[...] Prodi ha detto: "Esistono gli estremismi e i fanatismi. Civiltà e religioni sono fatte per dialogare,per confrontarsi, per arricchirsi reciprocamente". Il presidente del Consiglio ha aggiunto che "possiamo promuovere questo rapporto costruendo nuove politiche di vicinato con i Paesi della Riva Sud del Mediterraneo, puntando a fare di questo mare il bacino della pace edella convivenza armonica tra le diverse civiltà".
Sul dossier nucleare iraniano, l’Italia - ha spiegato Prodi alla platea dell’Assemblea generale - è pronta a dare il suo "contributo per una soluzione negoziata che sia in grado di promuovere sicurezza e stabilità regionale" [...]
PRODI: SERVE IL RILANCIO DEL MULTILATERALISMO
(www.ansa.it, 20.09.2006)
NEW YORK - Affinché l’Onu e la comunità internazionale possano affrontare le sfide del nuovo millennio occorre un "forte rilancio del multilateralismo". Lo ha affermato il presidente del Consiglio Romano Prodi nel suo intervento alle Nazioni Unite, dove ha anche sottolineato l’importanza di "ridare centralità all’Onu ed al suo ruolo fondamentale.
Nessun paese per quanto forte e potente può affrontare da solo le sfide complesse del nuovo millennio perché "le minacce globali richiedono risposte globali". E per questo servono "partnership collettive" e "un’azione corale" da parte dei paesi del nord e del sud del mondo. Questi alcuni dei passaggi dell’intervento del presidente del Consiglio Romano Prodi al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite.
"Non ci potrà essere pace in Medio Oriente finché non sarà risolta la questione palestinese", ha detto il presidente del Consiglio italiano. Prodi ha indicato la soluzione in "uno Stato palestinese indipendente, sovrano, vitale e contiguo, accanto a quellodi Israele, entrambi entro confini sicuri e internazionalmente riconosciuti". Il presidente del Consiglio ha aggiunto che "occorre sapere cogliere le opportunità e i segnali di apertura che stanno giungendo".
Il premier italiano afferma di rifiutarsi di "pensare che esista uno scontro di civiltà e di religione tra mondo cristiano e mondo islamico"
Evocando "un altro pericoloso divario" che accanto a quello tra Nord e Sud "rischia di creare una profonda lacerazione nel Mondo", Prodi ha detto: "Esistono gli estremismi e i fanatismi. Civiltà e religioni sono fatte per dialogare,per confrontarsi, per arricchirsi reciprocamente". Il presidente del Consiglio ha aggiunto che "possiamo promuovere questo rapporto costruendo nuove politiche di vicinato con i Paesi della Riva Sud del Mediterraneo, puntando a fare di questo mare il bacino della pace edella convivenza armonica tra le diverse civiltà".
Sul dossier nucleare iraniano, l’Italia - ha spiegato Prodi alla platea dell’Assemblea generale - è pronta a dare il suo "contributo per una soluzione negoziata che sia in grado di promuovere sicurezza e stabilità regionale".
Prodi ha invitato le Nazioni Unite al "rapido completamento della riforma per rendere l’Onu più efficace". Altra priorita’, aggiunge, e’ un sostegno forte e incondizionato dei propri membri".
Dal presidente del Consiglio italiano anche un invito a non dimenticare la regione del Darfur. "La situazione nel Darfur è gravissima: non possiamo restare a guardare, per il semplice fatto che non abbiamo più tempo". Prodi ha aggiunto: "E’ necessario agire in fretta e lavorare per una progressiva assunzione di responsabilità dell’Onu, conformemente alle deliberazioni del Consiglio di Sicurezza". Il passaggio sul Darfur è stato inserito nel richiamo più generale all’attenzione per l’Africa, dove "la situazione nel Corno d’Africa è anch’essa fonte di preoccupazione".
