Protesta di solidarietà per il mancato pagamento delle inservienti che lavorano nelle "mikve", senza stipendio da cinque mesi
Israele, ebree ultraortodosse
minacciano sciopero del sesso *
TEL AVIV - I mariti di ebree ultraortodosse rischiano uno sciopero nel letto coniugale. A minacciare la singolare protesta in Israele sono le mogli degli ultraortodossi che intendono così denunciare il ritardo di oltre cinque mesi nel pagamento degli stipendi delle inservienti dei "mikve", luoghi dove secondo il rito ebraico tutte le donne religiose dovrebbero compiere abluzioni rituali almeno una volta al mese con lo scopo di "purificarsi" e poter poi avere rapporti con il partner.
"Fermiamo le abluzioni, e di conseguenza niente più sesso" ha annunciato con tono da rivolta l’avvocatessa Batia Kahane-Dror che, in un intervento nel forum femminista religioso "Kolech" (La tua voce), ha denunciato la situazione insostenibile creatasi nel suo "mikve".
Di "mikve" ce ne sono di norma alcuni per ogni quartiere, e persino le ebree laiche sono obbligate e recarvisi almeno una volta nella loro vita, con lo scopo di ottenere uno specifico certificato indispensabile a contrarre matrimonio. Secondo una interpretazione biblica, l’emersione che segue a un’immersione nel "mikve", ripete simbolicamente il processo di rinascita.
Le inservienti che lavorano in questa sorta di "vasche pubbliche" (non sempre igieniche poiché l’acqua deve essere piovana e può essere accumulata o ricambiata senza l’ausilio di tubazioni), ricevono di norma un misero stipendio pagato dai consigli religiosi, che dipendono a loro volta dal ministero degli affari religiosi e quindi, in definitiva, dal governo. Ma negli ultimi cinque mesi, per ragioni burocratiche, i pagamenti si sono interrotti del tutto.
Le inservienti sono impotenti perché, essendo anch’esse ebree ortodosse, non se la sentono di chiudere i "mikve" privando migliaia di donne del diritto di "purificarsi" mensilmente.
Così è scattata la molla rivoluzionaria di Kahane-Dror che con la sua proposta di proclamare lo sciopero del sesso dice di ispirarsi a Lisistrata, la donna ellenica che perorò una protesta dello stesso tipo per mettere fine alla guerra nel Peloponneso.
Alle sue compagne Kahane-Drod fa notare che se esse, in segno di solidarietà con le loro inservienti, cesseranno di compiere le abluzioni saranno "impure" agli occhi dei loro mariti i quali dovranno dunque rassegnarsi a settimane, forse anche a mesi, di astinenza sessuale forzata. Fino a quando cioè non si trovino i fondi per pagare gli stipendi arretrati. L’auspicio, ovviamente, è che gli uomini, sentendosi maggiormente coinvolti nel problema, esercitino pressioni sul potere politico per sbloccare i pagamenti.
Da giorni in Israele si moltiplicano le reazioni alla provocazione di Kahane-Dror. Da un lato ci sono commenti entusiastici, mentre dall’altro c’è lo scetticismo di quante trovano la sua proposta "populista". Ma la spregiudicata Kahane-Dror va per la sua strada: "Diciamocelo francamente - avverte - noi non moriremo di certo".
* la Repubblica, 2 aprile 2008.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
NAIROBI. PER SALVARE IL KENYA DALLA GUERRA, SCIOPERO DEL SESSO, UN G-10 DELLE DONNE.
