Prodi: «C’è un complottone contro il governo»
di Ninni Andriolo *
«È partito il complottone...» Prodi è stato chiaro con i promotori della manifestazione sul welfare. Giovedì mattina, prima di raggiungere in aereo il vertice Ue di Lisbona, il «Prof» aveva avvertito gli esponenti della «sinistra radicale» in visita a Palazzo Chigi. «Il vostro corteo - aveva insistito - rischia di indebolire un governo che molti vorrebbero mandare a casa». Il Presidente del Consiglio che tenta di sdrammatizzare dal Portogallo gli effetti della mobilitazione di oggi - «no, non sono preoccupato» - smentisce in privato la tranquillità che ostenta in pubblico. «Di qui a fine novembre ogni giorno è buono per farci andare sotto - confidava Prodi, qualche giorno fa ai collaboratori - Deve essere chiaro, però, che chi vuol farmi cadere deve venire allo scoperto in Parlamento. Tutti devono sapere di chi è la responsabilità». L’iter della Finanziaria, in sostanza, sarà disseminato di trappole. E il monito rivolto alla sinistra radicale è netto: non si presti a fare il cavallo di Troia. La richiesta del premier - «smorzare i toni, evitare che il corteo diventi l’ennesima occasione per amplificare le polemiche sulla maggioranza che va in pezzi» - sembra trovare riscontro nelle dichiarazioni di ieri. «Saremo in piazza per il governo Prodi - ripete la pdci, Palermi - Per un governo che comprenda le richieste di una inversione di tendenza rispetto a Berlusconi e al berlusconismo dilagante».
Il Presidente del Consiglio, in realtà, individua il "complottone" nei disegni diversi, ma coincidenti, del leader di Forza Italia e di settori ben precisi del mondo imprenditoriale-editoriale. Berlusconi freme per cavalcare l’onda della insoddisfazione che serpeggia tra i centristi dell’Unione, e per imporre elezioni nel 2008, ben sapendo che - superati quei tornanti - l’esecutivo potrebbe consolidarsi e che il tempo giocherebbe poi a favore del radicamento del Partito democratico e di Veltroni. I "poteri forti" su cui punta il dito Palazzo Chigi, invece, vorrebbero dare immediatamente la spallata a un esecutivo che considerano troppo timido con la sinistra radicale. Non per sostituirlo con Berlusconi, magari, ma per mettere in campo soluzioni ponte, istituzionali o meno che siano, per ipotesi neocentriste da far maturare di qui a nuove elezioni. Per raggiungere questi obiettivi, ovviamente, è fondamentale il grimaldello della debolezza della maggioranza al Senato. E Berlusconi, in questi giorni, lavora proprio su questo. «Ricordatevi che una maggioranza, anche se risicata, a Palazzo Madama noi ce l’abbiamo - ha ricordato Prodi, l’altro ieri agli esponenti della sinistra radicale - Sarebbe davvero inspiegabile se ci facessimo del male da soli». Numeri, quelli del Senato, che le intemperanze di un Mastella sotto tiro rendono a prima vista sempre più ballerini. «La maggioranza non c’è più, a questo punto meglio votare a primavera», tuonava ieri il Guardasigilli, dopo le notizie sui reati che ipotizzerebbe nei suoi confronti la procura di Catanzaro. Una sorta di richiesta d’aiuto quella del ministro? Prodi, ieri sera, rientrato a Roma da Lisbona, ha cercato via telefono il leader Udeur per consigliargli cautela e pazienza in attesa di capire meglio i contorni della vicenda. Ma è chiaro che l’inchiesta calabrese conferma l’incertezza che investe la maggioranza.
