Allarme del segretario Panini: "Ci risulta che gli accordi
contrattuali non saranno nelle buste paga di gennaio"
"Niente aumenti per i prof"
La Cgil denuncia il Tesoro
"Nelle buste paga del mese di gennaio di un milione di lavoratori della scuola non ci saranno - nonostante le ripetute rassicurazioni avute al riguardo fin dal mese di novembre - né gli aumenti contrattuali né gli arretrati relativi al biennio economico 2006 - 2007".
La denuncia arriva dal segretario della Flc- Cgil Enrico Panini, che indica il Tesoro come responsabile del possibile mancato rispetto degli accordi siglati al termine dello scorso anno.
"Siamo di fronte ad un danno gravissimo e a una situazione paradossale", dice Panini. "Da un lato Prodi dichiara di volersi impegnare da subito per difendere ed incrementare le retribuzioni dei lavoratori mentre, dall’altro lato, il Tesoro non mette in pagamento neanche gli incrementi dovuti ai lavoratori per un contratto già sottoscritto ed anche già scaduto. Il Governo - sottolinea Panini - ora deve correre ai ripari".
* la Repubblica, 7 gennaio 2008.
Il ministero prevede 20mila studenti in più ma taglierà 10mila posti
"Ma correggeremo gli squilibri del sistema". Più colpite elementari e superiori
Gli alunni aumentano, le classi calano
sono in arrivo i tagli per la scuola
di SALVO INTRAVAIA
Nuvole nere sulla scuola italiana: gli alunni aumentano e le cattedre diminuiscono. Per il prossimo anno scolastico i tecnici del ministero hanno previsto un incremento di 20 mila alunni cui corrisponderà un taglio di 10 mila posti. Al di là di tutti gli interventi di architettura di "sistema" ipotizzati su docenti e classi dalle ultime due Finanziarie, l’ulteriore taglio di posti accrescerà la probabilità che, nel 2008/2009, gli alunni si ritrovino in aule sempre più affollate. Del resto, che nelle scuole italiane ci siano classi con 30 o più alunni non è un segreto per nessuno. Lo ha confermato recentemente lo stesso ministero della Pubblica istruzione nel Quaderno bianco che sul tema conta di "operare le economie soltanto dove si verificano gli sprechi".
Ma andiamo con ordine. Le iscrizioni all’anno scolastico 2008/2009 scadono il prossimo 30 gennaio e la complessa macchina ministeriale è già in moto per farsi trovare pronta all’appuntamento. Il primo atto è proprio la predisposizione del cosiddetto organico di diritto, sulla base del quale si faranno le immissioni in ruolo a partire dal settembre 2008 e i trasferimenti degli insegnanti, per i quali ci sarà tempo fino al prossimo 5 febbraio. L’ennesimo colpo di scure sulla consistenza dei prof, già previsto in Finanziaria e accompagnato da un probabile calo delle classi, è emerso dal primo incontro tra sindacati e dirigenti di viale Trastevere, svoltosi lo scorso 3 gennaio.
Di fronte alla prospettiva dell’ennesimo "risparmio sull’istruzione", i rappresentanti di categoria hanno espresso tutto il loro disappunto per "tagli indiscriminati che perseguono esclusivamente un obiettivo di contenimento della spesa a discapito della qualità del servizio", dicono dalla Uil e dalla Cisl scuola.
"Il taglio stabilito nella Finanziaria 2007 - spiega Giuseppe Fiori, direttore generale per il personale - è stato rimodulato in quattro anni. Nel 2008/2009 dobbiamo tagliare 10 mila posti di insegnanti e mille di personale non docente. Per realizzare le economie, salvaguardando il sostegno e il tempo pieno alla scuola primaria, ci soffermeremo sugli sprechi esistenti ancora nel sistema". Per evitare le classi superaffollate i tecnici del ministero cercheranno di intervenire su quelle con pochi alunni. "Nella predisposizione degli organici occorrerà evitare prime classi con un numero di alunni troppo basso". In buona sostanza, "presidi e direttori scolastici dovranno fare la loro parte" evitando la formazione di classi con meno di 15 alunni. Ma c’è anche qualche elemento di novità. "A partire dal prossimo anno, in 10 province verrà attivato un organico sperimentale che si prefigge di assegnare ai territori quote di organico più aderenti alle esigenze delle scuole e mira ad una maggiore stabilità del personale". Basteranno questi interventi a portare in porto i risultati sperati?
