Per chi sta a Milano (e dintorni) e legge questo sito (forse non molti, ma non si sa mai):
anche a Milano il 19 luglio alle 16.00 in via Dante/Cairoli ci si ritrova per ricordare Borsellino con l’agenda rossa
Amarezza della famiglia alle celebrazioni ufficiali. Ma la sorella di Borsellino dice
"Palermo non ha dimenticato. Le autorità assenti per non essere contestate"
Via D’Amelio, anniversario polemico
Cerimonia deserta e niente autorità
I messaggi di Napolitano, Fini e del ministro Alfano *
PALERMO - Amarezza per il 17esimo anniversario dell’attentato a Paolo Borsellino, mentre imperversano le polemiche dopo le rivelazioni di Totò Riina, apparse oggi sui giornali, che accusa i servizi e lo Stato della strage di via D’Amelio. Il giorno dopo la marcia delle agende rosse, commozione e tristezza alla manifestazione organizzata per rendere omaggio alla memoria del giudice e della scorta uccisi nella strage di 17 anni fa, ma anche l’amarezza della famiglia che questa mattina non ha avuto vicini il calore dei cittadini e ha notato l’assenza delle autorità dello Stato, di fatto rappresentato dal procuratore antimafia Piero Grasso e dalle autorità locali.
"Ma per tutta la giornata di ieri si sono succedute le manifestazioni", precisa la sorella del giudice Rita: "I palermitani non hanno dimenticato. Sono le autorità - conclude - ch hanno preferito non venire per evitare le contestazioni". Più amara la considerazione del fratello salvatore: "Speravo che i palermitani si svegliassero. Al di là del comitato organizzatore in via D’Amelio, non c’è nessuno. Palermo ha dimenticato la promessa che aveva fatto a Paolo il giorno del suo funerale".
Una corona davanti alla caserma. La deposizione di una corona di fiori nella caserma della polizia Lungaro ha dato il via alle commemorazioni. Alla cerimonia, disertata dalla cittadinanza, hanno partecipato, tra gli altri, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il vice capo della polizia Francesco Cirillo il questore di Palermo Alessandro Marangoni, il comandante della Regione dei carabinieri Enzo Coppola, il sindaco Diego Cammarata e i vertici locali delle forze dell’ordine. Presenti anche il figlio e la moglie di Borsellino, Agnese e Manfredi, e la sorella di Giovanni Falcone, magistrato assassinato due mesi prima dell’eccidio di via D’Amelio.
Presidio in via D’Amelio. Ha preso il via questa mattina il presidio organizzato in via D’Amelio dal Comitato cittadino antimafia "19 luglio 2009" e da Salvatore Borsellino, culminato in un minuto di silenzio alle 16.55, ora esatta in cui si compì la strage 17 anni fa. Sul posto ci sono anche una cinquantina di attivisti dell’associazione "Ammazzateci tutti", giunti dalla Calabria. Il gruppo di giovani è arrivato tenendo in mano delle bandiere con scritto "gli uomini passano, le idee restano".
Napolitano, eroico protagonista battaglia per legalità. Molti i messaggi destinati alla vedova Agnese Borsellino, a cominciare da quello del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "A 17 anni dal tragico attentato, rendo commosso omaggio alla memoria del giudice Paolo Borsellino e degli agenti addetti alla sua sicurezza, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina". Paolo Borsellino, scrive il capo dello Stato, è stato un eroico protagonista della battaglia per la legalità e la difesa dello stato democratico. La sua dedizione e passione civica rappresenta "eredità preziosa per la mobilitazione della società civile - e in specie delle nuove generazioni - nell’opporsi e reagire alle intimidazioni e agli attacchi della criminalità".