© Copyright ANSA Tutti i diritti riservati 2006-09-20 15:45
Ridare senso all’Onu Luigi Bonanate
La violenza espressa dall’impiccagione di Saddam Hussein ha ancora rafforzato nella maggior parte dell’opinione pubblica mondiale il rifiuto per questa barbara via d’uscita dalle difficoltà di gestione dei grandi sconfitti della storia. La stessa vicenda Pinochet lo ha mostrato, ancorché molti abbiano cercato di liberarsene, compiacendosi che il dittatore cileno abbia tolto il disturbo da solo, prima che una Corte dovesse ingiungerglielo. Ma comunque il problema rimane: non si uccidono così i dittatori, potremmo dire, o meglio: non è giustiziandoli che si eliminano i pericoli delle dittature.
È proprio in questo senso che va intepretata la mossa annunciata ieri dall’Italia al suo rientro nel Consiglio di sicurezza Onu. L’iniziativa italiana alle Nazioni Unite - affinché la sua proposta di moratoria mondiale sulla pena di morte (appoggiata anche dall’Unione europea) venga posta al centro degli impegni di questa istituzione - non soltanto costringerà gli oppositori (e cioé prima di tutti, gli Stati Uniti e la Cina) a dire la loro, a spiegarsi con argomenti non di comodo o di emergenza, ma arriva nel momento in cui due congiunture la rendono particolarmente opportuna: l’ingresso in carica del nuovo Segretario generale, il sud-coreano Ban Ki Moon, e il rientro dell’Italia nel Consiglio di sicurezza, anche se in posizione non permanente. Il nostro Paese ha una tradizione di attaccamento ideale all’Onu che merita (quale che sia il giudizio che ciascuno vuol dare sul funzionamento di questa istituzione) il massimo apprezzamento da parte dell’opinione pubblica e testimonia la volontà del governo di mantenere la proposta nel suo ambito: se tutti avessero lo stesso nostro atteggiamento, le decisioni dell’Onu avrebbero ben altro peso e rispetto nel mondo. Ricordiamo tutti bene, poi, che l’Italia è stata attivissima nei dibattiti sulla riforma della Carta dell’Onu, specie con riferimento alla composizione del Consiglio di sicurezza e dunque al peso da attribuire a determinate regioni o Paesi che nel corso di questo mezzo secolo hanno modificato la logica dei rapporti di forza internazionali. Questa iniziativa, che di per se stessa mirava (ma finora senza successo) a fare dell’Italia un membro permanente del Consiglio di sicurezza, ci dice, in primo luogo, che effettivamente partecipare serve, e poi che partecipare vuol dire proporre grandi temi su cui aprire dibattiti mondiali.
La moratoria è un buon modo per realizzare tutto ciò, ma maggiormente - vorrei dire - per indicare quella che sarebbe una vera riforma dell’Onu: rimettere la politica al primo posto, sollevare dibattiti internazionali sui valori e sulle grandi questioni comuni dell’umanità. E non perdere il tempo a discutere di armi di distruzione di massa, come gli Stati Uniti fecero scrivendo una pagina ignobile della storia di questa istituzione.
La vera riforma sarebbe insomma ridare all’Onu decoro e compiti davvero realistici. È un po’ lo stesso problema della riforma della Costituzione italiana di cui da anni si discute e che si ritocca a pezzettini: ma che cosa davvero è cambiato? In realtà molto meno di quello che la quantità di parole spese avrebbe comportato: la ragione ne è semplicemente che ciò che produce veri cambiamenti sono le decisioni pubbliche, il voto degli elettori; gli articoli di un testo fondamentale, poi, non fanno che fotografare l’esito di quel voto, e non possono né devono (per questo è scorretto imporre riforme dei sistemi elettorali subito prima delle elezioni) influirvi. Analogamente, più o oltre che la riforma della Carta dell’Onu (specie con riferimento al diritto di veto, naturalmente) il vero obiettivo mi pare quello di rimettere questa grande istituzione - che con la sua antenata Società delle Nazioni, è ormai in pista da quasi un secolo - al centro della vita politica internazionale.
