Il Vicariato ha vietato i funerali religiosi. Tutti domani alla cerimonia laica!
I funerali di Piergiorgio Welby si terranno domani 24 dicembre alle ore 10.30 in P.zza San Giovanni Bosco di fronte alle porte chiuse della Chiesa Don Bosco. La piazza si trova a pochi metri della fermata “Giulio Agricola” della Metropolitana A.
Il medico che ha accettato di interrompere la terapia: ’’La scelta è stata sua’’
Staccato il ventilatore a Welby
Malato di distrofia muscolare è morto ieri sera alle 23.40. L’annuncio dato da Marco Pannella su Radio Radicale
Roma, 21 dic.-(Adnkronos) - Piergiorgio Welby , malato di distrofia muscolare che da quasi tre mesi stava portando avanti la sua battaglia per morire, è deceduto ieri sera alle 23.40 circa, a causa di un arresto cardiorespiratorio subentrato in seguito al distacco del ventilatore polmonare dopo sedazione. Lo hanno riferito esponenti della Rosa nel Pugno, tra i quali Marco Pannella ed Emma Bonino, nel corso di una conferenza stampa tenutasi alla Camera dei Deputati. ’’Siamo fieri di aver potuto realizzare in modo ineccepibile un percorso che sembrava impossibile. Da un lato Piergiorgio apparentemente non voleva sentire ragioni: ’si deve fare questo’. Dall’altro lato, cercava di percorrere le vie della legalità formale nel nostro Paese’’, ha detto Pannella.
Nel corso della conferenza, alla domanda ’perché ora’, ha risposto il dott. Mario Riccio, medico anestesista e rianimatore all’ospedale di Cremona, che ha accettato di interrompere la terapia sanitaria alla quale era sottoposto Welby: ’’Ha deciso che era arrivata l’ora. Sono stati 88 giorni di confronto difficile ma risolto in una decisione comune a servizio della sua scelta e di quella della sua famiglia. Ma la scelta è stata sua’’. Dal punto di vista penale, è stato aggiunto da Riccio, ’’non vi sono rischi se non come nel ’Processo’ di Kafka. In termini giuridici ci auguriamo ora che non succeda nulla. Era doveroso interrompere questa violenza contro il corpo di Welby. Non era una scelta -ha scandito- regolata dai tempi della politica o della magistratura’’.
Welby, è stato detto ancora in conferenza stampa, ’’non ha lasciato un ultimo messaggio. Le sue ultime parole sono state quelle che ha lasciato a ciascuno di noi, a Mina e Carla. Saranno loro a scegliere quando e se renderle note’’. Con Welby, al momento dell’addio, c’erano la sua famiglia, in primis la moglie Mina e la sorella Carla, e alcuni amici ’passati a salutarlo a casa’.
Si chiudono così 88 giorni di sofferenza, durante i quali Piergiorgio Welby aveva detto: ’Devo concentrarmi sulla mia morte, è la prima volta che muoio’. E’ ’’uno degli ultimi quadri che ha dipinto’’, è stato detto durante l’affollata conferenza a Montecitorio.
Sempre Pannella ha fatto sapere: ’’Fino all’ultimo momento, quando mi ha abbracciato, ha detto: ’Vecchio bestione’. Era il momento del saluto. Per me questa persona è un confronto’’. Perciò, ha proseguito Pannella, ’’contro il feticismo, abbiamo realizzato questo percorso per tutti coloro che sono costretti a vivere come una vergogna il conquistare la morte naturale senza accanimenti contro la naturalita’ del vivere possibile, che va tutelato’’.
L’avvocato Rosso Di Vita: ’’Per ora Cappato e Riccio non sono indagati’’
Welby sarà cremato
L’annuncio è stato dato stamane dalla moglie Mina, che assicura: ’’Continuerò la sua battaglia. Quando abbiamo scritto a Napolitano è scoppiato il casino’’
Roma, 22 dic. (Adnkronos/Ign) - ’’Piergiorgio sarà cremato’’. Lo ha annunciato Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby, durante la conferenza stampa convocata stamane al Partito Radicale. Minuta, serena, a tratti interrotta dalla commozione, Mina indossa un foulard bianco e un giubbino nero sopra un semplice jeans. Calza scarpe di ginnastica e la sua voce è flebile, ma sicura. E’ la prima volta che parla in pubblico. Dice di avere le ’’febbre del palcoscenico, ma per Piergiorgio farei questo e altro. Ho passato una vita in complicità con lui. Poi gli ho chiuso gli occhi... E ora la vita di Piergiorgio deve essere valorizzata’’. ’’Lui non accettava di stare più lì. Eravamo come un vitigno che si abbarbicava su un’altra pianta - ha raccontato parlando del suo rapporto con il marito - Abbiamo chiesto aiuto a Marco Cappato e insieme abbiamo deciso di scrivere al presidente Napolitano. Lì è scoppiato il casino. Da quel giorno sapevo che saremmo andati verso il momento della dipartita’’.
’’Ma l’ultimo giorno lo abbiamo vissuto in tale pace... Abbiamo parlato di tante cose. Mio marito era una zattera con delle vele molto precarie. Ma andava avanti...’ Rivolgo un appello agli italiani: pensate a queste cose. I malati non hanno solo il problema di essere curati e assistiti bene’’, ha poi detto la moglie di Welby. Che spiega ancora: ‘’Sono una tirolese, ’asburgica’ mi chiamava Piero. Nel 2002 - scandisce -abbiamo conosciuto il Partito Radicale. Persone eccellenti, come lo sono state poi quelle dell’Associazione Luca Coscioni. Piergiorgio è diventato radicale perché voleva portare avanti il discorso dell’eutanasia. Solo quest’anno ho saputo che aveva paura di morire soffocato, come Luca Coscioni. Non lo voleva. Continuerò la sua battaglia per i diritti civili - annuncia - anche se sono una semplice casalinga. Ma ho fatto il liceo classico. Voglio continuare con l’aiuto dei radicali e degli altri amici’’.
