I militari del nostro contingente ancora a Nassiriya sono circa sessanta La missione era iniziata nell’aprile 2003 con l’impiego di 1.677 uomini
Iraq, Prodi annuncia ritiro completo: "Ultimi italiani via entro il 2 dicembre"
E l’Inghilterra annuncia la riduzione delle truppe a partire dalla primavera del 2007
MILANO - "A Nassiriya rimangono solo 60-70 soldati italiani per la consegna delle caserme alla polizia irachena. Tra il primo e il due dicembre anche questi saranno tutti a casa". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Romano Prodi, intervistato a Telelombardia.
Prodi ha anche spiegato che il grosso del contingente italiano ha già lasciato il paese: "Senza tanti proclami un convoglio lungo dieci chilometri è arrivato nel Kuwait". Il premier ha spiegato di aver parlato anche con il presidente americano George W. Bush: "Mi ha detto che gli dispiaceva ma che sapeva che ce ne saremmo andati dall’Iraq perché lo avevo detto in campagna elettorale".
La presenza delle forze armate italiane in Iraq, coordinata nell’ambito della missione denominata "Antica Babilonia", era iniziata nell’aprile del 2003. Complessivamente, quando è stata a pieno regime, l’operazione ha impegnato 1.677 militari di esercito, marina, aeronautica e carabinieri. La maggior parte di questi uomini è stato impiegato nel compito di controllare il Dhi-Qar, la provincia meridionale del paese con capoluogo Nassiriya.
In questi oltre due anni e mezzo di impegno, le forze italiane hanno subito una decina di gravi attacchi da parte della guerriglia irachena. Il più clamoroso è stato quello del 12 novembre 2003, quando un camion bomba scagliato contro la base "Maestrale" di Nassiriya provocò 19 vittime (17 militari e due civili). Complessivamente in combattimento o in incidenti avvenuti durante le operazioni di addestramento e pattugliamento sono costati la vita a tredici soldati. A questi va aggiunta la morte di Nicola Calipari, funzionario del Sismi ucciso ad un posto di blocco statunitense mentre era impegnato nelle operazioni di rilascio della giornalista sequestrata Giuliana Sgrena.
E proprio oggi il ministro della Difesa inglese Des Browne ha annunciato che il ritiro delle truppe britanniche comincerà nella primavera dell’anno prossimo. Entro la fine del 2007 il contingente sarà ridotto di almeno duemila soldati.
LA SCHEDA
Dalla strage di Nassiriya a Calipari Dal 2003 in Iraq morti 39 italiani
ROMA - Dal 2003, data di inizio della missione in Iraq, i caduti italiani sono stati trentanove, di cui 33 militari.
Il bilancio più grave è del 12 novembre 2003, quando un attentato terroristico contro la base "Maestrale", sede dei Carabinieri, costa la vita a 17 militari (cinque dell’Esercito e 12 Carabinieri) e a due civili (Stefano Rolla, della casa di produzione "Gabbiano Film", e Marco Beci, esperto della Cooperazione del Ministero degli Affari Esteri). Feriti 20 militari (tre dell’Esercito e 17 Carabinieri) e un civile (della stessa casa di produzione di Rolla).
Il 17 maggio 2004 il primo caporal maggiore Matteo Vanzan muore per le ferite riportate negli scontri avvenuti a Nassiriya.
Il 5 luglio 2004 il primo caporal maggiore Antonio Tarantino perde le vita in un incidente stradale.
Il 21 gennaio 2005 il maresciallo capo Simone Cola, mitragliere di un AB 412, è colpito a morte da un proiettile mentre si trova in volo su Nassiriya.
Il 15 marzo 2005 muore il sergente Salvatore Domenico Marracino, ferito nel corso di un addestramento.
Il 31 maggio 2005 il tenente colonnello Giuseppe Lima, il capitano Marco Briganti e i mitraglieri di bordo Massimiliano Biondini e Marco Cirillo perdono la vita nello schianto di un elicottero AB412 dell’Esercito.
Il 14 luglio 2005 il sergente Davide Casagrande trova la morte in un incidente stradale lungo una strada alla periferia di Al Fudliya, a circa dieci km da Nassiriya.
