Bocciato. È stato per lungo tempo al centro di polemiche che hanno coinvolto il mondo politico e quello della magistratura. Oggi è arrivata la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il lodo Alfano per violazione dell’articolo 138 della Costituzione. La Consulta era chiamata a decidere sulla legittimità costituzionale del provvedimento varato dal Parlamento nel luglio del 2008 e nei confronti del quale erano stati presentati tre ricorsI: due dai giudici di Milano, nell’ambito dei processi in cui il premier Silvio Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari dell’avvocato inglese David Mills (condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi) e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset. Il terzo è del gip di Roma chiamato a decidere se rinviare o meno a giudizio Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all’estero durante la scorsa legislatura. Il provvedimento del governo aveva iniziato il suo percorso lo scorso anno con il via libera del Quirinale che aveva autorizzato l’esecutivo a presentare il testo alle Camere. Successivamente, Napolitano avrebbe promulgato la legge. Il "punto di riferimento" per la decisione del capo dello Stato era stato "la sentenza 24 del 2004" con cui la Corte aveva bocciato il lodo Schifani. "A un primo esame, quale compete al capo dello Stato in questa fase -aveva scritto Napolitano- il ddl è risultato corrispondere ai rilievi formulati in quella sentenza".
Le osservazioni critiche di alcuni costizionalisti nei confronti del lodo che porta il nome del Guardasigill erano state respinte con decisione dalla memoria difensiva con cui il premier si era costituito come parte dinanzi alla Corte costituzionale: la sospensione dei processi stabilita dal lodo Alfano a favore delle quattro più alte cariche dello Stato non è, hanno scritto gli avvocati Niccolò Ghedini e Pietro Longo, un’immunità perchè l’obiettivo non è tanto quello di garantire il "sereno svolgimento delle funzioni" delle alte cariche, quanto piuttosto quello di garantire il diritto di difesa di un cittadino "che si trova ad essere imputato e, contemporaneamente, a rivestire un’alta carica dello Stato". Inoltre, richiamandosi alla pronuncia della Consulta di 5 anni fa, i legali del premier avevano accusato il tribunale di Milano di "attribuire surrettiziamente alla Corte costituzionale convinzioni e conclusioni che sono in realtà soltanto sue". Nella loro arringa difensiva nel corso dell’udienza pubblica della Consulta i rappresentanti legali del governo, insieme a Niccolò Ghedini e Pietro Longo anche Gaetano Pecorella, hanno ribadito le ragioni della difesa: "la legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione", e ancora: "il premier non è primus inter pares come vuole la tradizione liberale, ma primus super pares", perchè con le modifiche alla legge elettorale "non può essere considerato uguale agli altri parlamentari".
La Stampa, 7/10/2009 (18:16)
LE REAZIONI DELLA POLITICA ALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
No al lodo Alfano, esplode la polemica
Berlusconi: avanti con maggior forza
Bossi: «Siamo pronti a combattere»
Bersani: «Il premier è un cittadino
come gli altri, si faccia giudicare».
Di Pietro: «Dimissioni immediate»
ROMA Vado avanti, ancora con maggior forza. Non mi fermeranno, continuerò a governare. Secondo quanto si apprende, Silvio Berlusconi ai vertici della Lega ricevuti a Palazzo Grazioli non avrebbe minimamente manifestato l’idea di fare un passo indietro. In realtà la decisione della Corte costituzionale è arrivata ufficialmente soltanto al termine dell’incontro a Palazzo Grazioli, ma il Cavaliere spiega chi ha partecipato alla riunione - non pensa affatto di cambiare linea.
Nella riunione - riferisce la stessa fonte - non si è nemmeno parlato di elezioni, si va avanti. Sereno anche il deputato del Pdl Gaetano Pecorella che ha sostenuto le ragioni del Lodo Alfano di fronte alla Corte Costituzionale: «il risultato non cambia il quadro politico, ma riapre soltanto i processi. Quindi il ricorso alle urne non avrebbe senso, anche perchè abbiamo già ora una forte maggioranza e la legislatura deve andare avanti». Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti «è una sentenza politica ma il presidente Berlusconi, il Governo e la maggioranza continueranno a governare come, in tutte le occasioni dall’aprile del 2008, hanno richiesto gli italiani con il loro voto».
«Andiamo avanti, non ci piegano». Così Umberto Bossi, prima di entrare in una riunione del gruppo della Lega, commenta così la decisione della Consulta e parla del suo incontro, appena concluso, con Silvio Berlusconi. «Nemmeno lui vuole le elezioni anticipate - dice - L’ho trovato forte e questo mi ha fatto molto piacere, l’ho trovato deciso a combattere».Già in mattinata il leader della Lega aveva lanciato un appello al popolo: «Se la Consulta bocciasse il lodo Alfano - aveva infatti avvertito il ministro leghista prima del pranzo con il presidente della Camera Gianfranco Fini - noi entreremmo in funzione trascinando il popolo. E il popolo ce lo abbiamo, sono i vecchi Galli».
Bersani: «Mi pare che la decisione metta un punto fermo: Berlusconi e le alte cariche sono cittadini come tutti gli altri e sono tenuti a sottoporsi a giudizio. Berlusconi continui a fare il suo mestiere sapendo che deve andare a sentenza. Mi auguro che tutti usino adesso toni adeguati e rispettosi perchè stiamo parlando di un presidio della democrazia». Bersani si stupirebbe di reazioni forti perchè «si è deciso semplicemente che Berlusconi è un cittadino che come tutti deve sottoporsi a sentenza».
Sulla stessa linea Franceschini: «Il supremo organismo del nostro ordinamento, la Corte Costituzionale, ha semplicemente ristabilito il principio che era stato violato, quello dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Oggi - ha aggiunto il segretario del Pd - il principio dell’uguaglianza è ristabilito, il principio che non ci possono essere eccezioni. Tutti sono uguali davanti alla legge, anche i potenti».
Durissima la reazione di Di Pietro (Idv): «Spero che da oggi, alla luce della decisione della Consulta - conclude - il presidente del Consiglio la smetta di fare leggi a proprio uso e consumo, si dimetta dall’incarico e vada a fare quello che da 15 anni si ostina a non voler fare: l’imputato. E spero che il presidente della Repubblica, d’ora in poi, non sia così frettoloso nel firmare provvedimenti incostituzionali e immorali».