Sommato al "no" dei diniani al Partito democratico, il futuro dell’Unione sembra ancora più oscuro. Il premier sa bene che sono diversi i senatori nel centrosinistra che si trincerano ai confini dell’Unione sui quali cerca di far leva il Cavaliere. Ed è per sventare queste manovre che il premier punta molto anche sul lavoro comune con Veltroni. «Un buon ciclista sa correre anche in tandem», risponde Prodi a chi insiste sui rischi di una difficile coabitazione con il leader Pd incoronato dalla primarie. «Anche Walter può essere il bersaglio da indebolire», ripetono a Palazzo Chigi da dove, in queste ore, si mette più che mai l’accento sulle strategie convergenti del premier e del sindaco di Roma. E sul loro "lavoro di squadra" per tenere agganciati i senatori in bilico. «Tra loro c’è chi ha avuto problemi con il gruppo parlamentare e che, però, vede in Prodi un punto di riferimento», assicura lo staff del Professore. «Non vengono certo da Walter i pericoli per il governo», ripetono i collaboratori del premier. E rivelano che durante gli incontri dei giorni scorsi Prodi e il segretario in pectore del Pd hanno messo a punto un impegno comune per «rinsaldare la maggioranza» a Palazzo Madama. Insomma, anche per il sindaco di Roma - che «ha dichiarato a chiare lettere che il governo deve durare l’intera legislatura» - risolvere il rebus del Senato costituisce «il primo concreto banco di prova».
* l’Unità, Pubblicato il: 20.10.07, Modificato il: 20.10.07 alle ore 11.20
ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!! Un appello al Presidente Napolitano
EMERGENZA EDUCATIVA: TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI.
Una lettera aperta all’ ITALIA (e un omaggio agli intellettuali: Gregory Bateson, Paul Watzlawick, Jacques Lacan, Elvio Fachinelli)
di Federico La Sala (www.ildialogo.org/appelli, 24.02.2004)
L’ITALIA GIA’ DA TEMPO IN-TRAPPOLA-TA.................e noi - alla deriva - continuiamo a ’dormire’ , alla grande! "IO STO MENTENDO": UNA LETTERA APERTA SULL’USO E ABUSO ISTITUZIONALE DELL’ "ANTINOMIA DEL MENTITORE".
Cara ITALIA
MI AUGURO CHE LE GIUNGA DA LONTANO IL MIO URLO: ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA! IL NOME ITALIA E’ STATO IN-GABBIA-TO NEL NOME DI UN SOLO PARTITO....E I CITTADINI E LE CITTADINE D’ITALIA ANCHE!!!
NON E’ LECITO CHE UN PARTITO FACCIA PROPRIO IL NOME DELLA CASA DI TUTTI I CITTADINI E DI TUTTE LE CITTADINE! FERMI IL GIOCO! APRA LA DISCUSSIONE SU QUESTO NODO ALLA GOLA DELLA NOSTRA VITA POLITICA E CULTURALE! NE VA DELLA NOSTRA STESSA IDENTITA’ E DIGNITA’ DI UOMINI E DONNE D’ITALIA!
Cosa sta succedendo in Italia? Cosa è successo all’Italia? Niente, non è successo niente?! Semplicemente, il nome Italia è stato ingabbiato dentro il nome di un solo PARTITO e noi, cittadini e cittadine d’ITALIA, siamo diventati tutti e tutte cret... ini e cret..ine. Epimenide il cretese dice: "Tutti i cretesi mentono". E, tutti i cretini e tutte le cretine di ’Creta’, sono caduti e cadute nella trappola del Mentitore.... e, imbambolati e imbambolate come sono, si divertono persino. Di chi la responsabilità maggiore?! Di noi stessi - tutti e tutte!
Le macchine da guerra mediatica funzionano a pieno regime. Altro che follia!: è logica di devastazione e presa del potere. La regola di funzionamento è l’antinomia politico-istituzionale del mentitore ("io mento"). Per posizione oggettiva e formale, non tanto e solo per coscienza personale, chi sta agendo attualmente da Presidente del Consiglio della nostra Repubblica non può non agire che così: dire e contraddire nello stesso tempo, confondere tutte le ’carte’ e ’giocare’ a tutti i livelli contemporaneamente da presidente della repubblica di (Forza) Italia e da presidente del consiglio di (Forza) Italia, sì da confondere tutto e tutti e tutte... e assicurare a se stesso consenso e potere incontrastato. Se è vero - come ha detto qualcuno - che "considerare la politica come un’impresa pubblicitaria [trad.: un’impresa privata che mira a conquistare e occupare tutta l’opinione pubblica, fls] è un problema che riguarda tutto l’Occidente" (U. Eco), noi, in quanto cittadini e ci ttadine d’Italia, abbiamo il problema del problema, all’ennesima potenza e all’o.d.g.! E, per questo e su questo, sarebbe bene, utile e urgentissimo, che chi ha gli strumenti politici e giuridici (oltre che intellettuali, per togliere l’uso e l’abuso politico-istituzionale dell’antinomia del mentitore) decidesse quanto prima ... e non quando non c’è (o non ci sarà) più nulla da fare. Se abbiamo sbagliato - tutti e tutte, corriamo ai ripari. Prima che sia troppo tardi!!!