Il 27 aprile 2006 un ordigno esploso al passaggio di un convoglio del Msu nella periferia sud-ovest di Nassiriya, uccide il maggiore Nicola Ciardelli, il maresciallo Aiutante Franco Lattanzio, il maresciallo aiutante Carlo De Trizio, il maresciallo Aiutante Frassanito (morto il 7 maggio 2006 per le ferite) e il graduato della polizia militare romena Hancu Bogdan.
Il 5 giugno 2006 l’esplosione di un ordigno al passaggio di un convoglio a 100 chilometri a nord di Nassiriya uccide il caporal maggiore scelto Alessandro Pibiri che era di scorta a un’autocolonna britannica.
Il 21 settembre 2006, per un incidente stradale muore il caporalmaggiore Massimo Vitaliano, in servizio presso il 19esimo reggimento guide di Salerno.
Civili. In Iraq si conta la morte di diversi civili italiani: oltre alle vittime della strage di Nassiriya, in tre anni e mezzo sono stati uccisi il giornalista free-lance Enzo Baldoni, la guardia del corpo Fabrizio Quattrocchi, l’imprenditore Salvatore Santoro e il funzionario del Sismi Nicola Calipari, ucciso il 4 marzo 2005 a un check-point americano durante l’operazione che portò alla liberazione della giornalista Giuliana Sgrena.
(la Repubblica, SCHEDA, 27 novembre 2006)
IL CASO
Strage Nassiriya, dalla Cassazione
via libera alle richieste di risarcimento
L’Alta Corte annulla la sentenza con cui la Corte militare di Appello di Roma aveva assolto il generale Bruno Stano per non avere preso le dovute misure a difesa della base Maestrale, dove un’autobomba uccise 19 italiani il 12 novembre 2003, escludendo i familiari da qualsiasi risarcimento*
ROMA - La Cassazione ha accolto il ricorso dei familiari delle vittime della strage di Nassiriya, in Iraq. Ora la Corte d’appello di Roma dovrà stabilire il risarcimento in precendenza negato. A Nassiriya, il 12 novembre del 2003, un’autobomba lanciata contro la base "Maestrale" uccise diciannove italiani fra carabinieri, uomini dell’esercito e civili oltre a nove cittadini iracheni.
La prima sezione penale della Cassazione era chiamata a decidere se confermare o meno, ai fini civili, la sentenza con cui la Corte militare d’Appello di Roma, il 24 novembre 2009, aveva assolto il generale dell’Esercito Bruno Stano, condannato in primo grado dal gup del Tribunale militare di Roma a due anni di reclusione per non avere adottato tutte le misure necessarie alla difesa di base Maestrale. La sentenza d’appello aveva inoltre confermato l’assoluzione già accordata anche in primo grado all’altro generale dell’Esercito Vincenzo Lops.
Assolvendo i due ufficiali, la Corte militare d’appello aveva quindi escluso il risarcimento a favore dei familiari delle 19 vittime. Con il pronunciamento di oggi, la Cassazione annulla, con rinvio alla Corte d’Appello civile di Roma, quella sentenza e quindi l’esclusione del risarcimento dando il via libera alla richiesta dei parenti delle vittime della strage in Iraq, dando il via libera alle richieste di risarcimento per i familiari delle 19 vittime italiane della strage di Nassiriya. Le assoluzioni dei generali Stano e Lops, pronunciate in appello dalla Corte militare di Roma, erano già definitive perché la Procura militare della Capitale non aveva presentato ricorso in Cassazione.
"E’ una grande vittoria morale. I familiari delle vittime non hanno mai chiesto il ’vil denaro’ ma hanno combattuto per l’accertamento della verità. Anche quando eravamo soli, perché la Procura militare non ci seguiva, e anche quando il Governo ha fatto leggi a noi contrarie". Queste le dichiarazioni di Francesca Conte, legale dei familiari della strage di Nassiriya. "Resta un solo rammarico - ammette l’avvocato - quello che la Procura militare non abbia fatto ricorso, insieme a noi in Cassazione, contro le assoluzioni" dei militari.