Fini, un simbolo di eroismo. "La figura di Paolo Borsellino scuote le coscienze e rappresenta un perenne simbolo di eroismo, sensibilità istituzionale, etica della legalità e della libertà" scrive il presidente della Camera Gianfranco Fini nel telegramma inviato alla moglie del magistrato, Agnese, e alla sua famiglia, per esprimere " il senso della più profonda vicinanza mia e di tutta la Camera dei deputati". Quello di Borsellino, aggiunge Fini "è l’esempio nobile della determinazione, del coraggio e della coerenza nella lotta contro la mafia. La sua lezione dimostra che la battaglia per la cultura dello Stato e della democrazia deve essere combattuta insieme dalle Istituzioni e dalla società civile: l’impegno dello Stato per la legalità si deve avvalere della partecipazione attiva e consapevole dei cittadini".
Alfano, un eroe senza tempo. "Paolo Borsellino è un eroe senza tempo, che ha contribuito a emancipare le coscienze dei siciliani dai ricatti e dalle paure innescate dalle efferate logiche di mafia. A diciassette anni dalla terribile strage mafiosa che lo ha sottratto ai suoi cari e alla sua alta missione, il suo esempio e il suo messaggio di legalità rappresentano ancora oggi quei parametri etici e di giustizia a cui è necessario rifarsi" afferma, in una nota, il ministro della Giustizia Angelino Alfano.
* la Repubblica, 19 luglio 2009
Dopo diciassette anni di silenzio totale parla il boss di Corleone
E sulla strage di via d’Amelio accusa i servizi e lo Stato
Riina sul delitto Borsellino
"L’hanno ammazzato loro"
di ATTILIO BOLZONI, FRANCESCO VIVIANO
TOTÒ RIINA, l’uomo delle stragi mafiose, per la prima volta parla delle stragi mafiose. Sull’uccisione di Paolo Borsellino dice: "L’ammazzarono loro". E poi - riferendosi agli uomini dello Stato - aggiunge: "Non guardate sempre e solo me, guardatevi dentro anche voi". Dopo diciassette anni di silenzio totale il capo dei capi di Cosa Nostra esce allo scoperto.
Riina lo fa ad appena due giorni dalla svolta delle indagini sui massacri siciliani - il patto fra cosche e servizi segreti che i magistrati della procura di Caltanissetta stanno esplorando. Ha incaricato il suo avvocato di far sapere all’esterno quale è il suo pensiero sugli attentati avvenuti in Sicilia nel 1992, su quelli avvenuti in Italia nel 1993. Una mossa a sorpresa del vecchio Padrino di Corleone che non aveva mai aperto bocca su niente e nessuno fin dal giorno della sua cattura, il 15 gennaio del 1993. Un’"uscita" clamorosa sull’affaire stragi, che da certi indizi non sembrano più solo di mafia ma anche di Stato.
Ecco quello che ci ha raccontato ieri sera l’avvocato Luca Cianferoni, fiorentino, da dodici anni legale di Totò Riina, da quando il più spietato mafioso della storia di Cosa Nostra è imputato non solo per Capaci e via Mariano D’Amelio, ma anche per le bombe di Firenze, Milano e Roma.
Avvocato, quali sono le esatte parole pronunciate da Totò Riina? Sono proprio queste: "L’ammazzarono loro"?
"Sì, sono andato a trovarlo al carcere di Opera questa mattina e l’ho trovato che stava leggendo alcuni giornali. Neanche ho fatto in tempo a salutarlo e lui, alludendo al caso Borsellino, mi ha detto quelle parole... L’ammazzarono loro...".
E poi, che altro ha le ha detto Totò Riina?
"Mi ha dato incarico di far sapere fuori, senza messaggi e senza segnali da decifrare, cosa pensa. Lui è stato molto chiaro. Mi ha detto: "Avvocato, dico questo senza chiedere niente, non rivendico niente, non voglio trovare mediazioni con nessuno, non voglio che si pensi ad altro". Insomma, il mio cliente sa che starà in carcere e non vuole niente. Ha solo manifestato il suo pensiero sulla vicenda stragi".
Ma Totò Riina è stato condannato in Cassazione per l’omicidio di Borsellino, per l’omicidio di Falcone, per le stragi in Continente e per decine di altri delitti: che interesse ha a dire soltanto adesso quello che ha detto?
