In collisione con la collusione
di Giuseppe Oddo (Il Sole-24 Ore, 19 giugno 2011)
Per abbattere il muro del l’omertà dove la ’ndrangheta spadroneggia, uccide e impone un’economia criminale l’azione di contrasto dello Stato non basta. Occorre una rivoluzione che risvegli la coscienza civile e induca le comunità a ribellarsi contro le cosche e a denunciare ogni forma di intimidazione. La ’ndrangheta infatti non si sconfigge solo nelle aule dei Tribunali, ma anche con una politica culturale sul territorio che faccia terra bruciata del consenso di cui si alimenta.
Da quest’idea semplice ma dirompente è scaturito «Trame. Festival dei libri sulle mafie» promosso dall’assessore alla Cultura di Lamezia Terme, Tano Grasso, antesignano del movimento nazionale antiracket.
Dal mercoledì a domenica 26 giugno convergeranno da tutt’Italia nel centro storico lametino magistrati, giornalisti, studiosi, imprenditori, uomini di chiesa, tutti autori di libri sulla mafia, per suscitare un dibattito pubblico e denunciare le connivenze.
«Vogliamo dare un cazzotto alla ’ndrangheta proprio nel cuore della Calabria, dove nelle ultime settimane si sono contati due morti ammazzati», dice il direttore del Festival, Lirio Abbate, giornalista del l’«Espresso» e coautore con Peter Gomez de I Complici (Fazi), il saggio che ha svelato la rete di potere del boss Bernardo Provenzano. «Occuperemo tre piazze dalle diciotto alla mezzanotte di ogni sera - aggiunge - per presentare 54 libri. Non sarà però una fiera con intenti commerciali».
L’obiettivo è alto: provocare un effetto valanga che travolga il silenzio, la paura, la rassegnazione, l’assuefazione, quel modo di pensare diffuso, in Calabria come in Sicilia, che consente alla criminalità organizzata di radicarsi e mimetizzarsi nel tessuto sociale.
«Vogliamo far vedere - dice ancora Abbate - che esistono persone che fanno antimafia lontano dai riflettori, fornendo contributi concreti ed esempi individuali». Il messaggio, per coloro che vivono in una condizione di oppressione mafiosa, è che, stando uniti, uomini di Stato, uomini di cultura, uomini d’impresa e società civile, anche la ’ndrangheta può essere battuta.
«La ’ndrangheta - prosegue Abbate - si regge sulla sua forza criminale e sul terrore, non tollera che la gente si abitui a pensare in modo libero». Perché è già un atto di ribellione il pensare, in una terra dove ancora oggi si tende a negare l’esistenza della mafia. Le associazioni calabresi, nate anche sull’onda dell’emozione suscitata dall’omicidio Fortugno (il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria assassinato nel 2005), sono spaccate, quando non in contrapposizione.
A Lamezia opera l’Ala, un’associazione di imprenditori contro il racket, che è tra gli sponsor del Festival insieme all’Associazione italiana editori, al Centro per il libro e la lettura, all’Ordine nazionale dei giornalisti, a Radio 24, alla Regione Calabria, all’Unione europea.
Ma siamo ancora lontani dal movimento di denuncia affermatosi nelle province siciliane a più alta densità mafiosa grazie all’impegno di Ivan Lo Bello, presidente regionale di Confindustria, e di Antonello Montante, che Emma Marcegaglia ha voluto con sé come delegato nazionale per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio.
A Lamezia, come nel resto della Calabria, annota Tano Grasso, fare cultura «deve assolutamente coincidere con una strategia di opposizione alla ’ndrangheta». Anche l’editore Giuseppe Laterza sostiene che la mafia vada combattuta sul terreno culturale prima ancora che su quello militare. Secondo il presidente dell’omonimo gruppo editoriale di Bari, «una regione può svilupparsi solo in un clima di libertà, non di tutela, che scaturisca da un atto di convinzione dei cittadini».
I libri possono svolgere da questo punto di vista una funzione essenziale. «C’è un pubblico forte, maturo e informato su questi argomenti», dichiara Lorenzo Fazio, direttore editoriale e socio di Chiarelettere: un pubblico particolarmente attento, spiega, che sempre più spesso non trova nei giornali le risposte di cui va in cerca. «Forse perché i giornali - dice - spesso sono fatti più per i giornalisti che per i lettori».
A Lamezia arriveranno anche giovani da varie parti d’Italia. Ne sono attesi un centinaio. Tutti volontari. Rimpolperanno l’organizzazione. Molti di questi erano al recente Salone del libro di Torino dove i promotori del Festival sono stati invitati a presentare l’evento dinanzi a una platea gremita.
