L’ex funzionario di Polizia, condannato per mafia, minaccia querele contro il fratello di Borsellino

Bruno Contrada, l’Onore che non c’è

sabato 26 luglio 2008.
 

Spesso, parlando dei fatti calabresi, ho cercato di stigmatizzarne ironicamente l’assurdità cercando sempre, però, di non ridurne mai la loro triste e cruda drammaticità.

Qui non siamo nuovi, purtroppo, alla protervia di taluni che, calpestando in ogni modo le leggi umane e dello Stato, con gli occhi freddi e le mani ancora grondanti di sangue, o le tasche piene di soldi, hanno negato l’evidenza delle proprie azioni, per di più ergendosi a vittime, perseguitati, capri espiatori da sacrificare all’altare del giustizialismo popolare.

Al tempo stesso questa è la regione dove, come ovviamente per tutto il Paese, viene sistematicamente punito chi cerca di esercitare la propria funzione nella società in maniera onesta, tutto funziona al contrario: chi denuncia viene denunciato e chi indaga viene indagato.

Lo ripeto continuamente ai bambini che incontro nelle scuole, per semplificare questi concetti altrimenti difficili da comprendere: “in Calabria può capitare che i topi inseguano i gatti ed i ladri inseguano le guardie”.

E se fino ad oggi ho preferito, per pietà, non entrare direttamente nelle vicende legate a Bruno Contrada, adesso non riesco a desistervi e voglio mettere nero su bianco, giusto per non essere frainteso, ogni mio convincimento. Lo faccio non tanto in segno di solidarietà all’amico Salvatore Borsellino, che non ne ha bisogno, ma quanto per suggerire al maggior numero possibile di persone il senso di disprezzo più profondo che ogni cittadino italiano dovrebbe in questo momento riservare esclusivamente al Contrada.

Innanzitutto chiariamo una cosa: Bruno Contrada ha concorso con la mafia e, seppur le sue mani non si siano macchiate direttamente del sangue di Falcone, Borsellino e degli uomini delle scorte, indirettamente lo considero anche io un assassino: così come è punito con la stessa pena di chi uccide anche chi concorre all’omicidio, io considero parimenti mafioso anche chi concorre più o meno direttamente o indirettamente a qual si voglia sodalizio criminale.

Chiariamo anche una seconda cosa: Bruno Contrada non ha mai chiesto la Grazia al Presidente della Repubblica, proprio perché non ha mai ammesso di essere colpevole, nonostante le prove schiaccianti che ne hanno determinato la condanna in tutti e tre i gradi di giudizio.

Non meno importante l’atteggiamento adottato dai familiari del Contrada, i quali spesso hanno accennato a “verità sconcertanti”, senza mai però denunciare queste verità alle autorità competenti. “Bruno sta pagando per tutti”, hanno spesso detto. Rincaro io la dose: Bruno Contrada è un personaggio che Sciascia avrebbe categorizzato tra gli ominicchi, un complice, un codardo, perché continua ancora a coprire le vergogne, gli interpreti ed i responsabili di chi, come spesso dice Salvatore Borsellino, ha costruito la cosiddetta Seconda Repubblica impastando assieme al cemento il sangue delle stragi del ‘92.

Chiariamo in terza istanza anche il fatto che Bruno Contrada non è stato scarcerato per decorrenza dei termini, come per Riina Junior, e che il reato di concorso esterno in associazione mafiosa a lui contestato non si è prescritto come per il senatore a vita Giulio Andreotti. A Bruno Contrada è stata revocata la misura della detenzione perché evidentemente per lui la legge è più uguale piuttosto che per altri, perché è riuscito a suscitare un non meglio identificabile senso di pietà, di pena, nei confronti di qualche animo pio.

Alla notizia di prossime sue querele a Salvatore Borsellino anche io, oggi più di prima, provo pena, anzi, disprezzo per Bruno Contrada: provo pena per un ominicchio che prima di appellarsi alle leggi ed alle Istituzioni dello Stato, dovrebbe scontare fino all’ultimo giorno, in carcere, fino all’ultima ora, in carcere, la pena infertagli per aver tradito quelle stesse leggi e quelle stesse Istituzioni dello Stato Repubblicano.

Prima di minacciare querele, Contrada dovrebbe soltanto inchinarsi di fronte a tutta la famiglia Borsellino, chiedendo umilmente perdono delle proprie malefatte ed omissioni di fronte a loro, a Dio ed alla storia. E prima di invocare le leggi a tutela del suo Onore, dovrebbe dimostrarci di possederlo, l’Onore.

Credo che nei corsi per le Scuole di Polizia si dovrebbe espressamente insegnare ai giovani aspiranti servitori dello Stato ad essere non tanto dei bravi poliziotti, ma certamente sforzarsi ad essere l’esatto contrario di Bruno Contrada.


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