"Io mi limito a riportare le sue parole come mi ha chiesto. Mi ha ripetuto più volte: avvocato parlo sapendo bene che la mia situazione processuale nell’inchiesta Borsellino non cambierà, fra l’altro adesso c’è anche Gaspare Spatuzza che sta collaborando con i magistrati quindi...".
Le ha raccontato altro?
"Abbiamo parlato della trattativa. Riina sostiene che è stato oggetto e non soggetto di quella trattativa di cui tanto si è discusso in questi anni. Lui sostiene che la trattativa è passata sopra di lui, che l’ha fatta Vito Ciancimino per conto suo e per i suoi affari e insieme ai carabinieri: e che lui, Totò Riina, era al di fuori. Non a caso io, come suo difensore, proprio al processo per le stragi di Firenze già quattro anni fa ho chiesto che venisse ascoltato Massimo Ciancimino in aula proprio sulla trattativa. Riina voleva che Ciancimino deponesse, purtroppo la Corte ha respinto la mia istanza".
E poi, che altro le ha detto Totò Riina nel carcere di Opera?
"E’ tornato a parlare della vicenda Mancino, come aveva fatto nell’udienza del 24 gennaio 1998. Sempre al processo di Firenze, quel giorno Riina chiese alla Corte di chiedere a Mancino, ai tempi del suo arresto ministro dell’Interno, come fosse a conoscenza - una settimana prima - della sua cattura".
E questo cosa significa, avvocato?
"Significa che per lui sono invenzioni tutte quelle voci secondo le quali sarebbe stato venduto dall’altro boss di Corleone, Bernardo Provenzano. Come suo difensore, ho chiesto al processo di Firenze di sentire come testimone il senatore Mancino, ma la Corte ha respinto anche quest’altra istanza".
Le ha mai detto qualcosa, il suo cliente, sui servizi segreti?
"Spesso, molto spesso mi ha parlato della vicenda di quelli che stavano al castello Utvegio, su a Montepellegrino. Leggendo e rileggendo le carte processuali mi ha trasmesso le sue perplessità, mi ha detto che non ha mai capito perché, dopo l’esplosione dell’autobomba che ha ucciso il procuratore Borsellino, sia sparito tutto il traffico telefonico in entrata e in uscita da Castel Utvegio".
Insomma, Totò Riina in sostanza cosa pensa delle stragi?
"Pensa che la sua posizione rimarrà quella che è e che è sempre stata, non si sposterà di un millimetro. Ma questa mattina ha voluto dire anche il resto. E cioè: non guardate solo me, guardatevi dentro anche voi".
Palermo, la marcia delle ’agende rosse’ *
Al grido di «Resistenza. L’agenda rossa esiste» è partita da via D’Amelio la «marcia» voluta da Salvatore Borsellino, per commemorare il fratello Paolo, procuratore aggiunto ucciso il 19 luglio del 1992 assieme agli agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Nessun politico, pochi palermitani, tanta gente del Nord alla marcia che ha il sapore della protesta più che del ricordo. Protesta contro lo Stato che «ha fatto - ha detto Salvatore Borsellino - davvero poco in 17 anni» per scoprire i mandanti di quella strage che avvenne a soli 57 giorni dall’uccisione dell’altro magistrato, Giovanni Falcone. Circa trecento persone si sono messe in marcia verso castello Utveggio (ex sede del Sisde, da cui, secondo i parenti di Borsellino, sarebbe forse partito il segnale per uccidere il magistrato) con le agende rosse in mano, che rappresentano quella del giudice che non fu mai ritrovata, e tenendo lo striscione «Via D’Amelio, strage di Stato».
Alla testa del corteo, oltre a Salvatore Borsellino, c’era anche l’ex pm Luigi De Magistris, esponente di Italia dei Valori. «La lotta alla mafia procede per due vie diverse - ha detto Salvatore Borsellino -. Da un lato una parte delle forze dell’ordine e della magistratura che conduce una lotta serrata, dall’altro lato ci sono altre istituzioni, come la politica, che si contraddistinguono per una fortissima carenza di provvedimenti contro la mafia».
