IL VATICANO E IL CODICE DA VINCI
MADDALENA DELLO SCANDALO
di Gian Enrico Rusconi (La Stampa, 30 aprile 2006)
La reazione allarmatissima e decisa della Chiesa cattolica contro il romanzo, ed ora film, Il Codice da Vinci è il sintomo di una serie di questioni assai più complesse di quanto non si sospetti.
Perché mai un romanzo che narra una storia giudicata falsa e inattendibile, anzi considerata calunniosa e offensiva nei confronti di Gesù e della Chiesa ha un tale incredibile successo? Non certo per sue particolari qualità estetiche o per l’originalità della sua trama. Anche tenendo conto della imprevedibile casualità di molti best sellers, c’è qualcosa di inspiegabile. Apparentemente.
In realtà questo successo può essere letto come una paradossale domanda di conoscenza sulle origini del cristianesimo, che la Chiesa rischia di fraintendere o eludere se si chiude nella risentita anche se legittima difesa della propria dignità. I milioni di lettori del Codice da Vinci sono cristiani curiosi, anche se mal informati. Certamente colti di sorpresa nell’apprendere della supposta storia d’amore tra Gesù e Maddalena. Questo è il cuore segreto dello scandalo, anche se è il semplice avvio di una complicata storia di potere e di scontri di potere all’interno delle istituzioni ecclesiastiche.
La Chiesa è sfidata sul terreno che sino ad ieri riteneva di gestire sovranamente - il controllo dottrinale e mediatico della proprie origini e della propria logica istituzionale. Inoltre, smentendo la relazione tra Gesù e Maddalena, deve affrontare alla radice anche la questione dei rapporti affettivi ed erotici sulla quale la Chiesa ora sta giocando la sua grande partita morale.
Ma al di là di questo, la Chiesa si sente sfidata da una ricostruzione arbitraria del suo potente apparato istituzionale. Anche se avventurosa e calunniosa, questa ricostruzione sembra aver colpito la fantasia dei lettori più di tante dotte analisi storiche.
A fronte di questa situazione, il Segretariato della Congregazione per la dottrina della fede, ha reagito come se si trattasse esclusivamente di un vergognoso attacco globale diffamatorio alla Chiesa. Monsignor Angelo Amato ha parlato di «calunnie, offese ed errori che se fossero stati indirizzati al Corano o alla Shoah avrebbero provocato giustamente una sollevazione mondiale». Ha aggiunto: «Penso che in questi casi i cristiani dovrebbero essere più sensibili al rifiuto della menzogna e della diffamazione gratuita». Dunque fa anche un’accusa diretta ai fedeli. Vedremo se il pubblico italiano risponderà all’invito del Vaticano di boicottare il film. Sarà un test interessante.
Intanto in questo contesto registriamo diversi atteggiamenti di due intellettuali cattolici attivi nel circuito mediatico. Franco Cardini nel successo del libro di Dan Brown vede un’operazione di discredito del Vaticano ad opera dei falchi della Casa Bianca a motivo della guerra in Iraq, notoriamente criticata dalla Santa Sede. Mi sembra un’ipotesi fantapolitica, aderente soltanto alla logica del romanzo che vuole contestare. Vittorio Messori invece invita a fondare una Lega contro la diffamazione del cristianesimo, nello stile di analoghe iniziative nel mondo. L’idea in sé potrebbe avere successo: si inserisce in una logica tipica di società aperta, conflittuale, iperliberale. Il guaio è che da noi verosimilmente si trasformerà presto in una serie di crociate legali e non legali. Vedremo la magistratura scendere in campo a difendere «l’onore offeso» dei cattolici?
La vera sfida del Codice da Vinci non si affronta con il tono vittimistico dell’ortodossia umiliata, ma con una azione comunicativa, mediatica e culturale, ricca di informazioni critiche, schiettamente consapevole di questioni storiche e dottrinali non risolte o poco chiare. Riaprendo il dibattito pubblico sulle origini della Chiesa. Soprattutto trattando i cristiani da adulti, non da eterni minori da indottrinare e da difendere da cattiva letteratura.
Sul tema, nel sito e in rete, si cfr.:
IL CODICE DA VINCI ... KOYAANISQATSI (LA VITA SENZA EQUILIBRIO - LIFE OUT OF BALANCE).
Il caso.
Dante e i Fedeli d’Amore: soltanto fake news
La “setta” cataro-templare di cui avrebbe fatto parte Dante è il fortunato frutto di una mistificazione novecentesca Ma i filologi ignorano le lacune dantesche sul neoplatonismo
di Franco Cardini (Avvenire, martedì 1 dicembre 2020)
Nell’approssimarsi del 2021, “Anno Dantesco” - e nella speranza ch’esso ci porti in dono anche la liberazione dall’epidemia - , è utile auspicare che alcune questioni dantesche vengano definitivamente risolte; e che su alcuni equivoci si faccia finalmente piena luce. In tempi di trasformazione epocale della “cultura diffusa” in seguito alla crisi delle istituzioni tradizionali scolastiche e universitarie e del diffondersi dei social (con la conseguenza allarmante di un intensificarsi della confusione dei linguaggi e della perdita progressiva di ancoraggi culturali autorevoli sui quali fondarsi) stanno pericolosamente riemergendo questioni dalle quali speravamo di essere definitivamente usciti.
Una delle più divertenti da un lato e angoscianti dall’altro, e che riguarda appunto Dante e il suo tempo, è quella dei “Fedeli d’Amore”. Una strana storia, un equivoco nato fra Otto e Novecento e in seguito bizzarramente trascinatosi in seguito all’affermarsi nella nostra cultura sia d’élite, sia “diffusa”, dell’interruzione di un dialogo che ha dato luogo a una sorta di schizofrenia, di dialogo tra sordi.
Nel sonetto dantesco A ciascun’alma, il primo accolto nella Vita Nova (III), il giovane poeta c’informa di essere stato còlto nella sua stanza “da un soave sonno” dopo aver incontrato diciottenne (si era quindi verso il 1283) per la secondo volta “la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice”. -Durante il sonno, egli narra di essere stato visitato verso l’alba da uno di quelli che Carl Gustav Jung avrebbe definito “sogni significanti”: svegliatosi, aveva composto un sonetto e lo aveva inviato alla ristretta cerchia di coloro che egli chiama “tutti li Fedeli d’Amore”- Guido Cavalcanti e Lapo Gianni principalmente -, pregandoli “che giudicassero la mia visione”. La quale era terribile: Dante aveva sognato il loro “signore”, cioè Amore personificato, in quale teneva fra le braccia “madonna” (cioè Beatrice) addormentata e in mano il cuore di Dante stesso, ardente; e, svegliatola, la costringeva spaventata a mangiarlo.
Il “cuore ardente” e il “cuore mangiato” sono immagini archetipiche fondamentali nella nostra cultura, e anche in altre: ne parla anche il Boccaccio, nella nona novella della IV giornata del Decameron.
L’ispiratore primario del giovane Dante era il poeta Guido Guinizzelli, il quale a sua volta era divenuto un celebre caposcuola per la sua canzone Al cor gentil, nella quale con efficace e affascinante chiarezza, ma sulla base di un’esile autocoscienza filosofica, aveva diffuso la lezione ripresa in pieno XII secolo dal trattato De amore di Andrea Cappellano, chierico al servizio di Maria di Champagne, figlia di Luigi VII di Francia e della grande Eleonora d’Aquitania, e pertanto sorella di Riccardo Cuor di Leone.
Ora, Eleonora aveva fatto conoscere in Francia settentrionale, cioè nel “paese della lingua d’oïl”, la poetica di suo padre Guglielmo IX, duca d’Aquitania e celebre trovatore, fondata sul servizio dell’innamorato all’amata: il primo considerato vassallo ( fizel, cioè fidelis) della seconda, che gli ha concesso in feudo il suo stesso cuore.
Ma la dottrina di Andrea era una metafora del magistero relativo all’amore che risaliva a Platone e che, dopo aver animato tutto il neoplatonismo medievale, era giunto nella cristianità occidentale alla sua piena maturazione con il platonismo della scuola di Chartres, cui ha dedicato un “classico” Tullio Gregory con il suo Anima mundi (nuova edizione, Fondazione CISAM, Spoleto 2020). Il fatto è che l’aristotelismo scolastico di Tommaso d’Aquino, principale referente di Dante, aveva spazzato via un insegnamento senza il quale gli stessi Agostino e Boezio, capifila della filosofia cristiana medievale, risultavano quasi incomprensibili, e durante il secolo XIX Dante e il suo richiamo ai “Fedeli d’Amore” (ormai divenuto un gruppo penitenziale esclusivo e segreto) era stato reinterpretato in modo tanto originale quanto obiettivamente mistificatorio da un professore liceale di filosofia, Luigi Valli (1878-1931), il quale aveva reinterpretato il misticismo politico laicista “ghibellino” di Ugo Foscolo e di Dante Gabriele Rossetti ohimè legittimato dalla sterminata, equivoca erudizione di Giovanni Pascoli. Era così nata la “sètta” medievale dei “Fedeli d’Amore”, oscuramente collegata al catarismo, al templarismo e alla Weltanschauung massonica, alla quale avevano fornito credibilità gli stessi saggi dell’esoterista René Guénon. Il tutto era stato sigillato da un altro geniale pasticcione, Alfonso Ricolfi, anch’egli documentatissimo critico dei “Fedeli d’Amore” e delle “Corti d’Amore” in polemica col Valli.
Bisogna dire che i professionisti della ricerca storico-filolgica dantesca, anziché replicare mostrando semplicemente gli equivoci generati dalle scarse cognizioni filologiche del giovane Dante (e anche di quello non più giovane) a proposito del neoplatonismo antico e medievale, si erano dottamente impegnati a sottolineare che i “Fedeli d’Amore” non erano mai esistiti con l’aiuto di ottimi documenti autentici, che per loro natura tutto potevano però provare meno che l’inesistente fosse mai esistito. Risultato di tutto ciò, un’incredibile follia schizofrenica: da una parte storici e filologi occupati a scomunicare - si leggano le pagine del Garin, del Viscardi e del Sapegno - l’inconsistenza e l’irrazionalismo dei seguaci del Rossetti e del Valli, dall’altra coloro che ne approfondiscono incuranti le tematiche.
Il punto però è che entrambe le “scuole” - chiamiamole così - sono partite da Dante e hanno seguito le polemiche nate sui “Fedeli d’Amore” fino ai giorni nostri senza ascoltare mai l’altra campana. Sarebbe stato sufficiente che gli studiosi seri e i dantisti filologicamente attrezzati avessero ricostruito - e avrebbero potuto ben farlo - le lacune di Dante relative ai fondamenti neoplatonici dell’Amor cortese. Il Contini e il Vinay c’erano andati vicini; nel segno aveva colpito la scuola di Maria Teresa Beonio Brocchieri, che però non si era preoccupata di “disincantare” né il Pascoli né il Valli.
Oggi, Franco Galletti torna sui “Fedeli d’Amore” con La bella veste della verità (Mimesis, pagine 602, euro 32,00), nel quale ricostruisce l’influenza della dottrina avviata (involontariamente) dal giovane Dante sui secoli successivi senza però nemmeno toccare “l’anello debole”, la sua inconsistente conoscenza del neoplatonismo del XII secolo che gli avrebbe fatto capir tutto; e sì che nel frattempo il capolavoro di Tulio Gregory è stato ristampato (esaminate il silenzio della sua bibliografia su alcuni autori a proposito di catari, di poesia francese medievale e di templari: capirete tutto).
Quanto ad Alberto Ventura, che ha fornito al Galletti l’assistenza delle sue solide cognizioni islamologiche, egli parla certamente con ottime ragioni del sufismo musulmano, senza avvertirci (non era suo compito il farlo) che esso - pur essendo l’islam, col commento aristotelico di Averroè, alla base della scolastica tomista - non aveva mai reciso né dissimulato il rapporto con la tradizione neoplatonica.
Insomma: un grazie a Rossetti che ha riportato la nostra attenzione sull’equivoco tardoromantico-esotericomassonico della lettura di Dante e un invito a tutti a riprendere in mano le cose dal principio. Cultura, alla fine e nella sostanza, è questo: avere il coraggio e l’energia di rimettersi in discussione.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Europa. Letteratura medioevale ...
L’AMORE E LA PAROLA. Che cos’è l’amore, chi può amare, chi è massimamente degno di amore, come amare ? Del "Gualtieri" di Andrea Cappellano (XII sec.), una recensione
FLS
Per volere di papa Francesco il 22 luglio, per la prima volta, si celebra la festa di santa Maria Maddalena, che sino a oggi era memoria obbligatoria. La storia di questa donna nelle parole dei Vangeli e nei commenti di Gianfranco Ravasi, Carlo Maria Martini, Cristiana Dobner e Timothy Verdon
Lo scorso 3 giugno la Congregazione per il Culto Divino ha pubblicato un decreto con il quale, «per espresso desiderio di papa Francesco», la celebrazione di santa Maria Maddalena, che era memoria obbligatoria, viene elevata al grado di festa. Il Papa ha preso questa decisione «per significare la rilevanza di questa donna che mostrò un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amata», ha spiegato il segretario del Dicastero, l’arcivescovo Arthur Roche. Ma chi era Maria Maddalena, che Tommaso d’Aquino definì «apostola degli apostoli»?
