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Ndrangheta: Farao taglia la corda, dopo essere stato beccato nella Sila cosentina. Una botta per la giustizia

Sconcerto del deputato Doris Lo Moro
martedì 11 novembre 2008.
 

CROTONE - E’ rimasto agli arresti domiciliari solo sei giorni il boss della ’ndrangheta. Silvio Farao, sessantenne boss di Cirò, era condannato all’ergastolo ma i termini della carcerazione preventiva erano scaduti e lui era uscito. Avrebbe dovuto sottostare agli obblighi di "sorvegliato speciale", ma ha preferito scappare e unirsi nella fuga a Cataldo Marincola, l’altro capo del clan.

Erano nascosti in un casolare nella Sila cosentina quando i carabinieri, sei giorni fa, li hanno arrestati: Marincola è finito dietro le sbarre perché doveva scontare un residuo pena di un anno e mezzo. Farao ha ottenuto i domiciliari perché la violazione degli obblighi di sorvegliato speciale non è un reato così grave. Per il vero delitto, quello che gli ha procurato l’ergastolo, attende il giudizio della Cassazione. Nel frattempo, terminata la carcerazione preventiva, è ritornato uccel di bosco fuggendo da una "carcerazione" dorata a casa sua.

"Sconcertante", ha detto Doris Lo Moro, deputato del Pd e segretario della commissione Affari Costituzionali della Camera. "Dopo tanti successi dello Stato nella lotta contro la criminalità, l’evasione del boss sconcerta".

La condanna all’ergastolo era stata inflitta a Silvio Farao nel marzo di quest’anno dalla corte d’appello di Catanzaro per l’omicidio di Mario Mirabile, ucciso a Corigliano Calabro nel 1990 nell’ambito di una guerra di mafia. Per lo stesso delitto, è stato condannato all’ergastolo anche il fratello di Silvio, Giuseppe Farao, mentre al complice Cataldo Marincola sono stati inflitti 30 anni di reclusione.

Prima di quest’ultima sentenza, i giudici si sono pronunciati altri quattro volte: per due volte sono stati condannati all’ergastolo in primo grado e per due volte sono stati assolti in appello. Questioni di errori procedurali. Senonché la Cassazione, a giugno del 2006, ha annullato l’assoluzione che per la seconda volta era stata pronunciata nei confronti dei tre imputati e ha rinviato il processo davanti ad una diversa sezione della corte d’assise d’appello di Catanzaro che, a marzo di quest’anno, infine li ha condannati. Ma manca il pronunciamento della Cassazione. E nel frattempo, il boss è ritornato nella latitanza.

Da Repubblica

questo articolo lo trovi anche su www.ndrangheta.it


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