* la Repubblica, 20 gennaio 2011
IL CASO
Nassiriya, l’ombra della censura "20 sigarette", il film delle polemiche
Aureliano Amadei, unico civile sopravvissuto alla strage del 12 novembre 2003, ha presentato il suo film-diario di quell’esperienza. "Persone vicine al ministero della Difesa hanno chiesto ai genitori delle vittime di protestare per bloccare il mio film". E arrivano le smentite. Poi lui insiste: "Dopo la strage i telegiornali hanno nascosto la verità con un’orghia di retorica"
dal nostro inviato CLAUDIA MORGOGLIONE
VENEZIA - E’ una ferita che si riapre, quella di 20 sigarette, il film - presentato nella sezione Controcampo e accolto da quattordici minuti di applausi - in cui Aureliano Amadei racconta la sua esperienza di regista per un giorno in Iraq e di unico sopravvissuto all’attentato di Nassiriya del 12 novembre 2003 in cui persero la vita 19 italiani. La ferita si riapre con una polemica. Perché nell’incontro stampa, al Lido, per la presentazione del film, Amadei dice: "Volete una notizia? Eccola. Mi è stato detto che recentemente persone vicine al ministero della Difesa hanno chiesto ai genitori delle vittime di protestare per bloccare il mio film. Per fortuna io che conosco molti di loro mi hanno detto che lo vedranno prima di giudicare". E non finisce qui. Amadei aggiunge che "in Italia non si sa nulla di quello che accade in Iraq" e afferma che "nelle settimane successive all’attentato, nei tg ci sono state molte notizie omesse e un’orgia di retorica che non ha permesso agli italiani di riflettere più a fondo sulla verità mentre si è continuato a parlare di un’infinta serie di missioni di pace".
La polemica è inevitabile. Le parole di Amadei non piacciono al sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto. Che replica: dai vertici del ministero "non c’è stata alcuna pressione" e aggiunge: "Se poi uno dei trecentomila militari ha detto qualcosa, questo non lo so e non lo posso sapere. Ma il ministero, nei suoi vertici non ha fatto nulla". "Penso che ci sia stato un errore". A smentire l’autore del film è anche Marco Intravaglia, figlio del brigardiere Domenico, una delle vittime della strage. "Nessuno mi ha contattato dalla Difesa e, da quel che so, nessuna delle famiglie dei carabinieri morti nell’attentato ha ricevuto pressioni". Annuncia che andrà a vedere il film, "voglio capire di cosa si tratta, se rispecchia la realtà, e spero che emerga il vero lavoro che hanno fatto i nostri ragazzi e il bene che hanno portato". Con Amadei, però, Intravaglia è d’accordo sul fatto che in Italia molte notizie sulla strage siano state oscurate. "E’ vero - dice - la gente ha scoperto molto dopo, con l’apertura delle inchieste, le cose che non andavano e che non dovevano essere in quello stato".
Più dura la replica di Claudio Bonivento, uno dei produttori del film. Che giudica le affermazioni di Amadei "prive di fondamento" e si dice "totalmente d’accordo con Crosetto", perché "io e gli altri produttori come Tilde Corsi e Gianni Romoli e RaiCinema abbiamo fatto leggere la sceneggiatura allo Stato Maggiore dell’Esercito che l’ha approvata in tutto e per tutto e ci ha anche fornito molti mezzi necessari per realizzare questo film". Amadei è "un bravo regista ma inesperto di pubbliche relazioni e che non ha bisogno di sterili polemiche per far camminare i suoi film con le loro gambe".
Dall’attentato a oggi, per Amadei c’è stato prima un libro, appunto 20 sigarette, poi il film omonimo, distribuito da Cinecittà Luce, con Vinicio Marchioni, Carolina Crescentini, Giorgio Colangeli. E’ la storia vera del regista, che nel film si chiama Aureliano, un ventottenne anarchico e antimilitarista, precario nel lavoro, che riceve l’offerta di partire subito per lavorare come aiuto regista in un film da girare in Iraq, al seguito della missione italiana. Nonostante le critiche degli amici, della sua compagna-amica Claudia (Crescentini), Aureliano parte e in quel mondo di divise incontra un’umanità inaspettata. Le sigarette del titolo sono quelle di un pacchetto che Aureliano non fa in tempo a finire, che si ritrova nel mezzo dell’attentato alla caserma. Al Lido è arrivato appoggiandosi a un bastone. Nell’attentato gli è andata in pezzi una caviglia, ha un timpano perforato e, nel suo corpo, ancora centinaia di schegge.
