Politica e civiltà

Sulla cultura e lo spettacolo: appello ad Agazio Loiero e Mario Oliverio perché si rivolgano a menti aperte e ricche

lunedì 30 maggio 2005.
 

Si può fare qualcosa per il territorio, la Sila, la città di Gioacchino? Sì, certo, figurati, a patto che se ne impossessi quell’ente, sopraordinato, subordinato o ordinato, che deve ben figurare, sin da ora, per ogni campagna elettorale futura. L’obiettivo è vincere e dividere, rimuovere quelli del potere precedente e assicurare seggiole, stanze e segretarie a quegli altri, gli amici e gli amici degli amici. E, per raggiungerlo, il traguardo, si deve essere presenzialisti, titolari, visibili, assolutamente visibili. Bisogna poter dire che quel particolare evento è frutto (o frutta) del politico Mangiaebevi, dell’assessore, del consigliere consulente e vai, sulla via di Gerusalemme, verso la città santa. Speravamo che con la schiacciante vittoria della sinistra - pure noi che di sinistra non siamo e che ci collochiamo nell’area cattolica pura, quella paolina della carità di base - si giungesse finalmente, dopo decenni di governi regionali e provinciali di sinistra (?), a coinvolgere il popolo, quello al quale si chiedono le firmette per i referendum e i voti per una regolamentazione più progressista di varie, complesse e delicate materie. Speravamo che, buono ora il tempo, lo si facesse via onlus, attraverso i gruppi di fatto, le associazioni d’altra categoria giuridica. Speravamo, insomma, dunque, che si riconoscesse il lavoro fatto, che so, ad esempio, da Emigrati.it, l’associazione internet degli emigrati italiani, debitamente registrata attraverso il notaio, presieduta e timonata dall’instancabile Saverio Alessio, intellettuale scomodo quanto geniale. Il mio è, nel caso, un mero esempio. Intendo dire ciò: pensavo che adesso, cambiate nel globo ricco le dinamiche e metodologie di governo, i politici nostrani, calabresi, guardassero un pochino al vasto panorama culturale e politico nella società civile. Invece, no. Perché il no, qui, è ontologico, oltre che mafioso. E non mi stancherò di dirlo o segnalarlo attraverso i canali disponibili, benché si pensi a una mia patologia d’analisi conclamata. Qui, la questione è che si deve cambiare aria. E non serve professarlo a parole. Non è l’intellettuale che deve aspettare il politico e cercarlo, per dargli le sue conoscenze e il suo saper fare al fine di una efficace propaganda elettorale (permanente). Cari Loiero e Oliverio, ancora a voi mi rivolgo, per l’ennesima volta, perché conduciate una campagna politica per formare, nei vostri ambienti d’azione, un nuovo atteggiamento valutativo e operativo. Bisogna che il politico cerchi e valorizzi quell’intellettuale che ha molto da dire - e fare - in questa terra, per questa nostra terra. Non si può più accettare che tutto sia già confezionato, nella cultura e nello spettacolo, e che i soldi pubblici vengano spesi senza criteri ed escludendo dalla progettazione menti attive, coraggiose e aperte. Attendo risposta concreta.

Emiliano Morrone


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