune monete, un libretto d’esami e soprattutto un messaggio. "Se la scienza vi ha insegnato quello che molti credono sarà uno degli elementi più diffusi delle vostre conoscenze, ovvero il potere di comunicare con il mondo invisibile dal quale saremo osservando il vostro destino - recitava il testo - vi preghiamo di rispondere a questo messaggio".

Nel 1938 anche Albert Einstein e Thomas Mann inserirono i loro messaggi per i posteri in una capsula del tempo (un cilindro di lega di rame), presentata dalla compagnia elettrica Westinghouse alla fiera mondiale di New York del ’39. "La nostra epoca è ricca di menti fertili - scriveva Einstein - purtroppo però i popoli che vivono in paesi diversi si uccidono a vicenda a intervalli di tempo imprevedibili e quindi chiunque pensi al futuro deve vivere nella paura. Mi auguro che i posteri leggeranno quanto sopra con un senso di orgogliosa superiorità".

La società internazionale delle ’capsule’. Quella di un contenitore ad hoc, dove conservare oggetti o informazioni e destinato ad essere ritrovato in un’epoca futura, è un’idea che vanta numerosi "adepti" in tutto il mondo. Tanto che nel 1990 ad Atlanta, in Georgia, è nata l’International Time Capsule Society (ITCS), società con il compito di studiare e catalogare le capsule del tempo sepolte in giro per il mondo, con relativo contenuto, posizione e date di chiusura e presunta apertura. Secondo l’ITCS sarebbero oltre 10 mila quelle sparse in tutto il mondo - incluse quelle lanciate dalle sonde spaziali - e molte di loro sarebbero andate perse, raggiungendo nel tempo un valore inestimabile, oltre che un alone quasi mitico.

Tra le più ricercate, ad esempio, c’è la capsula del tempo che il presidente degli Stati Uniti, George Washington, avrebbe inserito nel 1793 all’interno della prima pietra del Campidoglio. Ma nonostante i diversi interventi subiti dall’edificio negli anni, non è mai stata ritrovata e ancora oggi si ignora se veramente sia esistita e se contenesse o meno qualcosa. E proprio presso l’Università di Oglethorpe, ad Atlanta, dove ha sede l’International Time Capsule Society, si conserva la "Cripta della civiltà": una stanza sotterranea sigillata nel 1940 - contenente più di 640mila pagine su microfilm, libri, oggetti, documenti audio e video, un pupazzo di Paperino e molto altro materiale d’epoca - che dovrà essere aperta solo nell’anno 8113.

L’arca di Noè norvegese. Il giugno scorso, sull’isola di Sptizberg, in Norvegia, è stata posata la prima pietra dell’"Arca di Noè vegetale", come l’ha definita il governo di Oslo, o "Cassaforte del giorno del Giudizio", come l’hanno chiamata invece i suoi inventori. Si tratta di una sorta di gigantesco freezer capace di proteggere e conservare i semi dei tre milioni di specie vegetali presenti sulla Terra, anche da esplosioni nucleari, disastri naturali o semplici errori umani.

A difendere i semi saranno la temperatura costante di 20 gradi sotto zero, una caverna rinforzata da un guscio di calcestruzzo spesso un metro e porte blindate d’acciaio dello stesso spessore e soprattutto il naturale clima artico, con una temperatura massima di -3°C.

Il progetto, patrocinato dal Global Crop Diversity Trust (Gcdt), il fondo fiduciario mondiale per la varietà globale delle colture e finanziato per 2,5 milioni di euro dal governo norvegese, mira soprattutto a fornire i mezzi pratici per rimpiantare le colture distrutte in caso di catastrofe. Oltre che a lasciare una mappa vegetale del nostro pianeta ai posteri. Terrestri o extraterrestri che siano.

Arrivederci nell’anno 52007. Tra le capsule del tempo vi sono anche quelle destinate a potenziali creature aliene, inviate nello spazio a bordo di razzi o satelliti, al fine di rendere nota la nostra esistenza. Le sonde Voyager 1 e Voyager 2, lanciate dalla NASA nel 1977, ad esempio, contenevano un disco d’oro sul quale erano stati memorizzati suoni ed immagini della Terra, con spiegazioni per ascoltarlo e localizzare il nostro pianeta.

Ma la più importante capsula del tempo per i posteri, almeno nelle intenzioni, sarà quella contenuta da Keo, il satellite spaziale che dovrebbe essere lanciato tra il 2007 e 2008 e tornare sulla Terra dopo 50 mila anni. Il progetto, supportato tra gli altri dall’Unesco e dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), prevede la raccolta di diverso materiale da tramandare ai posteri: da ritratti dei diversi gruppi etnici a una sequenza del DNA umano, a campioni di acqua, aria, terra e sangue e molto altro. Ma Keo avrà soprattutto il compito di trasportare i messaggi che gli uomini e le donne del 21esimo secolo avranno voluto mandare ai chi verrà dopo di loro. Ognuno di noi, infatti, senza censure, e nella propria lingua, può inviare gratuitamente un contributo al sito del progetto (www.keo.org) o via posta, entro il 31 dicembre 2006.

I messaggi, che verranno inseriti nel database digitale a bordo della capsula, dovranno rappresentare - secondo gli ideatori - "le diverse culture del mondo, nella speranza che la Terra possa diventare più responsabile, equa, giusta e meno violenta". Ai posteri, dunque, l’ardua sentenza. (3 novembre 2006)

* www.repubblica.it, 03.11.2006


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