Terzani

Il popolo di Terzani - di Furio Colombo - selezione a cura del prof. Federico La Sala

"La fine è il mio inizio": Il padre racconta al figlio [...] Il figlio vuole sapere come suo padre e sua madre si sono incontrati, che cosa ha legato le loro vite...
domenica 21 maggio 2006.
 

di Furio Colombo

Ve ne siete accorti? Due volte in un anno, il nome di Tiziano Terzani figura in testa alle classifiche dei libri più venduti. Questa volta, due libri con il nome di Terzani nella stessa classifica, a uno o due posti di distanza. È una sorta di staffetta in cui il primo libro («Un altro giro di giostra») chiama il secondo («La fine è il mio inizio»). E a volte i due Terzani si scambiano il posto.

Sostengo che c’è qualcosa di mai accaduto, in questo evento e in questa sequenza, qualcosa che dice molto sul tempo e luogo in cui viviamo. E contraddice un bel po’ i luoghi comuni su ciò che tante voci autorevoli e tante notizie e tanta sociologia spiegano del nostro Paese.

La domanda più importante è: chi è il popolo di Terzani, chi sono coloro che lo leggono, lo amano, lo seguono, gli credono, in un Paese di squallida disonestà, furibonde litigate sul niente e miti e inascoltate testimonianze di tolleranza?

Diciamolo francamente, fino a un momento prima di un esile risultato politico che forse cambierà l’Italia, siamo stati il peggior Paese d’Europa, il più egoista, il più razzista, il più autoritario nell’imporre "valori" senza ascoltare ragioni, l’unico in cui si decide chi deve amarsi e chi no, che cosa è o non è una famiglia, mentre si sopporta benissimo la predicazione della gloria di morire in guerra, come se fossimo rimasti nei crepacci di un altro secolo. È un Paese che ha avuto un partito di governo, e ministri e seconde cariche dello Stato, che hanno passato anni a dare la caccia agli immigrati, sventolando presunte civiltà superiori (come quella che ha portato alla Shoah) o una "identità cristiana" in cui il solo comandamento che conta è "sembrare" o "proclamare" o "fingere" senza rapporto alcuno con la propria vita e, meno che mai, con la vita e la sopravvivenza degli altri.

Eppure i libri di Terzani stanno diventando un fenomeno raro in Italia, sono "long sellers", libri a lunga durata. Non se ne vanno eppure non sono una moda. Controprova: il mondo delle mode non se ne accorge, quello del pettegolezzo ha ben altri impegni e la cultura seria è ancora impegnata a discutere, nel Paese in cui ha avuto origine il fascismo di tutto il mondo e di tutte le persecuzioni, quali colpe abbia e rifiuti di confessare la sinistra.

C’è dunque una Italia solida e tenace, impenetrata dalla peggiore televisione (che ormai è tutta la televisione) e dal nuovo festoso trotto dei quotidiani politici intenti a trasformarsi ogni giorno in settimanali attenti alla cellulite e al rapporto fra l’insalata e la depressione (fare "magazine" non è tanto facile). C’è una Italia che non si lascia trasportare da febbri religiose mediatiche, dove si lancia il Papa a spot, come in una televendita quotidiana, dove si stenta a distinguere tra potere e bravura, e si scambiano continuamente le peggiori qualità con i merito e le virtù costruendo addosso ad alcuni un "cursus honorum" che include processi, condanne e grande ossequio.

Nel mezzo di questa scena, mentre si canzonavano come codardi coloro che non avevano fiducia nella guerra e si considerava un pericolo mortale che avrebbe distrutto Firenze, un milione di ragazzi che, in quella città, hanno sfilato per dire pace, è arrivato, solo e disarmato, Tiziano Terzani.