ITALIA! La questione del NOME racchiude tutti i problemi: appropriazione indebita, conflitto di interessi, abuso e presa di potere... in crescendo! Sonnambuli, ir-responsabili e conniventi, tutti e tutte (sia come persone sia come Istituzioni), ci siamo fatti rubare la parola-chiave della nostra identità e della nostra casa, e il ladro e il mentitore ora le sta contemporaneamente e allegramente negando e devastando e così, giocati tutti e tutte, ci sta portando dove voleva e vuole ... non solo alla guerra ma anche alla morte culturale, civile, economico-sociale e istituzionale! Il presidente di Forza Italia non è ...Ulisse e noi non siamo ... Troiani. Non si può e non possiamo tollerare che il nome ITALIA sia di un solo partito... è la fine e la morte della stessa ITALIA!
La situazione politica ormai non è più riconducibile all’interno del ’gioco’ democratico e a un vivace e normale confronto fra i due poli, quello della maggioranza e quello della minoranza. Da tempo, purtroppo, siamo già fuori dall’orizzonte democratico! Il gioco è truccato! Cerchiamo di fermare il ’gioco’ e di ristabilire le regole della nostra Costituzione, della nostra Legge e della nostra Giustizia. Ristabiliamo e rifondiamo le regole della democrazia. E siccome la cosa non riguarda solo l’Italia, ma tutto l’Occidente (e non solo), cerchiamo di non andare al macello e distruggerci a vicenda, ma di andare avanti .... e di venir fuori da questa devastante e catastrofica crisi.
Io, da semplice cittadino di una ’vecchia’ Italia, penso che la logica della democrazia sia incompatibile con quella dei figli di "dio" e "mammasantissima" che si credono nello stesso tempo "dio, papa, e re" (non si sottovaluti la cosa: la questione è epocale e radicale, antropologica, teologica e politica - e riguarda anche le religioni e la stessa Chiesa cattolica) si danno da fare per occupare e devastare le Istituzioni! Non si può tornare indietro e dobbiamo andare avanti.... laici, cattolici, destra, sinistra, cittadini e cittadine - tutti e tutte, uomini e donne di buona volontà.
Allora facciamo che il gioco venga fermato e ... e che si apra il più ampio e diffuso dibattito politico e culturale - si ridia fiducia e coraggio all’ITALIA, e a tutti gli Italiani e a tutte le Italiane. E restituiamo il nome e la dignità all’ITALIA: a noi stessi e a noi stesse - in Italia e nel mondo...... cittadini e cittadine della Repubblica democratica d’Italia.
Un semplice cittadino della nostra bella ITALIA!
Federico La Sala (Martedì, 24 febbraio 2004)
Sul tema, nel sito, si cfr.:
"ITALIA". AMARE L’ITALIA: RIPRENDIAMOCI LA PAROLA!!!
ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE? GIA’ FATTO!!! Un appello al Presidente Napolitano
EMERGENZA EDUCATIVA: TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI.
PRODI: IO GETTARE LA SPUGNA? TUTTO INVENTATO *
REGGIO EMILIA - "E’ proprio tutto inventato". Romano Prodi, in visita a una latteria sociale nel reggiano, ha sillabato la risposta ai cronisti che gli hanno chiesto se fossero vere le dichiarazioni che gli hanno attribuito alcune testate giornalistiche secondo le quali, nel corso di colloqui con il comitato organizzatore della manifestazione sul welfare, avrebbe dato il governo per spacciato e avrebbe fatto capire di stare gettando la spugna.
