I risultati di queste ultime tornate amministrative parlano chiaro: l’Italia cambia, o meglio spera in un cambiamento, dando fiducia al centrosinistra e punendo il centrodestra e il suo padrone, Silvio Berlusconi. La Calabria, invece, rispetto al resto del paese viaggia al contrario, in direzione opposta: il centrodestra conquista spazio a scapito dei partiti di centrosinistra che hanno rappresentato evidentemente il vecchio, il logoro, lo stantio.
San Giovanni in Fiore è forse l’esempio paradigmatico di questa tendenza: Barile stravince al ballottaggio e la sua coalizione al primo turno raggiunge percentuali importanti che permettono una rassicurante maggioranza in Consiglio Comunale.
Aspettiamo Barile e la sua giunta ma adesso è giunto il momento, storico e politico, che gli artefici della disfatta del centrosinistra prendano atto di quello che è stato, di quello che hanno fatto e vadano, senza troppi tentennamenti, a casa! senza troppi se e senza troppi ma. Mario Oliverio deve lasciare, e con lui tutti quelli che hanno trasformato i partiti in cui militavano in cricche affaristiche, uffici di collocamento, banchi di mutuo soccorso.
Come scrive Goffredo Fofi in “La vocazione minoritaria”(Saggi Tascabili Laterza, Bari, 2009) “la sinistra è morta nella sua incapacità di elaborare dei modi di agire estranei alla perenne giustificazione della priorità di fini: dei modi di lavorare estranei alle pratiche della menzogna, del maneggio, del raggiro, delle alleanze scabrose, delle clientele che obbligano a proteggere gli interessi di più forti invece che quelli dei più deboli e a difendere interessi particolari a scapito dell’interesse generale.”
Tutti i quadri,i dirigenti, i portaborse e gli aspiranti tali, devono avere questo sussulto di coscienza. E’ arrivato il tempo del rinnovamento, ma attenzione rinnovamento non significa fare spazio a qualche giovine, o qualche giovinetta, figlio/a di qualche illustre vecchio legato a Mario oliverio piuttosto che a Franco Laratta, perché magari bisogna rattoppare i buchi o saldare vecchi conti rimasti aperti, come raccontano i cognomi dei candidati presentati nelle liste del Pd e dei socialisti.
Credere nei giovani non è una frase fatta né un mero esercizio propagandistico, significa pensare fermamente che i meccanismi di gestione di un’organizzazione partitica vanno cambiati grazie al protagonismo di uomini e donne non più paghi di questo scomodo presente.
La critica all’insopportabile e urticante sistema di potere costruito dal centrosinistra e dai suoi rappresentati non è un questione nuova, almeno per il sottoscritto. Lo è forse per chi in tutti questi anni ha preferito tacere e solo adesso si è riscoperto strenuo sostenitore della libertà contro i tirannici comunisti al potere.
E’ da meta degli anni ’90 che io, e tanti altri, diciamo che bisogna cambiare, rinnovare, che non si gestisce un partito, un’amministrazione cittadina, un incarico pubblico con l’occhio rivolto prima al portafoglio e poi, se va bene, un po’ più un là del proprio uscio di casa.
Anche quando il “vento era in poppa” per l’allora Pds poi Ds, anche quando Rifondazione aveva quasi l’otto per cento a livello nazionale, dicevamo chiaramente che San Giovanni in Fiore e la Calabria avrebbero prima o poi pagato dazio, che lo scontento sociale era comunque forte, e che qualcuno avrebbe fatto suo, strumentalizzandolo, questo scontento. Ciò, come da previsione, è avvenuto. Non resta che sperare in gente nuova, onesta seria limpida che possa finalmente trovare spazio e opportunità.
Tutti i vecchi (e pseudo nuovi) si facciano da parte. Andate a casa, coltivate l’orto, ogni “tantu na nsalata e pumarori” e nulla più. Via bisogna cambiare!
