Navigando a vista
di MARIO DEAGLIO (La Stampa, 30/6/2007)
Alla base dei confronti politico-sociali che hanno condotto alla messa a punto di un sofferto Dpef (Documento di programmazione economica e finanziaria) c’è una crescente e generalizzata mancanza di conoscenza della realtà economico-sociale del Paese. Lo dimostra chiaramente il dibattito recente: il sindacato è in allarme per la caduta del reddito di fasce consistenti di lavoratori dipendenti che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese e le organizzazioni dei lavoratori autonomi denunciano lo scivolamento verso il basso del potere d’acquisto di un numero rilevante dei loro aderenti e l’iniquità degli studi di settore, alla base della tassazione del loro reddito.
Si tratta di situazioni gravi che richiederebbero azioni incisive e mirate sul piano della tassazione, ma è molto difficile, quasi impossibile, passare dal racconto di casi singoli alla stima complessiva dei fenomeni. E non si può non rimanere perplessi quando si confrontano questi segnali di impoverimento con le notizie di milioni di automobilisti in marcia, in questo primo fine settimana delle «grandi vacanze», o con le centinaia di migliaia di imbarcazioni da diporto ormeggiate nei porticcioli turistici italiani. Una mancanza di conoscenza ancora maggiore riguarda la situazione effettiva dell’economia sommersa e dell’evasione fiscale.
In altre parole, il quadro economico-sociale sul quale si dovrebbe basare il Dpef è così pieno di incoerenze e di zone d’ombra che i suoi estensori sono costretti a lavorare quasi al buio. Le forze politiche non conoscono più il Paese e il Paese non conosce più se stesso. Non si ha alcuna chiara nozione di quanti e quali italiani abbiano sensibilmente migliorato o peggiorato il proprio reddito negli ultimi anni e quest’ignoranza è alla base delle recenti sorprese elettorali. In queste condizioni, risulta difficile mettere a punto, come sta cercando di fare il nascente Partito Democratico, programmi politici che non siano semplici collezioni di buone intenzioni e ancora più difficile redigere un Dpef, documento che si vorrebbe pensato e meditato per mesi e che assomiglia invece sempre più a una lavagna sulla quale si scrive e si cancella affannosamente fino all’ultimo minuto.
Il buio del Dpef non riguarda soltanto l’ambiente economico interno ma anche quello esterno: troppo spesso si scommette su una ripresa internazionale che non si realizza oppure svanisce. Nell’ultimo decennio, quasi tutti i Dpef (come i corrispondenti documenti di previsione e programmazione degli altri Paesi) sono stati costruiti su previsioni rivelatesi errate, a cominciare da quando, nel giugno del 2001, si puntò su una forte ripresa nel 2002, poi travolta dagli attentati dell’11 settembre, fino al Dpef del 2006 che ha significativamente sottostimato la ripresa in corso. Il quadro laboriosamente tracciato per arrivare puntualmente alla scadenza di fine giugno viene quindi spesso sconvolto e reso inutile dal carattere non assestato della congiuntura internazionale. Precisamente l’instabilità internazionale rende vano il carattere programmatorio del documento che forse andrebbe sostituito con una sorta di «dichiarazione di intenzioni» o di «linee guida» e con l’indicazione, più realistica, di priorità e di alternative da seguire nella mutevolezza della situazione corrente.
A queste difficoltà strutturali, il 2007 aggiunge l’insolita presenza del cosiddetto «tesoretto», derivante dalla sottostima della crescita e del gettito fiscale nel Dpef precedente. L’imprevista intensità della crescita europea e mondiale ha spinto all’insù, ben oltre le previsioni, anche la crescita italiana e quest’effetto internazionale, combinato con una politica fiscale più severa di quella del governo precedente, ha dato vita non già a un avanzo - come si sarebbe portati a credere - bensì a un minor disavanzo. Il dibattito su come spendere il «tesoretto», che ha assorbito quasi tutte le energie che i partiti e le parti sociali hanno dedicato alla politica economica, è in realtà un dibattito su come riportare il disavanzo alla quota prevista e concordata a livello europeo; si tratta sempre di spendere qualcosa che non si ha.