Il 22 giugno sono attesi don Luigi Ciotti, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, i fondatori del Centro siciliano di documentazione «Giuseppe Impastato» Anna Puglisi e Umberto Santino, il sociologo Nando Dalla Chiesa e don Giacomo Panizza, autore, con Goffredo Fofi di Qui ho conosciuto purgatorio, inferno e paradiso (Feltrinelli).
Il 22 arriverà Marcelle Padovani, corrispondente per l’Italia del «Nouvel Observateur», per parlare di Cose di cosa nostra, il libro intervista a Giovanni Falcone uscito nel 1991. Ci sarà anche il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia.
Il 23 sarà la volta di Roberto Scarpinato, procuratore generale di Caltanissetta, autore con Saverio Lodato de Il ritorno del principe (Chiarelettere). All’incontro parteciperanno Lo Bello e Montante. Il procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, sarà intervistato anche dal figlio Stefano, giornalista.
Attesi tra gli altri lo scrittore-giornalista Gaetano Savatteri, l’inviato di «Repubblica» Attilio Bolzoni e il procuratore aggiunto della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che sarà intervistato da Francesco Gaeta, del «Sole 24 Ore».
Savatteri e Raffaella Calandra di Radio 24 discuteranno con lo storico inglese John Dickie. Francesco La Licata, autore con Massimo Ciancimino di Don Vito, intervisterà la giornalista televisiva Francesca Barra.
Interverrano anche Gianni Barbacetto e Peter Gomez, del «Fatto quotidiano», Paolo Biondani, dell’«Espresso», Mario Portanova, collaboratore di «Blunotte» e «Presadiretta», Roberta Serdoz, del Tg3.
Nelle ultime due giornate si alterneranno il magistrato Maurizio De Lucia, Francesco Forgione, Giovanni Impastato, David Lane dell’«Economist», Nino Amadore del «Sole 24 Ore», Enrico Bellavia di «Repubblica», mentre il Procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, sarà intervistato dal direttore di Radio 24, Fabio Tamburini.
MAFIA, POLITICA, E CULTURA: DALL’ALTO AL BASSO E DAL BASSO IN ALTO. Sul tema, materiali nel sito, si cfr.:
DEMOCRAZIA "REALE": CHE COSA SIGNIFICA? CHE COSA E’? Alcuni chiarimenti, con approfondimenti
di Nicola Tranfaglia (l’Unità, 22.06.2011)
In un punto cruciale, che ricordo ancora, della relazione di maggioranza della Commissione d’inchiesta parlamentare sulla P2 presieduta da Tina Anselmi, pur con tutte le integrazioni che compongono l’enorme materiale in centoventi volumi (di cui quella chiamata oggi P4 non può costituire, ad avviso di storico, che l’ultima reincarnazione) si scrive che quella associazione fu «il punto culminante della strategia della tensione e della successiva emarginazione del Miceli e del Maletti, massimi responsabili dei servizi segreti in quel momento».
Un’affermazione di questo genere, fatta trent’anni fa al termine di una lunga inchiesta parlamentare seguita all’irruzione delle forze dell’ordine a Castiglion Fibocchi per iniziativa dei magistrati Turone e Colombo, rende giustizia o dovrebbe renderla a quegli italiani e sono tanti ormai crediamo che seguono oggi le cronache giudiziarie che hanno al centro il cosiddetto lobbista (ma, a differenza che negli Stati Uniti questa figura non esiste nell’ordinamento giuridico italiano) Luigi Bisignani. Quest’ultimo era quello che, non si sa perché, scriveva ad esempio la lettera dell’ex direttore generale della Rai Mauro Masi per licenziare il conduttore Michele Santoro e che incontrava ogni giorno ministri e alti dignitari dell’attuale governo e della maggioranza parlamentare guidata dall’onorevole Berlusconi.
Potremmo continuare per molte pagine su questo aspetto ma vale la pena sottolineare piuttosto che cosa significhi la grande familiarità con gran parte del potere politico ed economico e la sua capacità di spingere nomine e influire su quello che devono fare i vertici di enti, dipartimenti e imprese pubbliche e private nel nostro Paese.
Il che significa a mio avviso creare condizioni di facile sovvertimento delle procedure di legge, interferenze molto gravi nel funzionamento di poteri e di organi costituiti secondo le regole normali, costituire un potere parallelo e magari più efficace di quelli previsti dalla Costituzione repubblicana e dalle leggi dello Stato.
