Vi racconto l’inferno
di Khalid Chaouki, Deputato Pd
(l’Unità, 23 dicembre 2013)
Qui a Lampedusa è notte ormai. Mi appresto ad andare nella stanza dove un gruppo di profughi siriani mi hanno offerto ospitalità.
Questa è loro malgrado la loro casa e io sono loro ospite.
Mi è stato consegnato dal direttore del Centro il kit dei profughi. Asciugamani, un lenzuolo, spazzolino da denti e una coperta. Stare qui insieme ai profughi e insieme ai volontari di questo Centro è stata una scelta estrema, forte e difficile. Ma non me la sono sentita. Per l’ennesima volta di salutare e tornarmene a casa. Fare qualche comunicato, denunciare via Facebook e depositate un’interrogazione.
La nostra routine di palazzo qui non regge più. Come non regge nemmeno a ponte Galeria o al Cara di Mineo.
Serve un’azione concreta da parte delle Istituzioni. Qui ho conosciuto e sto scoprendo storie e volti segnati dalla guerra e dalle persecuzioni. Siria, Somalia ed Eritrea, tre Paesi rappresentati qui tra le 219 persone, tra cui sette scampati alla tragedia dello scorso 3 ottobre.
LA CONDIZIONE DISUMANA
Il gesto di un nuovo italiano che spalanca la porta sull’orrore
di Gad Lerner (la Repubblica, 23 dicembre 2013)
Un gesto davvero onorevole perché nobilita la funzione del parlamentare, chiamato a farsi prossimo di una sofferenza che ha generato scalpore ma che finora non ha rotto il muro d’indifferenza delle istituzioni.
Chaouki è un giovane cittadino italiano nato in Marocco di fede musulmana, da tempo impegnato nel dialogo contro ogni forma di integralismo. Non stupisce che incontrando i superstiti del naufragio del 3 ottobre scorso ancora detenuti a Lampedusa, e gli altri migranti in sciopero della fame contro il trattamento umiliante che loro stessi hanno filmato, sia scattato in lui un impulso d’immedesimazione.
Non lo aveva programmato, aveva in tasca il biglietto aereo di ritorno a Roma.
Proverà cosa vuol dire dormire al freddo e nella sporcizia di quella struttura diroccata che in troppi visitano per poi voltarle le spalle. Il suo esempio testimonia quant’è importante che sia approdata in Parlamento l’esperienza di vita dei nuovi italiani, ormai una percentuale significativa della nostra popolazione. Ma sarebbe miope relegare la sistematica violazione dei diritti umani dei migranti a questione marginale, riguardante solo una sia pur cospicua minoranza.
La negligenza delle strutture amministrative coordinate dal ministero degli Interni nel tutelare profughi e richiedenti asilo, così come la prolungata reclusione nei Centri di Identificazione e Espulsione di cittadini stranieri privi di documenti in regola, configura un degrado di civiltà cui sarebbe pericoloso assuefarsi. Deturpa la natura democratica dello Stato e quindi incrina i pilastri della nostra convivenza civile.
Già la legge Bossi-Fini e i suoi successivi inasprimenti col reato di clandestinità e con la proroga dei limiti di detenzione nei Cie, ha trasformato questi Centri in focolai di disperazione.
Se otto ragazzi di vent’anni senza pendenze giudiziarie sono giunti a cucirsi la bocca per protesta nel Cie romano di Ponte Galeria, significa che l’infezione è degenerata, senza che le ripetute denunce abbiano mosso il governo a intervenire. Decenni di allarmismo e propaganda hanno costruito purtroppo un vasto consenso intorno alle misure discriminatorie varate dai governi di destra.
Ancora ieri c’è chi ha reagito con stizza alla protesta del deputato Chaouki, compiacendosi che sia tornato “fra i suoi simili” perché non riescono ad accettare l’idea che un nativo del Maghreb possa diventare cittadino italiano e addirittura rappresentante del popolo.
Soffriamo un ritardo culturale drammatico che ha incentivato la pavidità delle istituzioni. Il ministro Alfano è ancora lì che adopera espressioni anacronistiche come “prima gli italiani” per giustificare le sue inadempienze. Fingendo di ignorare che il flusso migratorio ci ha già profondamente trasformati come nazione, e che il riconoscimento dei diritti dei migranti e dei profughi rappresenta un’urgenza dell’intera comunità italiana.