Molte, nel film, le denunce più o meno velate nei confronti della missione italiana in Iraq. "I militari mi hanno subito ammonito che in Italia non si sapeva nulla e che avrei sentito molte cose inaspettate su questa guerra che non è altre che una delle tante guerre invisibili che continueranno ad esserci". Dice che "sono successe diverse cose strane, come quando i carabinieri rimasti feriti dicevano peste e corna di quello che era accaduto, ma poi si sono trovati costretti a leggere un dispaccio del ministero della Difesa". E benché sia diventato amico di molti soldati, da parte sua l’indulgenza è poca: "Certo anche lì c’erano i figli di mignotta, i guerrafondai, i fascisti, gli arrivisti, i finti eroi...". Comunque, non vuole che "l’argomento principale del film sia la politica": "Le mie ideologie non sono cambiate, sono contrario alle missioni italiane all’estero e mi piacerebbe un’Italia senza esercito. Ma ho scoperto l’umanità e imparato come sia impossibile giudicare delle situazioni che coinvolgono esseri umani solo sulla base delle ideologie".
* la Repubblica, 05 settembre 2010
Il pubblico ministero ha chiesto 10 e 12 mesi di reclusione per Lops e Stano
accusati di non aver garantito la sicurezza della base nella quale morirono 19 italiani nel 2003
Nassiriya, pm chiede condanne
per due generali italiani
Per il colonnello Georg Di Pauli c’è una richiesta di rinvio a giudizio *
ROMA - Due condanne e un rinvio a giudizio. E’ quanto ha chiesto il pubblico ministero durante il processo in corso davanti al gup militare di Roma a tre alti ufficiali dell’esercito e dei carabinieri. Sono accusati di non aver messo in atto tutte le misure idonee a garantire la sicurezza della base Maestrale, a Nassiriya, in Iraq, dove il 12 novembre 2003 morirono 19 italiani tra militari e civili.
Per i generali Vincenzo Lops e Bruno Stano, che si sono avvicendati al comando del contingente italiano in Iraq, il pm ha chiesto la condanna rispettivamente a dieci e a dodici mesi di reclusione. Per il colonnello Georg Di Pauli, comandante dell’Unità specializzata multinazionale dei carabinieri che aveva il quartier generale nella base Maestrale, è stato invece chiesto il rinvio a giudizio.
Mentre Lops e Stano hanno chiesto e ottenuto di essere processati con il giudizio abbreviato, per Di Pauli vale quello ordinario. Le numerose parti civili che si sono costituite in giudizio hanno chiesto un risarcimento complessivo di diversi milioni di euro. La decisione del gup dovrebbe arrivare tra una ventina di giorni, dopo le arringhe delle difese.
* la Repubblica, 3 dicembre 2008
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Ansa» 2008-11-12 10:24
NASSIRIYA: NAPOLITANO, COMMOSSO RICORDO VITTIME STRAGE
ROMA - Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato al Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, il seguente messaggio: "In occasione delle commemorazioni in onore dei caduti di Nassiriya, desidero esprimerle il mio personale, commosso ricordo delle 19 vittime di quella terribile strage, a cui unisco la memoria di tutti coloro che hanno perso la vita nell’assolvimento delle missioni di pace". Lo rende noto un comunicato del Quirinale.
Il ministro La Russa ha reso omaggio alla tomba del Milite Ignoto, al Vittoriano, presente il capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, e i vertici delle Forze armate. Celebrata poi la Messa in suffragio dei Caduti presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli. Quindi, a Palazzo Madama, presente il presidente del Senato, Renato Schifani, si terrà una cerimonia per l’intitolazione della ’Sala conferenze’ ai "Caduti di Nassiriya". Il ministro della Difesa ed il capo di Stato maggiore della Difesa, inoltre incontreranno i parenti delle vittime in forma privata.
CAMERA: MINUTO SILENZIO E APPLAUSO PER VITTIME NASSIRIYA
L’Aula della Camera ha osservato un minuto di silenzio ed ha tributato un applauso unanime in memoria delle vittime della strage di Nassiriya, di cui oggi ricorre l’anniversario.
