La Smaltimenti Sud, i rifiuti in Molise e quel video su Youtube

domenica 5 dicembre 2010.
 

di Andrea Succi

In Provincia di Isernia il 95% dei rifiuti finisce in discarica, la tassa sui rifiuti aumenta e la differenziata è ferma. Ma tutto inizia su youtube. Il 16 novembre 2009 un utente anonimo posta su Youtube “Gomorra a Isernia”, che denuncia presunti smaltimenti illeciti nella discarica provinciale di Tufo Colonoco..

Il Molise è una regione piena di stranezze.

Grande quanto un quartiere di Roma, si presenta come un contenitore a presa stagna dove tutto resta ovattato, dove il muro di gomma è più spesso che altrove, e dove si tende a far passare il messaggio propagandistico di un’isola felice a discapito di una realtà preoccupante sotto diversi punti di vista.

Riassumendo, la Bendopoli molisana può considerarsi la cartina di tornasole del Belpaese.

Questa storia ha inizio il 16 novembre 2009, quando un utente anonimo posta su Youtube un video dal titolo allarmante, “Gomorra a Isernia”, che denuncia presunti smaltimenti illeciti nella discarica provinciale di Tufo Colonoco, gestita dalla società Smaltimenti Sud Srl di Antonio Lucio Valerio.

L’immondizia viene ammucchiata anche nei punti in cui manca la coibentazione per la raccolta del percolato che - a quanto dicono i contadini della zona - a scadenze regolari viene riversato nella Vandrella, un fiumiciattolo sottostante la discarica, che si unisce alla Vandra per poi morire nel Volturno, il fiume più inquinato d’Italia, come lo ha definito Roberto Saviano.

Nel filmato compaiono operai al lavoro senza alcun tipo di protezione anti-infortunistica e respiratoria, e si vedono camion che scaricano sia balle compattate di talquale sia vetro, a dispetto della raccolta differenziata portata avanti dai cittadini pentri. Nel finale di questi 2 minuti e mezzo di real-tv spunta un automezzo della Vi.Ma (azienda dei F.lli Valerio) che trasporta e smaltisce balle nere, nel senso che l’involucro esterno è di colore scuro, il che renderebbe tutto più misterioso.

Il primo a riprendere la notizia è il consigliere regionale del PD Michele Petraroia, che presenta un’interrogazione all’Assessore regionale all’ambiente Sandro Arco, chiedendo che venga accertata la veridicità delle immagini. Si alza un polverone mediatico, la notizia viene ripresa dall’Ansa, da Repubblica e dall’Espresso, il video raggiunge le 5.000 visualizzazioni (ma da qualche settimana Youtube lo ha censurato), la stampa locale si occupa dell’affaire e il gestore dell’impianto minaccia querele.

La faccenda sembra farsi seria, fino a richiedere l’intervento di una delegazione di centro-sinistra guidata dal neo segretario regionale del PD, Danilo Leva, e dai capigruppo D’Alete, Pangia, Ottaviano, Bonomolo e Natalini. Il gruppetto annuncia a mezzo stampa, il 18 novembre, che tre giorni dopo si sarebbe recato in visita a Tufo Colonoco per “controllare la situazione e tranquillizzare i cittadini”, e così il 21 novembre tutte le tv locali si fiondano sul posto per seguire la delegazione e dare voce al gestore dell’impianto, che dichiara una lunga serie di fanfaluche senza il minimo contraddittorio.

“La discarica smaltisce solo rifiuti solidi urbani”.

In realtà non solo il video dimostra che l’impianto gestisce anche eco-balle, il cui conferimento in discarica era stato negato dall’allora Presidente della Provincia Raffaele Mauro con comunicato del 16 gennaio 2008, ma - come rivela l’Albo Gestori Rifiuti - la Smaltimenti Sud Srl ha l’autorizzazione a smaltire e trasportare (chissà dove...) una lunga serie di rifiuti pericolosi tra cui: batterie al piombo esauste e di scarto; tubi fluorescenti e altri rifiuti contenenti mercurio; detergenti contenenti sostanze pericolose; legno contenente sostanze pericolose; assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi contaminati da sostanze pericolose.