Questa conclusione ci consente di tornare al nuovo Segretario che nel suo primo giorno di lavoro, tuttavia, non è stato felicissimo: sulla moratoria della pena di morte è stato davvero generico e banale senza prender direttamente posizione (come per non inimicarsi gli Stati Uniti e la Cina in un colpo solo!) limitandosi a un semplice auspicio, mentre il tema consente a uno spirito illuminato di ogni parte del mondo di svolgere argomenti di grande valore etico e destinati a raccogliere anche una quantità di elogi. In secondo luogo, se avessi avuto la possibilità di dargli, almeno oggi, un altro consiglio, gli avrei detto di evitare di esser tanto vago e ovvio come è stato nel dichiarare che i tre pilastri della sua azione futura saranno la sicurezza internazionale, lo sviluppo economico e la tutela dei diritti umani. Tre temi sacrosanti e importantissimi. Ma chi al mondo non li sottoscriverebbe, almeno a parole? Il nuovo Segretario non può non essere consapevole che la società internazionale è sotto lo shock del disastro iracheno: da qualsiasi parte lo si guardi, ormai questa è la valutazione unanime.
Questa triste esperienza ci sta dicendo, ogni giorno più forte, che la politica internazionale è la politica di tutti noi e non possiamo disinteressarcene, anche se è complessa e difficile. La politica deve tornare al primo posto, perché non esiste alcun problema al mondo che possa essere risolto meglio dalle armi e dalla violenza piuttosto che dal dibattito e dalla politica. Oggi tutti noi, statunitensi compresi, abbiamo bisogno di politica, di discussione, magari anche ideologicamente aspra, ma diretta e sincera, e non di bugie sui missili intercontinentali della Corea del Nord, sulle bombe atomiche iraniane, sulle armi di distruzione di massa irachene. Il nuovo Segretario a questo dovrebbe dedicarsi inizialmente: far uscire l’Onu dalla sindrome del (quasi) pronto soccorso militare estemporaneo, provvisorio (e purtroppo sovente inutile), a favore di iniziative incisive, frutto di impegno e di determinazione, condiviso dai più grandi Stati del mondo che, non dimentichiamolo, non possono più illudersi di governare il mondo senza consenso: se vogliono il nostro, se lo devono guadagnare.
* l’Unità, Pubblicato il: 03.01.07, Modificato il: 03.01.07 alle ore 11.05
Romano Prodi alle Nazioni Unite rilancia la strategia della pace
«Ci serve: una Ue e un Onu più forti»
«Il mondo e le Nazioni unite non hanno bisogno di un’Europa che esita, ma di un’Europa in grado di fare la propria parte nelle sfide che l’attendono». È questo uno dei passaggi clou del discorso pronunciato mercoledì dal presidente del Consiglio, Romano Prodi, davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.
Il premier, dopo aver ringraziato il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan per i dieci anni di direzione arrivati al traguardo, ha premesso che solo «attraverso un rafforzamento del ruolo dei suoi grandi azionisti regionali sarà possibile restituire all’Onu forza e credibilità». Quindi «in primo luogo» l’Unione europea, perché ha spiegato Prodi, «se l’Europa è più forte diventano più forti le Nazioni Unite». D’altro canto «l’Europa, per parte sua, deve divenire sempre più consapevole che solo contribuendo alla soluzione delle tensioni globali potrà dare maggiore sicurezza e benessere ai propri cittadini». In sostanza, secondo Romano Prodi, «solo se sarà in grado di influire più incisivamente sui temi della pace e della sicurezza, l’Unione europea potrà considerarsi attore globale». Se da un lato «le tragedie balcaniche agli inizi degli anni Novanta sono il risultato di un’Europa assente», dall’altro non c’è dubbio che «quando è unita l’Europa può fare la differenza e lo stiamo vedendo proprio nel caso della crisi libanese». Il presidente del Consiglio ha garantito che «l’Italia lavorerà in modo particolare per accrescere impegno e ruolo della Ue nelle Nazioni Unite».