Raccontando quindi gli ultimi istanti di vita del sessantunenne malato di distrofia muscolare morto mercoledì alle 23,40, Mina Welby ha rivelato: ’’Piergiorgio era commovente: chiamava i suoi amici per salutarli. Era come il come il commiato di una famiglia perché doveva andarsene, chiudere gli occhi. Ci ha fatto pure ridere. A Marco ha detto: ’Vecchio bestione, ti voglio bene’. ’Mi hai fregato’, gli ha risposto lui. Poi sono rimasta sola con lui e con il medico. Quello che il medico ha fatto non lo voglio ripetere, lo ha raccontato lui’’. Poi Mina si commuove: ’’Adesso - dice - Piergiorgio è tranquillo. Festeggia il Natale e anche io lo festeggio’’.
’’E’ stato aperto un fascicolo da parte della Procura. Ma per ’atti relativi a’. Marco Cappato e Mario Riccio sono stati sentite come persone informate sui fatti, ma non sono indagati. E al momento non ci sono ipotesi di reato a loro carico’’, ha chiarito stamane l’avvocato Giuseppe Rosso Di Vita, legale dei gruppi Radicali, durante la conferenza stampa al Partito Radicale, dopo che il presiedente dell’Associazione Luca Concioni e il medico anestesista che mercoledi’ alle 23,40 ha ’staccato la spina’ a Piergiorgio Welby erano stati sentiti ieri dalla Digos. ’’Ribadiamo l’assoluta legalita’ dell’intervento compiuto - ha rimarcato il legale - è un atto che ha tutti i crismi della legalita’. La Procura mira ad accertare il fatto, ma non ci attendiamo esiti diversi dall’archiviazione del procedimento’’.
Da parte sua, Mario Riccio, l’anestetista dell’Ospedale di Cremona che ha ’staccato la spina’ a Welby spiega all’ADNKRONOS: ’’Non sono andato a cuor leggero ad ottemperare alle volonta’ di Piergiorgio Welby, dicendo ’come va va’. Questo vorrei che fosse ben chiaro: credo di essermi mosso nella legalità’’.
Riccio, che ieri, insieme a Marco Cappato presidente dell’Associazione Luca Coscioni, e’ stato ascoltato dalla Digos come persona informata sui fatti, aggiunge: ’’Preciso che abbiamo approfondito la questione con giuristi e filosofi. Mi sono convinto di agire in un campo di legalità. Ora sarà il magistrato a decidere se questo e’ vero o no, ma sono sereno e in attesa di capire gli eventi giudiziari’’.
’’Mi è dispiaciuto - fa sapere ancora Riccio - che qualche giornale mi abbia dipinto come il medico assolutamente sicuro che non ci fossero procedimenti giudiziari dopo quello che ho fatto. Da parte mia non c’e’ alcuna sicumera. Temo, però, che questa voglia di farmi apparire supponente ci sia. Ora attendo gli eventi - conclude - sperando che non ci siano conseguenze giudiziarie. Sarebbe la conferma che la nostra tesi è giusta’’.
Sul versante politico, invece, il vicepremier Francesco Rutelli fa sapere: ’’Ho un gran rispetto per una vicenda umana così dolorosa e tuttavia ho la convinzione che comunque nessuno ha o dovrebbe avere il diritto di togliere la vita a un’altra persona".
Sul tema, nel sito, si cfr.:
"Deus caritas est". Sul Vaticano, in Piazza san Pietro, il "Logo" del Grande Mercante!!!
Mina Welby: "Licio Gelli in Chiesa, Piergiorgio no. I funerali dovrebbero averli tutti. Intervenga il Papa"
di Redazione (L’Huffington Post, 17/12/2015)
"Tutti dovrebbero avere i funerali, tutti quelli che dovessero volerli". Così come è stato per Vittorio Casamonica, anche Licio Gelli avrà funerali cattolici, a Pistoia, nella chiesa della Misericordia. Nonostante Gelli sia massone e per questo scomunicato.
Secondo la dichiarazione sulla massoneria a firma del prefetto Joseph Cardinal Ratzinger, rimane "immutato il giudizio negativo della chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla santa comunione".
"Ma i massoni che conosco io cercano il bene della cittadinanza", replica Mina Welby, la moglie di Piergiorgio, morto nel dicembre del 2006 dopo una grave e lunga malattia. Il cardinale Ruini gli negò i funerali.
"Su mio marito ci fu un giudizio politico, in quanto radicale, il Vaticano non ama i radicali". Piergiorgio "non voleva il suicidio", lui chiese l’eutanasia: "voleva una legge - dice ancora all’agenzia dire - che comprendesse varie scelte che l’uomo può fare alla fine della propria vita, compresa l’eutanasia. Per lui era una morte dignitosa".
Secondo Mina Welby "Tutti quelli che lo volessero dovrebbero avere i funerali. Com’è stato per Vittorio Casamonica, per Gelli e doveva essere così per Piergiorgio. Avere un funerale o meno deve essere una scelta della persona. Io personalmente vorrei arrivare ad una legge per l’eutanasia, al punto di non avere il funerale. I cittadini mi accompagneranno in altra maniera".
Per Piergiorgio "i funerali non erano importanti, me lo disse poco prima di morire. Mi prese da parte e mi disse ’per me non sono importanti, ma per mamma fallo’. Lui era un credente agnostico, ha ricevuto tutti i sacramenti, noi ci siamo anche sposati in chiesa. Ora spero che il papa dirà qualcosa su questo, siamo nel giubileo della misericordia. Lo aspetto".
Chissà cosa direbbe oggi Piergiorgio sapendo dei funerali di Casamonica e di Gelli: "si farebbe una risata. Ricordo che quando era in vita, durante la conferenza episcopale uscì un documento in cui si parlava di Piergiorgio anche se non venne mai nominato - racconta Mina - si parlava di lui come del male, di satana".
