K2, caso chiuso dopo 54 anni
i "saggi" riabilitano Bonatti
di LEONARDO BIZZARO *
Walter Bonatti |
IL CASO è chiuso. Aveva ragione Bonatti. 54 anni dopo, pressoché un primato, esiste una verità ufficiale sulla prima salita al K2. Bonatti riabilitato, non sfruttò l’ossigeno delle bombole che aveva portato in quota a Compagnoni e Lacedelli. I vincitori lo respirarono fino alla vetta. E tantissimi altri pesanti particolari di quelle ultime ore sulla seconda vetta del mondo sono da rivedere, dalla notte in tenda dei due, in una posizione diversa rispetto a quanto concordato, al terribile bivacco nella neve di Bonatti e Mahdi: un capitolo intero, sostanzialmente, del volume sulla spedizione firmato da Ardito Desio.
Lo sapevano tutti, ma sulla storia non esisteva ancora il timbro del Club alpino italiano. L’associazione ha finalmente dato il "visto si stampi" alla relazione che era stata chiesta nel 2004 a "tre saggi": lo scrittore Fosco Maraini e i docenti universitari Alberto Monticone e Luigi Zanzi. Fra qualche giorno il testo uscirà, pubblicato dall’editore Priuli&Verlucca, con l’introduzione del presidente generale del Cai, Annibale Salsa, le minuziose note esplicative di Zanzi e gli interventi storico-alpinistici di Enrico Camanni e Roberto Mantovani.
Da decenni si spingeva per una versione univoca su un’impresa che gli appassionati di tutto il mondo ricordavano ormai più per le polemiche, che per l’arrivo in vetta, la sera del 31 luglio 1954, di Lino Lacedelli e Achille Compagnoni. Polemiche che curiosamente non si scatenarono quando nel dicembre dello stesso anno uscì per Garzanti la relazione del capospedizione Ardito Desio. Pur zoppicante e lacunosa, soprattutto nella parte che riguardava l’assalto alla vetta, arrivò in libreria senza troppo clamore.
Le liti si scatenarono quando nel 1964 venne pubblicato, sulla Nuova Gazzetta del Popolo, un reportage che metteva sotto accusa il comportamento di Walter Bonatti. Al giovane alpinista - aveva 24 anni al tempo della spedizione - erano stati preferiti Compagnoni e Lacedelli per l’attacco finale, pur essendo lui l’uomo sicuramente più in forma del gruppo. Rispettoso della gerarchia, Bonatti accettò comunque gli ordini di Desio. Assieme all’hunza Mahdi portò le bombole di ossigeno fin oltre gli ottomila metri, dove avrebbe dovuto incontrare i compagni. Il bivacco dei due era stato però spostato, evidentemente temevano che Bonatti volesse sostituirli il giorno dopo nell’ultima corsa al K2.
Bonatti e Mahdi furono costretti a bivaccare all’aperto, una prova, a quell’altezza, cui nessuno fino allora era sopravvissuto. L’apporto fondamentale alla vittoria non gli venne riconosciuto per moltissimi anni. Non solo, fu invece accusato di aver consumato, per resistere nella notte, l’ossigeno delle bombole che aveva con sé, tanto da consegnarle pressoché vuote a Compagnoni e Lacedelli, costretti - secondo il loro racconto - a salire gli ultimi duecento metri senza l’aiuto del gas.
Una ricostruzione contro la quale Bonatti lottò sempre, con interviste e libri in cui puntigliosamente smontava le insinuazioni. Ma la sua versione sembrava destinata a non essere mai presa ufficialmente sul serio. Fino alla ricostruzione dei "saggi" di qualche anno fa, appunto. Ma anche al libro-intervista di Giovanni Cenacchi in cui Lacedelli ammise, nell’anno del cinquantenario, che non tutto era andato come Desio aveva scritto. Perfino Compagnoni fu costretto a dire che sì, forse qualche particolare andava corretto.