NAPOLITANO: BANDIERA NASSIRIYA AMMAINATA A TESTA ALTA *
CASERTA - Giorgio Napolitano ha preso in consegna la bandiera del presidio italiano di Nassiriya dalle mani del ministro della Difesa Arturo Parisi dicendo: ’’e’ stata ammainata con dignita’, a testa alta, e sara’ conservata tra le memorie preziose della nostra Repubblica’’. Il presidente della Repubblica ha sottolineato che i nostri militari sono stati impegnati in Iraq ’’in una impresa di pace e di civilta’’’ e il loro impegno e’ stato in nome di tutti gli italiani al di la’ dei contrasti politici e senza distinzioni di parte.
’’Per garantire la pace e la sicurezza internazionale puo’ essere necessario l’impegno delle forze armate di qualsiasi paese membro delle Nazioni Unite’’, dice il presidente della Repubblica ricordando che l’Italia e’ chiamata ’’a fare la sua parte nel contesto di organizzazioni internazionali cui spetti fronteggiare sfide ed attacchi alla pacifica convivenza tra gli stati e tra i popoli, cui spetti intervenire per contribuire al superamento di laceranti e pericolose situazioni di crisi’’. Lo stabilisce, ricorda, l’articolo 11 della Costituzione repubblicana, ’’una delle pietre miliari del nostro percorso verso un sistema condiviso di valori e di principi’’.
Nella Reggia vanvitelliana di Caserta, in un clima di commossa partecipazione, nel ricordo dei 35 caduti, Giorgio Napolitanosottolinea che i nostri contingenti si sono avvicendati in Iraq con oltre 12 mila uomini, in tre anni, hanno fatto parte di una missione italiana, di tutti gli italiani, al di la’ della ’’decisione controversa nel Parlamento italiano e nel Consiglio di sicurezza dell’Onu’’, nel 2003. ’’La diversita’ di opinioni tra le forze politiche, allora sull’invio, e ora per altro verso sul ritiro dei nostri militari dell’Iraq, va ricordata per la sua legittimita’ democratica, ma non ha potuto impedire la vicinanza dell’intera collettivita’ nazionale al contingente italiano impegnato in quella difficile missione, ne’ la piu’ profonda, affettuosa solidarieta’ per le prove di sacrificio generosamente offerte dai caduti e dai feriti’’. Allo stesso modo, aggiunge il capo dello Stato, ’’non c’e’ contrasto politico che possa impedire un sereno, obiettivo bilancio del ruolo di ’Antica Babilonia’. Abbiamo vissuto un’ esperienza di condivisione nazionale che dovra’ testo sempre, in qualsiasi circostanza futura’’.
Napolitano ha poi consegnato l’onorificenza della croce d’ onore ai famigliari delle cinque vittime del contingente italiano impegnato in Iraq nella missione ’antica babilonia’ decedute nel corso del 2006.
ANSA » 2006-12-07 12:33
Politica
Il ministro della Difesa in Iraq per la fine della missione. A Nassiriyah l’ammainabandiera *
Accompagnato dal capo di stato maggiore ammiraglio Giampaolo Di Paola, il ministro della difesa italiano Arturo Parisi è giunto a Nassiriyah per la cerimonia dell’ammainabandiera che segna la fine ufficiale della missione militare italiana in Iraq. Parisi è atterrato a Tallil, la base Usa alle porte di Nassiriya con un C130 dell’Aeronautica militare. Domani, dopo tre anni e mezzo di Antica Babilonia, tornerà a casa anche l’ultimo soldato. Saranno gli ultimi uomini della brigata Garibaldi a lasciare Nassiriya.
Sabato verranno poi accolti all’aeroporto militare di Ciampino dal presidente del Consiglio Romano Prodi. La cerimonia dell’ammainabandiera avrà luogo nei pressi dell’aeroporto di Tallil, essendo ormai chiusa la base italiana di Camp Mittica. Un ricordo andrà ai 32 militari morti dal 2003 in azione, attentati e incidenti. L’episodio più grave il 12 novembre 2003, quando un’autocisterna carica di esplosivo fu lanciata contro la base Maestrale dei carabinieri in un attacco suicida costato la vita a 19 italiani - 17 militari e 2 civili - e 9 iracheni. I familiari di alcuni dei militari uccisi hanno chiesto a Prodi, in occasione di una cerimonia a Bologna per il terzo anniversario della strage, che si faccia chiarezza intorno alla vicenda, su cui indaga la Procura di Roma.