Quando le ateniesi scoprirono l’arma del sesso
Mentre la città assiste alla prima della Lisistrata due giovani vengono brutalmente violentate: un affresco crudo e avvincente della Grecia nel 411 a. C. con le donne che combattono per la giustizia e la democrazia contro gli oligarchi
di Mirella Serri (La Stampa/TuttoLibri, 05.09.2015)
«La Grecia antica sembra molto lontana, ma non è così. E’ stata il laboratorio delle più scottanti questioni politiche che ancora adesso dominano lo scenario internazionale, dalla gestione della democrazia ai governi dittatoriali. Al tempo della guerra del Peloponneso si protestava contro gli oligarchi ateniesi e ora, analogamente, lo scontro avviene con i vertici della finanza internazionale. Nel mondo classico Atene era il cuore dell’Impero, forte e straricca. Attualmente proprio la piccola e marginale patria di Alexis Tsipras ha infastidito e messo in crisi le capitali mondiali in cui si concentrano risorse economiche e potere». Grecia di ieri e di oggi: lo storico e narratore Alessandro Barbero, di cui è in uscita l’avvincente romanzo Le Ateniesi, individua nel passato uno specchio della nostra complicata modernità. E lo fa raccontando una vicenda dura e coinvolgente, un terribile abuso sessuale di gruppo che avviene mentre tutta Atene è sugli spalti per assistere alla prima della Lisistrata, la commedia in cui Aristofane, scandalizzando un contesto sociale in cui le donne non avevano alcuna autonomia, immagina una netta presa di posizione femminile di fronte al protrarsi del conflitto.
Medievista per formazione e traditore per vocazione - ha ambientato, per esempio, in epoca napoleonica Bella vita e guerre altrui di mr. Pyle, gentiluomo, con cui ha vinto il premio Strega - l’autore torinese, adesso, si è trasformato in un «viaggiatore incantato» di periodi più remoti. A spingerlo in quest’esplorazione è stata la lettura dei libri di Luciano Canfora e il desiderio di confrontarsi con il «sistema democratico ateniese - spiega Barbero - che assicurava il voto a tutti e offriva anche forme di sussistenza e di reddito garantito per i più poveri». Il prologo delle Ateniesi si apre al suono dei flauti che accompagnano gli spartani in guerra: quella musica ammaliante nella battaglia di Mantinea irretisce e intrappola due opliti ateniesi, Polemone e Trasillo, che finiscono sotto le spade nemiche e vengono feriti ma non a morte. Sette anni dopo l’epico scontro, i due ex combattenti, nonché genitori di due graziose fanciulle, assistono alla rappresentazione della Lisistrata dove le consorti, stanche di essere lasciate sole dai loro mariti, fanno lo sciopero del sesso e occupano l’Acropoli. Grandi protagoniste del romanzo di Barbero, che si svolge alla fine dell’inverno del 411 a.C., sono dunque le donne, al contempo vittime ed eroine.
La violenza sulle due figlie di Polemone e Trasillo si verifica mentre i cittadini di Atene sono a teatro: questa simultaneità degli eventi, l’abuso sessuale e la rivolta femminile, ha un valore simbolico?
«Lo stupro è la manifestazione del profondo disagio degli uomini di fronte al desiderio di emanciparsi delle mogli. Non confondiamo però Lisistrata con le progressiste pacifiste e “di sinistra” dei nostri giorni: l’astinenza tra le lenzuola da lei promossa coincide con il desiderio di pace degli oligarchi che, al contrario della plebe e della gran massa della popolazione, non vedevano nel conflitto un’occasione di guadagno. Nei capitoli in cui narro la rappresentazione teatrale della Lisistrata - che ho personalmente ritradotto dal greco - ho cercato di dar vita alle emozioni degli spettatori, alle urla d’indignazione, ai berci e alle discussioni che accompagnarono lo spettacolo».
Ma il vero e più cruento show si svolge altrove, fuori dal teatro, nella sontuosa magione dove le ragazze, attirate con un inganno, vengono torturate e ridotte in fin di vita da Cimone e dai suoi amici: in queste pagine al lettore sembra di rivivere il massacro compiuto al Circeo dai tre pariolini, esponenti della Roma bene. Era nelle sue intenzioni?
«Ogni generazione conserva la memoria indelebile di qualche eccidio. Mio padre non dimenticò mai la strage di Villarbasse in Piemonte del 1945 in cui dieci persone vennero bastonate e gettate vive in una cisterna. A 16 anni mi s’impresse come un marchio il delitto del Circeo in cui i violentatori erano tali anche per affermare la loro superiorità sociale ed economica».
I ricchi che abusano delle fanciulle sono gli stessi aristocratici che vogliono abbattere le istituzioni democratiche?