Quell’attacco postumo a Saramago
risponde Corrado Augias (la Repubblica, 22.06.2010)
Caro Augias,
anche se viene sempre meno la voglia di scandalizzarsi, non posso fare a meno di provare vergogna per il tremendo attacco che l’Osservatore Romano ha dedicato a José Saramago dopo la morte. Un intervento pieno di livore. Un tempo la Chiesa sapeva distinguere tra peccato e peccatore affidava a Dio "misericordioso" anche l’anima di coloro che considerava irrecuperabili peccatori. La Chiesa di oggi, al centro di scandali di ogni genere, ha perso la tradizionale prudenza ed è diventata una protagonista attiva del penoso dibattito dei nostri giorni che consiste, sempre, nella demonizzazione dell’avversario, senza preoccuparsi per nulla, in particolare con Saramago, del fatto che, il pericoloso avversario, è passato a miglior (o peggior) vita, non avendo, perciò, possibilità di replica.
Antonio Cammelli
Firenze cammelli.a@tiscali.it
Welby, il gip vuole procedere contro l’anestesista *
il dottor Riccio e Mina WelbyIl gip di Roma, La Viola, ha rigettato la richiesta di archiviazione per Mario Riccio, l’ anestesista Mario Riccio che ha interrotto la ventilazione meccanica a Piergiorgio Welby.
Il legale del medico comunica che i carabinieri di Cremona hanno notificato a Riccio l’ invito ad eleggere domicilio e nominare un difensore di fiducia in relazione al procedimento relativo alla morte di Piergiorgio Welby.
Il procuratore Giovanni Ferrara ed il sostituto Gustavo De Marinis, firmatari della richiesta di archiviazione non accolta dal gip, rimangono della loro idea: con l’interruzione della ventilazione meccanica a Piergiorgio Welby praticata dall’anestesista Mario Riccio - come scritto nel provvedimento inviato all’ufficio del gip il 6 marzo scorso - è stato attuato un diritto del paziente che «trova la sua fonte nella Costituzione e in disposizioni internazionali recepite dall’Ordinamento italiano e ribadito in fonte di grado secondario dal codice di deontologia medica». La decisione di non convalidare la richiesta di archiviazione è accolta con sopresa dall’anestesista e anche dai i radicali Marco Pannella e Marco Cappato che ricordano come «il collegio dei consulenti medici dopo l’autopsia sul cadavere di Piero Welby aveva dichiarato: "in conclusione è possibile affermare che l’irreversibile insufficienza respiratoria che ha condotto al decesso il signor Welby sia da attribuire unicamente alla sua impossibilità di ventilare meccanicamente in maniera spontanea a causa della gravissima distrofia muscolare da cui lo stesso era affetto"».
«Non comprendiamo perciò - proseguono Pannella e Cappato - anche se nel quadro del funzionamento della giustizia italiana non ci sorprendiamo, tutt’altro, quali considerazioni di altra natura abbiano portato il gip La Viola a rigettare la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero». «Rinnoviamo a Mario Riccio il nostro profondo ringraziamento - proseguono i radicali -, anche a nome di Mina Welby, per aver accettato di fornire il suo contributo professionale ed umano all’azione della quale siamo, su indicazione di Piero, corresponsabili ideali e organizzatori materiali. Rivendichiamo infatti - proseguono i radicali - di avere concretamente operato per organizzare ed affermare il diritto costituzionalmente garantito di Welby ad interrompere il trattamento sanitario al quale era sottoposto, da lui considerato una tortura insopportabile». «Abbiamo lottato al fianco di Piero, in ogni sede e con le armi della nonviolenza. Se il dottor La Viola deciderà di formulare coattivamente l’imputazione, siamo pronti a continuare quella lotta nelle aule dei tribunali», concludono.
* l’Unità, Pubblicato il: 01.04.07, Modificato il: 01.04.07 alle ore 19.53
Per il cardinale Martini la Chiesa doveva ascoltare Welby
di Anna Tarquini *
«Bisogna rispettare la volontà dei malati. E a situazioni come quelle di Welby la Chiesa dovrà dare più attenta considerazione anche pastorale». Per il cardinale Martini la Chiesa ha sbagliato. Doveva ascoltare Welby, e non negargli il funerale. Alla vigilia degli ottant’anni, malato di Parkinson, l’ex cardinale di Milano in un coraggiosissimo articolo pubblicato ieri dal Sole 24 ore, domanda nuove leggi chiare per consentire al malato di scegliere come morire e al medico di limitare la terapia. E cita il catechismo che sul tema è chiaro: non vuole accanimento terapeutico. Dice Martini: «Situazioni come quelle di Piergiorgio Welby saranno sempre più frequenti... La crescente capacità terapeutica della medicina che consente di protrarre la vita... richiede un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona».
E ancora: «Bisogna distinguere tra eutanasia e accanimento considerando la prima un gesto per abbreviare la vita e il secondo la rinuncia all’utilizzo di procedure mediche sproporzionate». Dice Martini che c’è «l’esigenza di elaborare una normativa», «che non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete, anche dal punto di vista giuridico,salvo eccezioni ben definite, di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate», che «bisogna anche proteggere il medico da eventuali accuse senza che questo implichi la legalizzazione dell’eutanasia».
Per molti sono parole che sbrogliano una matassa. Così Bersani: «Vorrei che l’Italia si fermasse un attimo e leggesse le sue parole». Le ha lette Ignazio Marino, presidente della commissione sanità in Senato (intervista a fianco). Ma non tutti sono pronti a leggere quelle parole. Come la senatrice Binetti ad esempio, che dell’intervento di Martini, ha preferito dare spazio ad alcune parole oscurandone altre. Così per lei diventa «chiara la condanna dell’eutanasia e non c’è nessun riferimento al testamento biologico, mentre chiede di garantire a tutti la buona sanità». O Castagnetti che parla di «un intervento che apre una riflessione, non all’eutanasia».