Senza considerare che persino alcune scorie di una multinazionale come Veolia, che a Pozzilli gestisce l’inceneritore Energonut, finiscono nell’impianto di Tufo Colonoco, nello specifico ceneri pesanti, come riportato nella relazione di servizio del 1 luglio 2008 da una pattuglia della Stradale di Isernia.

“I rifiuti provengono solo dalla Provincia di Isernia, ad eccezione di 4 comuni del casertano”.

La versione di un camionista che vuole restare anonimo è però diversa:“I rifiuti arrivano non solo dall’alto Matesino, ma anche da altre zone della Campania e persino dal Lazio”. Ma c’è di più, come denunciato dall’ex sindaco di Rionero Sannitico Orazio Ciummo il 12 gennaio 2008:“Ogni giorno camion carichi d’immondizia provenienti dall’Abruzzo e diretti alla discarica di Tufo Colonico scaricano rifiuti la cui natura è assolutamente sconosciuta.”

La notizia è riportata da caffemolise.com e di questo era a conoscenza anche l’attuale sindaco di Isernia Gabriele Melogli, UDC.

“Non c’è possibilità che il percolato danneggi le falde acquifere perché l’ acqua è a 200 metri di profondità”.

Anche questa affermazione è messa in discussione da alcune foto attestanti infiltrazioni d’acqua a livello dei rifiuti. (vedi la fotogallery)

A questo punto diventa opportuno delineare un quadro più generale della situazione.

La discarica di Tufo Colonoco nasceva negli anni ’90, osteggiata dai cittadini di Vandra (frazione di Forli del Sannio ubicata ai piedi dell’eco-mostro), che protestarono fortemente contro chi, all’epoca, si occupava di smaltimento rifiuti in maniera indiscriminata, tanto da costringere la magistratura competente a porre i sigilli all’impianto.

Due i problemi principali: il miasma che si spandeva nell’aria e il percolato che durante le giornate di pioggia colava a valle e andava ad inquinare il corso d’acqua utilizzato dai contadini per irrigare i campi. Poco importa quali fossero le gravissime conseguenze sulla salute, i sigilli durarono qualche giorno appena e da allora la discarica si è ingrandita a dismisura, grazie anche a confinanti che (s)vendono i loro terreni: tra questi pare ci sia un esponente del neonato “Comitato Vandra contro la discarica”...

Nel 2003 nasce un Consorzio Provinciale denominato “COPRIS Consorzio di attività esterna”, tra la Provincia di Isernia, il Comune di Isernia e le quattro Comunità Montane della Provincia, per il trattamento dei rifiuti.

Il Presidente del Copris è il Presidente del Consiglio Provinciale, quindi fino a qualche mese fa l’avvocato Raffaele Mauro e attualmente il neo-eletto Luigi Mazzuto.

Il Consorzio provvede al trasporto, al recupero, al riutilizzo, al deposito temporaneo ed alla trasformazione dei R.S.U., oltre alla realizzazione e gestione degli impianti necessari, come si legge nello statuto, e tutto è in sinergia con la Società Smaltimenti Sud Srl di Isernia (il cui responsabile è Antonio Lucio Valerio), gestore della discarica dove confluiscono i rifiuti di tutta la Provincia.

Da statuto, il Copris dovrebbe occuparsi di tre cose in particolare, vale a dire “attività di censimento e monitoraggio di aree inquinate o a rischio di inquinamento”, “pulizia e bonifica del territorio” e “stesura dei piani provinciali per la gestione ottimale dei rifiuti”. Per quanto riguarda i primi due punti, lo scopo è nobile ma all’atto pratico la situazione è ben diversa, come provano le decine di siti dove avviene lo smaltimento illecito di rifiuti; riguardo al terzo punto, invece, un piano provinciale esiste già, dal 2004 per la precisione, ma non è mai stato attuato se è vero - come è vero - che il 95% dei rifiuti della Provincia di Isernia finisce in discarica.