"E’ totalmente inventato: l’ho detto questa mattina e lo ripeto adesso". Ha poi ribatito Prodi, rispondendo a una domanda su sue presunte dichiarazioni riportate dalla stampa, secondo le quali avrebbe ipotizzato una vita breve per il governo. "Non capisco come abbia potuto venire fuori questo - ha aggiunto - d’altra parte", quanto è stato scritto "non è condiviso dagli altri commensali", che hanno partecipato alla colazione-incontro tra premier e comitato organizzatore della manifestazione sul welfare. Prodi ha parlato a Scandiano, sua città natale, in occasione della consegna al comune da parte del demanio della Rocca del Boiardo, con una concessione per 50 anni. La lunghezza del periodo è stata resa possibile da una nuova norma della finanziaria e il comune di Scandiano è stato il primo in Italia ad ottenere la concessione di un monumento di proprietà statale per un periodo così consistente.
IL GOVERNO NON TRABALLA Il governo traballa? hanno chiesto i giornalisti al premier Romano Prodi a Scandiano, nel reggiano. "Posso assicurare - è stata la risposta - che le analisi degli eventi delle ultime ore non hanno alcun rapporto con la realtà".
NON MI SENTO A RISCHIO PERCHE’ NON HO SBAGLIATO Romano Prodi non si sente a rischio nel suo ruolo di presidente del Consiglio. Lo ha ribadito parlando con i giornalisti nel corso di una visita a una Latteria Sociale nel reggiano. "La vita di un casaro è anche più breve di quella del presidente del Consiglio, se sbaglia produzione", ha scherzato il premier assaggiando una forma di Parmigiano. Ma lei si sente a rischio?, hanno chiesto i cronisti. "No, perché non ho sbagliato produzione", è stata la risposta.
MASTELLA? TELEFONATA MOLTO CORDIALE, NULLA DI NUOVO "Mastella? Non ho assolutamente niente da dire. Ci siamo telefonati con molta cordialità ieri sera. E non c’é proprio nulla di nuovo". Così il presidente del Consiglio Romano Prodi, nel corso di una visita a una latteria sociale nel reggiano, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulla posizione del ministro della GIustizia riguardo possibili elezioni anticipate.
FORMAGGIO INSEGNA A AVERE PAZIENZA E NON SI FA DA SOLI "Il formaggio ci deve insegnare ad avere pazienza, bisogna mescolare tante cose. Questo è un insegnamento che va bene per tutti". Con queste parole il presidente del Consiglio Romano Prodi si è rivolto a una scolaresca di bambini che, nel cortile della latteria sociale di San Giovanni della Fossa, nelle campagne del reggiano, hanno partecipato insieme ai soci e al premier all’inaugurazione dei nuovi impianti produttivi. Prodi ha ringraziato il presidente ottantacinquenne della cooperativa, Giannetto Gatti, che ci lavora da 60 anni e la guida da 48, e ha richiamato l’impegno di tanti cooperatori e produttori. "Qui ci sono persone che hanno creduto nella solidarietà - ha detto ancora rivolto ai più giovani - ciò che voi dovete fare è stare insieme, lavorare con la testa e col cuore. Capire che, da soli, non si fa il formaggio...".
*ANSA» 2007-10-20 18:31
Gli addebiti al pm De Magistris appaiono fragili e l’uguaglianza davanti alla legge è a rischio
Ecco perché va cancellato il tempo della furbizia
di GIUSEPPE D’AVANZO *
IMMAGINIAMO di essere non nell’ottobre 2007, ma nello stesso mese del 2005. Un pubblico ministero indaga il capo del governo (è Berlusconi) e il suo ministro di giustizia (è Castelli). Gli sottraggono una prima inchiesta, avocata dal procuratore capo. Il pubblico ministero si mette al lavoro su un’altra inchiesta. In un passaggio dell’indagine che egli ritiene decisivo, il ministro di Giustizia (le indagini raccontano che è in buoni rapporti con due degli indagati) chiede - come una nuova legge gli permette - il trasferimento cautelare del pubblico ministero a un altro ufficio.
Sarebbe la definitiva morte dell’inchiesta. Il provvedimento amministrativo non convince il Consiglio superiore della magistratura che lo deve disporre. Non ne intravede l’urgenza, prende tempo, tira in lungo. Il pubblico ministero iscrive, allora, il ministro nel registro degli indagati: atto dovuto per l’esercizio dell’azione penale e soprattutto garanzia per l’indagato. Ventiquattro ore dopo, il procuratore generale avoca a sé - sottrae al pubblico ministero - anche la seconda indagine.
Il passo è inconsueto e appare anomalo. Gli addetti ricordano, se hanno memoria buona, qualche modesto precedente di quindici anni prima. Le ragioni del procuratore generale stanno in piedi come un sacco vuoto.