In questo dibattito si è tranquillamente ipotizzato che le tendenze che hanno dato origine al «tesoretto» continuino nei prossimi anni e che quindi se ne possa disporre a piacimento con riduzioni fiscali e/o aumenti di spesa destinati a permanere nel tempo. Questa tranquillità è fuori posto: il «tesoretto» potrebbe essere una «una tantum», ossia un bonus irripetibile che una congiuntura mondiale capricciosa ha regalato a un’Italia di recente tartassata dalla malasorte. Non vi è alcuna garanzia che si ripresenti puntualmente nel 2008 o nel 2009. Alcuni, sia pur piccoli, segnali di stanchezza della congiuntura europea e americana, comparsi nelle ultime settimane, indurrebbero a una certa prudenza. Vi è invece il pericolo che a fronte di vantaggi temporanei si stabiliscano oneri permanenti che il bilancio pubblico faticherà poi a sopportare; questo pericolo è stato colto anche da varie organizzazioni internazionali, a cominciare dall’Unione Europea.
Nella migliore delle ipotesi, questo Dpef lascia invariato il quadro globale della finanza pubblica e dell’economia italiana. Non viene affrontato il problema principale della finanza pubblica italiana che è quello di ridurre la spesa, a cominciare dalle pensioni, e questo perché la spesa pubblica non può essere ridotta senza una riorganizzazione dell’amministrazione pubblica che è politicamente molto scomoda. Non si avverte, alle sue spalle, alcun grande disegno di cambiamento, alcuna vera progettualità; potrà rivelarsi, al massimo, l’opera di un diligente timoniere, costretto a navigare a vista, alla guida di un’imbarcazione vecchiotta e attempata, nella speranza che non arrivi nessuna tempesta.
mario-deaglio@unito.it
Il ministro dell’Economia si presenta davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato
"Non ci sarà la manovra di correzione, restituiremo soldi ai cittadini"
Padoa-Schioppa: "Finanziaria snella
Via agli sgravi fiscali sulla casa" *
ROMA - "Per la Finanziaria siamo ben lontani dalla completezza della predisposizione dei testi. Ci sono scelte di priorità politica che si compiono solo alla fine". Il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, in un’audizione alla Camera, prende tempo e si limita a parlare di una legge "snella nelle cifre e nelle norme". Si articolerà in 9 punti, rivela il ministro, "arresterà la crescita della pressione fiscale", "semplificherà il sistema delle imposte" e "inizierà a restituire le risorse ai contribuenti". Poi le cifre: "Se l’anno scorso la manovra è stata di 35 miliardi quest’anno sarà un terzo o un quarto di quella cifra" dice Padoa Schioppa. In pratica tra gli 8 e gli 12 miliardi. Ed ancora: "Ci sono 7 miliardi aggiuntivi, composti di maggiori entrate e di minori spese. Queste risorse rappresentano un sovrappiu’ di cui possiamo disporre’’.
Infine un annuncio atteso: "Ci saranno riduzioni fiscali sulla casa". Il titolare dell’Economia, invece, nega la necessità di una manovra di correzione ai fini del rapporto deficit/pil: "Faremo meglio degli impegni presi in sede europea, si tratta di un risultato straordinario".
Le cifre. Sale lievemente la stima sul debito per il 2008. Il prossimo anno il debito sarà al 103,5% del pil, contro il 103,2% previsto nel dpef di luglio. Per il 2007 si conferma la previsione di 105,1%. Negli anni a seguire proseguirà la riduzione del debito che nel 2009 è previsto attestarsi al 101,5% e nel 2010 scendere sotto la soglia del 100% del pil (esattamente al 99,4%, per ridursi ancora nel 2011 al 96,9%). Per quanto riguarda il rapporto deficit/pil, Padoa-Schioppa conferma i dati del dpef: 2,5% per l’anno in corso e 2,2% per il 2008. L’azzeramento del disavanzo si conferma nel 2011.
Pil. "Le stime del Pil per il 2007 e il 2008 erano rispettivamente al 2% e all’1,9%. Può darsi che quest’anno si resti sotto al 2% e sappiamo già che il Fmi per il 2008 si orienta sull’1,6% e Confindustria sull’1,3%. La nostra previsione sarà probabilmente intermedia fra queste due" spiega Padoa-Schioppa.
Crisi mutui. Il ministro ostenta tranquillità e non prevede ricadute significative sulla nostra economia. "Un impatto diretto della crisi dei mutui americani sul’economia italiana è molto improbabile, se non forse da escludere, anche se sono probabili effetti indiretti per la riduzione della crescita usa e del resto d’europa dove la crisi colpisce".
Welfare. Il protocollo sul welfare finirà in un collegato alla finanziaria. Un’ipotesi già circolata che il ministro conferma. Insieme al ddl finanziaria per il 2008 sarà varato un collegato su lavoro e previdenza e un decreto legge che agirà sui conti 2007 ed eventualmente altri collegati".
Avanzo primario. L’avanzo primario nel 2008 si attesterà a quota 2,6%, annuncia Padoa-Schioppa. Ricordando che nel 2007 l’avanzo primario è stimato al 2,4% del Pil.