Domenico Ciaramella Barberio
già pubblicato su Il Quindicinale del Cabina
FILOSOFIA, ANTROPOLOGIA E POLITICA. IL PENSIERO DELLA COSTITUZIONE E LA COSTITUZIONE DEL PENSIERO ....
STATO DI MINORITA’ E FILOSOFIA COME RIMOZIONE DELLA FACOLTA’ DI GIUDIZIO. Una ’lezione’ di un Enrico Berti, che non ha ancora il coraggio di dire ai nostri giovani che sono cittadini sovrani. Una sua riflessione - con una nota
(...) Da noi si insegna soprattutto storia della filosofia (...) Più realista, e meno illuminista, di Kant è stato Hegel, il quale ha criticato i pedagogisti suoi contemporanei che volevano insegnare a «pensare con la propria testa», a inventarsi ciascuno una propria filosofia, come se la filosofia non fosse mai esistita prima e quindi non esistesse già. Per filosofia Hegel intendeva la verità, iscritta nella mente di Dio (l’Idea) e realizzata nel processo della natura e nello spirito. Più modestamente la filosofia si può intendere come il pensiero dei grandi filosofi, che è bene conoscere e col quale è bene confrontarsi, cioè dialogare (...)
LE PAROLE DELLA POLITICA E LA FILOSOFIA ITALIANA. Dopo quasi venti anni di berlusconismo e dopo altrettanti anni di una quasi generale connivenza sonnambolica ....
FILOSOFIA IN STATO COMATOSO. IL PARADOSSO DELL’IDENTITA’: IO E GLI ALTRI. REMO BODEI CERCA DI SVEGLIARSI E SI RIATTACCA AL VECCHIO E LOGORO FILO POPPERIANO. Ecco le tesi del suo "manifesto per vivere in una società aperta"
Ciaramè, poi mi spieghi l’esempio "paradigmatico" :-) :-) :-)...ma vorrei più delucidazioni sul "paradigmatico" :-) :-) :-)
Un abbraccio
Giusi
PARADIGMATICO.....
dicevamo chiaramente che San Giovanni in Fiore e la Calabria avrebbero prima o poi pagato dazio, che lo scontento sociale era comunque forte, e che qualcuno avrebbe fatto suo, strumentalizzandolo, questo scontento. Ciò, come da previsione, è avvenuto. Non resta che sperare in gente nuova, onesta seria limpida che possa finalmente trovare spazio e opportunità. Tutti i vecchi (e pseudo nuovi) si facciano da parte. Andate a casa, coltivate l’orto, ogni “tantu na nsalata e pumarori” e nulla più. Via bisogna cambiare!
RISULTATI ELETTORALI:
Antonio Barile 6.796 - 61,90
Il Popolo della libertà (Pdl)
Lista Civica - Barile Sindaco
Lista Civica - Uniti per la Liberta’
Lista Civica - Liberi con Barile
Emilio Vaccai 4.182 - 38,09
Partito Democratico (Pd)
Lista Civica - i Democratici per la Citta’
Partito socialista italiano (Psi)
Socialisti Uniti - Alleanza per l’Italia (Api)
Comunisti italiani (Pdci)
* http://www.repubblica.it/static/speciale/2011/elezioni/comunali/san_giovanni_in_fiore.html
TRADUZIONE: U partitu e Barile, a voglia mo la vuoti e la giri, è lu partitu e Berlusconi. Scopelliti e Gentile su le manu e Berlusconi supre a Calabria (Franciscu e Muzziallu)
Gioacchino - da Fiore!!!
Se torna la voglia di inventare
di Goffredo Fofi (l’Unità, 19 giugno 2011)
Allo stesso modo in cui ci si sente offesi dalla volgarità, supponenza, superficialità del nostri connazionali, e soprattutto di quelli che hanno il privilegio di potersi esprimere pubblicamente, così ci si sente rinfrancati da quelli tra loro che dimostrano uno “stile” diverso, il bisogno di una profondità, l’inquietudine di una ricerca. Ricerca di che, in definitiva, se non del senso da dare alla propria esistenza in mezzo agli altri? È a partire da questa primaria differenza che mi capita di questi tempi di giudicare i giovani che incrocio, con cui vengo a contatto girando l’Italia.
