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Calabria, Abbazia florense. Paride Leporace: "Si dimettano sindaco di San Giovanni in Fiore, governatore regionale e vertici della Soprintendenza"

Lo dice il direttore di "Il Quotidiano della Basilicata"
lunedì 13 luglio 2009.
 

(Nella foto, Paride Leporace, ndr) Sono al vostro fianco per la battaglia sull’abbazia. Basta. Uno scempio anche per uno dei luoghi simbolici della Calabria nel mondo. Enrico Letta scrive un libro sul fatto che la politica deve tornare ad edificare Cattedrali e in Calabria le distruggiamo. Mi associo alla proposta di dimissioni del sindaco e della giunta di San Giovanni in Fiore. Ma devono dimettersi anche Loiero che nei suoi giri elettorali si è dimenticato di questa questione e i vertici della Soprintendenza per non aver vigilato. Agli amici de La Voce di Fiore regalo questo significativo scritto del mio amico Paolo Albano.

Paride Leporace, direttore di "Il Quotidiano della Basilicata"

Leggende sui costruttori di cattedrali

di Paolo Albano

La prima

Un giorno un anziano signore andato a visitare un cantiere dove si stava costruendo una Cattedrale, vide tre operai che stavano tagliando le pietre. Chiese “Cosa state facendo?” Il primo “Mi guadagno la vita”. Il secondo “Taglio la pietra”. Il terzo rispose “ “Costruisco una cattedrale”.

La seconda

Si narra che durante la costruzione del Tempio di Salomone i tagliatori di pietre prima di passare a ritirare il salario giornaliero, dovevano portare il proprio lavoro alla valutazione di due ispettori. Solo se tutto era perfetto avrebbero ricevuto il loro denaro giornaliero. Un giorno un giovane operaio trovò nella cava una pietra, curiosamente tagliata e poiché era singolarmente molto bella, la presentò alla vaglio degli ispettori i quali la scartarono. Quando il Tempio fu sul punto di essere terminato i responsabili andarono dal re Salomone per dirgli che la costruzione non poteva essere completata perché mancava la pietra per chiudere la volta principale del Tempio. Salomone ordinò di cercarla e così fu ritrovata.

La pietra di volta era quella scartata proprio per la sua diversità. Quella pietra divenne l’elemento di congiunzione delle colonne portanti, la chiave di volta che permise di ripartire il pesante carico di tutta la costruzione. Senza, la costruzione della cattedrale non poteva elevarsi né esisterebbe.

“La pietra scartata dai costruttori ora è pietra angolare” (dal Vangelo di Giovanni (10,11-18)

La terza

Il più grande architetto in pietra del secolo XX, lo definì Le Corbusier. Un asceta e un mistico per alcuni, un “visionario”, templare, massone e alchimista per altri. Per altri ancora, un santo. Tant’è. Antoni Gaudí, a centocinquant’anni dalla nascita, è più che mai un caso. L’unico architetto moderno che riceva ogni anno l’omaggio di più di due milioni di visitatori. Per lui c’è in corso la causa di beatificazione, per lui hanno testimoniato miracolati, convertiti come lo scultore giapponese, Etsuro Sotoo che lavora ancora al cantiere della Sagrada Familia. Gaudí, a partire dal 1910, rinunciò ad ogni altro incarico (era diventato ricco per questo) per dedicarsi esclusivamente all’edificazione della Sagrada Familia. Una chiesa che non avrebbe potuto finire, che avrebbe dovuto lasciare in mani altrui, per un Cliente importante e paziente: “Mi cliente no tiene prisa”, non ha fretta, ripeteva spesso. Un’impresa che dura ancora, dal lontano 1883, anno in cui il giovane Gaudí rilevò il p rogetto dell’architetto Villar e assunse la direzione dei lavori.

Nel 1915, quando i fondi per la costruzione della chiesa scarseggiavano, Gaudí arrivò a chiedere l’elemosina tra i ricchi borghesi di Barcellona per continuare l’opera. Stendendo la mano tra le strade e le case della città che lo aveva reso famoso, chiedeva “un centesimo, per amore di Dio”. Fiorirono così gli aneddoti e le leggende su un uomo che aveva rinunciato al denaro e alla fama, per un’impresa che molti giudicavano improba. Ma per lui non era così: “Nella Sagrada Famiglia” diceva “tutto è frutto della Provvidenza, inclusa la mia partecipazione come architetto”. E ancora “Non vorrei terminare io i lavori, perché non sarebbe conveniente. Bisogna sempre conservare lo spirito del monumento, ma la sua vita deve dipendere dalle generazioni che se la tramandano e con le quali la Chiesa vive e si incarna». Si pensa che la costruzione della cattedrale finisca nel 2020.

E poi c’è la leggenda del santo muratore che si costruisce una cattedrale da solo, ci sono i misteriosi messaggi della cattedrale di Acerenza, c’ è una quantità enorme di racconti, misteri, simboli che riguardano la cattedrale di Chartres. E c’è un libro di successo di un avvocato spagnolo, Ildefonso Falcones, che ha scritto “ La cattedrale del mare”: una storia che si beve con desiderio mentre sullo sfondo procede la costruzione di Santa Maria del Mar, la “Cattedrale del popolo”.

Leggende, leggende, leggende per le quali non è previsto alcun commento. C’è solo da agire per chi voglia pensare in grande, per chi sa che per farlo deve coltivare sogni, farsi prendere dalle suggestioni e dalle passioni, deve consegnare visioni e avere gesti che chiamano alla raccolta. Questo vale per tutti. Per chi voglia fare politica c’è un ingrediente che va dosato di più: l’etica della responsabilità sociale.


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