L’intervento di Martini arriva a un mese dalla morte di Welby, ma anche a pochi giorni da altri due casi che in Europa hanno fatto scandalo. Parliamo della richiesta di eutanasia fatta dalla ex moglie del regista Ingmar Bergman (eutanasia negata in un Paese, la Svezia, dove in alcuni casi è consentita dalla legge) e di quella invece accettata e portata a termine da Madeleine, la musa di Jaques Brel, che in Spagna ha ottenuto di morire prima che la sclerosi la immobilizzasse in un letto. Sono due casi che ricordiamo perché proprio ieri, in contemporanea, mentre sul Sole 24 ore il cardinale Martini apriva alla volontà del malato di scegliere o rifiutare la cura, il quotidiano dei vescovi, l’Avvenire, metteva sotto accusa gli episodi tacciandoli di spettacolarizzazione. «Come inscenare un finto plebiscito» era il titolo dell’editoriale. «Da Welby a Madeleine la modernizzazione soffia simmetrica e come coordinata. Mediaticamente trascinati, attraverso i buoni sentimenti e la pietà e anche gli equivoci, verso quella dittatura della maggioranza che Toqueville definiva la tendenza a non pensare più».
* l’Unità, Pubblicato il: 22.01.07, Modificato il: 22.01.07 alle ore 14.00
La profezia di Welby
di Enzo Mazzi *
La critica verso il rifiuto opposto a Welby dalle gerarchie ecclesiastiche fino a negargli i funerali religiosi sta montando anche nella Chiesa cattolica, anzi direi proprio in questa. È stato sfigurato di fronte al mondo il volto della «sposa di Cristo», madre accogliente. E Dio stesso ha subito una penosa violenza direi quasi blasfema. È stato ingabbiato dall’intransigenza del Vicariato di Roma in una immagine quanto meno dimezzata e quindi falsata, come il Dio dell’onnipotenza, unico padrone della vita e della morte, giudice inflessibile banditore di una legge impietosa ed escludente. Mentre è stato oscurato il Dio che nasce in una stalla, soffre e muore nella maledizione, espulso dalla città, con le braccia aperte quasi in un abbraccio universale di tutti i maledetti. Hanno ragione Padellaro e Colombo a chiamare in causa l’assenza di Cristo, del Cristo della croce, se ho ben capito il senso profondo dei loro editoriali del 27 dicembre.
La vicenda di Welby è profetica: dice l’impotenza delle cattedre religiose di fronte ai drammi delle persone in carne ed ossa. Ma parla anche a tutti noi, incapaci finora di costruire una convivenza sociale accogliente verso il dramma di Piergiorgio, che è il dramma condiviso da molti nelle stesse sue condizioni. Dice che è distorto il nostro rapporto con la natura, con la vita e con Dio stesso. La profezia di Welby ha fatto affiorare una questione fondamentale anche per la nostra epoca, sepolta nel profondo, annegata nelle parti oscure della nostra coscienza. Un po’ come è accaduto duemila anni fa con la profezia di Gesù, quando morente emette il grido pieno di angoscia e di mistero, soffocato dagli spasmi della crocifissione: «Dio mio perché mi hai abbandonato». Quel grido è risuonato nella storia facendo ogni volta riemergere il bisogno e la ricerca di un Dio «diverso» da tutte le codificazioni dogmatiche isterilite e divenute inutili anzi dannose, violente e distruttive. Forse la riflessione su un Dio «altro» va rivolta anche alla ricerca di un concetto «altro» di natura. Abbiamo bisogno di guardare la natura con occhi nuovi. Ci può esser di aiuto avvicinare l’esperienza di Pierre Teilard de Chardin, gesuita, teologo con propensione al misticismo, grande scienziato, geologo e paleontologo. Gli fu proibito dall’autorità ecclesiastica di pubblicare gli scritti teologici e dopo la morte furono condannate le opere pubblicate postume. La sua intuizione di fondo sembra essere il «muoversi verso», cioè la trasformazione finalizzata. Attraverso la sua indagine di rigore scientifico sulla evoluzione biologica giunge alla convinzione che la Biosfera tende alla coscienza, cioè si evolve verso la Noosfera, parola difficile che significa in sostanza «mondo della coscienza». Ma ciò avviene non perché già all’inizio c’è un ordine precostituito. La natura non è data una volta per tutte. L’evoluzione non segue una linea ben individuabile, si muove anche a tentoni, a strappi e a impennate inspiegabili. L’ordine è nel futuro, non nel passato: va costruito. L’Universo si dipana nella libertà e nell’autonomia nutrite di relazioni. E sono precisamente questi valori di trasformazione che costituiscono il compito umano di «costruire la Terra - costruire la natura». Dio è lì, nella trasformazione, non nella fissità. Nello stesso periodo, anni 50, sosteneva cose simili Ernst Block, marxista antidogmatico ed eretico, autore del Principio-speranza: «Il nerbo del retto concetto della storia è e rimane il novum. Quando si è sperimentata una volta la realtà come storia non è più possibile il ritorno alla fede astorica di ciò che sussiste e rimane in eterno».