Sono in tutto 39 gli italiani che hanno perso la vita in Iraq in questi anni, comprese le vittime civili e il funzionario del Sismi Nicola Calipari, ucciso a Baghdad dagli americani nel marzo 2005. Riguardo ai costi, Antica Babilonia è stata finanziata con un totale di oltre 1.500 milioni di euro per le attività proprie del ministero della Difesa. Sono stati sette i decreti (poi convertiti in legge) che ogni sei mesi hanno assicurato la copertura degli oneri finanziari: circa 225 milioni di euro per il secondo semestre 2003, 208 milioni per il primo semestre 2004 e, a seguire, 284 milioni, 268 milioni, 213 milioni, 187 milioni e, infine, 128 milioni e mezzo per la fase di rientro.
E sulla stabilizzazione dell’Iraq e più in generale sulle strategie di pace in Medio Oriente, il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, ha parlato nel suo incontro di venerdì in Giordania con il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice dell’importanza di coinvolgere tutti i paesi della regione, inclusi Siria e Iran, nella stabilizzazione dell’Iraq. «Ho insistito» ha detto D’Alema «che la soluzione per evitare che la violenza degeneri nella violenza civile comporta il coinvolgimento di tutti i paesi della regione. Gli iracheni senza dubbio sottolineano la necessità di avere un rapporto positivo con l’Iran. È importante avere una strategia che non isoli l’Occidente». «D’altra parte» ha detto D’Alema «è evidente che il conflitto rischia di coinvolgere tutti i paesi confinanti sia sciiti che sunniti».
Rifondazione saluta con gioia il ritiro dei nostri soldati dall’Iraq. «L’ammainabandiera di oggi a Nassiriya pone ufficialmente termine alla missione italiana in Iraq. È una grande vittoria del movimento per la pace, ottenuto grazie alla mobilitazione di milioni di persone», ha detto Giovanni Russo Spena, capogruppo del Prc al Senato. «Il ritiro -aggiunge- è motivo di grande soddisfazione e orgoglio per il nostro partito, che di quel movimento è stato sempre parte integrante. La mobilitazione per la pace, naturalmente, non finisce qui. Dovremo d’ora in poi impegnarci con altrettanta determinazione per ottenere la riconversione dell’impegno in Afghanistan da bellico ad esclusivamente cooperativo e far sì che il governo italiano possa dare un aiuto sostanziale all’avvio della pacificazione nel conflitto israelo-palestinese».
Anche i Comunisti italiani esprimono giubilo e propongono in sede Ue, una Conferenza di Pace internazionale «Con l’ammaina bandiera di oggi, il ritiro dei nostri militari dall’Iraq è dunque ultimato. La speranza è che, adesso, si possa aprire un processo politico e diplomatico, che veda sempre più l’Italia protagonista di pace nella risoluzione della crisi mediorientale», afferma Pino Sgobio, Capogruppo dei Comunisti Italiani alla Camera. «Il ruolo dell’Italia - conclude Sgobio - può acquistare maggior peso con la messa a punto di una concreta exit strategy dall’Afghanistan e con la proposta ufficiale, in sede di Unione Europea, della indizione di una Conferenza di Pace internazionale, che coinvolga attivamente i paesi mediorientali».
* www.unita.it, Pubblicato il: 01.12.06 Modificato il: 01.12.06 alle ore 12.03
NASSIRIYA, ULTIME ORE PER L’ANTICA BABILONIA *
KUWAIT CITY - Conto alla rovescia per Antica Babilonia, la missione militare italiana in Iraq. Tra poche ore la bandiera verrà ammainata a Little Italy, il campo - all’interno della base americana di Tallil - dove si sono ritirati i circa 60 soldati rimasti. E sabato quella stessa bandiera, insieme al generale Carmine De Pascale, il comandante della Garibaldi, che per ultimo lascerà Nassiriya, tornerà in Italia con tutti gli onori. Tempistica rispettata. A quel punto dall’inizio della missione - giugno 2003, quando i soldati schierati erano 3.200 - saranno passati tre anni e mezzo, durante i quali si sono alternati circa 30.000 militari di tutte le forze armate.