Morto Mahdi, morto Ardito Desio nel 2001, restava solo la figlia a opporsi fieramente a una revisione. Ma all’interno del Cai non era scomparsa una certa resistenza alla riscrittura di quelle pagine lontane. Il documento di Maraini, Monticone e Zanzi - che dava ragione a Bonatti su grandi questioni e su particolari apparentemente insignificanti - restò per qualche tempo in un cassetto. Intelligentemente, il presidente Salsa attese che si calmassero le acque. Anche la decisione di pubblicarlo è stata presa sottovoce.
Fra qualche giorno, anche il K2 avrà la sua storia. Una, accettata da tutti. E Bonatti, Compagnoni e Lacedelli, che vivono oggi una vecchiaia serena, potranno forse risedersi allo stesso tavolo.
* la Repubblica, 28 marzo 2008.
WALTER BONATTI (Wikipedia)
Addio a Walter Bonatti, alpinista e scrittore E’ morto improvvisamente, ieri sera, a Roma, per una malattia *
ROMA - Il grande alpinista, giornalista e scrittore Walter Bonatti, leggenda dell’alpinismo italiano, è morto improvvisamente, ieri sera, a Roma, per una malattia. Lo riferisce in una nota l’editore Baldini Castoldi Dalai. La salma sarà trasportata a Lecco dove sabato e domenica verrà allestita la camera ardente.
La notizia della morte di Bonatti è stata anticipata dal sito lastampa.it. Nato a Bergamo il 22 giugno 1930, Walter Bonatti è stato uno dei più grandi alpinisti a livello nazionale e internazionale, firmando alcune delle più audaci e complesse ascensioni tra gli anni ’50 e ’60. Inoltre è stato un apprezzato esploratore e autore di reportage sulle sue imprese in tutto il mondo. Iniziò a scalare sulle Prealpi lombarde subito dopo la guerra per poi cimentarsi sulle Dolomiti e sul Monte bianco. Nel 1951 compì la prima grande impresa: la prima scalata della parete est del Grand Capucin sul Monte Bianco. Seguirono altre ascensioni di assoluto valore nella stessa zona.
Nel 1954 fece parte della spedizione italiana che conquistò il K2: per anni fu al centro di polemiche per il ruolo ricoperto durante la scalata, nella quale fu costretto a bivaccare a oltre 8.000 metri di quota e si salvò miracolosamente. Dopo un lungo caso giudiziario, sia i Tribunali sia lo stesso Cai riconobbero la sua versione come l’unica vera. Negli anni seguenti compì altre imprese sul Monte Bianco (pilastro sud-ovest del Petit Dru, la Poire, il Pilone centrale del freney) prima di chiudere la carriera con la prima scalata invernale in solitaria del Cervino nel 1965. Successivamente si dedicò alle attività di esploratore e reporter. Bonatti era stato insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce, Ordine al Merito della Repubblica Italiana e di Ufficiale della Legion d’onore francese.
NEL 2010 NOMINATO CITTADINO ONORARIO M.BIANCO - Walter Bonatti era ’’cittadino onorario’’ del Monte Bianco. Il riconoscimento gli era stato assegnato il 31 luglio del 2010, sulla terrazza di punta Helbronner, a 3.462 metri di quota, dai sindaci di Courmayeur e Chamonix. ’’Non pensavo che il Monte Bianco potesse ancora regalarmi delle emozioni cosi’ grandi’’, disse nell’occasione con la voce rotta dall’emozione. ’’E’ l’uomo che piu’ di tutti ha rappresentato i valori dell’alpinismo e della montagna - avevano commentato i sindaci Fabrizia Derriard e Eric Fournier - oltre ad essere un simbolo della montagna che unisce. E’ figlio del Monte Bianco come nessun altro’’. Sempre sul Monte Bianco Bonatti aveva ricevuto nel 2009 il Piolet d’Or alla carriera, il piu’ prestigioso premio dell’alpinismo internazionale. ’’E’ un riferimento nell’universo della montagna, un alpinista ma anche un esploratore un reporter, si leggeva nelle motivazioni -, un mito ma soprattutto un uomo la cui storia e il cui stile di vita rappresentano e testimoniano in modo emblematico quei valori che sono alla base della manifestazione’’. Bonatti visse a lungo a Courmayeur, dove compi’ alcune delle sue piu’ grandi imprese. Si stabili’ ai piedi del Monte Bianco nel 1957 e vi resto’ fino all’inizio degli ’60.