E siamo al dunque finale. Oltre a guarire la percezione della natura, abbiamo bisogno contestualmente di guarire anche la nostra malata percezione del rapporto fra vita e morte. Noi percepiamo la morte come separata dalla vita, anzi contrapposta alla vita. In particolare il cristianesimo ci ha abituati fin da piccoli a considerare la morte come punizione per il peccato: «a causa di un solo uomo (Adamo) il peccato è entrato nel mondo e col peccato la morte e la morte si è estesa a tutti perché tutti hanno peccato» (Lettera di Paolo ai Romani). La Chiesa indefettibile assicura la vittoria definitiva sul nemico assoluto che sarebbe la morte, dando la vita eterna a chi si affida al suo abbraccio. Con la secolarizzazione, la funzione di esorcizzare la morte è assolta da altre grandi costruzioni sociali fra cui non ultima una certa concezione assolutista della scienza medica. E non è forse una tale assolutizzazione della vita e una tale separazione fra vita e morte che rende tanto aggressivo l’«ordine» mondiale in cui viviamo? Mentre portiamo avanti ogni giorno l’impegno politico e sociale per la giustizia e la pace, contro la violenza e la guerra, al tempo stesso il nostro pacifismo ci deve portare oltre la dimensione socio-politica della lotta. E questo vale anche per l’impegno intraecclesiale che non può limitarsi a rincorrere con la critica scelte inopportune o errate delle gerarchie. Bisogna andare finalmente alle radici. Welby ci sia di esempio: ha fatto una scelta di grande valore simbolico e profetico, ha desacralizzato un concetto ossificato e ormai inadeguato di natura, del vivere e del morire, e ha riaperto la ricerca sul senso della esistenza, sulla natura e su Dio.
* l’Unità, Pubblicato il: 31.12.06, Modificato il: 31.12.06 alle ore 9.49
QUEL PRETE DISOBBEDIENTE NEL NOME DI WELBY
di Augusto Cavadi
Ringraziamo l’amico Augusto Cavadi per averci inviato questo suo articolo pubblicato sul quotidiano "Repubblica - Palermo" del 28.12.06 *
Il mio Natale, come quello di numerosi cittadini non solo ‘laici’ (com’è prevedibile) ma anche credenti, è stato turbato dalla notizia che il Vicariato di Roma avesse deciso di negare a Piergiorgio Welby i funerali religiosi. Sapere che questa amarezza fosse espressa un po’ in tutta Italia da giornalisti cattolici come Ettore Masina (che, in una lettera-circolare pervenuta anche nella mia casella, si chiedeva: “I commi dei giuristi prevalgono sull’insegnamento del Cristo? Dice la Lettera di San Giacomo nel Nuovo Testamento: ‘religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro padre è soccorrere gli orfani e le vedove nel momento delle loro afflizioni...’. Parola di Dio, ma non a Roma”), anzi persino da un vescovo non proprio progressista come Sandro Maggiolini (“Ho letto che negli ultimi 20 minuti Giorgio, che era cattolico e tale si professava, ha chiesto perdono a Dio. Anche soltanto il dubbio di questo dovrebbe indurre a dare esequie cattoliche! ”), mi era di qualche conforto. Ma Masina scriveva da Roma, Maggiolini da Como: e dalle nostre parti?
Con questi interrogativi ho partecipato alla celebrazione eucaristica natalizia di don Cosimo Scordato, docente di ecclesiologia sistematica alla Facoltà teologica di Palermo e rettore della chiesa di S. Francesco Saverio all’Albergheria. Egli ha esordito invitando i fedeli a chiedere perdono per i propri peccati, ma - ha aggiunto - anche per quelli di tutti i cristiani. E, per evitare equivoci, ha specificato: “Non so cosa ne pensiate voi, ma sento il dovere di dirvi che non ho condiviso la decisione dei responsabili della diocesi romana di negare i funerali in parrocchia a Piergiorgio Welby. Mi è sembrato che un tale gesto abbia ferito profondamente la memoria di un uomo che ha lottato coraggiosamente contro il dolore, la fedeltà eroica della moglie che gli è stata accanto così affettuosamente ed anche la sensibilità religiosa della madre ultraottantenne. Se la cerimonia liturgica fosse stata chiesta a me - ha concluso don Cosimo dal pulpito - avre! i, con dispiacere ma senza esitazione, disatteso il divieto dei superiori. Le norme della chiesa, come di ogni organizzazione istituzionale, sono importanti: ma nessuna di esse può contraddire il dettato evangelico della fraternità e della solidarietà. Anche per noi preti - come per qualsiasi altro - vale l’obbligo di seguire prima di tutto la coscienza e solo subordinatamente le disposizioni disciplinari”.
Da quel momento confesso di non aver seguito attentamente il resto della messa perché la mente ha iniziato, un po’ capricciosamente, a girovagare. E’ andata indietro agli “Atti degli apostoli” (quel libro della Bibbia dove si dice che “bisogna obbedire prima a Dio, poi agli uomini”); è passata per il medioevo (quando un grande santo come Tommaso d’Aquino, nonostante il divieto ecclesiastico, persevera nel farsi tradurre e nel leggere Aristotele producendo capolavori teologici memorabili) sino ad arrivare a don Lorenzo Milani (e al suo slogan a favore dell’obiezione di coscienza militare: “L’obbedienza non è più una virtù”). Ha rivisto le tragedie provocate durante il nazismo da una mentalità acriticamente legalistica che porta a farsi complici dei più efferati delitti di Stato sino a tanti episodi quotidiani in cui, nelle strutture civili come in quelle ecclesiastiche, debolezza di carattere e voglia di carriera inducono a subire umiliazioni,! ingiustizie, molestie. E’ difficile che qualcuno denunzi casi di vero e proprio mobbing in ufficio, in banca, all’università, in ospedale: quando poi non si tratta neppure di danni subiti personalmente, ma perpetrati sulla pelle degli altri, scatta una ferrea cortina di omertà. Non è un caso che, a proposito proprio di questo episodio di interruzione della spina, l’opinione prevalente fosse che su certe questioni bisogna arrangiarsi da sé senza fare troppa pubblicità.
E così, vagando qui e là, tra storia e cronaca, la mente birichina si è fermata solo davanti ad una domanda un po’ bizzarra suggeritami dalla predica del prete di Ballarò: non è che in questo momento Welby è accolto in cielo con banda e striscioni, quale testimone sempre più raro dell’invito di Gesù Cristo a che il nostro parlare sia “sì, sì, no, no”, dal momento che tutto il resto è chiacchiera maligna?