Chaouki è giunto a Lampedusa all’indomani della visita del segretario del suo partito, Matteo Renzi che vuole modificare la legge Bossi-Fini. Ma nel frattempo? Ci era già andato in pellegrinaggio papa Francesco, scuotendo le coscienze. Il presidente della Commissione europea Barroso e il premier Letta vi hanno versato lacrime di indignazione.
Com’è possibile che in tutti questi mesi la situazione non sia cambiata, anzi, se possibile, è peggiorata?
Sorge legittimo il sospetto che la nomina di un ministro dell’integrazione nella persona significativa di Cécile Kyenge sia stata escogitata come mero atto dimostrativo. Possibile che in tutti questi mesi nulla sia stato fatto per correggere l’obbrobrio dei Cie e del Centro di Lampedusa?
Possibile che il governo non abbia varato alcuna modifica della Bossi-Fini e neppure un disegno di legge per la cittadinanza dei minori figli di immigrati?
La stessa Kyenge dovrebbe finalmente battere il pugno sul tavolo, se non vuole apparire una foglia di fico del menefreghismo altrui, come le ha ricordato nei giorni scorsi Chaouki. Ma intanto c’è da augurarsi che l’esempio di quest’ultimo sia seguito da altri parlamentari, non solo “nuovi italiani”, perché la violazione dei diritti umani è una vergogna che tutti ci accomuna.
Sul tema, nel sito, si veda:
UBUNTU: "Le persone diventano persone grazie ad altre persone".
LA LEZIONE DEL PRESIDENTE MANDELA, AL SUDAFRICA E AL MONDO. "La meditazione" di Marianne Williamson, nel discorso di insediamento (1994).
RIPENSARE L’EUROPA. PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO. ANCORA NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN !!!
FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA.
La mia battaglia non è finita Oggi sarò a Ponte Galeria
di Khalid Chaouki, Deputato Pd (La Stampa, 27 dicembre 2013)
Quelle donne e quegli uomini del Cie di Lampedusa meritavano un gesto, un’azione, una presa di posizione. Per questo ho trascorsi gli ultimi giorni in loro compagnia dentro il Cie: se avessi ripreso subito l’aereo per Palermo la mia sarebbe stata solo l’ennesima voce, l’ennesima protesta contro un sistema di sicurezza fallimentare.
Ora che sono uscito, il telefono ritorna a squillare. Sono i reclusi del Cie di Ponte Galeria che non so come hanno avuto il mio numero di cellulare. Mi chiedono un incontro urgente, vogliono parlarmi. Alle due di pomeriggio sarò da loro. Spero che si volti pagina. Possiamo e dobbiamo ridare dignità al nostro Paese. Ritornare ad essere orgogliosi della consolidata tradizione di accoglienza che l’Italia ha mostrato nei secoli. Insieme al grandioso esempio di Papa Francesco possiamo finalmente passare dalle parole ai fatti. Io ci credo.
Devo ringraziare quanti, al Ministero dell’Interno, a partire dal vice ministro Bubbico, hanno saputo rispondere con concretezza alle mie richieste, alle nostre richieste, perché è anche grazie a loro se la mia protesta ha portato dei risultati. La mattina del 24 dicembre circa 200 migranti sono stati trasferiti in altri centri, più dignitosi, a Roma e a Palermo. Restano nel centro 17 tra siriani ed eritrei. Ho trascorso la mia ultima notte lì con loro, poi in una sorta di staffetta ora sono affidati alle cure qualificate 24 ore su 24 da parte di medici e psicologi della Croce Rossa.
La mia è stata e continua ad essere una battaglia contro la vergogna e a favore della legalità e dei diritti umani. Perché l’accoglienza torni ad riacquistare la sua dignità e non vi siano mai più questi Cie. Luoghi indegni, zone franche dove il diritto viene sospeso.
Con i migranti
Deputato Pd si barrica nel Cie di Lampedusa
di Enrico Fierro (il Fatto, 23.12.2013)
È arrivato ai cancelli dell’inferno, ha chiesto di entrare perché era un suo diritto di parlamentare della Repubblica Italiana e nell’inferno ha deciso di rimanere. Come i suoi fratelli venuti dal mare, dalla pelle troppo scura e dal nome strano. Khalid Chaouki, nato trent’anni fa a Casablanca, Marocco, una moglie e un figlio, italiano della “generazione 2” e deputato del Partito democratico, da ieri mattina si è fatto rinchiudere nel Centro di accoglienza di Lampedusa. “Non me ne andrò fino a quando non sarà ripristinata la legge, dormirò qui fino a quando la gente illegittimamente trattenuta in condizioni disumane non sarà trasferita altrove. È mio dovere farlo e lo sto facendo”. Il telefono è disturbato dal rumore della pioggia che tormenta le povere anime segregate nel carcere per immigrati di Contrada Imbriacola. “Qui ci sono condizioni di vita allucinanti, alcune stanze sono allagate, nelle docce mancano le luci e bisogna lavarsi al buio. Nei cameroni dove si dorme la puzza è insopportabile, ci sono materassi sporchi accatastati da mesi, sono di spugna ed emanano un odore nauseabondo. Non si può trattare della gente che soffre in questo modo, mi chiedo di chi siano le responsabilità, questi trattamenti sono disumani”.