Emendamenti. Per la legge finanziaria di quest’anno ’’il governo si impegnera’ a seguire una pratica diversa per cui gli emendamenti saranno presentati in una volta sola’’. Padoa-Schioppa annuncia un nuovo corso per eviare che si ripeta quello accaduto lo scorso anno quando "il governo stesso ha complicato la vita con la presentazione di emendamenti a ondate abbondanti e successive’’.
Evasione fiscale e spese dei ministeri. Rilancia la lotta all’evasione e "bacchetta" i ministeri. Per Padoa Schioppa bisogna "stabilizzare e ridurre la pressione fiscale". Per far questo bisogna, fra l’altro, "estirpare il fenomeno dell’evasione" dice il titolare dell’Economia. Che non perde occasione per sottolineare com i vari ministeri abbiano presentato all’Economia richieste di spesa complessiva di 20 miliardi a fronte di compensazioni per solo 5 miliardi. ’’Per ogni euro compensato - dice il ministro - ce ne sono 4 di richieste nuove. La percezione dei vincoli di bilancio non e’ alto nelle nostre amministrazioni’’.
La lite con Tremonti. Battibecco tra il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa e l’ex ministro Giulio Tremonti. Durante l’audizione Tremonti ha attaccato l’operato del governo: "Il vostro comportamento è assolutamente irresponsabile, se non infantile".Poi Tremonti ha dovuto lasciare la riunione per andare a presiedere la seduta in aula. Così quando il ministro Padoa-Schioppa ha potuto replicare ha detto: "A Tremonti non rispondo; non penso sia interessato ad ascoltarmi". Replica di Tremonti: "Per il governo sembrano buone tutte le scuse per non rispondere".
* la Repubblica, 25 settembre 2007.
La prossima settimana dovrebbe arrivare anche il via libera di Montecitorio
Turigliatto ha confermato il suo no: "E’ un programma liberista"
Dpef, sì del Senato con 159 voti
"Famiglie, casa e meno tasse"
Saldo netto ’massimo’ da 24 miliardi. Lotta all’evasione e riduzione del prelievo fiscale
Taglio dell’Ici, ridimensionamento del lavoro flessibile e interventi a favore delle famiglie *
ROMA - Il Senato ha approvato la risoluzione della maggioranza sul Dpef. I sì sono stati 159, i no 147, un solo astenuto. Oltre a quella della maggioranza, erano state presentate altre due risoluzioni, quella a firma Forza Italia, Alleanza Nazionale, Udc e Dc per le Autonomie, e quella della Lega, che non sono state messe ai voti perché decadute dopo l’approvazione di quella della maggioranza. L’Aula del Senato ha pertanto terminato l’esame del Dpef. "Sono molto soddisfatta, perché è una bella prova a distanza di un anno dall’inizio della legislatura", ha commentato il presidente dei senatori dell’Ulivo Anna Finocchiaro.
Il Documento, questa volta, non è stato esaminato in contemporanea con la Camera dei Deputati che quest’anno è rimasta indietro per terminare l’esame del decreto legge sulla destinazione dell’extragettito. Il via libera di Montecitorio, comunque, arriverà la prossima settimana con l’approvazione di una risoluzione della maggioranza che, nei contenuti, dovrebbe essere sostanzialmente simile a quella presentata a Palazzo Madama.
Saldo netto 2008 a 24 miliardi. Secondo la risoluzione approvata, è di 24 miliardi di euro il "limite massimo" del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato per il 2008. La maggioranza impegna inoltre il governo a fissare il saldo netto da finanziare per gli "anni successivi" al 2008 "in una misura inferiore a quella del primo anno, lungo un percorso di avvicinamento agli obiettivi programmatici di un saldo netto da finanziare a 21,5 miliardi per il 2009 e 18 miliardi per il 2010".
Per il disavanzo percorso graduale. Niente poi manovra correttiva e un percorso "più graduale" di quello prospettato dall’Unione Europea per ridurre il disavanzo. Ok al traguardo del pareggio di bilancio nel 2011 ma senza aumentare la pressione fiscale, sottolinea la maggioranza, che anzi dovrà essere abbattuta utilizzando le "eventuali maggiori entrate derivanti dall’evasione fiscale".
Impegno su riduzione costi politica. I senatori alzano inoltre il tiro sui costi della politica e impegnano il governo a mettere in campo misure tali da ricavare "risparmi a regime per almeno 2 miliardi di euro".