Magdala
Nei Vangeli si legge che era originaria di Magdala, villaggio di pescatori sulla sponda occidentale del lago di Tiberiade, centro commerciale ittico denominato in greco Tarichea (Pesce salato). Qui, negli anni Settanta del Novecento è stata condotta un’estesa campagna di scavi dai francescani dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme: è venuta alla luce una vasta porzione del tessuto urbano comprendente, fra gli altri, una grande piazza a quadriportico, una villa mosaicata e un completo complesso termale. Con successivi scavi i francescani hanno riportato alla luce anche importanti resti di strutture portuali. In un’area adiacente, di proprietà dei Legionari di Cristo, una campagna di scavi avviata nel 2009 ha invece permesso di rinvenire la sinagoga cittadina, una delle più antiche scoperte in Israele: per la sua posizione, sulla strada che collega Nazaret e Cafarnao, si ritiene che probabilmente sia stata frequentata da Gesù.
Gli equivoci sull’identità
Maria Maddalena fa la sua comparsa nel capitolo 8 del Vangelo di Luca: Gesù andava per città e villaggi annunciando la buona notizia del regno di Dio e c’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità e li servivano con i loro beni. Fra loro vi era «Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni». Come ha scritto il cardinale Gianfranco Ravasi, «di per sé, l’espressione [sette demoni] poteva indicare un gravissimo (sette è il numero della pienezza) male fisico o morale che aveva colpito la donna e da cui Gesù l’aveva liberata. Ma la tradizione, perdurante sino a oggi, ha fatto di Maria una prostituta e questo solo perché nella pagina evangelica precedente - il capitolo 7 di Luca - si narra la storia della conversione di un’anonima “peccatrice nota in quella città”, che aveva cosparso di olio profumato i piedi di Gesù, ospite in casa di un notabile fariseo, li aveva bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli». Così, senza nessun reale collegamento testuale, Maria di Magdala è stata identificata con quella prostituta senza nome.
Ma c’è un ulteriore equivoco: infatti, prosegue Ravasi, l’unzione con l’olio profumato è un gesto che è stato compiuto anche da Maria, la sorella di Marta e Lazzaro, in una diversa occasione (Gv 12,1-8). E così, Maria di Magdala «da alcune tradizioni popolari verrà identificata proprio con questa Maria di Betania, dopo essere stata confusa con la prostituta di Galilea».
La liberazione dal male
Afflitta da un gravissimo male, di cui si ignora la natura, Maria Maddalena appartiene dunque a quel popolo di uomini, donne e bambini in molti modi feriti che Gesù sottrae alla disperazione restituendoli alla vita e ai loro affetti più cari. Gesù, nel nome di Dio, compie solo gesti di liberazione dal male e di riscatto della speranza perduta. Il desiderio umano di una vita buona e felice è giusto e appartiene all’intenzione di Dio, che è Dio della cura, mai complice del male, anche se l’uomo (fuori e dentro la religione) ha sempre la tentazione di immaginarlo come un prevaricatore dalle intenzioni indecifrabili.
Sotto la croce
Maria Maddalena compare ancora nei Vangeli nel momento più terribile e drammatico della vita di Gesù. Nel suo attaccamento fedele e tenace al Maestro Lo accompagna sino al Calvario e rimane, insieme ad altre donne, ad osservarlo da lontano. È poi presente quando Giuseppe d’Arimatea depone il corpo di Gesù nel sepolcro, che viene chiuso con una pietra. Dopo il sabato, al mattino del primo giorno della settimana - si legge al capitolo 20 del Vangelo di Giovanni - torna al sepolcro: scopre che la pietra è stata tolta e corre ad avvisare Pietro e Giovanni, i quali, a loro volta, correranno al sepolcro scoprendo l’assenza del corpo del Signore.
L’incontro con il Risorto
Mentre i due discepoli fanno ritorno a casa, lei rimane, in lacrime. E ha inizio un percorso che dall’incredulità si apre progressivamente alla fede. Chinandosi verso il sepolcro scorge due angeli e dice loro di non sapere dove sia stato posto il corpo del Signore. Poi, volgendosi indietro, vede Gesù ma non lo riconosce, pensa sia il custode del giardino e quando Lui le chiede il motivo di quelle lacrime e chi stia cercando, lei risponde: «“Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”» (Gv 20,15-16).
Il cardinale Carlo Maria Martini al riguardo commentava: «Avremmo potuto immaginare altri modi di presentarsi. Gesù sceglie il modo più personale e il più immediato: l’appellazione per nome. Di per sé non dice niente perché “Maria” può pronunciarlo chiunque e non spiega la risurrezione e nemmeno il fatto che è il Signore a chiamarla. Tutti però comprendiamo che quell’appellazione, in quel momento, in quella situazione, con quella voce, con quel tono, è il modo più personale di rivelazione e che non riguarda solo Gesù, ma Gesù nel suo rapporto con lei. Egli si rivela come il suo Signore, colui che lei cerca».
Il dialogo al sepolcro prosegue: Maria Maddalena, «si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: “Maestro!”. Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria di Magdala andò ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e anche ciò che le aveva detto» (Gv 20, 16-18).
La maternità della Maddalena
«La Maddalena è la prima fra le donne al seguito di Gesù a proclamarlo come Colui che ha vinto la morte, la prima apostola ad annunciare il gioioso messaggio centrale della Pasqua», osserva la teologa Cristiana Dobner, carmelitana scalza. «Ella esprime la maternità nella fede e della fede ossia quella attitudine a generare vita vera, una vita da figli di Dio, nella quale il travaglio esistenziale comune ad ogni uomo trova il suo destino nella risurrezione e nell’eternità promesse e inaugurate dal Figlio, «primogenito» di molti fratelli (Rom 8,29). Con Maria Maddalena si apre quella lunga schiera, ancor oggi poco conosciuta, di madri che, lungo i secoli, si sono consegnate alla generazione di figli di Dio e si possono affiancare ai padri della Chiesa: insieme alla Patristica esiste anche, nascosta ma presente, una Matristica.
La decisione di Francesco è un dono bello, espressione di una rivoluzione antropologica che tocca la donna e investe l’intera realtà ecclesiale. L’istituzione di questa festa, infatti, non va letta come una rivincita muliebre: si cadrebbe stolidamente nella mentalità delle quote rosa. Il significato è ben altro: comprendere che uomo e donna insieme e solo insieme, in una dualità incarnata, possono diventare annunciatori luminosi del Risorto».
Nella storia dell’arte: la mirofora
Maria Maddalena, nel corso dei secoli, è stata raffigurata principalmente in quattro modi: «Anzitutto - afferma monsignor Timothy Verdon, docente di storia dell’arte alla Stanford University e direttore del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze - è spesso ritratta come una delle mirofore, le pie donne che la mattina di Pasqua si recarono al sepolcro portando gli unguenti per il corpo del Signore. Fra loro la Maddalena è riconoscibile per il fatto che, a partire dalla fine del Medioevo, viene raffigurata con lunghi capelli sciolti, spesso biondi: questo fa capire che gli artisti, secondo una tradizione affermatasi in Occidente (e non condivisa nell’Oriente cristiano), la identificavano con la donna peccatrice che aveva asciugato i piedi di Gesù con i propri capelli. I capelli lunghi sono quindi un’allusione a questo intimo contatto e alla condizione di prostituta: le donne per bene non andavano in giro con i capelli sciolti».
La penitente
Nell’arte del tardo Medioevo Maria Maddalena compare anche come penitente perché - spiega Verdon - secondo una leggenda ella era una grande peccatrice che, dopo la conversione e l’incontro con il Risorto, era andata a vivere come romitessa nel sud della Francia, vicino a Marsiglia, dove annunciava il vangelo: «Il culto della Maddalena penitente ha affascinato molti artisti, che l’hanno considerata il corrispettivo femminile di Giovanni Battista. In genere viene raffigurata con abiti simili a quelli del Battista oppure è coperta solo dai capelli. La bellezza esteriore l’ha abbandonata, il volto è segnato dai digiuni e dalle veglie notturne in preghiera, ma è illuminata dalla bellezza interiore perché ha trovato pace e gioia nel Signore. La statua della Maddalena penitente di Donatello, scolpita per il Battistero di Firenze, è un autentico capolavoro».
L’addolorata
Sovente la Maddalena è ritratta anche ai piedi della croce: una delle opere più significative, a giudizio di Verdon, è un piccolo pannello di Masaccio (esposto a Napoli) nel quale la Maddalena è ritratta di spalle, sotto la croce, le braccia protese a Cristo, i lunghi capelli biondi che cadono quasi a ventaglio su un enorme mantello rosso: «Un’immagine di forte drammaticità. Non di rado il dolore composto della Vergine è stato contrapposto a quello della Maddalena, quasi senza controllo. Si pensi ad esempio, alla Pietà di Tiziano, nella quale la donna avanza come volesse chiamare il mondo intero a riconoscere l’ingiustizia della morte di Gesù, che giace fra le braccia di Maria; oppure si pensi al celebre gruppo scultoreo di Niccolò dell’Arca, nel quale fra le molte figure la più teatrale è proprio quella della Maddalena che si precipita con la forza di un uragano verso il Cristo morto».
Chiamata per nome
Vi sono inoltre molte raffigurazioni dell’incontro con il Risorto: «Esemplari e magnifiche sono quelle di Giotto, nella Cappella degli Scrovegni, e del Beato Angelico nel convento di san Marco», conclude Verdon. «Maria Maddalena ha vissuto un’esperienza di salvezza profonda per opera di Gesù: quando si sente chiamata per nome in lei si accende il ricordo dell’intera storia vissuta con Lui: c’è tutto questo nell’iconografia della scena che chiamiamo “Noli me tangere”».
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fonte: Vatican Insider, articolo di Cristina Uguccioni del 20/07/2016 (senza foto)
Il papiro della moglie di Gesù non è falso. A un passo dalla verità*
In risposta all’Osservatore Romano e a Voyager, la rivista Fenix pubblica un dossier su Maria Maddalena come possibile moglie di Gesù e una serie di prove sull’autenticità della pergamena. Il ritrovamento del papiro in cui Gesù parla di una moglie, ha scatenato lo scorso settembre una bomba mediatica senza precedenti.
Non ci è voluto molto perché venisse prontamente smentito e ridiscusso, per inserirlo in quel limbo di incertezza in cui si trova tutto ciò che può disturbare i solidi dogmi della Chiesa. Eppure la figura di Maria Maddalena, l’ipotetica moglie di Gesù, ha sempre condotto con sé un alone di interrogativi; perché viene data tanta importanza ad una donna comune alle altre discepole ?
La rivista Fenix di novembre 2012 rivela in esclusiva le verità nascoste di Maria Maddalena come presunta moglie di Gesù.
“L’esistenza di tale documento, se confermato nella sua autenticità, dimostrerebbe che una setta cristiana nel II secolo credeva in questa unione. Una scoperta la cui smentita del Vaticano tramite i mass media sembra essere solo stata orchestrata ad arte per le difficoltà che questo frammento, se autentico, genererebbe” con queste parole la giornalista Elisa Bosco avvia il dossier interamente dedicato alla donna che sta emergendo come nuova Dea della cristianità. Nell’articolo della Bosco vengono coinvolti insigni professori quali il prof. Shisha-Halevy, Robert Bagnall direttore dell’Istituto per il Mondo Antico di NY e James Tabor della North Carolina University, di cui è riportata una sua lunga dichiarazione, a favore dell’autenticità del documento.
“Dato il particolare contenuto, abbiamo preso in seria considerazione l’analisi per stabilire se si trattasse di frammento autentico o di un falso.” dichiara in maniera obiettiva Karen King, la scopritrice del papiro “Sinceramente ritengo che sarebbe stato molto difficile riprodurre volontariamente il tipo di danneggiamento tipico da insetti, o il grado di umidità che il materiale present o il danneggiamento dell’inchiostro. Inoltre, vi sono anche altri fattori che porterebbero a propendere per la sua autenticità.” Dichiarazioni queste prontamente smentite da testate come l’Osservatore Romano che, senza accettare ulteriori prove scientifiche, hanno dichiarato il documento come “falso, in ogni caso”, ovvero falso qualsiasi sia il risultato. Ed invece le prime analisi propendono per il contrario, il papiro presenta proprietà a favore della sua autenticità, elencate nell’articolo della Bosco.
Il dossier su Maria Maddalena prosegue con l’articolo di Isabella Dalla Vecchia di luoghimisteriosi.it in cui vengono elencati i luoghi italiani della presenza segreta di Maria Maddalena. Non solo quadri, ma angoli di passaggio e tutto ciò che riguarda colei che da sempre viene identificata con una donna particolarmente vicina a Gesù. Una figura irraggiungibile perché nessuno sa dove si trovi, eppure ella è accanto a noi, in ogni angolo del nostro bellissimo Paese. “Sopra il portale del Duomo dell’isola de La Maddalena campeggia un’epigrafe le cui prime parole sono Divae Magdalene, che significano “Dea Maddalena”, - scrive la ricercatrice Isabella Dalla Vecchia - davvero singolare l’attribuzione della Santa all’appellativo di Dea. Questo a riprova della figura di Maria come incarnazione umana della Sophia, compagna e sposa universale di Cristo, la vera Dea del Cristianesimo e, guarda caso, si trova proprio nel luogo dove soggiornò e dove si trova il suo tesoro”.
Oltre alla figura della donna accanto a Gesù nelle ultime cene identificata con Maria Maddalena, vengono elencate le opere in cui si narra della vita apocrifa della Santa, dall’altare a lei dedicato nel Duomo di Bari, la chiesa per eccellenza legata alla presenza del Graal, fino alla testimonianza del suo passaggio in terra sarda.