Insomma una volta, anche tra storici, si parlava, a torto o a ragione, di “doppio Stato” ma oggi il degrado della crisi italiana può spingere a considerare superate quelle espressioni e parlare piuttosto, in maniera più realistica, di commistione crescente e molto pericolosa di affari, politica ed economia. Di disordine politico e istituzionale dovremmo aggiungere che potrebbe spingere ancora di più nel baratro un Paese già afflitto da una grave crisi economica, sociale e morale. Di qui l’allarme che si è creato nell’opinione pubblica democratica che si trova di fronte a uno scandalo diverso dai tanti che emergono spesso, per disonestà dei singoli o di gruppi, e configura piuttosto un ennesimo attentato alla democrazia e alla vita politica e culturale
17-18-19 luglio 2011: le Agende Rosse a Palermo
di Salvatore Borsellino e Redazione di 19 luglio 1992 *
Il 17, 18 e il 19 luglio 2011, nel diciannovesimo anniversario per la strage di Via D’Amelio, tutti gli appartenenti al Movimento delle Agende Rosse e tutti quelli che vogliono fare memoria del sacrificio di Paolo, di Agostino, di Claudio, di Emanuela, di Vincenzo e di Eddie Walter, uccisi per mano della mafia e di schegge deviate di quello Stato che con la mafia aveva scelto di venire a patti piuttosto che combatterla, sono chiamati a Palermo per partecipare alla nostra lotta.
Quest’anno vogliamo non solo fare memoria e lottare per i giudici morti ma anche stringerci attorno a quei magistrati che a Palermo, ma anche a Caltanissetta e a Firenze, stanno cercando di togliere quel pesante velo nero che fino ad oggi, grazie a depistaggi, archiviazioni forzate, leggi studiate per scoraggiare i collaboratori di Giustizia, hanno impedito di arrivare ai mandanti occulte di quelle stragi.
Questi giudici sono oggi in grave pericolo, pericolo anche per le loro stesse vite e e per quelle delle loro famiglie. Potrebbero non bastare, per fermarli, gli stessi metodi che sono stati usati per eliminare altri magistrati, le avocazioni, i trasferimenti, le delegittimazioni. L’atmosfera è oggi troppo simile a quella degli anni che precedettero le stragi di Capaci e di via D’Amelio e quelle altre stragi che nel ’93 furono necessarie per chiudere quell’infame trattativa.
Le manovre di delegittimazione e le aggressioni di ogni tipo verso magistrati come Antonio Ingroia e Nino di Matteo vanno di pari passo con una pretesa riforma della Giustizia che è in realtà un vero e proprio sovvertimento di quel principio fondamentale della Costituzione che sancisce l’indipendenza della Magistratura. Gli stessi poteri che hanno voluto e progettato quelle stragi potrebbero metterne in atto delle altre per favorire il passaggio da un sistema di potere che sta ormai annegando nel suo stesso fango ad un nuovo, e forse peggiore equilibrio.
Noi non permetteremo che ci siano dei nuovi magistrati uccisi che i loro stessi assassini fingano poi di piangere come eroi, la nostra terra non ha bisogno di eroi, ha bisogno di Giustizia e di Verità e per la Giustizia e per la Verità noi saremo in questi tre giorni a Palermo a combattere la nostra lotta.
Quest’anno il presidio in Via D’Amelio durerà l’intera giornata del 19, dall’alba alla notte staremo in via D’amelio, accanto all’ulivo di Paolo e dei suoi ragazzi, per impedire che questo luogo sacro venga profanato. Quest’anno non permetteremo a nessun avvoltoio di avvicinarsi al luogo della strage. Non vogliamo corone di Stato per una strage di Stato. Vorremmo che al centro di questa giornata fossero i familiari dei ragazzi morti insieme a Paolo che Paolo hanno difeso fino all’ultimo con il loro stesso corpo e che, come Paolo, sono stati fatti a pezzi.
* Per il programam dettagliato, vedi: sito.
Una buona risposta al cancro che consuma quel territorio, spero che i cittadini partecipino numerosi.
Antonio
Caro Saverio
l’ho ripreso appositamente, per sollecitare l’analisi della situazione - vista l’assenza evidente non solo di Mauro Francesco Minervino, ma anche e soprattutto di Emiliano Morrone e di Francesco Saverio Alessio, oltre che di Salvatore Borsellino e del movimento delle Agende Rosse !!!
Purtroppo la forza e la logica della " mafia dell’antimafia" l’abbiamo già vista negli anni scorsi ..... e invade il glocale, a tutti i livelli! Perciò importantissimo il tuo lavoro, quello di Emiliano e, se permetti, anche il mio.
Il berlusconismo glocale è proprio questo gioco ... all’ennesima potenza. Continuiamo a non capire e a far finta di non capire!!!
Io avrei preferito titolare l’articolo ripreso così: SAN GIOVANNI IN FIORE DA’ IL VIA: IN COLLISIONE CON LA COLLUSIONE....
ma le cose vanno come ben sai sono finite tutte nel barile!!!
M. cari saluti,
Federico La Sala
Ho capito! Grazie!
Buon lavoro...
Saverio
Ringrazio, io te!
Buon lavoro!!!
Con molta stima,
Federico La Sala