Interventi per ridurre lavoro flessibile. Nel documento vengono poi tracciate le linee dei principali interventi, a cominciare da welfare e fisco. Sottolineata la necessità di ridurre "le forme di lavoro flessibile che non possono costare meno di quello stabile, e le forme di contratto a termine. Tutte queste tipologie contrattuali non devono superare una soglia dell’occupazione complessiva dell’impresa".
Lotta all’evasione, aliquota al 20%. Per quanto riguarda il fisco la risoluzione impegna il governo a proseguire la lotta all’evasione, destinando le maggiori entrate "alla progressiva riduzione del prelievo tributario a carico delle famiglie", a completare con la prossima Finanziaria la riforma delle rendite prevedendo l’omogeneizzazione del prelievo con un’aliquota unica al 20%.
Taglio dell’Ici. La risoluzione impegna inoltre "a ridurre il carico fiscale sulla casa attraverso una revisione della normativa sull’Ici che aumenti il grado di autonomia degli enti locali, l’adozione di un sistema di tassazione separata per i redditi da locazione e il riconoscimento di detrazioni fiscali per i canoni di locazione".
Piano per la famiglia. Il documento della maggioranza include inoltre un "piano nazionale della famiglia orientato a sostenere economicamente le famiglie con figli anche in funzione di un incentivo alla partecipazione delle donne al lavoro e a rimuovere i fattori che frenano l’autonomia dei giovani". Previsto inoltre un preciso impegno a favore dell’applicazione del Protocollo di Kyoto.
Rossi vota sì, Turigliatto no. Dei due senatori "ribelli" della sinistra comunista, Fernando Rossi (ex Pdci) ha annunciato il suo voto a favore del Dpef: "Io oggi il Dpef lo voto anche se c’è un dissenso di fondo, ma colgo gli obiettivi del non aumento delle tasse e capisco anche, pur non condividendola, l’esigenza di tenere al 2,5% il rapporto tra Pil e disavanzo". Mentre Franco Turigliatto di Sinistra Critica ha rilevato che "si tratta di un programma liberista e persino da grande potenza militare che respingo e non voto".
"Smentite le profezie di crisi". Il presidente dei senatori dell’Ulivo Anna Finocchiaro ha stigmatizzato, a votazione conclusa, gli esponenti dell’opposizione che "gridano al lupo al lupo". "Il senatore Calderoli alla fine si ridurrà come quello che gridava ’al lupo, al lupo...’. E non verrà più preso sul serio, a causa di questo continuo giocare, in chiave provocatoria, anche su temi particolarmente importanti", ha osservato Finocchiaro. "Il voto favorevole del Senato sul Dpef smentisce ancora una volta le profezie di crisi avanzate nei giorni scorsi dalla Cdl - ha ribadito il coordinatore della Margherita Antonello Soro - Il governo Prodi, in un contesto politico e parlamentare segnato da difficoltà oggettive senza precedenti, mette a segno un altro risultato positivo".
* la Repubblica, 26 luglio 2007
I numeri del Dpef illustrati alla riunione Ecofin dei ministri economici dei 27
Pensioni e spesa pubblica sono le principali preoccupazioni europee
Dpef, Padoa-Schioppa a Bruxelles: "Ue comprensiva e preoccupata"
Il ministro: "Non ci sarà manovra bis ma copertura di spese"
Il Commissario Ue Joaquin Almunia parla di "anomalie italiane" *
BRUXELLES - "Comprensione e preoccupazione": questi i sentimenti che, secondo il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, l’Europa nutre oggi nei confronti dell’Italia alla luce dei numeri contenuti nel Dpef che lo stesso ministro ha illustrato ai suoi colleghi europei oggi.
Il ministro ha detto di condividere le preoccupazioni di Bruxelles per quanto riguarda le ulteriori spese indicate nel Documento di programmazione economica e finanziaria per le quali al momento non è stata ancora indicata la necessaria copertura. Ha poi spiegato che le altre fonti dei timori espressi dai colleghi europei risiedono nel sistema pensionistico e nel fatto che non tutto il miglioramento strutturale aggiuntivo dovuto alla maggiore crescita venga destinato al miglioramento dei conti pubblici. Spesa pubblica e pensioni, quindi, le due preoccupazioni principali della Ue.
D’altro canto il ministro ha anche ricordato che i colleghi europei hanno riconosciuto che il Dpef è in linea con le indicazioni da lui stesso fornite lo scorso aprile a Berlino in occasione della riunione informale dei ministri delle Finanze Ue.