Adriano Forgione, direttore del giornale, invece parla in esclusiva della simbologia nascosta della Santa, presentando un’immagine semplice ma estremamente ricca di significato incisa nei luoghi più legati a Maria e ai Templari. “Il segno della Maddalena è l’indizio di quanto la sua figura sia associabile alla Grande Dea Madre primordiale e sia frutto di una tradizione antica quanto la civiltà in relazione al “parto” o alla “nascita” di un erede divino.” dichiara Adriano Forgione nel suo approfondimento a chiusura dell’intero dossier. “Da questa porta pare farsi strada la figura di quella Dea Madre universale che giustificherebbe la definizione di “Dea Maddalena”.
E’ proprio la nuova Dea del Cristianesimo a divenire protagonista in un momento particolare che affronteremo a breve, quello del 21 dicembre 2012, quello definito come il “momento di passaggio in un’era illuminata”. Saremo proprio noi, con tali forti interrogativi, a contribuire a questo grande cambiamento?
Altre info su
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Isabella Dalla Vecchia
Sergio Succu
Luoghi Misteriosi
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Il sito dei Luoghi Misteriosi
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* EPOMEO Martedì 06 Novembre 2012
«E Gesù disse loro: mia moglie...»
Il mistero del papiro ritrovato
di Franca Giansoldati *
ROMA - «Gesù disse loro: mia moglie...» Una coptologa americana, Karen King, docente alla Harvard Divinity School, ha divulgato il risultato di una scoperta basata su un frammento di papiro copto risalente al IV secolo.
Misura appena 3,8 centimetri per 7,6 centimetri ed è la più antica iscrizione che racconta dell’esistenza di una sposa per Cristo, esattamente come sostenevano i primi cristiani secondo i quali Gesù si sarebbe sposato. Chissà. L’annuncio è stato fatto alla Sapienza, nel corso di un convegno internazionale sui copti e ha subito fatto il giro del mondo. La studiosa ha fatto presente ai colleghi che l’antica iscrizione però non prova affatto che Cristo fosse ammogliato, semmai lascia solo aperto uno spiraglio. E non scioglie l’enigma. Insomma, la tradizione cattolica sembra salva.
«All’inizio del cristianesimo i cristiani non si sono mai interessati al fatto che Cristo fosse o meno sposato. Solo un secolo più tardi, molto dopo la morte di Gesù, essi iniziarono a riferire della posizione coniugale di Gesù, e questo per sostenere le loro posizioni». Il frammento del papiro, dunque, rientrerebbe in questa casistica e questo spiegherebbe la frase di Cristo. L’iscrizione, tuttavia, è talmente esplosiva da suggerire un supplemento di studi. Karen King anticipa che bisognerà fare ulteriori verifiche ed esami più approfonditi su altri testi coevi e sulla composizione dell’inchiostro utilizzato per i caratteri in copto.
Con buona pace di tutto il movimento dei preti sposati che da tempo bussa alle porte del Vaticano chiedendo l’abolizione del celibato, il ritrovamento non mette troppo in pericolo la posizione della Chiesa. La dottrina cattolica, insomma, è e resta la stessa. La castità del clero del resto è una regola inserita in numerosi documenti dei primi secoli.
La decretale Directa, del 10 Febbraio 385, inviata da Papa Siriaco al Vescovo Imero, metropolita di Tarragona per esempio («È per legge indissolubile che noi tutti, sacerdoti e diaconi, ci troviamo vincolati, a partire dal giorno della nostra ordinazione, (ed obbligati) a mettere i nostri cuori ed i nostri corpi al servizio della sobrietà e della purezza...».
Poi la decretale Cum in unum, inviata da Papa Siriaco agli episcopati di diverse provincie. Tutti testi che per la Chiesa rivestono una «importanza fondamentale per la storia delle origini del celibato dei chierici». Tuttavia nei primi secoli della Chiesa numerosi chierici o vescovi erano sposati facendo riferimento alla situazione di Pietro e forse di altri Apostoli, probabilmente ammogliati. Ma mai alla situazione di Cristo. Quando Cristo li chiamò alla sua sequela si dice che essi lasciarono «tutto» compresa la propria moglie.
Di sicuro all’infuori del caso di Pietro, non esiste alcuna tradizione generale e costante sulla quale ci si possa basare per affermare con certezza che qualche Apostolo abbia avuto moglie o figli né che fosse viceversa celibe. Esistono solo due eccezioni: l’apostolo Giovanni, che una tradizione quasi unanime riconosce essere stato vergine e l’apostolo Paolo, che la maggioranza dei Padri della Chiesa ritiene non sia mai stato sposato, o, al limite, che fosse vedovo.
Molti studiosi sono concordi nel ritenere che se nei primi secoli vi sono stati numerosissimi vescovi, presbiteri e diaconi sposati e con figli è perché le comunità cristiane dell’epoca, che vivevano intensamente del ricordo degli apostoli e consideravano effettivamente un fatto normale l’ammissione al ministero sacerdotale di uomini sposati, era solo per un omaggio alla santità del matrimonio ed allo stesso tempo alla scelta del Signore che aveva chiamato Pietro e, forse, altri uomini sposati a lasciare tutto per seguirlo. Ma della moglie di Cristo nessuno ha mai parlato.
Il papiro del IV secolo
Quel papiro con la «moglie» di Gesù
Su un piccolo frammento copto del IV secolo, presentato a un congresso a Roma, si legge la frase sospesa: «E Gesù disse loro: Mia moglie...»
di Andrea Tornielli (La Stampa, 19/09/2012)
Roma Un frammento di papiro scritto nel dialetto copto sahidico tipico del basso Egitto e sinora sconosciuto ha riaperto il dibattito sulla possibilità che Gesù fosse sposato. La professoressa Karen King, della Harvard Divinity School, nel corso di un convegno a Roma ha presentato il papiro nel quale si legge: «E Gesù disse loro: “Mia moglie...». Si tratta della prima e unica attestazione nella quale si parli di una «moglie» di Gesù e la notizia è stata rilanciata dal «New York Times».
Nel suo studio, che sarà pubblicato solo nel gennaio 2013 nella rivista teologica di Harvard, la professoressa King afferma prudentemente di non poter dire una parola definitiva, tutto lascia pensare che il frammento sia autentico: i pareri di diversi esperti escludono anche che si possa trattare di un testo aggiunto successivamente su un pezzo di papiro antico. Il frammento è piccolo, misura 4 centimetri per 8, e sono leggibili soltanto degli spezzoni di frasi più lunghe.
La professoressa King ha affermato: «Questo papiro non prova, ovvio, che Gesù fosse sposato ma ribadisce che la questione del suo eventuale matrimonio e della sua sessualità è stata più volte sollevata con infiammati dibattiti». Dalla grafia il papiro risulta scritto nella seconda metà del IV secolo. Ma i suoi contenuti potrebbero aver avuto origine nella seconda metà del II secolo. Si può dunque ipotizzare un legame tra questo testo ed altri coevi, conosciuti come il vangelo di Tommaso o di Maria Maddalena. Testi per lo più nati in ambito gnostico.
Com’è noto, la Chiesa riconosce come autentici solo i vangeli «canonici»: sono quelli attribuiti agli evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Questi testi sono databili al primo secolo: nel caso di Matteo e Giovanni si tratta di due apostoli, mentre Marco e Luca erano seguaci degli apostoli Pietro e Paolo. Anche se comunemente si pensa che il riconoscimento dei vangeli canonici e il conseguente rifiuto di altri definiti «apocrifi» sia dovuto a un’imposizione dell’autorità ecclesiastica, la realtà è diversa. I vangeli canonici erano infatti quelli più diffusi fin dall’inizio nelle comunità cristiane, che ne riconoscevano l’origine apostolica e dunque il legame con i testimoni oculari della vita di Gesù. I vangeli canonici erano dunque già tali ben prima che venissero definiti così. Un frammento scoperto nella Biblioteca Vaticana da Ludovico Muratori attesta che già nell’anno 157, a Roma, venivano letti e venerati quei quattro vangeli.
La parola «apocrifi», usata invece per indicare i vangeli non riconosciuti dalla Chiesa, è greca e significa «nascosti»: nel II secolo circolavano infatti degli scritti diffusi nei circoli gnostici cristiani che venivano definiti in quel modo. Sono testi più tardivi, attraverso i quali si è tentato di ricostruire alcune parti della biografia del Nazareno o di interpretarne il pensiero. In genere, mentre i testi canonici sono scarni, essenziali, poco indulgenti con il miracolismo, gli apocrifi sono invece infarciti di molti elementi miracolistici e sensazionali. E in alcuni casi sono espressione del movimento filosofico-religioso dello gnosticismo, che credeva in un dualismo radicale, in una differenza abissale tra Dio e la realtà materiale.
Il maggiore esperto italiano di questi testi, Luigi Moraldi, ha scritto: «I vangeli gnostici sono meditazioni su Gesù, sul suo messaggio, sulle reazioni che suscita in ogni credente, specie se intellettuale... Non sono raccolte di dati biografici su Gesù. Presuppongono nei lettori una conoscenza accurata sia dell’annunzio cristiano, sia dei primi sviluppi e approfondimenti». Il frammento appena studiato, ha avuto origine in ambito copto, come altri testi gnostici.
Perché la Chiesa sostiene che Gesù non si sia mai sposato? I vangeli canonici presentano il Nazareno come celibe. Anche se aveva scelto nella sua predicazione e nelle sue parabole molte volte dei personaggi femminili, e anche se aveva un gruppo di donne che lo seguiva stabilmente, nessuna delle donne citate nei vangeli canonici viene presentata come sua moglie. In ogni caso, gli autori dei vangeli canonici non descrivono la condizione del celibato come superiore rispetto a quella del matrimonio. Pietro era sposato (il vangelo parla della guarigione di sua suocera), così come lo erano alcuni dei primi discepoli. Se Gesù fosse stato sposato, affermano molti autorevoli biblisti, gli evangelisti lo avrebbero semplicemente scritto.
Un’obiezione più volte sollevata al fatto che Gesù fosse celibe riguarda il fatto che i maestri religiosi del mondo ebraico si sposavano. Ma anche duemila anni fa non erano poi così rare le eccezioni alla regola del matrimonio, come attesta, ad esempio la comunità degli esseni, che viveva a Qumran, ed era composta da celibi.
C’è un papiro che cita la moglie di Gesù
ROMA - In un frammento di papiro in copto del quarto secolo conterrebbe una frase mai esistita nelle Sacre Scritture: «Gesù disse loro: “Mia moglie...». Stavolta Dan Brown non c’entra niente ma la scoperta è di una storica della Cristianità antica alla Harvard Divinity School, Karen L. King e il frammento è stato presentato nel corso di un convegno internazionale di Studi Copti a Roma. La notizia è riportata sulla prima pagina del New York Times on line (c’è anche l’immagine del piccolo frammento il cui proprietario ha chiesto l’anonimato). La King ha dichiarato che non è certo la prova che Gesù fosse realmente sposato (il testo è stato scritto secoli dopo) ma la scoperta confermerebbe: «Antiche tradizioni secondo cui Gesù era stato sposato».
* la Repubblica, 19.09.2012
’Tv Sorrisi e Canzoni’ dedica uno speciale alle riprese
No del Vaticano a ’Angeli e Demoni’ di Tom Hanks
Negata l’autorizzazione per girare all’interno delle chiese di Roma alcune scene del film tratto dall’omonimo libro di Dan Brown. La Diocesi: ’’E’ un film che lede il comune sentimento religioso’’. I luoghi mancanti verranno ricostruiti nella Reggia di Caserta
Roma, 15 giu.(Adnkronos/Ign) -Niente permessi. Nessuna collaborazione. Il Vaticano ha negato qualunque tipo di ’’aiuto’’ al film di Ron Howard, con Tom Hanks (nella foto) nel ruolo del professor Langdon, tratto dal romanzo ’Angeli e demoni’ di Dan Brown. A rivelarlo è ’Tv Sorrisi e Canzoni’ nel numero, in edicola da domani, dedicato alle riprese, in corso in questi giorni nella Capitale, della pellicola tratta dal famoso best seller.
La produzione americana aveva richiesto circa un anno fa i permessi del vaticano per girare all’interno di due chiese, Santa Maria del Popolo e Santa Maria della Vittoria. La competenza dei due edifici di culto infatti è sia dello Stato che della Chiesa, ma la Diocesi ha dato il suo parere negativo.
’’Forniamo spesso le nostre chiese a produzioni che hanno finalità o compatibilità con il sentimento religioso - ha dichiarato al settimanale don Marco Fibbi, responsabile dell’ufficio Stampa della Diocesi di Roma -, ma non quando il film agisce in una linea di fantasia che va a ledere il comune sentimento religioso’’. La motivazione dunque è chiara e il riferimento non è soltanto alla storia di ’Angeli e Demoni’, ma anche al precedente ’Il codice da Vinci’.
Il regista Ron Howard comunque non si dà per vinto. Dopo le riprese in esterni a piazza del Popolo e a piazza della Rotonda, per ovviare alla mancanza di location originali vaticane ed ecclesiastiche, la produzione si sposterà alla Reggia di Caserta. Qui - la struttura è stata interamente requisita per tre giorni - verranno ricreati gran parte dei luoghi mancanti e alcune scene saranno girate anche nella Biblioteca Palatina.