Il taglio colpirà soprattutto la scuola elementare e il superiore. Nella scuola dell’infanzia il ministero prevede di confermare gli stessi insegnanti dell’anno in corso e nella scuola primaria, nonostante un incremento previsto di circa 7 mila alunni, salteranno 5 mila cattedre. Alla media che dovrebbe veder crescere la popolazione scolastica di 22 mila unità saranno assegnati mille posti in più e al superiore si prevede un taglio di 6 mila posti parzialmente giustificati da un calo di 9 mila alunni. L’unica buona notizia arriva dal sostegno. Sarà possibile attivare quasi 94 mila posti (5.600 in più dell’anno in corso) con la stabilizzazione di quasi 15 mila insegnanti.
Di fronte alle pressioni del ministero dell’Economia la scuola già quest’anno ha dato il suo contributo al risanamento dei conti pubblici. Nell’anno in corso a fronte di un incremento totale di 15 mila alunni, sono state tagliate poco più di 9 mila cattedre e oltre mille classi. In tutti e quattro i segmenti dell’istruzione italiana il rapporto alunni classi è cresciuto aumentando la probabilità per gli alunni di ritrovarsi in classi superaffollate. Nel 2005/2006, a fronte di un tetto massimo di 28 alunni stabilito dalle norme, il Quaderno bianco redatto da viale Trastevere dava conto di oltre 2 mila classi con 30 o più alunni.
I sindacati hanno ottenuto la prima bozza dei tagli
previsti all’interno del decreto fiscale
150 mila posti in meno in 3 anni
"Un colpo alla scuola pubblica"
Il governo vuole recuperare otto miliardi, cura shock
"Vogliono tornare al maestro unico nella primaria"
di SALVO INTRAVAIA *
ROMA - "Attacco alla scuola pubblica", "Scuola statale a rischio smantellamento" e "scelte pesantissime sulla scuola". Sono i commenti dei leader sindacali della scuola sul cosiddetto decreto fiscale di cui si conosce una prima bozza attendibile. Per tagliare gli sprechi nella pubblica amministrazione e avviare il meccanismo virtuoso del merito il governo Berlusconi avrebbe previsto per la scuola una cura da cavallo. Nei prossimi tre anni dovrebbero saltare qualcosa come 150 mila posti di lavoro (100 mila cattedre e 47 mila posti di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) per recuperare la cifra record di 8 miliardi di euro.
Il decreto. I tagli andrebbero sotto la voce "Disposizioni in materia di organizzazione scolastica" e sono espressi rigorosamente in percentuali o rapporti che devono essere tradotti per emergere in tutta la loro dimensione. "Ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente", recita il testo provvisorio del decreto, dall’anno scolastico 2009/2010 occorrerà aumentare il rapporto alunni/docenti di un punto. Attualmente siamo attorno a 9,1 alunni per ogni insegnante. L’obiettivo è quello di arrivare entro l’anno 2011/2012 a 10,1. Il costo in termini di cattedre è stimato dai sindacati attorno alle 62 mila unità, cui occorre aggiungere le 33 mila cattedre previste dalla Finanziaria 2008 del governo Prodi incrementate di altre 6 mila unità per una "interpretazione" dell’attuale governo sulla manovra 2008. In tutto 101 mila cattedre che andranno in fumo.
C’è poi la partita del personale Ata. Entro l’anno scolastico 2011/2012 è prevista una riduzione pari al 17 per cento della dotazione organica di bidelli, personale di segreteria e tecnici di laboratorio. I sindacati hanno contabilizzato 47 mila posti che spariranno attraverso la "revisione dei criteri e dei parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale Ata". Secondo questa ipotesi, le scuole avranno meno bidelli per vigilare gli alunni, meno addetti elle segreterie e meno tecnici presenti nei laboratori.