Se il motivo dell’avocazione è l’"incompatibilità" per l’"inimicizia grave" tra il pubblico ministero e il ministro indagato (ha chiesto la punizione del pubblico ministero, che ne è risentito), si tratta una fanfaluca. Se si accetta il principio, qualunque indagato che denuncia il suo accusatore potrebbe invocare l’"inimicizia grave" e liberarsi del suo pubblico ministero. Cesare Previti, in passato e ripetutamente, ci ha provato. Non è andato lontano.
Ci sarebbe - trapela dalla procura generale - un’altra ragione per l’avocazione delle indagini: l’inerzia del pubblico ministero. L’accusatore è fermo. Non va né avanti né dietro. Non esercita l’azione penale. Non richiede l’archiviazione "nel termine stabilito dalla legge". Ora, l’inchiesta del pubblico ministero è nei termini stabiliti dalla legge (è un fatto) e di quel pubblico ministero tutto si può dire tranne che sia pigro o inoperoso (è un fatto). La seconda ragione appare, se possibile, anche più debole della prima e nonostante ciò il pubblico ministero perde l’inchiesta e il capo del governo e il ministro di Giustizia tirano un respiro di sollievo, si liberano di ogni controllo (che abbiano o no responsabilità punibili è un’altra storia, naturalmente).
Siamo nell’ottobre del 2005 - lo ricordate? - e in questo modo abusivo il capo del governo (è Berlusconi) e il ministro di Giustizia (è Castelli) si grattano la rogna, guadagnano un’illegittima impunità, contraria alla Costituzione e alla legge.
L’operazione liquidatoria consiglia di gridare allo scandalo. Non siamo nella Francia ancien régime dove, grazie a lettere chiamate Committimus, le persone favorite dal potere schivano le normali giurisdizioni e si presentano dinanzi a corti più mansuete. Se questo accade (e accade) si degrada a regola fluttuante, a canone fluido l’articolo 3 della Costituzione ("I cittadini sono eguali davanti alla legge senza distinzioni di condizioni personali e sociali"). E’ necessario interrogarsi allora sulla qualità di una democrazia, esprimere qualche preoccupazione se il potere politico rifiuta ogni contrappeso; annichilisce l’indipendenza della magistratura. E’ un obbligo chiedersi delle ragioni (e responsabilità) di una frattura istituzionale che impone a una magistratura servile di umiliare la sua stessa autonomia liberandosi delle "teste storte" convinte che atti uguali vadano valutati a uguali parametri giuridici, sia l’indagato un povero cristo o di eccellentissimo lignaggio.
Questo avremmo pensato e detto, con apprensione e qualche brivido, se nell’ottobre del 2005 fosse stata rubata l’inchiesta a un pubblico ministero "colpevole" di voler verificare i comportamenti del capo del governo (Berlusconi) e del ministro di giustizia (Castelli).
Non siamo (purtroppo?) nel 2005. Siamo nel 2007 e il capo del governo (indagato) è Romano Prodi, il ministro di Giustizia (indagato) è Clemente Mastella e l’esito dell’affare non è mai riuscito a Berlusconi, Previti, Dell’Utri, Castelli: il pubblico ministero che li ha indagati - Luigi De Magistris - si è visto trafugare l’inchiesta dal tavolo.
Se ne deve prendere atto con molta inquietudine. Ora che il "caso De Magistris" (o il "caso Prodi/Mastella"?) precipita verso un punto critico, è indispensabile che questo affare diventi finalmente, e nel mondo più rapido, trasparente. Che tutti i comportamenti, le responsabilità, gli usi e i soprusi siano squadernati in pubblico, possano essere verificati e, se necessario, presto corretti nel rispetto delle regole democratiche che assegnano a ciascuno degli attori ruolo e doveri.
Il governo governi senza condizionare l’autonomia della magistratura (se Mastella teme di cadere in tentazione, gli si assegni un altro incarico nell’esecutivo). Il pubblico ministero eserciti l’azione penale nel rispetto delle costrizioni procedurali (il Consiglio superiore ne verifichi l’ossequio, subito non in dicembre). Le gerarchie togate evitino ogni soggezione, rispettino i codici, non manipolino le procedure (la procura generale di Catanzaro receda dalla sua dissennata iniziativa).