Cenacolo, quell’Apostolo è una Donna
di Dario Fo
Anticipiamo, in un pezzo che parte dalla prima pagina del giornale, un brano della lezione che Dario Fo terrà domenica sera all’Auditorium Parco della Musica di Roma (ore 20). Il premio Nobel presenterà il volume «Leonardo, l’Ultima Cena-Indagini, ricerche, restauro» (a cura di Giuseppe Basile e Maurizio Marabelli, Nardini Editore) e subito dopo terrà una lezione-spettacolo sullo stesso argomento. *
Quasi tutte le guide che illustrano ai visitatori il Cenacolo di Leonardo si soffermano abbondantemente sulla scansione dei personaggi: «Osservate come gli apostoli siano radunati a gruppi di tre, mentre nel mezzo, quasi isolato e inscritto in un perfetto triangolo equilatero, sta il Cristo come assorto con le mani stese, quasi abbandonate sul tavolo».
Ancora descrivono le guide: «Alla destra di Gesù vediamo l’immagine di quello che è comunemente chiamato Giovanni o l’apostolo prediletto del Salvatore».
Osservandolo però con attenzione viene il fiero dubbio si tratti di una giovane donna. A questo riguardo sono nate dispute alle volte feroci. Uno dei libri di maggior successo degli ultimi vent’anni, che ha fatto grande scandalo, Il codice da Vinci di Dan Brown, si muove proprio dal presupposto che questo apostolo sia di sesso femminile, anzi più esattamente sia la Maddalena, che la tradizione popolare e più di un Vangelo apocrifo indicano come la moglie di Gesù.
Qualche anno fa, a Palazzo Reale a Milano, fu allestita una grande mostra dal titolo Il genio e le passioni in cui venivano esposti diecine di dipinti, tutti raffiguranti l’Ultima Cena, eseguiti da allievi ed epigoni di Leonardo; inoltre nella prima parte della mostra erano esposte tavole, miniature e strappi di affreschi realizzati da artisti vissuti prima di Leonardo. Nella gran parte di queste Ultime Cene si nota sempre la presenza di una donna vicino a Gesù, evidentemente la Maddalena che spesso si ritrova abbandonata fra le braccia del Messia.
Tornando all’Ultima Cena di Leonardo, le figure, con la loro gestualità e in particolare col movimento delle braccia, del corpo e delle mani, producono un agitarsi quasi di onde marine che disegnano archi distesi e spezzati, arabescanti su se stessi.
Flutti che scendono e riprendono, sorpassando, la figura di Cristo che sta immobile come inscritta dentro una piramide.
* l’Unità, Pubblicato il: 22.02.08, Modificato il: 22.02.08 alle ore 8.17
La stessa tradizione cristiana confuse la Maddalena prima con una prostituta, poi con la sorella di Marta e Lazzaro: ma la deformazione vera nacque con lo gnosticismo
Maria di Magdala, troppi equivoci
di Gianfranco Ravasi (Avvenire, 03.01.2007)
Una storia di equivoci è quella che ha segnato fin dalle origini la figura di Maria proveniente da Magdala, un villaggio posto sulla costa occidentale del lago di Tiberiade, allora centro commerciale ittico, tant’è vero che in greco si chiamava Tarichea, cioè «pesce salato». Da questa località, Maria emerge all’improvviso nel Vangelo di Luca (8, 1-3), in un elenco di discepole di Cristo. Il ritratto è abbozzato con una sola pennellata: «Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni». Il «demonio» nel linguaggio evangelico non è solo radice di un male morale ma anche fisico che può pervadere una persona. Il «sette», poi, è il numero simbolico della pienezza. Non possiamo, dunque, sapere molto sul male grave, morale o psichico o fisico che colpiva Maria e che Gesù le aveva eliminato. La tradizione popolare, però, nei secoli successivi non ha avuto esitazioni e ha fatto diventare Maria Maddalena una prostituta. Ma perché? La risposta è semplice: nella pagina evangelica precedente, il capitolo 7 di Luca, si narra la storia di un’anonima «peccatrice nota in quella (innominata) città». L’applicazione era facile ma infondata: questa «peccatrice» pubblica dovrebbe essere Maria di Magdala, presentata poche righe dopo! A lei venne, allora, attribuita tutta la vicenda raccontata dall’evangelista. Saputo della presenza di Gesù a un banchetto in casa di un notabile fariseo, essa aveva compiuto un gesto di venerazione e di amore particolarmente apprezzato dal Cristo: aveva cosparso di olio profumato i piedi del rabbì di Nazaret, li aveva bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli.
A questo primo equivoco ne subentrava un altro, in una specie di giuoco delle sovrimpressioni. È noto, infatti, che nel capitolo 12 di Giovanni, Maria, sorella di Marta e di Lazzaro, amici di Gesù, compie lo stesso gesto - che, tra l’altro, era segno di ospitalità e di esaltazione dell’ospite - dell’anonima peccatrice di Luca. Infatti, durante il pranzo, «cospar ge i piedi di Gesù con una libbra di olio profumato di vero nardo assai prezioso e li asciuga coi suoi capelli». È così che nella tradizione cristiana Maria di Magdala viene trasformata in Maria di Betania, sobborgo di Gerusalemme! Frattanto, però, Maria Maddalena era effettivamente giunta a Gerusalemme alla sequela di Gesù per vivere con lui e coi discepoli le sue ultime ore tragiche. Tutti gli evangelisti sono, infatti, concordi nel segnalare la sua presenza al momento della crocifissione e della sepoltura di Cristo. Ed è proprio accanto a quella tomba nella luce ancora pallida dell’alba di Pasqua che il Vangelo di Giovanni (20, 11-18) ambienta il celebre incontro tra Cristo e Maria di Magdala.
Come è noto, Maria scambia il Cristo col custode dell’area cemeteriale. Ora, la «cecità» è tipica di alcune apparizioni del Risorto: si pensi solo ai discepoli di Emmaus che gli camminano insieme per ore senza riconoscerlo (Luca 24, 13-35). Il significato è naturalmente teologico: pur essendo ancora Gesù di Nazareth, il Cristo glorioso travalica le coordinate umane, storiche e fisiche. Per poterlo «riconoscere» è necessario mettersi su un canale di conoscenza trascendente, quello della fede. È per questo che, solo quando si sente chiamata per nome in un dialogo personale, Maria lo «riconosce» chiamandolo in aramaico Rabbuní, «mio maestro». Ma in agguato per la Maddalena ci sono altri equivoci.
Usciamo dai Vangeli canonici ed entriamo nel mondo, magmatico e insicuro, degli apocrifi gnostici, sorti nella cristianità d’Egitto attorno al III secolo. Ora, in alcuni di questi scritti Maria di Magdala viene identificata con Maria , la madre di Gesù! Identificazione, certo, nobilissima, ma che ancora una volta impediva a questa donna di conservare la sua identità personale. Anzi, la trasfigurazione raggiungerà in quegli scritti una tale altezza da sciogliere la figura di Maria Maddalena fino a renderla quasi un’idea, un simbolo, a Sapienza per eccellenza. E questo risultato viene paradossalmente ottenuto attraverso un’immagine sulla quale la lettura posteriore con malizia ricamerà allusioni voluttuose ed erotiche. Si legge, infatti, nel vangelo apocrifo di Filippo, scoperto nel 1945 a Nag Hammadi in Egitto: «Il Signore amava Maria Maddalena più di tutti i discepoli e spesso la baciava sulla bocca. Gli altri discepoli, vedendolo con Maria, gli domandarono: Perché l’ami più di tutti noi?»
Ce n’è abbastanza per chi, ignaro di simbolica biblica (la Sapienza esce dalla bocca dell’Altissimo secondo l’Antico Testamento), voglia seminare sospetto su Maria e su Gesù, fantasticando una relazione sessuale tra i due. In realtà, in tutti gli scritti gnostici cristiani la Maddalena è solo l’esempio della conoscenza piena dei misteri divini. In un altro testo gnostico, il trattato Pistis Sophia, ove appare per ben 77 volte, la Maddalena diventa l’emblema dell’umanità redenta di tipo androgino (un’altra deformazione!) perché, secondo Paolo, «non ci sarà più né uomo né donna ma tutti saranno uno in Cristo Gesù» (Galati 3, 28). Ma la sua funzione di segno della Sapienza divina sarà esplicita in questa beatitudine messa in bocca a Gesù dall’autore gnostico: «Te beata, Maria, ti renderò perfetta in tutti i misteri dell’alto. Parla apertamente tu, il cui cuore è rivolto al Regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli!» (17, 2). Una santa vittima di equivoci, quindi, sospesa tra due estremi: carnalmente abbassata a prostituta o ad amante, spiritualmente elevata a Sapienza trasfigurata. Per fortuna l’unico che la chiamò per nome, Maria, e la riconobbe confermandola come sua discepola fu proprio Gesù di Nazareth, in quell’alba di Pasqua.
Cresce la tendenza a ridurre il personaggio evangelico a icona gnostica o spiritica o addirittura a divinità contrapposta a Gesù. Ora un pamphlet smonta travisamenti e mistificazioni (buon ultimo Dan Brown)
Giù le mani da Maria Maddalena
Chi ne fa un idolo del movimento stregonesco Wicca, chi ammicca alle teorie di Gaia e del neopaganesimo femminista: un altro segno dell’attacco alla fede cristiana
di Roberto Beretta (Avvenire, 02.01.2007)
Forse stava meglio nei panni (tradizionali ancorché apocrifi) di una prostituta, invece che nelle vesti - certo più sontuosamente seriche però ambigue - di cui l’ha rivestita il cinquecentesco Giovanni Gerolamo Savoldo e nelle quali appare anche sulla copertina del recentissimo pamphlet Maria Maddalena e la dea dell’ombra (Sugarco, pp. 248, euro 18,80).
Era infatti più semplice e pure gratificante - povera Maddalena! - fare la parte della peccatrice pentita, anziché incarnare «il sacro femminile e la spiritualità della dea» nell’«immaginario contemporaneo»; ruolo cui l’hanno costretta non tanto le romanzate pagine di Dan Brown, quanto due secoli di precedenti mistificazioni e travisamenti, di ideologie, di progetti occulti e no, di riletture gnostiche o spiritiche, che alla fine hanno ridotto il personaggio evangelico a icona di un fenomeno culturale inquietante. Così, almeno, stando al complesso e informatissimo saggio di Mario Arturo Iannaccone, il quale per una volta non sfrutta il trailer del solito Codice da Vinci per un libro su verità e/o bugie della «Maddalena sposa di Cristo», bensì traccia un assai più impegnativo excursus di storia della cultura intorno alla nascita della «seconda Maddalena».
Che sarebbe poi quella che fa da idolo del movimento stregonesco della Wicca, per intenderci, o si adegua alle teorie antropologiche del matriarcato; che sposa il neopaganesimo femminista e ammicca alla «teoria di Gaia», s’ammanta di junghismo e fiancheggia l’esoterismo popolare delle Madonne Nere... I risultati del lavoro di Iannaccone sono choccanti, proprio perché la figura della «nuova» Maddalena che viene descritta è tutt’altro che innocua: non nasconde cioè il pretesto per una semplice riscoperta del ruolo della donna nella religione, ma costituisce la punta emersa di un iceberg di credenze avallate da incredibili falsità storiche eppure ormai strisciantemente diffuse nell’opinione comune.
Prendiamo la teoria del matriarcato originario, una sorta di stato edenico (studiato soprattutto da Johann Bachofen e più di recente dall’archeologa Marija Gimbutas) in cui il potere femminile avrebbe assicurato pace universale e parità tra i sessi: l’ipotesi è tutt’altro che provata (la costruzione «matriarcale» basata sui ritrovamenti archeologici di Catal Huyuk in Turchia, per esempio, è attaccata come mito dalla maggioranza degli storici), eppure è già diventata «articolo di fede» per la nuova religione del femminino, secondo un «fondamentalismo rovesciato» nel quale chi nega valore dogmatico al cristianesimo lo attribuisce poi ad altri fatti ben più immaginari.
Allo stesso modo l’idea dell’«eterno femminino» - già introdotta da Goethe - e la filosofia dell’androgino come stato perfetto, in quanto unione divina del principio maschile e di quello femminile (ricordate in Dan Brown la storia dell’apostolo Giovanni che nell’ Ultima Cena di Leonardo è in realtà la Maddalena?), scaturisce dalla cultura alta come contraltare di un cristianesimo «maschilista e patriarcale», che avrebbe represso nei secoli le religioni misteriche (Eleusi) e le dee-madri della fecondità (da Iside a Demetra o Diana, non a caso oggi molto rivalutate), i culti dionisiaci del libero amore e la «ierodulia» o prostituzione sacra, le eresie «lunari» o estatiche (ottenute anche attraverso le droghe o la musica, Wagner su tutti), e così via. La rivoluzione sessuale sarebbe dunque una fase necessaria per tornare a quel mai dimostrato androgino originario, simboleggiato dal matrimonio tra Cristo e la Maddalena; mentre resta da chiedersi quanto dei movimenti trans-, bi- e omo-sessuali dipenda almeno inconsciamente da tali condizionamenti ideologici.