Le reazioni. Francesco Scrima della Cisl scuola parla di governo che "decide all’ingrosso pesantissimi tagli del personale senza considerare le conseguenze sul piano della qualità dei servizi erogati". Parla si esecutivo che "non si interessa degli obiettivi che oggi la scuola deve ottenere, ma attacca semplicemente un pezzo di welfare". E continua: "Si taglia il futuro, si tagliano le radici su cui il Paese può crescere".
"Tagliare altri 100 mila cattedre nel prossimo triennio - dichiara Rino Di Meglio, della Gilda degli insegnanti - significherebbe smantellare la scuola statale". Il perché è presto detto. "Sbaglia chi attribuisce alla scuola sprechi di denaro pubblico - spiega Di Meglio - basta vedere, per esempio, lo stato di fatiscenza in cui versa la maggior parte degli edifici scolastici, sovraffollati, a rischio sicurezza e carenti persino di banchi, sedie e gessi, e il rapporto docenti-alunni sempre più sproporzionato. Risultato: per investimenti nell’istruzione, l’Italia si trova agli ultimi posti nella classifica dei paesi sviluppati".
Enrico Panini, leader della Flc Cgil sostiene: "Nella scuola si spremono oltre 8 miliardi di tagli, compresi quelli contabilizzati per il 2012". E paventa conseguenze disastrose. "Per realizzare questa perversa scelta, alla devastazione della rete scolastica (ottenuta peggiorando le attuali regole per formare le classi e per determinare i posti dei lavoratori ATA) - continua Panini - si aggiunge la devastazione degli ordinamenti che per la prima volta nella storia del nostro Paese saranno più poveri di quelli precedenti. Si ipotizza, infatti, il ritorno al maestro unico nella scuola primaria e, nella secondaria, meno ore e meno materie per tutti, a partire dalle scuole tradizionalmente destinate ai ceti più popolari".
Gli scenari. Ma come è possibile tagliare 150 mila posti se il governo precedente ha faticato a tagliarne 10 mila? "Se la manovra venisse confermata - dichiara l’ex viceministro alla Pubblica istruzione, Mariangela Bastico - Non si tratta di azioni volte alla razionalizzazione e all’efficienza del sistema, come quelli messi in atto dal governo precedente. Si tratta di interventi volti allo scardinamento della scuola pubblica. I tagli in questione possono essere realizzati - continua - sono smantellando pezzi del sistema scuola". In che modo? "Utilizzare il rapporto alunni/docenti - spiega la Bastico - è improprio perché in Italia le anomalie cui fa cenno il governo attuale sono dovute, per esempio, alle politiche per l’integrazione dei disabili". "In Italia i posti determinati dalla integrazione dei disabili sono circa 150 mila, negli altri pesi o ci sono le scuole speciali o questi posti sono a carico delle Politiche sociali".
E quali altri settori rischiano? "Il tempo pieno e il tempo prolungato alla scuola elementare - risponde l’ex inquilino di viale Trastevere - ma anche l’intera scuola dell’infanzia pubblica e l’istruzione degli adulti". Si potrebbe ritornare al maestro unico alla scuola elementare e si potrebbero ritoccare gli orari della scuola superiore. "Su quest’ultimo punto - continua la Bastico - siamo disponibili al dialogo. È possibile ridurre da 40 a 34 le ore nei tecnici e professionali ma questa manovra non consente di tagliare 100 mila posti. La cosa che mi meraviglia maggiormente è che il ministro Gelmini, nelle sue relazioni in Commissione, non ha accennato minimamente a politiche di riduzione così drastiche". E ancora, "la scuola non può reggere con un’assunzione ogni dieci pensionamenti", conclude. E per i 300 mila precari in attesa delle immissioni in ruolo il futuro si tinge di nero.
* la Repubblica, 24 giugno 2008.