Le nuove indagini sulle stragi aprono adesso spiragli di speranza verso l’affermazione della verità. «Oggi finalmente, dopo anni di tenebre - ha proseguito Borsellino -, la lotta che si sta conducendo nelle procure di Palermo e Caltanissetta sta andando nel verso giusto».
La sorella, Rita, parlamentare europeo del Pd, si chiede però «perchè queste piste vengano fuori solo dopo 17 anni. Ho molti dubbi, ma non accuso nessuno». Per Salvatore Borsellino «Se pentiti come Giovanni Brusca e Massimo Ciancimino non avevano parlato fino adesso è perchè forse non avevano trovato le interfacce giuste all’interno della magistratura».
Proprio affinchè i pm continuino a lavorare «bisogna vigilare - ha detto De Magistris - perchè non vengano fermati da parte di pezzi deviati delle istituzioni che hanno operato e opereranno per ostacolare la magistratura».
* l’Unità, 18 luglio 2009
Nel pomeriggio "la marcia delle agende rosse" per ricordare Paolo Borsellino La sorella Rita: "C’è puzza di rassegnazione, ma non dobbiamo arrenderci"
"Senza verità non c’è giustizia"
Palermo e quelle stragi del ’92 *
PALERMO - "Una verità che si attende da 17 anni: troppi per potere aspettare ancora. Solo con la verità si può avere giustizia. Questo quadro inquietante che si sta delineando sulle stragi del ’92 e del ’93 merita la massima attenzione, sia a livello nazionale che europeo". Rita Borsellino non ha mai avuto dubbi. Meno che mai ora che è stata riaperta l’inchiesta sul tritolo mafioso che diciassette anni fa ha insanguinato la Sicilia. L’eurodeputato Pd dice questo mentre partecipa assieme a duecento persone a un corteo antimafia che si è tenuto nel pomeriggio a Palermo. Una manifestazione che qualcuno ha già chiamato "la marcia delle agende rosse", perché tutti hanno in mano un’agenda simile a quella custodita gelosamente dal magistrato e sparita nel nulla dopo l’attentato di via d’Amelio.
Rita Borsellino sente "puzza di rassegnazione. Non e’ possibile rassegnarsi. Non abbiamo questo diritto, dobbiamo continuare a impegnarci giorno per giorno perché solo l’impegno quotidiano puo’ costringere chi ha il compito di fare delle scelte a intraprendere la strada giusta. Ci vuole il coraggio della rabbia, della denuncia". L’europarlamentare si riferisce alle parole pronunciate ieri da procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che ha denunciato minore rabbia di una parte della magistratura nella lotta alla mafia rispetto al 1992.
"Dal ’92 ad oggi si è fatto poco - ha detto Salvatore Borsellino, fratello del magistrato - Sembra quasi che qualcuno stia pagando delle cambiali alla mafia. Oggi finalmente, dopo anni di tenebre, la lotta che si sta conducendo nelle procure di Palermo e Caltanissetta sta andando nel verso giusto. Si stanno acquisendo elementi positivi. Fino ad oggi ci sono stati tanti depistaggi, ora si sta lavorando per coprire la complicità di pezzi deviati delle istituzioni".
De Magistris dalla sua pagina Facebook scrive che "la magistratura, come intuirono per altro già Borsellino e Falcone, deve entrare nelle banche e nei conti correnti internazionali, nel meccanismo degli appalti e nei settori industriali, utilizzando le intercettazioni e operando in modo autonomo. La società civile deve avviare una riflessione interna profonda esigendo verità dallo Stato, anche sullo stragismo degli anni ’90, su cui la Procura di Caltanissetta sta nuovamente indagando".
E se l’europarlamentare e sindaco di Gela Rosario Crocetta propone una commissione antimafia anche a Strasburgo, per l’Associazione familiari della strage dei Georgofili non bisogna istituire un’inchiesta parlamentare sulle stragi del ’93. "Temiamo - si legge in una nota scritta dalla portavoce Giovanna Maggiani Chelli - che, come sempre, userà tutti i suoi strumenti per porre limiti ancora una volta alla magistratura. Una contromossa per esorcizzare la paura del fantasma di Vito Ciancimino".
* la Repubblica, 18 luglio 2009