Insomma, si capisce finalmente perché questa Maddalena «nuova» e gnostica susciti oggi tanti entusiasmi, benché di lei non esista alcuna traccia storica in tutto il lungo arco che intercorre tra i vangeli apocrifi e l’Illuminismo. Ed è singolare - nota appunt o Iannaccone - che una figura del genere «non abbia interessato i pensatori atei o fortemente critici nei confronti del cristianesimo ortodosso, come l’umanista Pomponazzi, gli anabattisti svizzeri e il riformato Vanini che nega la divinità di Gesù. Per non parlare di Giordano Bruno che tratta Gesù come un truffatore, ma nulla dice della Maddalena». Nessun critico anti-cattolico, materialista o ateo (né Voltaire né Renan, per sparare due grossi calibri), e nemmeno una femminista prima del 1970 sollevò mai l’ipotesi di una Maria di Magdala «sposa di Cristo» o custode della vera dottrina apostolica; il che non solo smonta l’idea di una confraternita di «iniziati» (i vari Dante, Leonardo, Botticelli...) che avrebbe perpetuato con codici simbolici segreti una conoscenza «proibita» dalla gerarchia ecclesiastica, ma prova che «la "nuova" Maddalena è un fenomeno culturale recente».
E interessato, probabilmente: la «spiritualità della dea» infatti, nella sua (presunta) nonviolenza e «correttezza politica», risulta tanto congeniale alla New Age quanto pagana nel suo intimo. Non per nulla il movimento della neo-stregoneria o Wicca strizza l’occhio alle mode innocue delle tecniche «dolci», delle culture naturalistiche o comunque «alternative»: occultismo, sapienza tellurica femminile e spiritismo hanno sempre offerto alle donne (le «streghe», appunto) una forma di libertà e di riscatto impedita nei normali ambiti sociali o religiosi. Perciò esoterismo e teosofia si trovano strettamente legati agli esordi del femminismo fin de siècle, anche se di nuovo il mito fa aggio sulla storia: i lavori di Julius Michelet sulla stregoneria sono difatti infarciti di invenzioni e altrettanto fantasiosi vengono considerati ormai gli studi «matriarcali» dell’egittologa Margaret Murray o dell’antropologa Margaret Mead.
Secondo Iannaccone tuttavia non bastavano le scoperte degli apocrifi gnostici (che peraltro divennero popolari già nel tardo Ottocento, pur se oggi si continua a pr esentarle come «novità» occultate dal «potere» della Chiesa), o la teoria dell’«archetipo femminile» sistematizzata da Jung, per rendere possibile la «costruzione culturale» del «sacro femminino» che vede la Maddalena come suo simbolo. Servivano tre condizioni: la diminuzione della fede in Cristo come Dio incarnato; l’accresciuto interesse nei confronti della donna; la rivoluzione sessuale. Su tali fondamenta sprofondate in un secolare lavorio sulla psiche collettiva, «più che su un’irruzione di nuove nozioni storiche», possono ora poggiare le più traballanti interpretazioni. Il risultato? Oggi «convivono due Maddalene, del tutto incompatibili, una tradizionale e una innovativa»; e la seconda «è risultata più promettente, relativista, multiculturale per obbligo di coscienza, insomma adattissima alla mentalità moderna». La dea perfetta per un immaginario politically correct.
EU-ANGELO, BUONA EDUCAZIONE, E BUONA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA ("la mia BIBBIA civile": Carlo A. Ciampi) -NON DELLA CHIESA cattolico-romana!!!
Caro Francesco hai perfettamente colto nel segno: ma chi è che si è inventata "una storia, completamente fantastica e offensiva"? La Chiesa o lo scrittore di thriller?! Considera per un momento questo ’dialoghetto’:
Come ti chiami? - Gesù. / Gesù? E di chi sei figlio? - Sono figlio dell’Amore di Maria e di Giuseppe. / Ma Chi ha deciso di chiamarti così? - Il mio papà, Giuseppe [Leggi il testo evangelo - sull’argomento!]. / Cosa significa il tuo Nome? - Significa “Amore salva”, cioè che l’Amore di Maria e di Giuseppe mi ha salvato! / E’ bello!Bene! Grazie e buona giornata! - Buona giornata!
Ora rifletti, bene. Cosa penseresti tu di chi, inventando "una storia, completamente fantastica e offensiva" ... e per di più vecchia (per es. - come quella di Romolo e Remo, figli di Rea Silvia e ... di Marte), dicesse a questo bambino: caro Gesù, vedi che ti sbagli - Giuseppe non è tuo padre!, egli è solo il tuo padre legale - putativo; tu sei figlio di Maria e ... di un altro Uomo, che si chiama Dio!
Rifletti un po’... e considera che "padre" e "madre" sono delle relazioni (radicate nel biologico, ma) culturali e spirituali, che l’uno e l’altra sono tali se accolgono e curano il "figlio" e .... così tutti e due ("padre" e "madre") diventano "figlio" e "figlia" del loro stesso "figlio", che - in verità e in principio - è il loro stesso... Padre, l’Amore, lo Spirito Santo (la Relazione Santa), il LOGOS, IL VERBO, LA PAROLA. Vale a dire: "Madre", "Padre", "Figlio"....nel NOME dello "Spirito Santo", Amore (= Dio), "Padre nostro" di ogni essere umano - al di là della terra (’matria’) e del sangue (della ’patria’) dei razzisti e nazisti !!! A questo punto, rifletti ancora - e vedi di capire dove sta il ’trucco’ e ...chi la spara o l’ha sparata più grossa.... e chi l’ha buttata più lontana - nel tempo e nello spazio! M. grazie per il tuo intervento e per la tua attenzione. M. saluti, Federico La Sala
«Il Codice da Vinci» accolto gelidamente alla prima proiezione Neanche un applauso al thriller «anti-cristiano» Qualche fischio isolato e una risata di scherno
CANNES - I critici e gli invitati che hanno riempito ieri sera al Festival la prima proiezione mondiale de Il Codice da Vinci hanno mostrato soprattutto, dopo due ore e 32 minuti di proiezione, apatia e indifferenza: nessun applauso e qualche stanco e isolato tentativo di fischio. Eppure tutto qui a Cannes parla di Leonardo: il Palazzo del cinema è pieno di Gioconde, con occhi socchiusi, rose all’orecchio, volti da gatto, in omaggio all’attesissimo enigma del Codice che stasera aprirà con un gala la rassegna e uscirà poi urbi et orbi venerdì. Sono già tutti qui: il regista Ron Howard, l’ex ragazzino di Happy days e il cast italo-americano del kolossal, dal prof. di Harvard Tom Hanks alla criptologa Audrey Tautou, dal commissario dell’Opus Dei Jean Reno allo straordinario Paul Bettany, l’ex killer gelido, ignudo e convertito che si flagella col cilicio e uccide i depositari del segreto.
SNOBBATI - Nessuno finora aveva visto il film di cui si attende un successo planetario, nessuna visione privata neanche in America, tutti i critici snobbati. Misure di sicurezza in tempi di pirateria: le 800 copie che invaderanno le sale italiane viaggiano protette dalle guardie del corpo della Sony. Il titolo dei record. Il libro di Dan Brown, ex professore d’inglese e pianista, ha venduto dal 2003 ben 50 milioni di copie nel mondo, e in Italia la Mondadori ne calcola 3 milioni e mezzo. Anche il Louvre, dove muore all’inizio il nonno della Tautou in posa da uomo leonardesco, pensa di aumentare grazie al film i visitatori, 7 milioni e 300mila nel 2005. Il thriller dagli effetti speciali digitali leonardeschi è appassionante e molto divertente, ti fa sentire prima confuso e poi esperto di cose teologiche, ma urge non prenderlo troppo sul serio su queste faccende che appaiono tuttavia assai studiate.
L’andamento è hitchcockiano: il povero Tom Hanks che, come Cary Grant o Jimmy Stewart, si trova in faccende molto più grandi di lui, un intrigo internazional-spirituale con fuga in auto e in aereo e alcuni intermezzi brevi, quasi subliminali, di scene da peplum storico romano.
I DUBBI - E se Hitch in un film giocava sul doppio senso di «chappel», qui è «pope» a portare fuori strada i nostri eroi, sempre a Londra. Ma l’elemento straordinario è che il thriller che vanta un planetario gradimento tratta non di sesso ma dei quadri di Leonardo, di dispute teologiche, guerre di religione, del concilio di Nicea, dei Templari e inietta il dubbio sulla mortalità di Gesù che, comprovata, sarebbe un bel rischio per il potere religioso. E poi l’Opus Dei (che parla col rantolo soffuso, quindi per il cinema è cattiva) e il Sacro Graal che sarebbe la Maddalena all’Ultima Cena, che sposò Gesù e da qui i discendenti, etc, arrivando a Leonardo e Newton e a un aggeggio con 12 milioni di possibilità che decifra lettere e iscrizioni, mappe e tombe criptiche.
SACRO GOSSIP - Dal sacro gossip viene l’intelaiatura complessa e action del racconto da 125 milioni di dollari (uno tondo al Comune di Parigi per girare dentro al Louvre, e con una Monna Lisa falsa), ora sotto il tiro degli anatemi della Chiesa: era dai tempi della Dolce vita che non si prometteva l’inferno per un film. A meno che, consiglia l’Opus Dei, chiamata direttamente in causa (il capo è il nostro attore Francesco Carnelutti), non si fosse specificato nei titoli di testa che «ogni riferimento alla realtà è puramente casuale».
Infatti in sala è scoppiata una risata quando Hanks dice alla Tautou: «Ma allora tu sei l’ultima discendente di Cristo?». Non era l’unico a non crederci.
Corriere della Sera, Maurizio Porro, 17 maggio 2006
Caro Prof. devo ancora finire "Il Signore degli anelli"...
Con stima e simpatia. Biasi
PS: c’amma fà...
Niente boicottaggio, semmai «Il Codice da Vinci» offre alla Chiesa «l’occasione» di una «opera capillare di catechesi, e prima ancora di informazione storica» per aiutare «la gente a distinguere con chiarezza i dati certi delle origini e dello sviluppo storico del cristianesimo dalle fantasie e dalle falsificazioni». «Una moda editoriale e cinematografica». «Ha primariamente uno scopo commerciale» ma costituisce anche una radicale e del tutto infondata contestazione del cuore stesso della nostra fede, a cominciare dalla croce del Signore».
Card. Camillo Ruini, 15 maggio 2006
Caro Biasi
Bene-detto chi viene nel Nome del "Dio" dei nostri Padri e delle nostre Madri.... e non di mammasantissima!!! Con m. stima, m. cordiali saluti, Federico La Sala
Come al solito si esagera. Io credo che chiunque abbia abbastanza fede in Cristo non corre alcun rischio di avere dubbi su quanto finora ha creduto, non sarà certo un film a far perdere la fede. Cristo ci ha creati liberi, soprattutto di scegliere se una cosa è buona o cattiva. Perciò mi sembra alquanto esagerata una così forte presa di posizione della Chiesa. Ci lamentiamo che il mondo islamico sia così duro con chi offende Maometto e poi ci comportiamo allo stesso modo!? Mah!? Andiamo a vedere il film che comunque è e restera tale, solo un film.
Gaetano - Santa Maria Capua Vetere (CE)
Caro GAETANO
condivido pienamente quanto scrivi - e apprezzo altrettanto pienamente la tua fede "adulta" (come quella della gran parte dei cittadini e delle cittadine della nostra Repubblica Italiana) e la tua libertà di pensiero. In riferimento al ’caso’- e sugli effetti delle sollecitazioni delle gerarchie del Vaticano, vedi l’allegato (dal blog Falstaff). M. grazie dell’attenzione e molti cordiali saluti, federico la sala
da " La Sicilia " Un cinema di Ribera sfida la Chiesa
ROMA - Un esercente di Ribera, piccolo paese siciliano in provincia di Agrigento, sfida la Chiesa e, nonostante la richiesta di boicottaggio, programmerà dal 19 maggio ’Il codice da Vinci’. L’uomo si chiama Massimo Lupo.
Il caso è stato scoperto dall’emittente Play Radio che, nel corso della trasmissione Play Watch condotta da Fabio Canino e Elena Pandolfi, ha ospitato Lupo, proprietario del cinema locale. "A Ribera - ha spiegato Canino - hanno fatto un volantino per boicottare il film". Nel volantino, letto da Canino, si parla dell’opera di Dan Brown e del film come di una "accozzaglia di offese, errori teologici" e si invitano i cristiani a "non stare con le braccia incrociate perché tollerare queste cose è un peccato mortale".
Insomma un invito al boicottaggio in piena regola con invito diretto, rivolto ai fratelli Lupo, proprietari dell’omonimo cinema di Ribera, a non proiettare il film. "Mia madre si è sentita male appena ha letto il volantino - ha spiegato Massimo Lupo -. Nella chiesa di Ribera ci sono preti con un’età media altissima. Comunque proietteremo il film il 19 maggio in contemporanea mondiale, non ci intimiderà nessuno. La città si sta dividendo, moltissime persone di Ribera sono dalla nostra parte. Noi siamo una famiglia molto cattolica e facciamo il nostro lavoro. La Chiesa di Ribera farebbe bene ad uscire di più dalle sacrestie e incontrare i giovani". 12/05/2006
IL "RISO PASQUALE" E IL FONDAMENTO TEOLOGICO DEL PIACERE SESSUALE
Cara Francesca ... se vuoi, e se mi permetti, il ’suono’ del campanello ("Din Don Brown") è solo una sollecitazione, una spinta a svegliarsi. NIENTE DI PIU’ E NIENTE DI MENO: il problema è antico quanta la stessa umanità. Sul TEMA, e in modo documentato e storicamente affidabilissimo, ha scritto una donna - teologa e cristiano-cattolica, un libro notevolissimo (pubblicato da una casa editrice cristiano-cattolica) - ti allego qui una scheda - forse vale la pena procurarselo ... svegliarsi, e ridere, ridere. Grazie per la tua spiritosa attenzione e m. cordiali saluti, Federico La Sala
La Queriniana rilancia il "Risus paschalis": un successo editoriale sul fondamento teologico del piacere sessuale.[1].