Augusto Cavadi
Il DIALOGO, Venerdì, 29 dicembre 2006
Welby, oggi i funerali
ROMA - Oggi i funerali laici di Piergiorgio Welby, davanti alla chiesa di San Giovanni Bosco, vicino all’abitazione dell’uomo la cui battaglia per il diritto a morire ha suscitato commozione al di là delle divisioni religiose e politiche. Welby ha cessato di vivere, come da tempo chiedeva, nella notte fra mercoledì e giovedì, quando Mario Riccio, medico anestesista dell’associazione Luca Coscioni, ha staccato la macchina che teneva in vita il sessantunenne ammalato di distrofia muscolare.
I funerali di Welby si terranno alle 10.30 nella piazza di San Giovanni Bosco. Una funzione laica "davanti alle porte chiuse" della parrocchia dove la moglie Mina, cattolica praticante, avrebbe voluto che si celebrasse un rito religioso. Ma il vicariato ha negato il permesso per la cerimonia, innescando una discussione anche fra i credenti: la volontà di morire affermata con determinazione da Welby è per la Chiesa motivo per non concedere un funerale religioso ma tra i fedeli c’è chi sostiene che una decisione del genere è contraria al principio della carità cristiana.
(la Repubblica, 24-12-2006)
CITTA’ DEL VATICANO - Benedetto XVI ha ripetuto oggi il suo "no" ad ogni forma di eutanasia. Nel giorno dei funerali di Piergiorgio Welby, al quale sono state negate le esequie in forma religiosa, il Papa durante l’Angelus ha ribadito che "il Natale di Cristo ci aiuta a prendere coscienza di quanto valga la vita umana, la vita di ogni essere umano, dal suo primo istante al suo naturale tramonto".
La risposta al problema della sofferenza si trova, secondo il Pontefice, guardando alla vita in una prospettiva di fede: "A chi apre il cuore a questo bambino avvolto in fasce e giacente in una mangiatoia, egli offre la possibilità di guardare con occhi nuovi le realtà di ogni giorno". In questo modo, ogni persona, ha concluso, "potrà assaporare la potenza del fascino interiore dell’amore di Dio, che riesce a trasformare in gioia anche il dolore".
La Repubblica.it
Di fronte alla vergognosa e ignobile decisione del card. Ruini non posso non fare mio e diffondere il comunicato stampa del movimento "Noi siamo chiesa"! Lo sottoscrivo a quattro mani. Aldo Antonelli Gli auguri li rimando a domani, sperando di essere meno avvelenato! Aldo
Comunicato stampa
Una decisione solo politica ed antievangelica quella del Card.Ruini di negare le esequie religiose a Welby
Il portavoce di “Noi Siamo Chiesa” Vittorio Bellavite ha rilasciato la seguente dichiarazione :
“E’ prassi ormai costante e diffusa nella Chiesa cattolica quella di celebrare i funerali religiosi a tutti, ivi compresi i suicidi, i mafiosi ed i capimafia, i non credenti qualora la famiglia lo richieda e personaggi come Pinochet.
La misericordia di Dio e del Vangelo di Gesù non ha confini, la preghiera dei parenti, degli amici e della Chiesa tutta ha sempre una funzione di grazia.
La decisione del Card. Ruini di non permettere i funerali religiosi di Piergiorgio Welby mi sembra solo politica, utile per mandare, in modo rozzo, messaggi sulla particolare competenza della Chiesa di giudicare e di esprimersi su un fatto e su tematiche che hanno coinvolto molto l’opinione pubblica, anche se in modo eccessivamente mediatico e, in parte, strumentalizzato.
Welby è stato giudicato dal Card. Ruini “peccatore manifesto” in base al diritto canonico (canone 1184) ma dal punto di vista teologico e morale sono tanti i cristiani, di qualsiasi ruolo ecclesiale, sociale o culturale, che ritengono che il comportamento di Welby, nella sua concreta situazione, non sia stato contrario all’etica cristiana ed al messaggio evangelico fondato sulla libertà di coscienza e sull’amore.
Il Card. Ruini si interroghi se si è comportato secondo carità cristiana, secondo i suoi doveri di pastore e spieghi alla famiglia di Welby il perchè del suo comportamento.”
Roma 23 dicembre 2006
Il Vicariato di Roma vieta i funerali religiosi a Welby *
I funerali di Piergiorgio Welby si terranno quindi domenica 24 dicembre alle ore 10.30 in Piazza San Giovanni Bosco a Roma
Don Vitaliano: pregherò per lui durante la messa di Natale.
Altre voci dicono: "Hanno celebrato i funerali dei peggiori carnefici e dittatori ma tifiutano di celebrare quelli di un uomo che non ha fatto male a nessuno."
«In merito alla richiesta di esequie ecclesiastiche per il defunto Dott. Piergiorgio Welby, il Vicariato di Roma precisa di non aver potuto concedere tali esequie perché, a differenza dai casi di suicidio nei quali si presume la mancanza delle condizioni di piena avvertenza e deliberato consenso, era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del Dott. Welby di porre fine alla propria vita, ciò che contrasta con la dottrina cattolica (vedi il Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2276-2283; 2324-2325)».
Questo il comunicato stampa odierno del Vicariato di Roma.
I funerali religiosi erano stati organizzati presso la parrocchia di Don Bosco a Roma per volontà di Mina Welby, la moglie di Piergiorgio. Mina è infatti cattolica praticante, e Welby aveva acconsentito che, alla sua morte, i funerali si svolgessero secondo la volontà e la sensibilità della sua compagna.
I funerali di Piergiorgio Welby si terranno quindi domenica 24 dicembre alle ore 10.30 in Piazza San Giovanni Bosco a Roma. Sarà una testimonianza popolare di laica religiosità per quanti vorranno dare l’ultimo saluto a Piergiorgio. La piazza si trova a pochi metri della fermata "Giulio Agricola" della Metropolitana A.
Spargi la voce tra i tuoi familiari e conoscenti.