ANALISI
L’America mi vuole l’Italia mi butta
di GIACOMO RIZZOLATTI, UNIVERSITA’ DI PARMA *
L’8 dicembre ho ricevuto una lettera da uno scienziato americano di prestigio che lavora al National Institute of Mental Health. Diceva che l’NIMH cerca uno studioso affermato come «lab chief». La lettera finiva con «please consider this seriously for yourself». Il 16 dicembre è stata pubblicata la notizia che il governo in un emendamento della Finanziaria decideva che io, come altri professori universitari, non servivo più e in un paio di anni, nel caso mio, dovevo andarmene a casa.
Da una parte la comunità scientifica più avanzata del mondo cerca di averti, dall’altra una comunità scientifica, purtroppo non eccezionale, mi considerava inutile. Come è possibile? Molto semplice. Da anni negli Usa si considera che discriminare una persona in base all’età non è diverso dal discriminarlo in base alla razza o al sesso. Quindi mandare a casa un professore attivo solo perché ha superato una certa età è illegittimo.
Un esempio calcistico spiega il perché di questa posizione legislativa. Immaginate una squadra formata da giovani ed anziani. Cosa succederebbe se l’allenatore decidesse che la formazione deve essere fatta in base all’età e non al merito? Cacciare via i Trezeguet o i Del Piero? Certo che no. Si direbbe che l’allenatore è un imbecille. Per l’università non è lo stesso? Anzi, se la Juventus perde dispiace ai tifosi, ma se la ricerca va male il Paese va in rovina.
La cosa è ancora più allucinante in quanto in Italia esiste, o meglio, esisteva una legge molto avanzata in questo campo, se non rispetto agli Usa ed al Canada, almeno rispetto a molti altri Stati europei. Secondo la vecchia legge, i professori vanno in pensione a 72 o a 75 anni, secondo l’anno in cui erano entrati un ruolo. Un punto debole della legge è che, negli ultimi anni di servizio, il professore è esentato dall’insegnamento, restando inalterati gli altri obblighi. Questo vecchio privilegio è effettivamente un lusso cui l’università, cronicamente cenerentola nei finanziamenti, oggi ha difficoltà a mantenere. Il problema, però, poteva essere risolto facilmente. Bastava rendere obbligatorio l’insegnamento fino alla pensione e chiedere il pensionamento anticipato di chi si rifiutava.
La gravità del provvedimento governativo non solo sta nelle sue conseguenze, ma anche nell’incapacità di chi l’ha proposto di comprendere chi è e cosa fa un professore universitario. Se i professori facessero solo dell’insegnamento agli studenti, il provvedimento sarebbe stupido, ma non disastroso. La parte però più impegnativa del lavoro del docente non consiste nel raccontare dati acquisiti a giovani studenti, ma nell’insegnare a persone che hanno uno specifico background culturale come si fa la ricerca giorno per giorno, ora per ora: consiste nella capacità di creare una massa critica di persone che sfruttino la sua esperienza, fattore essenziale almeno in campo biologico e medico, e consiste nell’inserire i collaboratori nei circuiti internazionali da cui arrivano quei fondi che il ministero non dà o dà in quantità risibile. Distruggere tutto ciò, che è fondamentale per fare andare avanti i centri di ricerca avanzata decapitando l’università, è un atto distruttivo di cui si pagheranno per anni le conseguenze.
Quali sono le speranze perché ciò non accada? Un ripensamento di questo governo (governo?) o del prossimo, o un intervento della magistratura. Un provvedimento fortemente lesivo dei contratti individuali di una categoria di persone dovrebbe avere buone probabilità di essere cassata dalla magistratura, come spesso avviene negli arditi provvedimenti che ogni tanto questo governo emana. Infine un aspetto personale. Uno è convinto di essere un individuo che ha aspettative, speranze, progetti e non di essere una cosa. Per il ministro no. I professori universitari sono merce che può essere scambiata o buttata via, se il ministro pensa che questo possa migliorare il bilancio del suo ministero e possa nascondere l’incapacità di gestirlo. Si diceva che i grandi rivoluzionari amassero molto l’Umanità, ma poco i singoli. Le caricatura moderna del rivoluzionario mantiene intatta tale caratteristica.
* La Stampa, 9/1/2008