Le preoccupazioni di Bruxelles - Tre le preoccupazioni dell’Ecofin sui conti italiani. La prima riguarda l’utilizzo dell’extragettito: "Il fatto che -ha detto Padoa Schioppa - un’economia come la nostra non faccia affluire per intero al risanamento dei conti tutto il miglioramento aggiuntivo è uno dei timori sollevati durante la riunione". La seconda preoccupazione, ha aggiunto, riguarda "possibili spese ulteriori rispetto al tendenziale" menzionate nel Dpef. Su questo aspetto Bruxelles "è molto preoccupata" ha spiegato il titolare del Tesoro, riferendo che l’Ue solleva degli interrogativi su "come verranno finanziate queste spese e se andranno a peggiorare il disavanzo". Secondo il ministro è chiaro che "o troviamo una copertura o non entrano in Finanziaria".
La terza preoccupazione riguarda il sistema pensionistico. Padoa Schioppa ha spiegato che l’obiettivo di un deficit al 2,5% nel 2007 e al 2,2% nel 2008, prefigurati nel Dpef "non è stato rimesso in discussioni da Almunia, ma è stato sottolineato che è meno ambizioso rispetto all’intesa di Berlino".
"No manovra bis ma copertura spese" - Padoa Schioppa cerca di tranquillizzare: "Per rispettare gli obiettivi di finanza pubblica contenuti nel Dpef non servono manovre correttive ma occorre trovare la copertura finanziaria per le spese aggiuntive che ancora non la hanno".
Almunia parla di "anomalie italiane" - E’ pesante il giudizio del Commissario Ue all’economia Joaquin Almunia sui conti e sulle scelte finanziarie ed economiche del governo italiano. "Le anomalie italiane in tema di pensioni vanno affrontate" è il richiamo che del Commissario Ue durante la discussione in Ecofin sul Dpef. Padoa Schioppa ha riferito che Almunia ha ddenunciato soprattutto "le differenze con gli altri Paesi europei per quanto riguarda l’età delle pensioni di anzianità e la differenza fra gli uomini e le donne. Sono queste le anomalie italiane che vanno affrontate".
* la Repubblica, 10 luglio 2007
Scuola
Con l’approvazione del DPEF 2008-2011 il Governo, in previsione della Finanziaria 2008, ha definito il programma di interventi che intende realizzare sulla scuola. Intesa sulla conoscenza e DPEF devono diventare le basi per una Finanziaria che decide di investire sulla scuola e sul sapere 30/06/2007
Scuola: gli impegni del Governo nel DPEF 2008-2011 Con l’approvazione del DPEF 2008-2011, da parte del Consiglio dei Ministri, avvenuta il 28 giugno 2007, sono stati definiti gli impegni che, a partire dalla finanziaria 2008, caratterizzeranno l’azione nella legislatura del Governo sulla scuola in attuazione dei contenuti dell’”Intesa per un’azione pubblica a sostegno della conoscenza” sottoscritta tra Sindacati e Governo nei giorni scorsi.
Il DPEF sulla scuola (parte II, V .9) riprende gli aspetti più critici della situazione in cui versa il nostro sistema scolastico, ne delinea i limiti e i diversi punti critici in rapporto alla Strategia di Lisbona e all’Europa, riassume gli interventi da realizzare per la fine legislatura in attuazione di quanto previsto dall’Intesa sulla Conoscenza sottoscritta tra Governo e Sindacati nei giorni scorsi.
Le parti fondamentali possono essere così sintetizzate:
I punti di crisi del nostro sistema scolastico rispetto alla strategia di Lisbona e alla situazione europea; le possibilità di recupero in relazione ai processi avviati: autonomia, INVALSI, valorizzazione dell’istruzione tecnica e professionale, piano straordinario per l’istruzione nel
SUD.
Lo scarto e i dislivelli esistenti del nostro sistema scolastico tra Nord, Centro e Sud in rapporto ai livelli di apprendimento e delle competenze degli studenti. L’urgenza di un intervento che definisca un sistema di valutazione adeguato, e un sistema di valorizzazione professionale del ruolo degli insegnanti.
Superare gli ostacoli organizzativi del sistema scolastico che inducono i maggiori costi: programmazione di medio e lungo termine dei fabbisogni territoriali di personale in rapporto al sistema di reclutamento, natalità e migrazioni, riduzione dei tassi di abbandono, innalzamento dell’obbligo, metodi di formazione delle classi.
Ripensare la spesa pubblica ponendo la questione centrale della valorizzazione del lavoro del personale della scuola: innovare il sistema di reclutamento e la formazione iniziale, la formazione permanente come elemento centrale della valorizzazione delle professionalità. Ridefinire con il prossimo rinnovo gli aspetti che rispondano alla domanda di riconoscimento del ruolo sociale degli insegnanti e di valorizzazione professionale di tutto il personale della scuola.