Quanto alla riforma dell’Onu, Prodi l’ha rilanciata dicendo che serve «un suo rapido completamento» «per renderle più efficaci. Ma che proprio per far questo occorre il sostegno forte e incondizionato dei propri membri. Secondo il premier italiano «bisogna restituire centralità all’assemblea generale quale principale organo deliberativo, rappresentativo e di policy making delle Nazioni Unite« e realizzare un ulteriore sforzo nella riforma del Consiglio di sicurezza, sia per quanto riguarda i metodi di lavoro, sia nella sua composizione. Occorre cioè, avverte il Professore, »passare ad una fase negoziale,come non si è mai fatto fin qui».
Quanto alla sua visione geopolitica, Prodi ha detto al Palazzo di Vetro, anche in riferimento alla recente crisi per il discorso di papa Ratzinger a Ratisbona e più in generale che lui si rifiuta «di pensare che esista uno scontro di civiltà» tra mondo cristiano e mondo islamico.«Esistono gli estremismi e i fanatismi. Civiltà e religioni sono fatte per dialogare, per confrontarsi, per arricchirsi reciprocamente». «Possiamo promuovere questo rapporto costruendo nuove politiche di vicinato con i Paesi della riva sud del Mediterraneo - ha detto parlando non solo dell’Italia, evidentemente -, puntando a fare di questo mare il bacino della pace e della convivenza armonica tra le diverse civiltà».
Per quanto riguarda la crisi sul nucleare iraniano secondo Prodi «siamo sull’orlo del precipizio e non lasceremo nulla di intentato» per trovare una soluzione diplomatica, «purché - ha aggiunto - lo si faccia in modo cosciente, trasparente e coerente». Prodi poche ore prima del colloquio con il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, ha ammesso che la situazione si presenta assai difficile. Ma ha respinto le critiche arrivate dall’Italia per questo incontro: «ho visto che molte sopracciglia si sono alzate ma bisogna fare ogni sforzo per evitare il baratro, perché il negoziato riesca». Prodi ha ricordato che il colloquio era stato richiesto dagli iraniani e da lui accettato «non certo per indebolire la posizione del negoziatore europeo Javier Solana» ma per tentare di «influenzare la leadership» della Repubblica islamica.«Occorre un grande sforzo per evitare che si aprano conflitti senza aver cercato una soluzione - ha insistito - tutte le opzioni sono aperte, anche possibili sanzioni». Il premier ha ricordato di aver informato gli americani del suo incontro con il presidente iraniano a cui si presenterà «senza ingenuità ma cosciente dei rischi che l’Iran può generare». La crisi con l’Iran, ha ricordato, è complicata dalla diffusione delll’influenza sciita su tutta la regione mediorientale e dell’Asia Centrale «è aumentata, è enorme». E a questo si aggiunge il controllo delle risorse energetiche - gas e petrolio - che «aggiunge calore alla vicenda». Nella difficile trattativa con Teheran ci sono «segnali alterni» ma «bisogna fare di tutto, senza cedere sulla non proliferazione, per cercare di dialogare su posizioni complessive», ha insistito, «sono convinto che il nucleare è usato strumentalmente per l’affermazione dell’Iran come potenza regionale». Prodi non si è sbilanciato sul possibile esito dei contatti in corso per far ripartire i negoziati: «al momento il giudizio è sospeso» in attesa che Solana completi i chiarimenti in corso con il capo negoziatore iraniano Alì Larijani, ha ricordato.
*
www.unita.it, Pubblicato il: 20.09.06 Modificato il: 20.09.06 alle ore 20.38