Fondi europei

Calabria, Abbazia florense: carabinieri e magistratura si sostituiscono alla politica, irresponsabile

Sequestrato il monumento per tutela. Quattro denunciati per danni al bene culturale, Bruxelles potrebbe revocare i finanziamenti
mercoledì 8 luglio 2009.
 

L’Abbazia florense di San Giovanni in Fiore (Cs) è stata sequestrata, ala est e sud, dalla Procura della Repubblica di Cosenza. La decisione, del sostituto Adriano Del Bene e del procuratore capo Dario Granieri, convalidata in sede preliminare è stata assunta a salvaguardia del monumento, in restauro con fondi europei dall’agosto 2007.

Tra i più importanti d’Italia, l’edificio religioso, del 1200, ha problemi statici e di sicurezza. Lo dicono due perizie dell’ingegnere Francesco Bencardino, docente dell’Università della Calabria, e del geologo Massimo Aita. Lo conferma un sopralluogo dei carabinieri del Nucleo (di Cosenza) di tutela del patrimonio artistico e culturale, svolto il 29 giugno scorso davanti a soprintendenze, Comune, direzione dei lavori e impresa esecutrice.

Si tratta di lesioni preesistenti al restauro, diventate preoccupanti per causa dei ritardi operativi e per il mancato consolidamento di mura e fondazioni, invece raccomandato pure dalle soprintendenze, dopo il rifacimento della copertura con elementi metallici. Le esigenze dell’Abbazia florense sono documentate da un recente rapporto della Soprintendenza Bap di Cosenza. Esistono, inoltre, riscontri oggettivi dei carabinieri del Nucleo di tutela.

I lavori di restauro sono fermi dal settembre 2007, salvo brevi riprese anche per necessari accertamenti archeologici. Il committente, il Comune di San Giovanni in Fiore (Cs), ha beneficiato di proroghe e della disponibilità delle soprintendenze Bap, Archeologica e Psae; che, dopo aver rinviato o preteso degli elaborati progettuali, hanno rilasciato i loro nullaosta con un elenco di prescrizioni obbligatorie. Ma il Comune di San Giovanni in Fiore, tramite il sindaco Antonio Nicoletti (Sdi), accusa la soprintendenza Bap, organo di controllo per i Beni culturali, che già nel settembre 2007 invitò formalmente il primo cittadino a ricordare ai direttori dei lavori l’importanza dell’incarico loro affidato. Un’imponente impalcatura, rovinata da tempo e clima, imprigiona la parte sottoposta a sequestro, dove si trovano il museo demologico e il Centro studi gioachimiti, adesso chiusi. In settembre dovrà tenersi il congresso internazionale su Gioacchino.

Il restauro dell’Abbazia florense, finanziato tramite la Regione Calabria nell’ambito del Pit Sila, è partito male, con confusione di ruoli (religiosi, amministrativi, tecnici) e di atti, proseguendo tra scaricabarile e silenzi stile confraternita.

Ora i carabinieri del Nucleo di tutela di Cosenza, delegati alle indagini, hanno denunciato quattro persone per danni al patrimonio artistico. Secondo Il Quotidiano della Calabria, si tratta del responsabile unico del procedimento e dei tre direttori dei lavori: Pasquale Tiano, Giovanni Belcastro, Salvatore Marazita, Domenico Marra. Tiano è il dirigente dell’Ufficio tecnico comunale.

Giorni fa, un servizio d’una tv locale parlava delle «chiese perfettamente ristrutturate» di San Giovanni in Fiore (Cs), la città del profeta Gioacchino (1135 circa-1202), precursore del francescanesimo e riferimento della comunità sviluppatasi attorno all’Abbazia. Il video, mostrando il complesso badiale, nascondeva il corpo del reato.

Il tentativo era di sottolineare col filmato la tradizione spirituale e religiosa di San Giovanni in Fiore: dalla presenza di Gioacchino, citato nel Paradiso di Dante Alighieri, alla devozione popolare per il patrono, san Giovanni Battista. Ovviamente mescolando sacro e profano, con spazi e luci alla politica, messaggi subliminali che individuano, purtroppo, solo gli addetti ai lavori. Come se qualcuno avesse levato quella vergognosa armatura di travi e tubi innocenti, loro impunibili, in una specie di Eden definito «culturalmente vivace» e «solidale». Nell’audiovisivo, nessuna voce per l’Abbazia: né quella del vescovo Serafino Sprovieri, della diocesi di Benevento; né quella di Antonio Nicoletti, sindaco di San Giovanni in Fiore; né quella dell’abate in carica, don Germano Anastasio; né quella dell’oriundo Mario Oliverio, presidente della Provincia di Cosenza.

Ma tutta la vicenda del restauro - di cui sa nulla il finanziatore, l’Unione europea nel nord lontano e rigoroso - è stata caratterizzata dal mutismo generale, oltre che dall’irresponsabilità della politica, recidiva. Zitti la società civile, i benpensanti locali, i religiosi. Come pressati da una morsa invisibile, vinti dalla logica del bisogno.

A nulla è valso il tentativo di “la Voce di Fiore” e Roberto Bonina, dello scorso 3 maggio, di stimolare la politica con un dibattito centrato sull’abate Gioacchino e i luoghi della sua opera teologica e spirituale. Non hanno cambiato la situazione due distinte interrogazioni parlamentari, degli onorevoli Angela Napoli (Pdl) e Franco Laratta (Pd); né gli appelli alla responsabilità pubblica da parte di Beppe Grillo, Gianni Vattimo, Vittorio Sgarbi, Marcello Veneziani, Salvatore Borsellino, Luigi De Magistris. Negato all’opposizione un consiglio comunale sui lavori in corso, pure dopo le gravi denunce dell’appaltatore Ati Lufraco ai carabinieri e all’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, riguardanti anche le procedure d’assegnazione degli incarichi tecnici. Peraltro, l’appaltatore, non pagato per le opere eseguite, ha chiesto la rescissione del contratto; i suoi ponteggi sono da buttare. Domenicantonio Schiava, dirigente del dipartimento Cultura della Regione Calabria ci ha detto che l’Ue ha dato «altri due anni di tempo per la conclusione delle opere». Ma a Bruxelles non sanno come è andata a San Giovanni in Fiore né che adesso è complicato sbrogliare la matassa, specie perché la politica non riceve.

Un passo decisivo lo hanno fatto magistratura e carabinieri, supplendo, come spesso avviene in Calabria.

Il sindaco di San Giovanni in Fiore ha diramato un comunicato stampa, puntando il dito contro la Soprintendenza Bap di Cosenza e annunciando che si recherà «presso il giudice D.ssa De Franco per cercare di ottenere l’immediato dissequestro insieme all’avv. Franz Caruso a cui è stato conferito incarico per seguire questa imbarazzante faccenda, producendo documenti incontrovertibili sulla stato di fatto dell’abbazia e quindi poter agire per fare in modo, non solo di rendere di nuovo fruibile il monumento ai turisti ed ai nostri cittadini, ma anche di non perdere quei finanziamenti europei necessari alla sua riqualificazione».

Non c’entra nulla, ma torna in mente un testo di Foucault, “Le parole e le cose”, e un film di Cesare Zavattini, “San Giovanni decollato”. “Così è (se vi pare)”.

Intanto, l’inchiesta della Procura di Cosenza va avanti.

Emiliano Morrone

già pubblicato su il Crotonese del 7 luglio 2009, a pag. 27


Il manifesto del Comune di San Giovanni in Fiore, affisso sui muri ieri 6 luglio 2009. Fa pensare, non si intende. Contro chi agirà il municipio?
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