Trentadue di questi, oltre al funzionario del Sismi Nicola Calipari, "hanno sacrificato la vita per aiutare gli iracheni a costruire una nazione libera e democratica", come ha detto un paio di settimane fa il generale Usa George Casey, comandante delle Forze della Coalizione, salutando formalmente il contingente italiano. Dunque 33 vittime con la divisa, e sei civili, morti in diverse circostanze a Nassiriya e nel resto dell’Iraq. Il 6 novembre scorso i soldati italiani hanno lasciato agli iracheni la storica base di Camp Mittica, dove quasi l’intero contingente si era ritirato pochi mesi dopo l’attentato del 12 novembre 2003. Due settimane dopo, a Baghdad, l’addio e il ringraziamento di Casey: "il popolo italiano - ha detto il generale Usa- può essere orgoglioso del contributo dato dai suoi militari nella guerra al terrorismo e noi siamo fieri di aver lavorato fianco a fianco con alleati così coraggiosi. Avete completato la vostra missione nella provincia del Dhi Qar".
Completare la missione voleva dire ’restituire’ l’area di competenza, cioé questa provincia nel sud sciita dell’Iraq, ai suoi legittimi proprietari, gli iracheni, quando questi fossero stati in grado di garantire la sicurezza da soli. Per ottenere questo risultato soldati e carabinieri sono andati avanti a tappe forzate, addestrando due battaglioni della 3/a brigata dell’Iraqi Army e 12.000 poliziotti. Il trasferimento di responsabilità della sicurezza è avvenuto formalmente il 21 settembre, nel corso di una cerimonia blindata alla quale erano presenti il premier al Maliki e il ministro della Difesa Parisi. Ancora per circa un mese, poi, i militari della Garibaldi hanno continuato a monitorare l’operato delle forze di sicurezza locali, ma dal 31 ottobre pure questo periodo di supervisione (’operational overwatch’) è finito.
E agli italiani sono subentrati, in questo compito, i soldati australiani. A quel punto il comando del contingente, con il contributo del Sismi, si è concentrato esclusivamente sulla fase del rimpatrio, peraltro già avviata da tempo. Un’operazione logistica enorme - si trattava di riportare a casa tanti mezzi e container di materiali che, se allineati, avrebbero formato una colonna lunga 12 chilometri - e rischiosa. Il problema principale era giungere indenni in Kuwait: 350 chilometri di deserto dove, negli ultimi tempi, sono stati numerosi le rapine e i sequestri da parte della guerriglia. Fortunatamente non ci sono stati incidenti, merito anche dell’imponente dispositivo di sicurezza - con uomini delle forze speciali a terra, elicotteri e aerei senza pilota Predator a vigilare dall’alto - che ha accompagnato ogni convoglio.
Mezzi e materiali sono stati imbarcati su una decina di navi cargo, mentre i soldati sono rientrati quasi tutti con aerei militari o civili. Ma che cosa lasciano gli italiani? A parte una serie di infrastrutture militari, che verranno utilizzate dalla polizia e dall’Esercito del dopo Saddam, il contingente ha realizzato una serie di interventi nel campo civile, per diverse decine di milioni di euro, in vari settori: soprattutto quello scolastico e sanitario, ma anche energetico e idrico. Il lavoro più importante, però, è stato probabilmente proprio quello della ricostruzione delle forze di sicurezza locali. Un’attività, come ha annunciato nei giorni scorsi il capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Di Paola, che proseguirà anche in futuro.
Gli italiani, infatti (e in particolare i carabinieri, come ha confermato ieri il comandante generale dell’Arma Gianfrancesco Siazzu) continueranno a partecipare all’ attività addestrativa, anche nell’ambito della Training mission della Nato e in altri programmi, in corso a Baghdad. Un impegno che ci vede impegnati da tempo con una decina di uomini e che "forse - ha detto Di Paola - sarà potenziato in futuro". Ma anche sul versante civile resterà una presenza italiana, perché l’Unità di ricostruzione presente a Nassiriya (attualmente con a capo una donna) continuerà a lavorare. Riguardo ai costi, Antica Babilonia è stata finanziata con un totale di oltre 1.500 milioni di euro per le attività proprie del ministero della Difesa. Sono stati sette i decreti (poi convertiti in legge) che ogni sei mesi hanno assicurato la copertura degli oneri finanziari: circa 225 milioni di euro per il secondo semestre 2003, 208 milioni per il primo semestre 2004 e, a seguire, 284 milioni, 268 milioni, 213 milioni, 187 milioni e, infine, 128 milioni e mezzo per la fase di rientro.
* ANSA » 2006-11-30 17:42