«Quello ateniese era un governo del popolo che, è necessario ricordarlo, aveva anche un volto assolutamente spietato. Quando gli abitanti di Melos scelsero di essere neutrali, i combattenti di Atene sgozzarono gli uomini e ridussero in schiavitù donne e bambini. Ho affidato a Crizia, politico, filosofo e scrittore, il compito di organizzare un putsch pacifista con altri nobili riuniti nelle Eterie, le sette segrete che praticavano la lettura di opere poetiche, la pederastia come forma di educazione per i giovani e l’abitudine del simposio esclusivamente maschile».
Nel suo libro i sussulti antidemocratici si risvegliano quando si percepisce una diffusa fragilità. Un altro richiamo alla contemporaneità?
«Mentre scrivevo non pensavo ai nostri giorni più recenti ma al Novecento, all’avvento del fascismo, agli sconvolgimenti dittatoriali che hanno segnato il Sudamerica. Crizia poi diventerà il capo dei Trenta Tiranni e instaurerà il terrore condannando a morte i suoi avversari, cacciando via i meno abbienti dal governo della città, privandoli del voto e di ogni trattamento umano».
In Italia ora, però, non si sente per fortuna alcun tintinnar di sciabole. Cosa ci insegna il mondo classico?
«Stiamo vivendo in un momento di svuotamento e di profonda trasformazione delle istituzioni. La democrazia anche quella moderna è una conquista che non è data una volta per tutte, è instabile e mutevole e va tutelata, questa la lezione dell’antichità, dai soprusi dei più facoltosi e potenti».
Le associazioni femminili annunciano una settimana di astinenza
per richiamare l’attenzione sulla situazione del paese
Donne, sciopero del sesso
per salvare il Kenya dalla guerra
Alla protesta aderisce anche la moglie del primo ministro
Odinga. Le prostitute pagate per non fornire prestazioni ai clienti
di FRANCESCA CAFERRI *
SITUAZIONI straordinarie richiedono interventi straordinari. Deve aver pensato questo un gruppo di donne kenyane di fronte alla possibilità che il Paese sprofondasse, come giù accaduto a fine 2007, nella violenza politica. La soluzione che hanno trovato per scongiurare il possibile braccio di ferro fra il presidente Mwai Kibaki e il primo ministro - nonché rivale politico - Raila Odinga passa attraverso le lenzuola: una settimana di sciopero del sesso, per dare agli uomini il tempo e la possibilità di riflettere sulla crisi che rischia di riesplodere.
"Questo boicottaggio è un modo per protestare contro i nostri leader e chiedere loro di prendersi la responsabilità del Paese", ha spiegato mercoledì a Nairobi Carole Ageng’o, presidentessa di un gruppo di supporto a donne e bambini, annunciando l’iniziativa alla stampa. "Vogliamo dare a ogni famiglia il tempo per parlare di come è guidato questo Paese e di quello che ognuno di noi si aspetta dal governo", le ha fatto eco Patricia Nyaundi, un’altra delle leader della protesta.
Per evitare di vanificare lo sciopero, le donne - riunite in un cartello denominato G-10 - hanno annunciato che nella protesta saranno coinvolte anche le prostitute: quelle delle zone di Nairobi dove la prostituzione è più frequente saranno infatti pagate dalle associazioni femminili per astenersi dal fornire prestazioni ai clienti.
In Kenya la tensione è alta da settimane: l’accordo fra il presidente Kibaki e Odinga, da mesi traballante, sembra aver raggiunto il punto di rottura. Odinga ha minacciato nei giorni scorsi di chiedere elezioni anticipate. Era stata proprio la contestazione da parte del movimento di Odinga delle elezioni del 2007 a portare agli scontri che per settimane avevano insanguinato il Paese, facendo circa 1.500 morti e 400mila sfollati. Solo l’intervento dell’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan era riuscito a fermare la violenza e a portare a un accordo i due rivali. Ora il "matrimonio di convenienza" - come lo hanno definito le donne - è arrivato al capolinea e il Kenya deve trovare una nuova formula se non vuole sprofondare di nuovo nella violenza politica.