BONATTI: QUANDO RESTITUI’ TITOLO CAVALIERE GRAN CROCE - Walter Bonatti nel 2004 ricevette dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il titolo di Cavaliere di Gran Croce. Alla cerimonia di premiazione, il 21 dicembre 2004 al Quirinale, l’alpinista scopri’ di essere stato premiato insieme ad Achille Compagnoni, il primo a salire sul K2 (con Lino Lacedelli), di cui aveva una pessima opinione dopo le aspre polemiche relative all’ascensione sul colosso pakistano. Con una lettera al Segretario Generale della Presidenza della Repubblica del 25 dicembre 2004, Bonatti restitui’ quindi l’onorificenza.
* ANSA, 14 settembre 2011, 13:19
Alpinismo, morto Lacedelli
conquistò la vetta del K2
A maggio la morte di Compagnoni *
CORTINA D’AMPEZZO (Belluno) - Lutto nell’alpinismo italiano. E’ morto stamane nella sua casa di Cortina Lino Lacedelli, l’alpinista che insieme ad Achille Compagnoni conquistò il 31 luglio 1954 il K2. Lacedelli, da tempo malato, avrebbe compiuto il prossimo 4 dicembre 84 anni.
L’estate scorsa il grande alpinista ampezzano aveva subito un intervento cardiaco, e nonostante una lunga riabilitazione non si era più ripreso. Proprio le difficili condizioni di salute gli avevano impedito di partecipare ai funerali di Compagnoni, deceduto il 13 maggio scorso, all’età di 94 anni.
* la Repubblica, 20 novembre 2009
Alpinismo
E’ morto Achille Compagnoni con Lacedelli conquistò il K2
Si è spento nella notte a 95 anni, ad Aosta l’alpinista italiano. Alpinista di grande valore ma al centro di grandi polemiche
di LEONARDO BIZZARO *
AOSTA - Se n’è andato Achille Compagnoni. Aveva 94 anni, un posto nella storia dell’alpinismo e dell’Italia, forse uno zaino di rimorsi. Tra qualche tempo, passata l’emozione dell’addio, anche i pochi che fino all’ultimo ne hanno difeso la memoria cominceranno a smontarme la figura. Nella vicenda romanzesca dell’assalto alle grandi montagne, che come un western ha avuto bisogno di figure immediatamente riconoscibili, lui rimarrà per sempre il cattivo. Quello che Ardito Desio aveva scelto fin dall’inizio come predestinato alla vetta del K2, nonostante un curriculum alpinistico non proprio prestigioso e un’età che a quei tempi non sembrava la più adatta a tentare la seconda montagna della Terra. Quello che sotto la cima convinse il suo compagno a spostare la tenda e a non rispondere alle grida di Bonatti, temendo che quest’ultimo, in gran forma, li raggiungesse e salisse con loro a piantare la bandiera, o addirittura li precedesse. Comportamenti che Lacedelli confermò nel 2004, l’anno del cinquantenario, intervistato da Giovanni Cenacchi in un libro che mise a rumore non solo il mondo alpinistico.
Compagnoni no, è rimasto zitto fino alla fine, ha continuato a ripetere lo stesso racconto fatto nel 1954, le stesse righe della relazione ufficiale che compaiono nel libro della spedizione firmato da Ardito Desio. Mezzo secolo dopo, nel gran fiorire d’iniziative editoriali, si limitò a ripubblicare il testo di un suo volumetto fotografico edito allora da Luigi Veronelli - "Uomini sul K2", in copertina solo il particolare delle dita piagate dai congelamenti - senza aggiungere nulla in più sui misteri e il non detto di quella spedizione.