Il ministro dell’Economia risponde alle domande degli spettatori "Condivido le preoccupazioni di Almunia, il giudizio del Fondo va approfondito" Padoa-Schioppa a Repubblica Tv "Il Dpef continua il risanamento"
Sulle pensioni: "E’ possibile l’accordo prima dell’estate" *
ROMA - "Sul piano del rinamento il Dpef nel 2007 realizza un obiettivo ambizioso e continua il risanamento nel 2008. Nei tre anni 2006-2008 il migioramento strutturale rispetta gli impegni presi con Bruxelles. Prevediamo di chiudere il 2007 meglio di come Bruxelles ci chiede di fare".
Cosi il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa ospite di Repubbblica.tv. "Si poteva fare di più certo - ammette Padoa-Schioppa - ma io sono convinto di quello che ha deciso il governo. Certo, se si metteva il pareggio di bilancio in cima e allora il cammino sarebbe stato più veloce".
L’Unione europea e il Dpef. Quanto alle critiche arrivate dalle istituzioni internazionali al Dpef, il ministro ha negato la bocciatura. "Intanto, né la Commissione né il Fondo monetario hanno scritto i titoli dei giornali. Penso che le preoccupazioni che esprime Almunia sono da condividere. Ma c’è un esplicito apprezzamento con le agenzie per il miglioramento strutturale dei conti che è stato fatto nella precendete finanziaria che continua in questo Dpfe. Almunia avrebbe preferito un cammino più rapido. Anche io avrei preferito un cammino più rapido".
Le spese per il futuro. Evasione fiscale e debito ostacolano ancora le spese per le nuove generazioni "Spendiamo circa 5 punti del nostro Pil per pagare il debito, ne spendiamo 7 punti per l’evasione fiscale, 2 in più del Pil per le pensioni, 14 punti del Pil per cose che non esistono in altri Paesi. Naturalmente queste sono risorse che in altre nazioni sono destinate per altri fini. Ed è per questo che in altri paesi la spesa per ricerca per Pil è più alto, così come le infrstrutture, per gli ammortizzatori".
Accordo sulle pensioni. Sulla trattativa sulla riforma della previdenza, Padoa-Schioppa si è detto ottimista e ha affermato che è possibile che si raggiunga un accordo prima della pausa estiva.
L’importanza dei sindacati. "I sindacati hanno un ruolo fondamentale da svolgere - ha spiegato Padoa-Schioppa - io non ho mai detto che la rimessa in situazione di maggiore crescita, richiada il declino del peso del sindacato. Basti pensare che nei paesi del Nord Europa il cambiamento è stato condotto addirittura dal sindacato".
Flessibilità e precarietà. A un lettore "precario" che chiedeva al ministro se in futuro sarà possibile avere un lavoro più stabile, il ministro ha risposto che il governo sta cercando di introdurre strumenti di maggiore sostegno destinati ai lavoratori precari. "Io penso - ha detto il ministro - sia fondamentale la distinzione tra precarietà e flessibilità. Nell’arco di una vita è molto più raro il caso in cui si comincia un lavoro a venti anni e ci si rimane per tutta la vita. La flessibilità vuol dire anche che tra un periodo e l’altro ci sia un periodo di non lavoro. La precarietà è la situazione di disagio in cui ci si trova se la collettività non prepara strumenti di supporto per chi capita in questi momenti. Noi siamo molto poveri di strumenti che assistono il lavoro flessibile. Dobbiamo riuscire a mettere in campi più strumenti. Abbiamo iniziato, ma dobbiamo fare ancora di più".
* la Repubblica, 4 luglio 2007
I nuovi ammonimenti della Commissione nel Rapporto trimestrale dell’area dell’euro
Nel mirino sei Paesi, Francia, Grecia, Slovenia, Austria, Germania, Italia
Ue e Fondo monetario contro il Dpef
"Deficit giù o si è contro il Patto"
L’Fmi: "Il documento non in linea con le raccomandazioni del Board" *
BRUXELLES - A una settimana dalla riunione dell’eurogruppo, la Commissione Europea lancia un nuovo allarme diretto innanzitutto ai Paesi che non stanno riducendo il deficit strutturale di almeno lo 0,5% del Pil ogni anno: Francia, Grecia, Slovenia, Austria, Germania, Italia. "Ci sono Stati membri che non hanno ancora raggiunto il loro obiettivo di medio termine e che non stanno perseguendo un aggiustamento strutturale annuale pari almeno allo 0,5% del Pil. Questo va contro lo spirito e la lettera del Patto Ue", si legge nel Rapporto trimestrale dell’area dell’euro messo a punto dalla Commissione.