Il presidente della Repubblica sia, come sempre è stato, il garante della Costituzione e dell’eguaglianza del cittadino dinanzi alla legge. Non c’è più spazio per il compromesso, la tolleranza, la furbizia. A meno di non voler cadere in quell’incubo che sembrava alla spalle con la sconfitta del cattivissimo Silvio Berlusconi.
* la Repubblica, 21 ottobre 2007.
Intervista al pm di Catanzaro a cui la procura generale ha avocato l’inchiesta
dopo l’iscrizione al registro degli indagati del ministro Clemente Mastella
De Magistris:"Mi cacciano perchè indago
Così torniamo all’epoca fascista"
"Oggi il tema in gioco è se tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge
Faccio le corna, ma dopo che mi hanno tolto le inchieste resta solo l’eliminaziione fisica"
di
ATTILIO BOLZONI
FRANCESCO VIVIANO *
Ha appena saputo. E comincia a parlare: "Siamo alla magistratura degli Anni Trenta, siamo tornati a un ordinamento giudiziario gerarchizzato proprio dell’epoca fascista". Il sostituto procuratore Luigi De Magistris sceglie con cura le parole, prova a stare calmo nonostante tutto quello che gli sta rotolando addosso. Dice: "Prima mi tolgono l’inchiesta Poseidone, poi il tentativo di allontanamento, poi ancora l’avocazione dell’inchiesta Why Not, faccio le corna ma dopo rimane solo l’ipotesi della soppressione fisica". Il magistrato è nella sua casa di Catanzaro. Risponde a tutte le domande che può. Da qualche minuto ha avuto notizia dalle agenzie di stampa che gli hanno "tolto" anche l’altra indagine, si sfoga: "Stento a crederci, mi sembra una barzelletta".
Che costa sta accadendo dottor De Magistris? "Il dato è quello dell’impossibilità materiale di svolgere il proprio ruolo. Se è vero, se è vero perché io non ho ancora ricevuto alcuna notifica, ci avviamo al crollo dello stato di diritto. E un altro punto nevralgico è quello dell’articolo 3 della Costituzione che qui si sta mettendo in gioco: i cittadini italiani sono tutti uguali davanti alla legge?"
Tutti i cittadini italiani sono uguali davanti alla legge? "Se uno arresta chi fa la tratta di esseri umani o i trafficanti di droga gli arrivano i telegrammi e gli applausi, gli dicono che è il magistrato più bravo d’Italia. Ma poi viene cacciato quando indaga sulla pubblica amministrazione. Cosa significa allora? A questo punto la partita non può essere più - visto che il tema è così alto - trasferite o non trasferite De Magistris. Io pongo un altro problema: un magistrato così può rimanere in magistratura. E io, così lo so fare il magistrato, anche se mi mandano a Bolzano o a Novara o a Cagliari. Questo è il tema che è in gioco nel Paese: se un magistrato può continuare a indagare su tutti i cittadino o no".
Lei cosa sa di questa avocazione? "Di ufficiale nulla. Ma se la ragione è quella sull’omessa astensione nel conflitto con il ministro, questo è un fatto senza precedenti. In questo caso la magistratura, intesa come potere diffuso sul territorio, perde completamente la sua autonomia".
Sembra che il procuratore generale Dolcino Favi abbia motivato il suo provvedimento per l’articolo 412, cioè l’avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell’azione penale o per la non archiviazione nei termini stabiliti dalle legge. "Se è così, è ancora peggio. Le indagini preliminari sono in corso e quella norma può intervenire solo quando scadono i termini delle indagini. Le mie indagini erano in pieno svolgimento. Quindi, quella norma, è completamente inapplicabile".
Si sentirebbe allora in grado di affermare che c’è stata una forzatura, se fosse andata davvero così? "Se fosse andata così, sarebbe un eufemismo dire che c’è stata una forzatura. E poi, poi io in queste ore mi sono fatto una domanda: come è che la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di Mastella, una notizia così riservata, è uscita su Libero? Io credo che faccia parte di una vera strategia della tensione. Prima la fuga di notizie su Prodi, poi la revoca delle indagini, poi l’articolo di Libero che è servito a scatenare un processo mediatico per arrivare all’avocazione. Senza questa fuga di notizie su Mastella, non sarebbe accaduto tutto questo. E poi il procuratore generale non potrebbe sapere della notizia di Mastella, è vietato dalla legge. Di quella iscrizione lo può sapere il procuratore della repubblica, il procuratore aggiunto. Il procuratore generale non può conoscere le indagini. E la velocità del suo provvedimento mi ha lasciato esterrefatto".