"È possibile che l’uomo nell’interezza della sua realtà concreta e quindi nella sua sessualità, nel desiderio, nel godimento, sia immagine di un Dio trascendente?". La domanda è ardita, tanto più se ci si situa nell’ambito della fede cristiana e se si tiene conto del fatto che la Chiesa cattolica è sessuofobica da quasi due millenni. Dobbiamo infatti soprattutto a S. Agostino d’Ippona (354-430 d.C.) una concezione negativa e peccaminosa della sessualità umana, se è vero come è vero che nei Soliloquia è arrivato a scrivere: "Quanto a me, penso che le relazioni sessuali vadano radicalmente evitate. Penso che nulla avvilisca lo spirito dell’uomo quanto le carezze di una donna e i rapporti corporali che fanno parte del matrimonio". Sempre, tuttavia, nella storia della Chiesa, qualcuno ha osato dire e manifestare che attraverso il piacere l’uomo può cogliere qualcosa di Dio, che il godimento sessuale è riflesso e immagine, realizzazione ed esperienza del godimento infinito che è in Dio. Si è trattato di voci isolate o è possibile rifarsi ad una tradizione scritta e orale che, nei secoli, ha diffuso una visione positiva, serena e quasi trascendente della sessualità? A questo interrogativo intende rispondere il libro di Maria Caterina Jacobelli Il Risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale (Brescia, Queriniana, 2004), pubblicato per la prima volta nel 1990, con prefazione di Alfondo Di Nola, e giunto ormai alla quarta edizione. Attraverso la sua conoscenza ad ampio spettro del tema, l’autrice parte dall’analisi storica di un fenomeno assai diffuso nell’Europa del Nord intorno al ’500, ma testimoniato per più di 1100 anni un po’ ovunque nella Chiesa: il Risus paschalis, da cui l’opera prende il titolo. Si trattava di una tradizione secondo la quale, la mattina di Pasqua, il celebrante - per rendere più evidente il passaggio dalla tristezza della Quaresima alla gioia del tempo pasquale - cercava di far ridere il popolo radunato in chiesa mediante il turpiloquio e la messa in scena di atti impertinenti o addirittura osceni. Partendo dalla descrizione di questo fenomeno la teologa dimostra, con argomenti irrefutabili, che "sia la liturgia ebraica che quella cristiana hanno usato ed usano il piacere sessuale come linguaggio per cantare la gioia di pasqua". Da qui prende le mosse una valutazione teologica della sessualità e del piacere sessuale come luogo di esperienza del godimento infinito di Dio. Il punto di partenza è, ovviamente, la Scrittura e in particolar modo la narrazione della creazione dell’uomo e della donna. Si passa poi al Cantico dei Cantici e a tutte le metafore "amorose" usate dai profeti e dagli scrittori sacri per descrivere il rapporto di Dio con l’umanità. Ciò che emerge in modo limpido e senza possibilità di fraintendimenti è che il piacere sessuale ha in sé una scintilla del divino ed è una partecipazione all’essere stesso di Dio. Ampio spazio è riservato poi a S. Tommaso d’Aquino, illuminato dottore della Chiesa, e alla sua Summa, luogo in cui è disvelata l’intrinseca bontà della creatura umana e della sua ricerca del piacere. Ne sgorga un’etica nuova del piacere, del godimento, del "ridere". La conclusione è un augurio: "possa ogni rapporto sessuale compiuto nel godimento dell’amore, rendere l’uomo - creato maschio e femmina - sempre più profondamente immagine di Dio".
[1] Maria Caterina Jacobelli, Il risus Paschalis. Il fondamento teologico del piacere sessuale, Brescia, Queriniana, 1991 (da Adista notizie, n°49 del 3 luglio 2004, www.adista.it ).
C’è poco da ridere, conoscendo le teorie del nostro Professore. Cosa dovremmo fare ? Esaltare il proprio corpo, come oggi assistiamo? L’eros, caro Federico, oggi è degradato a puro "sesso". E il sesso è diventato merce, cioè qualcosa che si può comprare e vendere. Siamo diventati merce di scambio. È questo lo definisci forse : "luogo di esperienza del godimento infinito di Dio" ? Sarebbe questo il grande "sì" dell’uomo (donna) al proprio corpo ? La sessualità è vissuta spesso come materiale da sfruttare, da adoperare. Dopo la repressione quindi lo sfogo ? Ecco allora tutte le sregolatezze fisiche e pschiche ben presenti ai nostri occhi. Il problema non è vietare o autorizzare, ma capire e studiare la sessualità, onde permetterci di orientarla affinchè contribuisca al nostro sviluppo psichico, mentale e spirituale.
Ricordiamo che il Concilio Vaticano II ha descritto l’atto d’amore tra l’uomo la donna come una delle più alte espressioni dell’amore. Le Istituzioni religiose affermano comunque e giustamente la necessità di una educazione per imporsi sull’istinto sessuale che è particolarmente tirannico, "deve anch’esso essere educato, orientato, collocato nel suo posto, sotto pena di squilibrare l’uomo e di compromettere la sua capacità di amare".
Saluti
Caro Biasi finalmente!!! Ma è proprio di questo che stiamo parlando: OMOSESSUALITA’ NEGATA, PEDOFILIA, e altre "perpetue" (ricordare il nostro grande Manzoni!!!) questioni (con tutte le loro devastanti implicazioni) assillano da secoli la vita istituzionale della Chiesa ’cattolica.... Vogliamo o non vogliamo riprendere il filo del Concilio Vaticano II !!! C’è molto, moltgo, molto marcio in ’Danimarca’ .... e il grande Bardo già ce lo aveva detto - e Freud ripetuto!!! Che aspettiamo?! Din, don ... Dan!!! Sveglia ... e BUON GIORNO!!! M. cordiali saluti, Federico La Sala
Il Monsignore C.B. fermato dalla polizia, nella zona delle trans, lavora in Vaticano alla Segreteria di Stato. Voleva sfuggire ai controlli della polizia di Simone Navarra (La Repubblica, 15.05.2006)
Roma- Un monsignore a Valle Giulia, una strada vicino ai Parioli a Roma, in cerca d’incontri omosessuali con un trans e una denuncia, a suo carico, per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. A notare C. B. 48 anni - monsignore della Segreteria di Stato, residente in Vaticano nella Casa di Santa Marta - è stata una volante della polizia. Gli agenti si sono accorti di movimenti sospetti in una Ford Focus, e, non appena si sono avvicinati, l’uomo all’interno della vettura (il monsignore) ha tentato di tagliare la corda, ma è andato a sbattere contro alcune auto, compresa quella della polizia. Perché avesse tentato di allontanarsi è apparso chiaro poco dopo. «Voi non sapete chi sono io», ha detto appena sceso dall’auto, vestito con abiti civili, agli investigatori. E loro sulle prime erano convinti di avere a che fare con uno dei tanti frequentatori notturni dell’area a ridosso del Museo di Arte Moderna, regno storico della prostituzione maschile nella capitale. Tanto che quando i poliziotti hanno proceduto a una breve perquisizione della Focus, e hanno trovato, sul sedile posteriore, un abito talare ben piegato, con tanto di scarpe nere ben lucide, hanno pensato a una festa in maschera. La vicenda, per C. B., è finita quasi alle 5 del mattino negli uffici della questura, con una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali. Ora toccherà al pm romano Di Leo sbrogliare la matassa. La situazione è delicata anche perché in base a quanto acquisito sinora, l’uomo sarebbe dottore in Diritto Canonico, autore di alcuni testi universitari e funzionario presso la prima sezione della Segreteria di Stato, in Vaticano.
P.S. - "SE SBAGLIO, MI CORRIGGERETE": parole di grande saggezza, già dimenticate!!! Contro il vento che soffia (e SOFFIAVA al funerale di papa Wojtyla!!!) forte su tutta la Terra, le gerarchie del Vaticano asserragliate nel loro ’fortino’ e non vogliono né ascoltare né ricevere ’lezioni’ da nessuno (tantomeno da un ’comunista’ diventato Presidente della Camera della Repubblica italiana): nessun dialogo con nessuno - siamo infallibili. Hanno già dimenticato tutta la storia.... A questo punto, forse, è proprio bene ricordare che significa la parola ABATE:
«Dove andate, Signor abate?» ecc. Vi rendete conto che abate significa padre? Se voi lo diverrete, renderete un servizio allo Stato; e senza dubbio compirete l’opera più alta che possa compiere un uomo: nascerà da voi un essere che pensa. C’è qualcosa di divino in quest’azione. Ma se siete il signor abate solo per il fatto che avete la chierica e portate un collarino e una mantellina, e ve ne state lì alla posta di qualche beneficio, il nome d’abate non lo meritate. Gli antichi monaci chiamarono così il superiore che essi eleggevano. L’abate era il loro padre spirituale. Quanti significati diversi assumono, col passare del tempo, gli stessi nomi! L’abate spirituale era un povero a capo di tanti altri poveri; ma i poveri padri spirituali giunsero poi ad avere duecento, quattrocentomila franchi di rendita; e ci sono, oggi, in Germania, dei poveri padri spirituali che posseggono un reggimento di guardie. Un povero che ha fatto giuramento d’essere povero e che, di conseguenza, diventa sovrano! Già lo si è detto; e va ridetto mille volte: questo è intollerabile. Le leggi protestano contro questo abuso, la religione se ne indigna, e i veri poveri, nudi e affamati, assordano il cielo di lamenti davanti alla porta del signor abate. Li sento rispondere, i signori abati d’Italia, di Germania, delle Fiandre, della Borgogna: «E perché non dovremmo accumulare anche noi ricchezze ed onori? Perché non dovremmo essere principi? I vescovi lo sono. Una volta erano poveri come noi, e poi si sono arricchiti, si sono innalzati; uno di loro è ora più in alto dei re; lasciate che li imitiamo per quel che ci è possibile.» Avete ragione, signori; invadete la terra; essa appartiene ai forti e ai furbi che se ne impossessano. Avete approfittato dei tempi dell’ignoranza, della superstizione, della demenza per spogliarci delle nostre eredità e calpestarci; per ingrassarvi con le sostanze degli sventurati: tremate, chissà che non arrivi il giorno della ragione. (VOLTAIRE, Dizionario filosofico).
LA CHIESA: UN’ISTITUZIONE PROVVIDENZIALE
Dopo essersi vigorosamente battuto contro l’affermazione romana sull’infallibilità, nel 1864, vent’anni dopo la sua conversione al cattolicesimo, J.H. Newman scrive:
"Supponendo dunque che sia volontà del Creatore intervenire nelle vicende umane e provvedere affinchè si conservi nel mondo un’idea di Lui, così precisa e chiara da essere inattaccabile dalla forza dello scetticismo umano; supponendo questo, non ci sarebbe nulla di strano se Egli giudicasse opportuno introdurre nel mondo un’autorità dotata della prorogativa di essere infallibile in materia religiosa. Una tale misura sarebbe un mezzo diretto, immediato, efficace e pronto per arginare le difficoltà, sarebbe uno strumento adeguato al bisogno; e quando trovo che questo è il carattere che la Chiesa cattolica rivendica per sé, non solo non ho difficoltà ad accettare l’idea, ma l’accetto volentieri, trovandola così opportuna.
Vengo così a parlare dell’infallibilità della Chiesa, come misura voluta dalla misericordia del Creatore per conservare la religione nel mondo, disciplinare quella libertà di pensiero che resta di per sé, certo, una delle nostre più grandi doti naturali, e salvarla dai propri eccessi autodistruttivi".
Che lezione dovremmo poi ricevere da uno che si dichiara "comunista", una ideologia che, insieme a quella nazista, ha cercato nel secolo scorso di annullare il cristianesimo ?
Pacs et bonum. Biasi
KOYAANISQATSI--------------------------LIFE OUT OF BALANCE----------------------------------------KOYAANISQATSI
Caro Biasi vedo che ormai vai a ruota libera totale.... e parli da solo! Ma di quale infallibilità, di quale autorità, di quale chiesa, e di quale cristianesimo parli?! Il tuo "cristianesimo" (perché abusi di un uomo saggio e di un pellegrino, come J.H. Newman?) è ed è stato solo "un platonismo per il popolo", un cattolicesimo (l’interpretazione di una setta che viene affermata ’universale’, con la forza e con la violenza e con lo sterminio: Marx, Nietzsche, e Freud ... avevano tutte le loro ragioni per essere pieni di sospetto!!!) che di eu-angelico ormai (a livello gerarchico-istituzionale e dottrinale) non ha proprio più niente! Vedo con molto dispiacere che vai sempre più contorcendoti tra i fantasmi del passato e hai perso ogni decenza nei confronti di te stesso e nei confronti del "Dio" dei nostri Padri e delle nostre Madri!!! Ti voglio solo ricordare che abbiamo dovuto aspettare duemila anni - e arrivare al Concilio Vaticano II e alla NOSTRA AETATE - perché la Chiesa ’cattolica’ giungesse a fare un po’ di autocritica (per gran parte quasi dimenticata - dopo la grande scossa e ventata di Karol J. Wojtyla, che era figlio di una donna di religione ebraica, ... e che ha ben distinto tra nazismo e comunismo!!! - sulla accusa agli ebrei di popolo "deicida"!!! L’apostolo Giuda, al confronto di quello che la Chiesa ’cattolico’-romana ha realizzato in duemila anni di persecuzioni di "cristiani" e di "cristiane", era (dobbiamo dar ragione agli gnostici !!!) davvero il discepolo migliore e più fedele di Gesù - il figlio del "Dio" dei nostri Padri e delle nostre Madri, e il nostro fratello. Che l’aria di San Giovanni in Fiore e lo Spirito di Gioacchino ti diano salute e ti aiutino a diventare finalmente un "new-man"!!! Così sia! M. cordialmente, Federico La Sala
Caro Federico, è molto commovente la tua citazione nei confronti del "Grande Karol". Però penso che, al contrario del Papa polacco, tu del ruolo effettivo della "MammaSantissima" abbia capito ben poco. Magari un giorno diventerai un devoto mariano (le strade del Signore sono infinite, no ?). È questa la mia speranza, è questa la mia illusione.