Da Washington una portavoce del Fmi ribadisce gli stessi concetti. Il Fondo monetario internazionale ritiene che il Dpef "non è in linea" con le raccomandazioni del Board e non risponde a "quello di cui l’Italia ha bisogno". Il "tesoretto", raccomanda il Fondo, deve servire a "risanare il deficit di bilancio".
"Il tentativo di consolidamento fiscale abbozzato nel nuovo Documento -continua- non è all’altezza dei bisogni dell’Italia non solo di migliorare lo stato dei conti pubblici ma anche di centrare gli obiettivi di governo in termini di crescita e di giustizia sociale. Nonostante alcune riforme positive sul processo di budget, la linea politica scelta non è in linea con i consigli del board".
E anche l’esecutivo Ue, riferendosi in particolare all’Italia, torna a criticare il Dpef: "L’Italia progetta di raggiungere nel 2007 il miglioramento previsto del suo bilancio strutturale, anche se nel contesto del nuovo documento di programmazione messo a punto dal governo è emerso un quadro meno favorevole per gli sviluppi delle finanze pubbliche".
Il documento non è firmato Joaquin Almunia, cioè il commissario spagnolo, bensì Klaus Regling, il direttore generale. E’ un documento tecnico, ma riflette perfettamente le opinioni che Almunia esprimerà di fronte ai ministri dell’Eurozona (e al presidente francese Sarkozy) lunedì prossimo a Bruxelles.
* la Repubblica, 3 luglio 2007
ANSA» 2007-07-02 12:59
OBIETTIVI DEL MILLENNIO: "BENE IL DPEF"
ROMA - La Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi del millennio giudica positivamente il Dpef approvato dal Consiglio dei ministri: l’Italia, commentano, sembra determinata a recuperare la propria credibilità internazionale, ponendo la cooperazione tra gli elementi fondamentali della programmazione del governo.
Con l’aumento del 50% chiesto e ottenuto dal viceministro degli esteri Patrizia Sentinelli per tutte le risorse destinate all’aiuto pubblico allo sviluppo, secondo la coordinatrice della Campagna in Italia Silvia Francescon, "la voce dell’opinione pubblica e della società civile italiana sembra essere stata finalmente ascoltata".
Se l’impegno sarà rispettato, sottolinea, ciò porterebbe l’Italia a raggiungere nel 2008, anche se con due anni di ritardo, lo 0,33% dell’aiuto allo sviluppo. Ma ancor più importante di questo, secondo Francescon, è il fatto che il governo "abbia riconosciuto di definire esplicitamente e di quantificare il progressivo aumento delle risorse destinate all’aiuto allo sviluppo". "Ora - conclude - ci aspettiamo che i fatti e le prossime decisioni del governo, a partire dalla prossima Finanziaria, non solo confermino quanto scritto nel Dpef ma definiscano con maggiore chiarezza la destinazione e l’uso dei fondi erogati".
Dall’Arci a don Ciotti un appello al governo: «Il Dpef risponda al disagio sociale» ***
A distanza di un anno dalla nascita del governo dell’Unione si registrano nel paese forti segnali di scollamento tra società civile e istituzioni. Il sistema politico-istituzionale appare bloccato e fatica a dare risposte ai soggetti più deboli e svantaggiati.
Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat restano inalterate disuguaglianze sociali e territoriali, asimmetrie di genere nella produzione e nel lavoro domestico e di cura, fra le più aspre in Europa. Dieci milioni di cittadini sono al di sotto o lambiscono i limiti della soglia di povertà. Un numero crescente di famiglie fa i conti con la precarietà del lavoro, col problema della casa, con la difficoltà di condurre una vita dignitosa e di prospettare un futuro migliore per i figli.
La precarietà delle condizioni di vita di tante persone genera un diffuso senso di insicurezza che diviene terreno fertile per l’egoismo sociale, la chiusura corporativa, la contrapposizione dei bisogni dei singoli all’interesse generale. Si alimentano ansie e rancori, fobie collettive. In assenza di risposte efficaci, le forze conservatrici strumentalizzano l’emergenza sociale con la politica della paura, inventano nemici su cui scaricare le tensioni, preferibilmente stranieri, emarginati, i soggetti più deboli.
Ma in questo clima sta scivolando sempre più anche tanta parte dell’opinione pubblica democratica, in balia di media che offrono narrazioni distorte e fuorvianti del disagio amplificando l’inquietudine per fornire scorciatoie e capri espiatori.