Abbiamo anche creato un banner per invitare attraverso internet a partecipare all’estremo saluto a Piero Welby.
Don Vitaliano: pregherò per lui durante la messa di Natale
Dopo il dolore per la triste vicenda di Welbi e la tristezza per la sua morte liberatoria, mi ha lasciato perplesso la decisione del Vicariato di Roma di non concedere esequie religiose a Piergiorgio Welbi.
Lasciamo a Dio, e a Lui solo, la libertà di giudicare la scelta di un uomo sofferente che, solo per questo, ha deciso di affrettare la propria morte; noi crediamo cristiani che la misericordia e la comprensione di Dio sono smisurate.
Lo ricorderò e pregherò per Piergiorgio durante la Messa di Natale: il Cristo Liberatore lo accolga nel Regno dei giusti e doni la consolazione che viene dalla fede, ai suoi familiari e amici.
Possa ora Piergiorgio trovare finalmente quella pace e quella serenità che nella vita terrena ha tanto desiderato.
don Vitaliano Della Sala
Sant’Angelo a Scala, 23 dicembre 2006
*www.ildialogo.org, Sabato, 23 dicembre 2006
C’era una volta la pieta’
di Giacomo Alessandroni
Alla c.a. del vicariato di Roma -p.c. ad alcuni amici
Buongiorno,
sono Giacomo Alessandroni, diocesi di Pesaro, cattolico di lunga data. Sono rimasto molto amareggiato quando stamane ho appreso la vostra scelta antievangelica di negare le sacre esequie a Piergiorgio Welby.
Sono anni [cinque credo] che do il mio otto per mille alla Chiesa Valdese, proprio perche’ cattolico, ma ora si e’ superata la misura.
Non bastava la Lev [Libreria Editrice Vaticana] a mettere i diritti d’autore sui discorsi del Santo Padre. Ricordo che Gesu’ di Nazaret insegno’ "andate ed annunziate a tutti la gioia del Signore risorto", non ricordo che questa frase continui con "e fatevi pagare i diritti d’autore", ma io forse ho letto un Vangelo diverso dal vostro.
Sul "non uccidere" a prima vista un lettore superficiale potrebbe pensare che siamo concordi, se non per il fatto che il Tevere si allarga e stringe ogni qual volta Radio Vaticana deve inondare di radiazioni ionizzanti persone [tra le quali anche cristiani] che pagano con linfomi l’extraterritorialita’ della Santa Sede.
Non erano sufficienti i cappellani militari che - al pari delle modelle - si fanno fare il calendario e - visto che ci sono - se lo fanno pagare delle Pontificie Opere Missionarie, come se "i nostri ragazzi" fossero in missione.
Io ricordo un Vangelo diverso.
Io ricordo un Vangelo dove Gesu’ insegna che "le prostitute vi precederanno nel Regno dei Cieli".
Dove il figliol prodigo viene accolto a braccia aperte dal Padre, gli si mette l’anello al dito, si uccide il vitello grasso e si fa festa. Peccato che il monsignore [il fratello maggiore] quando era in seminario probabilmente non ha letto questa bella lezione di vita.
Dove si insegna a "non giudicare". Il giudizio non solo e’ passibile di errore [errare e’ umano], ma compete a Dio. Chi giudica si eleva a rango di Dio e infrange il primo di tutti i comandamenti: "non avrai altro Dio all’infuori di me".
Auguro alla Santa Romana Chiesa un Natale di Risurrezione, di risurrezione dal suo piedistallo di onnipotenza, di pretesa di superiorita’ a tutte le religioni del pianeta, allo sguardo dall’alto verso il basso con cui guarda tutti gli esseri mortali [dimentica che anch’essa e’ tale],
Giacomo Alessandroni
s.da Panoramica Adriatica, 116
61100 Pesaro
Italia
--
Giacomo Alessandroni g.alessandroni@peacelink.it
Associazione PeaceLink http://www.peacelink.it/
www.ildialogo.org, Sabato, 23 dicembre 2006
Ognuno di noi a tutto il diritto di decidere la propria sorte, specie quando il soggetto soffre. Sono d’accordo con la decisione presa da Welby, e dal medico che lo ha sottratto alle sofferenze. Un grazie anche a Pannella.
Tengo a precisare che non sono schierato politicamente, e credo nel senso di giustizia, quella proveniente dal diritto naturale, ed è per questo che bisogna cambiare la normativa vigente.
Deploro le posizioni della Rosy Bindi e del clero e di chi non è d’accordo per partito preso.
Addio Welby tutto il mondo è con te.
Un saluto da Leo
L’uomo che vuole morire
di LIETTA TORNABUONI *
C’è qualcosa di davvero eroico in Piergiorgio Welby, l’uomo che vuole morire. Se avesse voluto, se ne sarebbe andato in pace: forse non sarebbe stato difficile avere l’aiuto di un medico, di un parente, d’un amico per compiere una semplice azione letale. Nessuno avrebbe scoperto nulla, nessuno (magari sapendo) sarebbe intervenuto. Ma Welby, da autentico radicale, ha voluto usare il desiderio di mettere termine alla sua pena, con un gesto pubblico, in funzione sociale, per dare un esempio e una faccia alla battaglia per la legalizzazione dell’eutanasia, per far esplodere le contraddizioni.
Ci è riuscito. Hachiesto aiuto al Presidente della Repubblica e al ministro della Sanità, agli uomini di legge, ai cittadini come lui. Intorno al suo letto s’è addensato un mare di ipocrisie: non è consentito né pertinente al mio ruolo, la legislazione italiana manca su questo tema di formali possibilità di intervento, non mi sentireimai di collaborare a un simile gesto, si potrebbero impiegare metodi più taciti e meno brutalmente simbolici, la vita è un dono di Dio e soltanto Dio dà o toglie. Eccetera. Per più di novanta giorni, soffrendo come soffre, ha esposto se stesso alla pubblica compassione o curiosità, si è lasciato fotografare e filmare, si può immaginare con quale disagio: quel corpo immoto, quelle braccia bianche e magre incrociate sull’addome dilatato, quegli occhi attentissimi e inquieti, quella figura della moglie sempre vigile e presente.Durante circa tre mesi ha patito: nei malati che si sentono vicini alla fine, anche il minimo turbamento suscita un’ansia terribile, nonostante ogni volontà propria o solidarietà altrui.