LA VOCE al cellulare è quella di un ragazzo giovanissimo ma dalle convinzioni forti. Le parole che pronuncia e il suo gesto riscaldano il cuore, illuminano la mente e riaccendono la speranza. Forse non è finita, forse questo Paese può ritrovare l’umanità strozzata da leggi assurde, le Turco Napolitano e le Bossi-Fini, e da un razzismo becero e leghista diventato cultura di governo. Forse riuscirà a cancellare la vergogna di Cie e Centri che chiamano di accoglienza, forse anche la politica può ritrovare la dignità perduta. “Sono un parlamentare della Repubblica italiana e vorrei che da domani altri miei colleghi andassero a visitare i Cie per vedere come vivono gli uomini e le donne rinchiusi in quelle strutture”.
Khalid Chaouki ci racconta l’inferno senza enfasi, lo sta toccando con mano, ne sta assaporando gli umori. “Cosa ho mangiato oggi? Un pezzo di pollo, un po’ di patate, acqua e un caffè. Questo è il pasto dato a tutti gli altri. Lo abbiamo consumato sulle brandine dove dormiremo stanotte, perché non c’è una mensa. È uno schifo, qui non vengono rispettati i diritti minimi elementari. Questo centro è un luogo indegno”. Che però tutti conoscevano. Dopo i naufragi di ottobre con 600 morti, molti bambini, moltissime donne, tantissimi giovani, sull’isola sono arrivati Letta e Alfano, Barroso e i responsabili della civilissima Europa. Tutti hanno promesso.
“Mi sento anch’io responsabile - ci dice con franchezza il giovane onorevole -, da ottobre non abbiamo fatto nulla, le condizioni sono peggiorate. Il discorso di Alfano non mi ha convinto. Qui ci sono ancora sette sopravvissuti del naufragio del 3 ottobre, devono stare a Lampedusa perché sono a disposizione della procura che sta conducendo le indagini. Ma siamo matti? Qui è tutto illegale, almeno questi trasferiteli ad Agrigento in condizioni più umane. Altri sei migranti sono da due giorni in sciopero della fame. Tra di loro c’è anche Khaled, il giovane siriano che con il suo video ha fatto scoppiare lo scandalo delle disinfestazioni da lager”.
IL GESTO del parlamentare è forte, ha scosso Lampedusa ma ancora di più i palazzi romani svuotati dal Natale, dobbiamo interrompere la nostra comunicazione, è il viceministro Bubbico. “Voleva sapere come stavo - ci dice qualche minuto dopo Chaouki - e si è impegnato far intervenire il Viminale. Vedremo, io resto qui fino a quando non verranno ripristinate la dignità e la legge”. Condizioni disumane, dice il parlamentare, in un centro gestito da una coop diretta da un iscritto al Pd, Cono Galipò. “Non me ne frega niente, se la coop ha sbagliato pagherà, se a sbagliare è stato un iscritto al mio partito che paghi il doppio. Io sto nel Pd perché credo in valori forti come la solidarietà e il rispetto della dignità umana”.
COME L’HANNO accolta i profughi, onorevole? “Prima con scetticismo, ora, dopo alcune ore, fanno a gara per ospitarmi accanto alla loro branda. Qui c’è gente che soffre, uomini e donne che hanno visto annegare i loro figli, ragazzi che fuggono da guerre e fame, ma nessuno ha perso la voglia di sorridere. Sono qui per loro. Noi abbiamo celebrato i loro compagni morti in mare come martiri e abbiamo fatto bene, i sopravvissuti invece sono qui, rinchiusi e disperati. È una ingiustizia intollerabile, piangiamo i vivi e maltrattiamo i morti. Sarò qui anche a Natale se le condizioni di questa gente non cambieranno, lo faccio per loro ma anche per l’Italia. Sono davvero stanco di vergognarmi per quello che è diventato questo nostro Paese”.