Riuscirà lo sciopero del sesso a dirimere i nodi sul tappeto? Oltre alle associazioni femminili, è anche la moglie del primo ministro Odinga, Ida, a scommettere che l’idea potrebbe funzionare. "Le voci delle donne devono essere ascoltate - ha spiegato al quotidiano The Standard, annunciando la sua adesione "al 100%" alla campagna - questa non è una punizione, ma un modo per mettere in evidenza la questione". La risposta della first lady Lucy Kibaki non è ancora arrivata, ma le donne promotrici dell’iniziativa sono fiduciose che anche da lei arriverà un sì: come la moglie del primo ministro infatti, la Kibaki è madrina di molte associazioni femminili.
Non condividono l’ottimismo della first lady, invece, i lettori di The Nation, il principale quotidiano kenyota: la maggior parte dei commenti di quelli che hanno scritto al giornale dopo la pubblicazione della storia sono infatti negativi. "Una dimostrazione di strada sarebbe stata più efficace - scrive un lettore - l’unica cosa positiva che c’è in Kenya in questo momento è la vita dentro alle mura domestiche. Che senso ha toglierci anche quella?".
* la Repubblica, 1 maggio 2009
Medio Oriente, la sfida delle prime donne
di Umberto De Giovannangeli *
Belle. Eleganti. Moderne. Buoni studi e ottime letture. C’è chi ha servito nel più agguerrito servizio segreto del mondo (il Mossad), Chi ha lavorato con successo presso la sede londinese della Deutsche Bank e successivamente alla J.P.Morgan. Chi ha inaugurato il suo sito web visitato in soli due giorni da oltre 150mila utenti. Asma. Rania. Tzipi. La «rivoluzione rosa» in Medio Oriente. Hanno conquistato le copertine dei settimanali spesso oscurando mariti re, presidenti e (Tzipi) premi ministri che si vorrebbe spodestare. I tre volti di un Medio Oriente che guarda al futuro: sono loro le «ambasciatrici» del cambiamento.
ASMA al-ASSAD. La moglie «inglese» per il rais di Damasco, Bashar el-Assad. Colta, indipendente, nata in Gran Bretagna, figlia di un noto cardiologo siriano, Fawaz Akhras, Asma e Bashar si sono conosciuti a Londra, quando il giovane delfino di Hafez el Assad studiava da oculista. La loro, racconta, è stata una travolgente love story, un vero colpo di fulmine: con Bashar è bastato uno sguardo: «Ho saputo che mi sposava il giorno prima delle nozze». Hanno una comune passione: le nuove tecnologie. Asma è laureata in informatica e affascinata dalla new economy. Laureata in informatica e letteratura francese, la first lady siriana (33 anni l’11 agosto), ha lavorato nel 1997 presso la sede londinese della Deutsche Bank come analista nel ramo vendita ed acquisto degli «hudge fund», occupandosi dei clienti nell’Estremo oriente e in Europa. È poi passata, un anno dopo,, alla J.P. Morgan dove è rimasta per tre anni, fino al matrimonio. Madre di tre bambini, Asma interpreta dinamicamente il ruolo di first lady: ha dato vita a progetti per lo sviluppo economico della Siria, tra cui la prima Ong siriana per lo sviluppo rurale, il Fund for Integration Rural Development, ed oggi continua ad occuparsi anche di educazione femminile nel mondo arabo e del ruolo delle donne imprenditrici, della diffusione dei libri per bambini, dello sviluppo dell’informatica. La sua attività a sostegno di eventi culturali, ed in particolare storici ed artistici, le è valso il conferimento, da parte dell’Università La Sapienza di Roma, di una laurea honoris causa in archeologia.