Una premessa. Io mi ritengo molto fortunato, per aver conosciuto e per avere ancora la possibilità di conoscere e frequentare persone di valore, minoranze attive o presenze pulite ancorché passive, e non faccio molta distinzione tra le età, ma certamente il tempo logora, e l’Italia corrompe: è difficile trovare adulti o anche vecchi preoccupati di qualcosa di più che della loro sopravvivenza, del loro star bene e, tra quelli che hanno una qualche figura pubblica, del loro piccolo potere, della loro povera immagine.
Torniamo ai giovani. Come sempre, la maggioranza tra loro finisce per farsi conformista, e per farsi lentamente conquistare dai modelli vincenti. È difficile tener testa da soli agli tsunami delle mode (delle manipolazioni commerciali che ne sono alla base) e ai ricatti del “così va il mondo”, ma è pur vero che il grande privilegio della gioventù è sempre stato quello di inventare il nuovo in barba alle idee correnti.
Faccio allora un esempio. Prima delle elezioni ho visto sui muri delle piccole città meridionali e settentrionali l’imbarazzante esposizione di facce sorridenti e brutte, di puffi che chiedevano il voto, e per buona parte si trattava di giovani. Nessuno sembrava avere qualcosa di suo da dire, un programma anche minimo da proporre, anche se tutti dichiaravano di essere portatori di cambiamento, dicevano che bisognava cambiare senza mai dire cosa, perché, come.
Chiedevi a qualche amico del posto e ti diceva chi erano, e scoprivi che, a parte i cognomi più noti (rampolli di politici, commercialisti e professionisti bene insediati, e dunque “eredi” secondo le regole del “familismo amorale”), gli altri erano sconosciuti ai quali qualcuno (i genitori, una nonna affettuosa, un parente interessato) aveva pagato la campagna inventando magari una piccola lista - in certi comuni del Sud se ne sono presentate a dozzine, e quelle sopravvissute si sono accorpate, cioè “vendute”, a quelle maggiori. In generale, non era vero che non ci fosse ricambio, anche se sul fronte di una tradizione che è tutto fuorché entusiasmante: in queste elezioni i giovani hanno avuto un peso anche dentro il sistema di potere consolidato. Ma per fortuna lo hanno avuto più grande su quello contrario, della novità.
In un bell’articolo su la Repubblica Ilvo Diamanti, attento e puntuale come sempre, ha messo in rilievo meglio di altri il ruolo avuto dai giovani nel cambiamento in corso. Dai giovani e dai loro mezzi di comunicazione, che hanno decretato la decadenza del potere televisivo (di “destra” e di “sinistra”: lo sguaiato pappone delle grida amministrato cinicamente dai “grandi conduttori” e dal “grande comunicatore”). Assieme al voto delle donne nauseate dalle schifezze del berlusconismo e dai modelli femminili vincenti, assieme al voto dei cattolici, sul quale bisognerebbe riflettere meglio, e più ancora di quelli, è stato il voto dei giovani a decidere di queste elezioni e del referendum. Di giovani che hanno giustamente le scatole piene di noi adulti, dei “grandi” adulti come dei piccoli adulti, dei big come dei loro lacchè e dei loro complici portatori di ideali simili e diffusori di simili modelli. Di giovani che chiedono fatti e sostanza, e rispetto per sé e per i cittadini comuni, con le carte in regola e non...
Forse verranno ancora delusi (o ci deluderanno) e forse molti di loro finiranno ancora una volta nel calderone delle maggioranze frastornabili ed egoiste. Forse dovranno scontrarsi con quegli altri giovani che vedono nella politica (nell’occupazione del “pubblico”) soltanto un posto di lavoro o, peggio, un posto di comando. E noi adulti dovremo di nuovo saper distinguere, e metterci, paritariamente, a servizio dei migliori tra loro e dei modi che escogiteranno di inventare un nuovo