Nel 2004 gli stessi amministratori molisani ammettono che “il valore reale di raccolta differenziata è circa sette volte inferiore al valore previsto dalla norma (decreto Ronchi) per il 2003”, ma prevale l’ottimismo perché “il Piano Provinciale ipotizza che per l’anno 2008 si siano raggiunti gli obbiettivi di raccolta differenziata previsti (35%)”.

Nel 2010 non solo si è ancora lontanissimi dai valori normativi, ma si sta anche continuando a permettere l’allargamento del sito di Tufo Colonoco, nonostante la legge comunitaria e nazionale vada in direzione ostinata e contraria.

Nel POR Molise Valutazione ex ante Ambientale (versione del marzo 2003) si palesa “un’evidente difficoltà regionale a far decollare la raccolta differenziata”, e la responsabilità sarebbe da ricercare nei “comuni di piccole e piccolissime dimensioni per lo più ricadenti in territorio montano con un’età media degli abitanti piuttosto elevata” che rappresentano “i 2/3 della popolazione regionale”.

Morale della favola: la colpa è del nonno.

Balle naturalmente, perché la vera ragione si cela dietro gli incassi che la Regione e la Provincia possono ricavare dallo sfruttamento di un buco nella terra in cui ammassare rifiuti: più la discarica si riempie - non importa di cosa - più i soggetti coinvolti ci guadagnano.

Infatti, con L.R. n° 18 del 31 agosto 2004, la Regione Molise ha disposto - a decorrere dal 1 gennaio 2006 - un tributo speciale per il conferimento dei rifiuti in discarica, che va dai 10.6 € a tonnellata per gli inerti ai 21 € per gli R.S.U., determinando - in quest’ultimo caso - un ulteriore aumento di 10.50 € rispetto al 2003, vale a dire un 100% in più. (vedasi Del. G.R. 1764, 6 dicembre 2005)

Se la volontà politica è quella di guadagnare in base al quantitativo di rifiuti conferito in discarica, diventa impossibile far partire una raccolta differenziata seria, a prescindere da quanti anziani ci siano in Molise.

Eppure, nella Scheda di Rilevazione AIR Molise del maggio 2003, curata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Formez e dalla Regione Molise si legge che: “L’interramento dei rifiuti può inquinare le falde acquifere e compromettere la qualità dei prodotti agricoli, mentre le emissioni nell’atmosfera contribuiscono ad aumentare la concentrazione di particelle altamente nocive per la vita umana e vegetale.”

Una confessione in piena regola da parte delle più alte autorità nazionali e regionali.

Del report era a conoscenza anche l’ex Presidente del Consiglio Regionale, Mario Pietracupa, che naturalmente si è cucito la bocca: i danni che una discarica può fare sulla natura, sugli esseri umani e sugli animali passano in secondo piano di fronte agli incassi che la regione può ricavarne.

Ma l’aspetto più inquietante del report, che mette a nudo la fallimentare gestione economica del ciclo dei rifiuti molisano, è la stima del danno ambientale derivante dall’emissione di ossidi di zolfo, ossidi di azoto e articolato sospeso totale, sulla base di un calcolo effettuato dalla CE nel 1996. Moltiplicando il costo unitario del danno ambientale per il numero delle tonnellate di rifiuti speciali prodotti in Molise, e conferiti in discarica, si è stimato che nel 2003 i cittadini molisani avessero pagato costi indiretti (sulla salute e sull’ambiente) per settantadue milioni di €.

Non oso pensare a quanto ammontino oggi questi costi.

È chiaro che il giochino della stima vale per il Molise così come per le altre regioni, in cui un’industrializzazione più avanzata e un tasso demografico più alto pesano in misura maggiore nel calcolo del danno ambientale.

Fortuna vuole che nel Belpaese si può crepare allegramente storditi da mignotte e paparazzi.


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