RANIA di GIORDANIA. L’identità cosmopolita è l’interfaccia della sua passione per Internet. «Sono araba dalla testa ai piedi, ma parlo anche un linguaggio internazionale...l’incontro con culture e tradizioni diverse mi ha dato molta forza e una certezza: non considero più nessuno come straniero». Bella ed elegante. Nuova icona dello stile e grandissima fans della moda italiana. Rania (38 anni il 31 agosto), la dolce regina (dal 1999) di Giordania, è già considerata la Jacqueline Kennedy del Terzo Millennio. Con la first lady siriana condivide la passione per l’informatica. Chi la conosce da vicino, parla di lei come una persona intelligente, ambiziosa, determinata. Uno spirito libero, fiero e indipendente. Una donna dal fascino indiscutibile: è stata considerata, nel 2005, dal magazine inglese Harpers and Queens come la terza donna più bella del mondo. Moderna come poche, Rania parla ora attraverso il web. Nei primi due giorni on line, il suo video è stato visto da oltre 150mila utenti che hanno postato ben 500 commenti. Rania, che gestiva già dal 2005 il suo sito www.queenrania.jo, ha spopolato con il suo videomessaggio su Youtube. In esso si rivolge prevalentemente al popolo occidentale a cui dice: «In un mondo in cui è così facile essere connessi, restiamo ancora così disconnessi...». Le conversazioni via e-mail sono il naturale proseguimento dei colloqui diretti con al gente che sono nell’agenda quotidiana della regina. Il suo sogno, ha più volte affermato, è aiutare la pace e la prosperità del Medio Oriente dotando di computer ogni casa, ogni scuola, ogni luogo pubblico in Giordania e nel resto del mondo arabo: «Con i computer, Internet e le opportunità offerte dall’informazione multimediale non ci si può più isolare. La pace non può limitarsi alle scelte e al coraggio dei leader. In Medio Oriente non c’è ancora il pieno coinvolgimento della gente. Ma quando la pace rientra nei tuoi interessi, esaltati dalla cooperazione, il rischio di conflitti si allontana, fino ad annullarsi». Sulla sua scrivania, nella semplice palazzina a due piani dove abitava con Abdallah ancor prima di ascendere al trono, situata sulla vetta della collina di Baraka, il computer della regina è sempre acceso. Per Rania il computer è più che uno strumento di potere, è la speranza di una vita migliore. Migliore per il popolo di cui è divenuta regina, e per il popolo di cui, Rania, si sente fiera di essere parte: il popolo palestinese.
TZIPI LIVNI. È la seconda donna nella storia di Israele ad aver guidato la diplomazia dello Stato ebraico. La prima fu Golda Meir. Chi la conosce, parla di lei, Tzipi (Tzipora all’anagrafe) Livni, nei termini in cui definisce la sua diplomazia: efficace, intelligente, a tratti un po’ fredda: un mix tra aggressività e dolcezza. Oggi, Tzipi Livni è considerata il secondo politico più potente di Israele: nelle primarie di Kadima, previste per la metà di settembre, è l’avversaria più ostica per il premier Ehud Olmert.
Sposata con due figli, avvocata di successo, Tzipi (50 anni) nasce da una famiglia dell’aristocrazia della destra storica israeliana: suo padre, Eitan Livni, è stato un combattente dell’indipendenza israeliana, militante nell’Irgun durante gli anni del mandato britannico sulla Palestina. Eletta per la prima volta alla Knesset nel 2001 con Likud (la destra israeliana) prima di divenire titolare degli Esteri, ha ricoperto, tra le altre, le cariche di ministra dell’Immigrazione e, successivamente, della Giustizia. Nel 2007 la rivista Time l’ha inserita fra le 100 persone che stanno trasformando il mondo. Rispetto ad Asma e Rania, Tzipi ha più stile che fascino, lo stile - raccontano i suoi collaboratori - di chi è stato luogotenente di Tzahal e servito per quattro anni nelle file del Mossad, il servizio segreto israeliano. Sulla lapide del padre è incisa una mappa d’Israele che include le due rive del Giordano, ma oggi, Tzipi è decisa sostenitrice di una «pace nella sicurezza», fondata sul principio «due popoli, due Stati». Quanto alla Siria, è stata lei, ben prima di Olmert a sostenere la necessità di dar credito alle aperture di Assad.
* l’Unità, Pubblicato il: 16.07.08, Modificato il: 16.07.08 alle ore 8.26