E subito si è formata folla e attesa attorno a lui. Perché tornava dal mondo, e il mondo non era quello diviso esclusivamente fra terroristi disposti a tutto e già infiltrati dovunque, e difensori spavaldi, e altrettanto disposti a tutto, della democrazia. Il mondo raccontato da Terzani è una grande avventura di esseri umani veri, doloranti, felici,capaci di gioia e di sogni, che non hanno voglia di diventare reclute del rigoroso esercito dei consumi, senza convertirsi al supremo ordine del profitto.

Tiziano Terzani, che da giornalista-scrittore aveva raccontato un mondo vero, tremendo e bellissimo, tutto al di fuori di ciò che sapevamo "da fonti ufficiali", ha scritto per la sua folla, che è andata moltiplicandosi in pochissimo tempo, due ultimi libri.

Nel primo libro racconta la vita dal punto di vista di uno che vive. E c’è una tale pienezza di vita, un tale colmo di esistenza, un tale legame - come una legge di natura fra esseri umani - che il libro rovescia il senso della morte in un punto di transizione e di nuova partenza.

Il tema non è la consolazione. Ciò che rende straordinario il primo libro è di avere trasformato in fraterna esperienza vicina ciò che, prima di Terzani, è il lontano, il diverso, l’esotico.

Ciò che rende straordinario il secondo libro è di averlo narrato al figlio. Folco, che ho conosciuto da bambino a Singapore e da giovane studente di cinema a New York, è stato "figlio" in questa esperienza di scrivere e trascrivere il dialogo col padre, nel modo delicato e profondo che - puoi pensare - appartiene solo al mondo ideale e inventato della narrazione epica.

Tiziano è stato "padre" nel senso grande e classico dell’Odissea e della Bibbia, consapevole e deciso a non abbandonare suo figlio, un Abramo che passa al figlio l’arma contro la morte, la coscienza e conoscenza della vita degli altri.

Ma le avventure di un nuovo Kipling, dalla Cina all’India, la narrazione di un nuovo Remarque con questo suo «Niente di nuovo sul fronte orientale», l’esperienza di attraversamento del confine di qua e di là dalla dignità della vita, l’ingresso nel fiume indiano di esperienza che ti rende più irrilevante e grande come il mondo, ti lava via parti di identità e ti fa affacciare su un senso nuovo e strano dell’universo, tutto ciò ha dato luogo a un trasferimento di forza dal padre al figlio, e dunque dalla morte alla vita, alla continuazione dell’avventura, che diventa per forza libro di culto.

Tranquillizziamo i credenti. Culto, qui, vuol dire una specie di amore. Non sarà grande come la fede, ma è forte come un abbraccio e c’è chi in quell’abbraccio si sente meno solo e vuole rispondere.

Sono decine di migliaia, racconta «La Stampa» (14 maggio) i pellegrini, più o meno autorevoli, più o meno identificati in un punto o nell’altro del percorso detto "la vita", che si sono recati a Udine in questi giorni. A Udine c’è stata la seconda edizione del «Premio Terzani». Si va per parlare di notizie al di fuori dei giornali, di politica al di fuori della televisione, di mondo al di fuori della politica, di popoli al di fuori degli Istituti e dei convegni universitari. Insomma, la profezia del titolo del secondo libro si sta avverando. «La fine è il mio inizio». Un padre racconta al figlio, e in tanti, padri e figli e figlie e madri, vogliono essere parte del racconto, vogliono essere vicini, perché qui, lontano dal mondo gelido dell’organizzazione, c’è calore. Qui si viene per non perdere una parola, visto che ogni parola è carica di vita gremita di gente che in qualche modo sta attraversando con noi il mondo.

Ma se qualcuno prende in mano il libro magico dei due Terzani in questo momento e lo apre per farsi includere, vada a pagina 300. Il figlio vuole sapere come suo padre e sua madre si sono incontrati, che cosa ha legato le loro vite.

È una storia d’amore in tre righe, dentro un libro che non finisce, perché nessuno vuole smettere di tenerlo in mano, di tenersi vicino.

(L’Unità, 20.05.2006, pp.1/29)


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