Naturalmente dispiace la tua visione distorta del Cristianesimo, per te costituito essenzialmente da violenze e persecuzioni (sic!). Forse dovresti andare a qualche lezione di storia del cristianesimo insieme al tuo "amico" din don dan Brown; scopriresti così la differenza fra la storia vera e il mito, la leggenda. Scenderesti finalmente così dalla tua vertiginosa giostra di evoluzioni, fatta di misteri celati, interpretati o travisati, di scienze occulte, società segrete e complotti vari, secondo un piano, il tuo piano, al quale probabilmente solo tu, molto pericolosamente, credi.
Però questo è Federico La Sala. Prendere o lasciare. Non sei naturalmente leggero come un Calvino o un Kundera, però leggerti a me fa sempre piacere, perchè sai essere molto assorbente e coinvolgente. Dovresti provare, sulla scia dell’"amico" Dan, a scrivere un libro di fantastoria sul nostro Gioacchino da Fiore (IL CODICE DA FIORE). Faresti forse la fortuna di un intero paese !!!
Pensaci e facci sapere. mfg (mit freundlichen Grüssen). Biasi
GLORIA, GLORIA ETERNA AL ’CODICE’ DI GIOACCHINO: VIVA, VIVA SAN GIOVANNI IN FIORE - VIVA L’ITALIA!!!
Caro Biasi finalmente cominci a svegliarti e a capire qualcosa. Esatto: sei sulla buona strada!!! Non è il codice DAN...neggiato di BROWN, ma è proprio l’eterno ’CODICE’ DI GIOACCHINO, quello che illumina il cielo e purifica l’aria di SAN GIOVANNI IN FIORE e di tutta l’ITALIA, e che fa tanta, tanta paura ai "Mammasantissima" della Chiesa ’cattolico’-romana!!! Hai propio ragione: bravo! Buon cammino, new-man!!! M. cordialmente, Federico La Sala
E Gesù disse: «Siate allegri!»
intervista a Massimo Cacciari
a cura di Francesco Dal Mas (Avvenire, 25 settembre 2012)
«Il cristianesimo è lieto e deve far ridere. Guai, dunque, a una predicazione triste. Chi annuncia non può che avere il sorriso, anzi il riso di Beatrice che percorre tutta l’ultima cantica: «Tu la vedrai sulla vetta di questo monte ridere felice». Se tu non fai capire che il Paradiso è riso, come ha dimostrato Dante con Beatrice, la tua evangelizzazione sarà nebulosa e quindi non sarà un’evangelizzazione perché annunci un Vangelo triste, quindi non un eu-angelion , una ’buona notizia’ ». S’infervora il filosofo Massimo Cacciari intorno al tema «Davvero Gesù non ride?» che gli è stato affidato nell’ambito dell’ottava edizione di «Torino Spiritualità» e che svilupperà nell’appuntamento di giovedì.
Professore, lei è solito approcciarsi a Gesù in termini drammatici...
«Un momento. Come insegnava Platone, un dramma e una commedia hanno la stessa origine e non possono essere trattati in modo disgiunto. Quindi dire drammatico non significa dire incapace o impotente a ridere ».
È pur vero che quello di Gesù è stato letto da molti come un annuncio triste...
«Sì, ma è tutto da discutere. Nel Vangelo la dimensione del ridere è praticamente assente perché quando incontriamo un riso è quello degli stolti che deridono Gesù quando risorge la bambina».
E nell’Antico Testamento?
«È presente solo nell’accezione della stoltezza umana. Dio ride per schernire dall’alto la stoltezza dell’uomo. Ma sono letture affrettate».
Affrettate perché?
«Come si può non sentire un timbro del riso nel Cantico dei cantici? Più difficile si fa la ricerca nel Nuovo Testamento, perché qui sembra che il riso manchi. Ma è proprio così? Vediamo di ascoltare con orecchi non particolarmente ottusi. E allora scopriamo che nel Nuovo Testamento Gesù non ride con scherno nei confronti della nostra miseria e stoltezza. Certo, manca il riso sguaiato. Ma come si fa a non sentire una luce ilaros, come avrebbero detto i Padri orientali, quella luce del cielo quando è sgombro da ogni pesantezza, da ogni nebbia? Come si fa a non sentire nelle parole di Gesù questa ilaritas che mai giudica, mai condanna? Anche se non è nominato espressamente come si fa a non ascoltarlo?».
Si è soliti, in effetti, definire spiritosa una persona che ci fa ridere intelligentemente.
«Una battuta di spirito è una battuta che alleggerisce, che solleva, che assolve. Come si fa a non sentire questo timbro nelle parole di Gesù? Ma direi ancora di più: non è piena di ironia tutta la parola di Gesù?».
Gesù ironico? Ma come? L’ironia non sembra molto evangelica.
«Ironia nel senso letterale del termine, di gusto del paradosso. Il paradosso che invita alla ricerca. La parabola che timbro ha se non questo? Non è forse profondamente ironica in questo senso? Come hanno spiegato grandi interpreti, la parabola non ha nulla a che fare con l’allegoria perché l’allegoria è una similitudine che immediatamente si scopre. La parabola, invece, è un invito a pensare pieno di ironia. E che invita al sorriso. Le parabole del Regno hanno paragoni che sembrano assurdi. Il Regno dei cieli è un grano di senape. Non mette in evidenza un’immensa distanza? Non è un paradosso? Come si fa a non sorridere per la parabola delle vergini stolte che si precipitano ad acquistare l’olio e poi vengono cacciate? Oppure quell’immagine al limite della blasfemia: il Signore è come quel re che tutto concede per non essere più infastidito da scocciatori che gli chiedono di tutto? Questa parabola è piena di elementi ironici. Come lo è quella del samaritano e del figliol prodigo. Io credo che l’unico che abbia capito fino in fondo lo spirito della parabola di Gesù sia Kafka».
Kafka? Perché mai Kafka?
«Le sue sono parabole che non danno soluzione, rimangono enigmi. Non sono facili similitudini, non sono allegorie. Non permettono un allegorismo a differenza delle favole antiche e, nello stesso tempo, fanno sorridere. Fanno sorridere continuamente. Kafka secondo me rideva quando scriveva i suoi racconti. È tutta questa dimensione che bisogna scoprire se si vuole leggere con orecchi aperti il messaggio di Gesù. E poi un tema a me caro: l’ilaritas del più perfetto imitatore di Gesù che è Francesco».
In tempi di crisi come quelli che viviamo, c’è spazio per un annuncio che non sia triste?
«Quanto ho detto vale soprattutto per tempi di crisi come i nostri. Se tu, invece di annunciare una lieta novella, annunci una novella ancora più triste, è chiaro che fallisce l’evangelizzazione. Citavo Francesco. Forse che lui, ai suoi tempi, non considerava tutti i problemi? Nella sofferenza lui ’rideva’, cantava e aveva il volto del riso e non della tristezza. L’unico comando che ha dato Francesco ai suoi è stato: andate e non siate mai nebulosi ».
Ma bisogna distinguere riso da riso. Non le pare? Oggi la risata è spesso sguaiata...
«Non c’entra nulla. Questo non è riso, è derisione, è scherno, è sarcasmo. L’etimo di sarcasmo è fare a pezzi la carne. Questo è il riso che insegnava Leopardi. Gli italiani sono capaci solo di scherno. Questo è il riso tipico dell’italiano».
È il rischio anche della satira?
«Certo. Quando la satira non è ironica (perché può essere ironica ed esprimere un sano riso che solleva), ma quando è impietosa, sarcastica, è nichilistica, fa a pezzi e basta. Ma si può fare a pezzi e basta anche tradendo il Vangelo come qualcosa di triste o semplicemente spirituale. La Beatrice di Dante non è solo spirituale, è spirito, cioè respiro che solleva, respiro che libera».
Risus paschalis: le barzellette oscene dei preti
di Arnaldo Casali *
Quante risate alla messa di Pasqua. Barzellette, battute oscene, satira, imitazioni, parodie e travestimenti hanno caratterizzato per secoli il momento più solenne e sacro della vita cristiana: la liturgia delle liturgie, quella che celebra la Resurrezione di Cristo di cui ogni domenica dell’anno fa memoria. E tutto questo accadeva per iniziativa dei preti e con l’autorizzazione ufficiale del Vaticano, nell’epoca più “buia” e seriosa - almeno stando ai luoghi comuni - della storia dell’umanità: il Medioevo. E non solo: perché il risus paschalis, ampiamente attestato in molte chiese cattoliche a partire dal XIII secolo, è durato per secoli, arrivando fino alle soglie del Novecento.
Il fenomeno è stato studiato approfonditamente dalla teologa e antropologa Maria Caterina Jacobelli, che ne ha fatto il punto di partenza per una riflessione sul fondamento teologico del piacere sessuale.
Lo studio della Jacobelli - pubblicato dalla Queriniana - prende le mosse da una testimonianza risalente alla Germania del 1518: si tratta di una lettera di tale Wolfgang Capito diretta a un certo Candido, a cui viene acclusa un’altra lettera di Giovanni Ecolampadio, diretta allo stesso Capito. Ecolampadio viene criticato perché contrario al risus paschalis, che invece Capito difende, adducendo come motivazione il fatto che “altrimenti i predicatori parlerebbero in templi vuoti. Il volgo, infatti, è talmente privo di giudizio, che ascolta soprattutto quel predicatore che eccita la gente con parole sconce o facendo il buffone sfacciato”.
Nelle sue linee essenziali si tratta di questo: la mattina di Pasqua, durante la messa della risurrezione, il predicatore suscitava il riso dei fedeli con ogni mezzo, ma soprattutto con gesti e parole in cui era predominante la componente oscena. Tra i vari sistemi che il predicatore adottava per far ridere l’assemblea, c’erano l’imitazione di animali e di personaggi grotteschi, ma anche quello di far entrare in chiesa laici vestiti da sacerdoti, racconti di barzellette, gesti irriverenti, parole senza senso o sconce, offese al pudore, mimo di atti sessuali, comportamenti onanistici.
Il risus paschalis, spiega la Jacobelli, era fortemente radicato nella cultura cristiana, tanto da essere difeso dai teologi e persino dai vescovi, e da essere utilizzato - dopo la Riforma - sia dai protestanti che dai cattolici, che lo usavano anche per schernirsi a vicenda.
L’uso di far ridere da parte del sacerdote durante la messa è attestato a partire dall’anno 852, quando Incmaro vescovo di Reims mette in guardia i propri sacerdoti proprio da comportamenti scurrili e troppo ilari in chiesa. Anche Dante nella Commedia testimonia questi usi già molto diffusi nella Firenze del Trecento, mentre la prima testimonianza del vero e proprio risus paschalis risale al 1209, quando il Concilio Avernionense stabilisce che nelle vigilie dei santi non si facciano nelle chiese balletti di saltimbanchi, gesti osceni, balli, né si recitino poesie d’amore o canzoni amorose.
La “mappa” del risus paschalis è quindi vastissima, sia a livello geografico che cronologico. Lo troviamo in Germania, Spagna, Sicilia, Firenze, Basilea, Reims, regioni danubiane, praticamente in tutta Europa, a partire dal basso Medioevo fino all’epoca contemporanea. L’ultima attestazione risale al 1917, in Puglia: anche le caratteristiche sono sempre le stesse: rappresentazioni comiche, l’uso di far vestire dei bambini da vescovo, l’apologia del mangiar bene, gesti connessi alla sensualità e al piacere nel luogo e nel momento sacro e da parte del sacerdote o del predicatore con lo scopo di divertire e intrattenere l’assemblea.
Con il passare dei secoli il risus paschalis perde i suoi caratteri più scurrili, restando però sempre tributario della sfera sessuale. Quanto sia radicato e accettato nella Chiesa è testimoniato dal fatto che alcuni di questi racconti scherzosi furono anche stampati in un manuale ad uso dei predicatori che ottenne persino l’imprimatur della Chiesa cattolica. Ci sono, ovviamente, anche teologi e sacerdoti contrari. Erasmo di Rotterdam definisce “la cosa più vergognosa che ci sia” il fatto che nelle feste di Pasqua “alcuni provochino al riso la gente, secondo il desiderio del popolo, con racconti palesemente inventati e il più delle volte osceni, tali che neppure in un convivio un uomo onesto potrebbe ripeterli senza vergognarsi”. Erasmo sottolinea anche che non è “in nessun modo il salmo pasquale a invitare a questo genere di allegria quando dice: “Hic est dies quem fecit dominus, exultemus et laetemur in eo”.