Appare evidente l’alternativa: da una parte un’idea residuale delle politiche sociali che dirotta sempre maggiori risorse verso strumenti coercitivi degli esclusi per garantire sicurezza agli inclusi; dall’altra un welfare universalistico, capace di andare oltre il modello novecentesco. Una politica che guardi al futuro non può che assumere come priorità l’emergenza sociale e porsi l’obbiettivo di rafforzare il welfare.
Il welfare può divenire un’alternativa di civiltà se è motore di una nuova idea di sviluppo fondato sulla qualità sociale, la dignità e i diritti delle persone, se guarda al principio dell’uguaglianza. Se dà voce alle persone, alimenta relazioni e legami sociali, investe nella ricostruzione dello spazio pubblico. Se la rete di servizi accompagna e sostiene i percorsi di liberazione delle donne, la rielaborazione di ruoli e identità dei generi.
Un nuovo Welfare, capace di impegnare risorse economiche ma anche umane, saperi e pratiche diffuse, energie non riconducibili a semplici capitoli di bilancio, sarà anche capace di orientare lo sviluppo ed affermare nel senso comune del Paese una nuova idea di benessere sottratta alle leggi del mercato.
Il rilancio del Welfare non può venir dopo la ripresa economica e il risanamento del debito pubblico, né può costruirsi in un contesto sociale ulteriormente deteriorato e disgregato da scelte che, sul terreno previdenziale e dei diritti del lavoro, non rispettino il programma con cui l’Unione si è presentata ai cittadini.
In Italia rilanciare il Welfare significa innanzitutto finanziarlo. Il fondo per le politiche sociali deve poter disporre di una quota di spesa pro capite almeno adeguata alle medie Ue. E’ necessario sbloccare il processo riformatore avviato nel 2000 con la Legge 328 e mortificato negli anni successivi dall’applicazione che ne ha fatto il governo delle destre. Vanno definiti i livelli essenziali di assistenza (liveas) attraverso una ricognizione dei servizi attuali e dei bisogni sociali inevasi. Un primo organico intervento sulla non autosufficienza non può essere il punto d’approdo, bensì l’indispensabile base di partenza di un processo che guardi alla piena affermazione dei diritti.
Parallelamente ai liveas va immediatamente mandato a regime il Sistema Informativo Sociale, così come vanno definiti requisiti, profili e percorsi formativi delle professioni sociali al fine di qualificarle e proiettarle verso un mondo del lavoro più dignitoso e meno precario. La proposta di avviare il percorso per un Bilancio Sociale del paese va sostenuta proprio per costruire gli strumenti che consentano una lettura sempre più attenta e rigorosa dei bisogni e una verifica costante dell’efficacia della spesa sociale.
Il decentramento territoriale deve salvaguardare l’unità e la coerenza del sistema nazionale per evitare il rischio di sperequazioni fra una parte e l’altra del paese. La questione del fondo indistinto e dei poteri trasferiti alle regioni in virtù della riforma del titolo V potrebbe essere affrontata adottando il «metodo di coordinamento aperto» sperimentato su scala europea dopo Lisbona.
Infine, un sistema di protezione sociale forte ed efficace non avrà futuro se non si riesce a contrastare la precarietà diffusa non solo nel lavoro, a garantire i diritti sociali e civili per i migranti, ad affermare il diritto all’abitare dando rapida attuazione alla svolta promessa dalle positive conclusioni del tavolo di concertazione sulle politiche abitative. Così come non può subire ulteriori dilazioni l’esigenza di cancellare i peggiori provvedimenti attuati dalla destra in tema di istruzione o di droghe.
Su questi temi il processo riformatore disegnato dal programma dell’Unione deve procedere con maggior determinazione se non si vuole aggravare la distanza tra le fasce più deboli della società e le risposte della politica. Vanno dati segnali immediati di discontinuità, a cominciare dalla destinazione alla spesa sociale della parte più consistente dell’extra gettito fiscale e dalle scelte di prospettiva da assumere col Dpef.
*** Lucio Babolin, Cnca; Paolo Beni, Arci; Marco Bersani, Attac; Luigi Ciotti, Libera; Sergio D’Angelo, Consorzio Drom; Tonio Dell’Olio, Libera; Sergio Giovagnoli, Arci; Patrizio Gonnella, Antigone; Alfio Luchini, Federserd; Michele Mangano, Auser; Giulio Marcon, Lunaria; Fabrizio Nizzi, Action; Giampiero Rasimelli; Annamaria Rivera; Gigi Sullo, Carta; Enrico Pugliese, Università Federico II di Napoli ; Maria Grazia Dente, Movi.