Dopo l’apartheid e dopo Mandela...

IN SUDAFRICA UNA PERICOLOSA ONDATA XENOFOBA. Almeno 6 mila persone hanno cercato rifugio nelle chiese e nelle stazioni di polizia. Sono soprattutto cittadini dello Zimbabwe. Una corrispondenza di Massimo A. Alberizzi - a cura di pfls

mercoledì 21 maggio 2008.
 
[...] Mentre il presidente sudafricano Thabo Mbeki ha annunciato un’inchiesta «per capire cos’ha provocato l’ondata di violenza», Jacob Zuma, presidente del partito al potere, l’African National Congress e futuro candidato alla presidenza l’hanno prossimo, è andato giù pesante con dichiarazioni che hanno marcato la distanza politica che separa i due uomini (nella corsa alla nomination Zuma ha battuto il candidato di Mbeki): «Dobbiamo vergognarci del nostro comportamento - ha detto - . Noi sudafricani durante l’apartheid abbiamo trovato rifugio in Paesi stranieri e siamo stati trattati benissimo. Chi scappa da condizioni disperate deve essere accolto con comprensione». Una stilettata a Mbeki. Il presidente sul problema dello Zimbabwe - Paese precipitato nel barato di una terribile crisi economica grazie al dittatore Robert Mugabe - ha sempre tenuto un atteggiamento conciliante, mentre Zuma ritiene che debba essere risolto al più presto perché destabilizza il mezzogiorno del continente [...]

almeno 6 mila persone hanno cercato rifugio nelle chiese e nelle stazioni di polizia

La grande fuga dall’ondata xenofoba

Il Sudafrica precipita nel caos

Sono cittadini dello Zimbabwe, scappati attanagliati dalla fame e minacciati dalla violenza politica *

DAL NOSTRO INVIATO NAIROBI - Fuggi fuggi generale degli emigranti dal Sudafrica dopo le violenze cominciate sabato, che hanno lasciato sul terreno 22 morti a Johannesburg. I disperati che negli ultimi mesi avevano cercato un rifugio nel più ricco Paese del continente a caccia di un lavoro cercano disperatamente di mettersi in salvo. Si calcola che almeno 6 mila persone abbiano cercato rifugio nelle chiese e nelle stazioni di polizia.

Sono soprattutto cittadini dello Zimbabwe, scappati da una crisi economica senza precedenti, attanagliati dalla fame e minacciati dalla violenza politica. L’ondata xenofoba, però, non risparmia nessuno. Soprattutto nigeriani, congolesi, pachistani, gente del Malawi. A Città del Capo è stata presa di mira la comunità somala che gestisce una gran quantità di piccoli commerci. «Nella mia chiesa ospito almeno 1500 persone - ha detto il vescovo metodista Paul Verryn - . Abbiamo già dovuto respingere due assalti. E’ una guerra di poveri contro poveri». Gli stranieri, come sempre accade, sono accusati di portar via gli affari e il lavoro. Fanno da capro espiatorio e scontano gli effetti della crisi sociale ed economica che ha colpito il Sudafrica dove la disoccupazione ha raggiunto il 30 per cento, il costo della vita è salito vertiginosamente, non si trovano case, la criminalità è aumentata in maniera esponenziale e il divario tra ricchi e poveri è diventato impressionante.

Ogni giorno, specie a Johannesburg, vengono consumate impunemente rapine e stupri. Le gang - scrivono i giornali - attendono con ansia il 2010, anno in cui il Sudafrica ospiterà i mondiali di calcio. Ieri mattina lo Star, il più diffuso giornale sudafricano, ha pubblicato in prima pagina la raccapricciante fotografia di un uomo bruciato vivo. Ma il monito non è servito a nulla. Le violenze sono continuate per tutto il giorno, soprattutto nelle città e nei villaggi verso il confine con lo Zimbabwe, dove in continuazione passano decine di persone scavalcando reti ormai ridotte a un colabrodo. Bande di giovani armati di coltelli e bastoni hanno attaccato, saccheggiato e bruciato i negozi e le case degli stranieri.

Il capo della polizia, dopo aver annunciato che i suoi uomini hanno arrestato almeno 600 persone, ha gettato acqua sul fuoco: «Non parlate di xenofobia - ha detto ai giornalisti - qui si tratta di criminalità comune». Le due cose, probabilmente, sono strettamente collegate. Fame e povertà generano violenza. Mentre il presidente sudafricano Thabo Mbeki ha annunciato un’inchiesta «per capire cos’ha provocato l’ondata di violenza», Jacob Zuma, presidente del partito al potere, l’African National Congress e futuro candidato alla presidenza l’hanno prossimo, è andato giù pesante con dichiarazioni che hanno marcato la distanza politica che separa i due uomini (nella corsa alla nomination Zuma ha battuto il candidato di Mbeki): «Dobbiamo vergognarci del nostro comportamento - ha detto - . Noi sudafricani durante l’apartheid abbiamo trovato rifugio in Paesi stranieri e siamo stati trattati benissimo. Chi scappa da condizioni disperate deve essere accolto con comprensione». Una stilettata a Mbeki. Il presidente sul problema dello Zimbabwe - Paese precipitato nel barato di una terribile crisi economica grazie al dittatore Robert Mugabe - ha sempre tenuto un atteggiamento conciliante, mentre Zuma ritiene che debba essere risolto al più presto perché destabilizza il mezzogiorno del continente.

Massimo A. Alberizzi malberizzi@corriere.it

* Corriere della Sera, 20 maggio 2008


Sudafrica (Wikipedia).


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