Ma il compito che aveva affidato a se stesso lo ha assolto. I politici più freddi si sono comportati politicamente, badando nelle dichiarazioni alla scissione tra cattolici o non cattolici sull’eutanasia, e preoccupandosi di non aprire conflitti nelle rispettive coalizioni. Noi, per settimane, e non soltanto nei talk show televisivi, abbiamo discusso sul valore della vita, sul diritto di rifiutarla, sulla proprietà del corpo malato o sano, sul prevalere della legge sull’umanità o viceversa, sulla sofferenza più crudele della morte. Non ci sono molte occasioni per discutere simili temi: anche perché per sfuggire ad argomenti così si farebbe di tutto. Se per una volta abbiamo riflettuto, lo dobbiamo a Piergiorgio Welby.
* (La Stampa. 21.12.2006)
Eutanasia, lasciare le cose come stanno?
Ma la legge prevede 15 anni di carcere
Sulla questione non ci si può girare ancora dall’altra parte
di Marco Cappato (il Riformista, 15.07.2008)
Caro direttore,
quindici anni di carcere. Ecco la prima cosa che hanno in comune le storie che girano intorno alla parola «eutanasia», se con questa intendiamo non un concetto giuridico (che infatti non è mai menzionato dal nostro ordinamento), ma la scelta di una «buona morte». I quindici anni di carcere per omicidio del consenziente sono la minaccia che pende su tutti coloro - medici, familiari, amici, nemici - che "aiutano" quelle persone. La seconda cosa che hanno in comune quelle storie sono le scelte, drammatiche, che investono sempre più le fasi finali (sempre più lunghe della vita), indipendentemente dalla «tecnica» necessaria per realizzarle.
Lei, direttore, vuole lasciare le cose come stanno. Dopotutto, si potrebbe dire, Piergiorgio Welby ha ottenuto di interrompere le terapie; Beppino Englaro è stato autorizzato a interrompere l’alimentazione di Eluana; una signora a Modena ha nominato un amministratore di sostegno che ha impedito la tracheotomia necessaria per farla vivere contro la propria volontà; Giovanni Nuvoli ha ottenuto di essere lasciato morire. E chi invece vuole vivere può - sanità permettendo - vivere.
Lasciamo le cose così, dunque? No. No, perché il radicale Welby ha mosso il mondo per tre mesi prima di trovare un medico (su 400 mila in Italia) disposto ad aiutarlo, e quel medico ha aspettato un anno prima di uscire innocente dalle aule dei tribunali, mentre se avessero agito i medici belgi pronti a somministrare una dose letale, sarebbero stati condannati al carcere; no, perché Beppino Englaro di anni ne ha aspettati sedici, e se si fosse mosso prima avrebbe rischiato quindici anni di carcere; no, perché la signora di Modena ha avuto la fortuna di trovare un magistrato pronto e sensibile, altrimenti ora avrebbe un tubo non voluto in gola; no, perché Giovanni Nuvoli si è dovuto uccidere da solo autosospendendosi cibo e acqua per otto giorni visto che i carabinieri avevano fermato l’anestesista radicale Tommaso Ciacca, il quale affrontava il rischio di... quindici anni di carcere!
Caro direttore,
lei ha scritto che la scelta della madre malata che si toglie la vita è individuale e «tragicamente libera». E precisa: «Quando il malato è ancora in grado di fare da sé». Ma quando non è in grado di fare da sé? Davvero lei vorrebbe far dipendere tutto dal fatto che la persona ha ancora in sé un briciolo di energie per suicidarsi? Distinguere è bene, certo.
Distinguere tra interruzione delle terapie, testamento biologico, suicidio assistito, suicidio, e le altre categorie che si possono individuare. Alla base di queste scelte c’è però il dovere, per lo Stato, di distinguere soprattutto tra una scelta libera e responsabile e una imposizione (di vita o di morte che sia) subita da altri: che siano medici ideologizzati o parenti ingordi. Da una parte c’è la «buona morte», dall’altra c’è l’eutanasia clandestina, l’omicidio o l’accanimento tecno-sanitario.
Distinguere per legge non è «burocratico», ma è necessario per proteggere il cittadino da violenze, da suicidi di disperazione, da «cattive morti» che un aiuto della legge e dello Stato potrebbe trasformare sia in vite decenti che in buone morti, o «morti opportune», come le chiamava, con Jacques Pohier, Piero Welby.
Proprio come lei, la legge italiana oggi non distingue sulla base della scelta (se è libera o no), ma sulla «tecnica». Se il medico di Welby avesse usato qualche milligrammo in più di anestetico, sarebbe diventato un omicida. Se con Nuvoli un farmaco letale avesse interrotto la sua agonia di fame e di sete, sarebbe stato un omicidio, così come se qualcuno ritenesse che quella di Eluana ora non debba essere trasformata in «agonia dell’agonia», con lunghi giorni di tifoserie politico-religiose, ma medicalmente terminata in pochi attimi (dopo sedici lunghi anni).
Direttore, scrivere che «nessuna legge umana può regolare la morte», e al tempo stesso chiedere che «le cose restino come stanno», è semplicemente contraddittorio. Le leggi già ci sono: sono cattive leggi delle cattive morti, che ammettono eccezioni soltanto da parte di persone particolarmente preparate, agguerrite o fortunate. Ecco perché le buone leggi servono, e non ci si può girare dall’altra parte.
* segretario Associazione Coscioni e deputato europeo radicale