Se Erasmo sente il dovere di fare questa precisazione è perché, evidentemente, questa forma di umorismo era stata legittimata anche da un punto di vista teologico, anche se la motivazione più addotta era che fosse l’unico modo per trattenere la gente in chiesa senza annoiarla.
Nel giorno di Pasqua, infatti, non è considerato opportuno che il predicatore sia troppo serio. È interessante notare come una sorta di risus paschalis sia presente anche nella religione ebraica: nella tradizione rabbinica esistono infatti una serie di scherzi e giochi che il predicatore inserisce nel commento per divertire il pubblico, che altrimenti sarebbe annoiato. Questa parentela con la tradizione rabbinica confermerebbe il fatto che funzione del risus paschalis non sia quella di spiegare misteri, bensì di esilarare l’uditorio.
Secondo la Jacobelli, però, che non fa cenno alla tradizione rabbinica, non si può ridurre questo rituale ad una forma di “intrattenimento” dell’assemblea; non può essere un caso, d’altra parte, il fatto che questo riso sia legato alla gioia della risurrezione e rappresenti quindi anche una valvola di sfogo dopo il lungo e triste periodo quaresimale. Joseph Ratzinger la considera “una forma superficiale e primitiva di gioia cristiana”. “Ma non è forse splendido - spiega il futuro papa - e perfettamente in sintonia che il riso sia diventato simbolo liturgico?”.
Il risus paschalis rappresenterebbe allora un modo - degenerato - di esprimere la gioia per la vittoria di Cristo sul diavolo. La Jacobelli sottolinea anche il legame del riso con il piacere sessuale, notando come sia collegato alla nascita e propiziatorio della morte. Il riso è simbolo di pienezza di vita, non a caso lo stesso nome di Isacco, il padre di Giacobbe-Israele, è connesso con il riso, e attraverso numerosi miti e fiabe di popoli diversissimi appare un’idea fondamentale: il riso è proprio dell’uomo, di colui che è vivente. Chi ride dimostra di essere vivo: non a caso in polacco esiste un modo di dire che suona come: “Perché ridi? sei vivo?” (“Dlaczego się śmiejesz, żywy jesteś?”).
Il riso stesso assume una valenza salvifica, e a questo proposito l’autrice ricorda una serie di leggende nelle culture più antiche. Il risus paschalis rappresenterebbe quindi il trionfo della vita sulla morte, anche se espresso con forme degenerate, proprio a causa della secolare condanna del cristianesimo nei confronti della sessualità, della corporeità e, appunto, del riso.
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Arnaldo Casali
Fonte: Festival del Medioevo
Brava Laura, sono d’accordo con te!
Vincenzo Tiano
Il "Codice da Vinci", come i “Versi Satanici” Due opere da leggere, che danno (tanto) da pensare!!! di Federico La Sala (www.ildialogo.org/filosofia, Mercoledì, 30 marzo 2005)
Tutta la grande stampa e le più alte gerarchie della Chiesa Cattolica, alleate, sparano a zero e tentano di alzare una densa cortina fumogena per non far leggere l’operadi Dan Brown. Ma perché? Cerchiamo di non nasconderci dietro questioni (pure importantissime) di filologia e storia, e chiediamocelo. Perché del “ Codice da Vinci”, di un’opera “tra realtà e fiction”, non tentiamo finalmente di spiegare le ragioni profonde del successo invece di ripetere quanto molti (in modo molto conformistico vanno ripetendo da tempo) hanno già detto? Perché il “ Codice da Vinci” è considerato allo stesso modo dell’opera di Salman Rushdie, Versei Satanici? E perché in Libano è stata pronunciata una fatwa contro l’autore, Dan Brown?
La ragione principale, a mio parere, sta nel filo della storia d’amore che è sotteso a tutto il racconto e nei problemi che ad esso sono collegati. Una citazione (tanto) per cominciare: “La donna, un tempo celebrata come un’essenziale metà dell’illuminazione spirituale, era stata bandita dai templi del mondo. Non c’erano rabbini ortodossi di sesso femminile, né sacerdotesse cattoliche, né donne di religione - imam - islamiche. L’atto, un tempo sacro dello hieros gamos, l’unione sessuale naturale tra uomo e donna, con cui ciascuno dei due acquisiva l’unità spirituale, era stato ridefinito come peccato. Gli uomini di fede, che un tempo avevano bisogno dell’unione con le loro equivalenti femminili per enrare in comunione con Dio, adesso temevano i loro naturali impulsi sessuali e li vedevano come opera del demonio, il quale operava in collaborazione con la sua complice preferita... la donna”(pp. 150-151). Questo è il problema dei problemi - un tema, se si riflette bene, molto prossimo a quello affrontato nel Cantico dei Cantici. Leggere per credere - e credere per leggere! E allora cerchiamo di essere onesti con noi stessi (prima, leggiamo l’opera) e (poi, facciamo i ‘conti’) con lo stesso autoree il suo lavoro: vediamo quali sono i temi e il tema centrale del romanzo-thriller... e così forse possiamo capire un po’ di più le ragioni del suo planetario successo e un po’ di più anche il senso della cronaca (cfr. Anais Ginori, “Le donne imam cambieranno l’islam”. Una giornalista dietro lo “scisma” Usa: La Repubblica, 27.03.2005, p. 15) del nostro stesso tempo!!! Non accodiamoci alle varie gerarchie: “Sapere aude!” - cerchiamo di avere il coraggio di usare la nostra personale intelligenza e di co-noscere e di co-nascere.... finalmente, al di là delle fantasie e delle cecità teo-biologistiche e teo-razziste di una dis-umanità, zoppicante e moribonda. (Federico La Sala, Mercoledì, 30 marzo 2005).
"L’ULTIMA CENA grida praticamente a tutti che Gesù e Maria Maddalena erano una coppia di sposi"(Dan Brown, Il Codice da Vinci, Mondadori, Milano 2003, p. 286).
IL VATICANO E IL CODICE DA VINCI "FEDELI, PORTATE IL FILM IN TRIBUNALE"
di Marco Politi (La Repubblica, 07.05.2006)
Città del Vaticano - Boicottare il film di Dan Brown. La parola d’ordine si sta diffondendo in Vaticano. Ora un autorevole cardinale scende in campo con una proposta ancor più dura: perseguire e colpire il film sul Codice da Vinci nei tribunali.
L’idea è del cardinale di Curia Francis Arinze, che ha proclamato: «Esistono mezzi legali per ottenere che alcuni rispettino i diritti di altri». Il porporato nigeriano sostiene che il rispetto del credo religioso è un diritto fondamentale: «Devono rispettarci e rispettare il nostro fondatore, Gesù Cristo. I cristiani non possono restare con le braccia incrociate e dire: "Dobbiamo perdonare e dimenticare"».
L’appello del cardinale risuona nel documentario "Il Codice da Vinci: un inganno da maestro", realizzato dal giornalista americano Mario Biasetti e che verrà presentato a Roma all’Associazione stampa estera il 16 maggio. Arinze è molto energico. «La figura di Cristo - dice - non può essere usata liberamente. Quelli che bestemmiano Cristo approfittano della buona disposizione dei cristiani al perdono e all’amore anche verso coloro che li insultano». Ma ci sono altre religioni, ha soggiunto il cardinale con chiaro riferimento ai fondamentalisti islamici, in cui l’insulto al Fondatore viene ripagato «dolorosamente». Conclude Arinze: «Non sarò io a dire a tutti i cristiani quello che devono fare, ma ci sono i mezzi legali per reagire».
L’idea che sembra sottostare al suo intervento è quella di un ricorso in massa ai tribunali (all’anglosassone) per "offesa" al diritto individuale di credo. Pare difficile, tuttavia, che sia la Chiesa istituzionale a muoversi. Potrebbero però prendere l’iniziativa associazioni di fedeli come accadde in America con il boicottaggio pianificato del film di Martin Scorses "L’ultima tentazione di Cristo".
La prima personalità di spicco della Curia a chiamare al boicottaggio è stato il Segretario del Sant’Uffizio, mons. Angelo Amato, noto teologo di strettissima fiducia di papa Ratzinger. Pochi giorni fa ha denunciato in una conferenza «offese, calunnie, errori» e falsi contenuti nell’opera di Dan Brown. Richiamandosi a quanto accadde con il film di Scorsese, monsignor Amato ha citato l’esempio di un «boicottaggio ai botteghini» che provocò negli Usa «una meritata bocciatura economica».
Anche l’Avvenire, giornale dei vescovi italiani, ha dedicato un inserto speciale alla campagna di boicottaggio, citando l’allora arcivescovo di New York O’Connor che nel 1988 invitò dal pulpito «i buoni cristiani» a disertare le proiezioni dl film di Scorsese. Intervennero allora anche gli arcivescovi di Boston e New Orleans.
Più flessibile la linea dell’Opus Dei, "bestia nera" del Codice da Vinci. Scartata alla fine l’idea di adire vie legali, l’Opus sta sfruttando via internet e con iniziative pubbliche la pubblicità (seppur negativa) sulla propria organizzazione e ha lanciato una campagna per raccontare "chi è Cristo, cos’è la Chiesa, cosa fa l’Opus Dei". Nell’era dei media e della navigazione in rete sembra la carta vincente.
Caro Federico, le tue provocazioni sono molto divertenti ma decisamente un pò disoneste dal punto di vista intelettuale e storico. Il libro di Dan Brown è semplicemente un romanzo di copiature. In Italia ci sono autori molto più bravi di Brown, anche se vendono molto di meno. Brown scrive innanzittutto in lingua inglese e si rivolge al mercato americano (nota che il successo di Harry Potter è stato tale solamente quando il libro fu esportato in America !) ) e gli americani vanno pazzi per la letteratura apocalittica che descrive complotti storici e universali orditi dal Vaticano e molto in voga tra i fondamentalisti protestanti. È questa la chiave del successo del "Codice", anche in una "provincia" come la nostra, dove la curiosità per un libro che ha venduto decine di milioni di copie oltreoceano, scatta inesorabilmente.
Ti lascio con il commento di Peter Millar, sul londinese Times del 23 giugno 2003: "Questo libro (Codice da Vinci) è, senza dubbio, il più stupido, inesatto, poco informato, stereotipato, scombinato e popolaresco esempio di pulp fiction che io abbia mai letto".
La Chiesa non ha nulla da perdere o da temere di fronte a questi ridicoli tentativi per screditarla. A Dow Brown e ai suoi editori dovrebbero essere forniti alcune (o molte) lezioni di base sulla storia del Cristianesimo e una cartina geografica !
Con la solita stima e simpatia. Biasi
Caro BIASi
Vai a rileggere sempre sul nostro sito il mio intervento (2005) sul CODICE DA VINCI. A quanto pare hai poca memoria ... e non hai proprio più argomenti a favore di ’te stesso’, per arrivare ad offendere come fai e a raccogliere ’pizzini’... dal cestino della spazzatura!!! M. saluti e, con altrettanta stima e simpatia, Buon PRIMO MAGGIO a LOCRI!!! Viva l’Italia e viva la COSTITUZIONE, il Patto-l’Alleanza-la Legge dei nostri Padri (i nostri ’Giuseppe’) e delle nostre Madri (le nostre ’Maria’)!!! Viva San Giovanni in Fiore e Viva Gioacchino!!! Federico La Sala
Caro Federico, non era mia intenzione offenderti ma mi rammarico soltanto che una persona colta e intelligente come te continui a portare avanti determinati argomenti. Non basta condannare una realtà per partito preso ma bisogna anche capirla !Se vuoi screditare la Chiesa e il Ratz..ismo cerca argomenti più solidi, più credibili; non puoi ingannare chi legge i tuoi articoli con le solite leggende nere o metropolitane sulla storia della Chiesa. Non ergerti a difensore della legalità, della Costituzione, come se gli altri (quelli che non la pensano secondo i tuoi canoni) fossero dei delinquenti. Fai una pessima figura !
BUON PRIMO MAGGIO e VIVA L’ITALIA dei SANTI, degli ARTISTI, dei NAVIGATORI e dei... (lasciamo perdere...)
CiAo !
!!!!!!!!! GIAN ENRICO RUSCONI: Il Vaticano e il CODICE DA VINCI !!!!
Caro BIASI
è inutile insistere - che devo dire?! TU NON LEGGI, non sai nulla, e ... SPARI pure a zero!!! Ma hai letto il testo?! Vedi che ho solo segnalato un’opinone (che condivido, ma che è !!!) di GIAN ENRICO RUSCONI, non MIA!!! Abbi un pò di dignità ... leggi IL CODICE DA VINCI, e poi parli!!! Se permetti. O no?!!! A LOCRI OGGI, CHE SPLENDIDA GIORNATA!!! E, a Milano e a Torino, invece, che VERGOGNA, per i mor[c]atti-buttiglion-berlusconiani, provocatori e devastatori della Costituzione e della Scuola della Repubblica!!! Viva l’ITALIA e Viva la COSTITUZIONE dei nostri Padri e delle nostre Madri !!! E che la gerarchia della Chiesa Cattolica la smetta - una volta per tutte - di devastare (TRASMETTI il messaggio AL TUO RATZINGER E AL TUO RUINI) la sua stessa Casa - la nostra Italia: W O ITALY !!! M. cordiali saluti, Federico LA Sala
Tralasciando le "castronerie" di Brown, volevo farti notare, caro Federico, che i veri devastatori della nostra società stanno dalla tua parte: vedi i vari Caruso e quei farabutti che gridono in faccia ai nostri carabinieri: 10 100 1000 Nassirya !
Abbi almeno il pudore, in questa giornata di lutto, di tacere ! Grazie