Ma sarebbe ingiusto lasciare che Compagnoni venga sepolto - accadrà venerdì a Cervinia, dov’è sempre vissuto dopo il trasferimento dalla Valfurva - senza sottolinearne comunque il valore. Dopo la salita francese dell’Annapurna nel 1950 e quella inglese dell’Everest tre anni dopo, la vittoria italiana sul K2 appartiene comunque ancora all’epoca di un himalaysmo eroico, un tempo in cui poco si sapeva della fisiologia dell’uomo alle alte quote e muoversi lassù aveva le stesse incognite d’una spedizione sulla luna. Hermann Buhl è considerato alla stregua quasi di un superuomo per essere arrivato lo stesso anno, qualche mese più tardi, da solo sul Nanga Parbat. Compagnoni e Lacedelli non furono da meno. E Buhl, che davvero è stato un fuoriclasse, tirò avanti ingollando Pervitin - l’anfetamina dei piloti in guerra - e the di coca. I due italiani, almeno a leggere il loro racconto, si limitarono a una pastiglia di simpamina prima di scendere dalla vetta, al tramonto.
Doping a parte, il K2 è tuttora una delle montagne più temibili, lo sarebbe anche avesse qualche migliaio di metri in meno. La carneficina dell’estate scorsa, undici alpinisti uccisi dalle valanghe e dalla fatica, è, anche quella se vogliamo, la dimostrazione della grandezza dell’impresa italiana.
Non aveva una carriera alpinistica sfolgorante, Compagnoni, prima del K2. Qualche salita in Valfurva, luogo d’origine, poco di più attorno al Cervino, ai cui piedi si trasferì nel 1934, dopo aver prestato in Val d’Aosta il servizio militare. Al ritorno dal Pakistan, i congelamenti causati dal freddo degli 8611 metri - mentre riprendeva il panorama con una piccola cinepresa, perse la manopola di piumino e in un attimo si ritrovò con le dita bluastre - ne compromisero per sempre il futuro alpinistico. Dopo qualche polemica all’inizio degli anni Sessanta - un’intervista alla Nuova Gazzetta del Popolo di Torino in cui accusa Bonatti di aver abbandonato l’hunza Mahdi, dopo un drammatico bivacco sul filo degli ottomila - sceglie di stare in silenzio. Apre con i familiari un albergo che porta il suo nome, poco distante dal centro di Cervinia. Domani vi sarà allestita la camera ardente.
* la Repubblica, 13 maggio 2009
Il primo sul K2, è morto Achille Compagnoni
Fu il primo a salire in vetta al K2. È morto la notte scorsa all’ospedale di Aosta l’alpinista Achille Compagnoni, 94 anni. Insieme a Lino Lacedelli fu il primo a raggiungere, il 31 luglio 1954, la cima del K2.
Alpino in gioventù, per la sua fama di grande alpinista fu convocato da Ardito Desio nel 1953 per il tentativo di scalata alla seconda montagna più alta della Terra.
Durante la spedizione si distinse come uno dei leader del gruppo e dei più resistenti, tanto da essere scelto per l’attacco alla vetta, che raggiunse il 31 luglio con Lacedelli lungo la via dello Sperone Abruzzi.
Nella discesa dalla cima riportò il congelamento di alcune dita delle mani. Al ritorno in Italia fu coinvolto in una polemica con un altro membro della spedizione, Walter Bonatti, sulla ricostruzione della scalata.
Achille Compagnoni fu anche campione italiano di sci nordico e scalò il Cervino più volte per vie diverse. Era membro della Società delle guide alpine di Valtournenche e faceva l’albergatore a Cervinia.
Tra le onorificenze, fu insignito della Medaglia d’oro al valor civile nel 1954 e nel 2003 fu nominato Cavaliere di Gran Croce, Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Raccontò la scalata al K2 in due libri: «Uomini sul K2» Veronelli Editore, nel 1958, e «K2: conquista italiana tra storia e memoria», Bolis editore, nel 2004.
«La scalata al K2 di Compagnoni e Lacedelli fu uno degli ultimi atti dell’alpinismo eroico. Compagnoni era un alpinista molto forte fisicamente, tanto cuore e tanti polmoni. Ho sempre apprezzato la sua impresa, molto meno l’atteggiamento avuto dopo nel non riconoscere i meriti di Bonatti». Così il ricordo di Reinhold Messner.
* l’Unità, 13 maggio 2009