De Magistris, cosa farà adesso? "Scriverò a chi di dovere, questa avocazione è un ulteriore tassello di ciò che mi sta accadendo da tre anni a questa parte".
Si rivolgerà al Csm? Denuncerà tutto a un’altra procura? "Investirò più di un’autorità. Indagavo su un sistema di potere e mi hanno spogliato di tutte le inchieste".
Ci spieghi meglio.. "Il segnale che hanno lanciato è molto chiaro: la magistratura non può più indagare in alcune direzioni. Questo è evidente. Poi è anche la conferma di come una parte del potere giudiziario sta dentro il sistema. Una parte della magistratura è funzionale a certi sistemi oggetto di investigazioni, è fondamentale capire questo. Ecco perché si pone in discussione l’agibilità democratica all’interno della magistratura. Da un lato c’è un ritorno alla magistratura degli Anni Trenta, con segni sintomatici di quel periodo del prefascismo e del fascismo. E cioè la possibilità del ministro di trasferire in via cautelare dei magistrati. Si ritorna al periodo in cui il potentino del paese, il signorotto che chiede l’allontanamento del pretore che magari dava fastidio e poi arrivavano gli ispettori e in una settimana quel pretore lo cacciavano via. Si torna alla magistratura ipergerarchizzata, l’avocazione senza alcuna giustificazione, la magistratura in una posizione di avvilimento totale. Immaginate il messaggio che sta passando in questo momento nei confronti di tutti i colleghi".
Si rimprovera qualcosa nel suo lavoro? "Io ho un rispetto assoluto delle forme, io ritengo che un magistrato per raggiungere risultati deve innanzitutto rispettare la procedura penale. Detto questo, è ovvio e scontato che chi lavora in queste condizioni possa fare errori. Io non mi rimprovero nulla. Ma sono consapevole di aver potuto fare errori, di aver potuto sbagliare. E’ umano, ovvio. Che poi abbia fatto errori è tutto da vedere. Io ho subito in questi mesi un processo pubblico senza potermi difendere".
L’iscrizione del ministro Mastella può aver accelerato l’avocazione dell’altra sua inchiesta? "Sta nei fatti mi pare. Poi parleranno le carte, ma mi pare assolutamente verosimile".
C’è, come dire, una tempistica ritorsiva? "Io questo non lo posso dire. Però mettendo insieme i fatti... Un’altra cosa mi sembra incredibile: io stavo facendo un percorso di indagine molto lineare e all’improvviso si inserisce una richiesta di trasferimento del ministro che poi - sembrerebbe - è stata utilizzata per dire tu ti dovevi astenere perché c’era la richiesta di trasferimento. Quindi arriviamo al punto che si equipara una richiesta di trasferimento d’ufficio con un atto istituzionale a una specie di denuncia presentata da un indagato. C’è inimicizia, devi astenerti. Una cosa veramente incredibile. E’ senza precedenti. Che cosa dovevo fare di fronte a quella richiesta? Dovevo fermarmi, dovevo chiudere le mie indagini? La logica era quella: io dovevo fermare le mie indagini in quella direzione".
O girare le spalle, far finta di non vedere... "Voglio dire un’altra cosa sul messaggio che stanno mandando. Se io dovessi essere trasferito il magistrato che mi verrà a sostituire cosa farà, come si comporterà? Sa già che, se dovesse seguire le mie orme, andrebbe incontro a un provvedimento disciplinare. Cosa altro deve pensare? O mi fermo o mi tolgono l’indagine. Ecco perché parlo di fine di autonomia e dell’indipendenza della magistratura. E lo dico a ragion veduta. Così non si può più andare avanti, così non ci sono più gli spazi per questo lavoro. E come si fa?".
Lei è diventato, suo malgrado, anche punto di riferimento per un Sud che vuole liberarsi da certi poteri poco trasparenti. Ha qualcosa da dire a quei ragazzi che manifestano per non farla cacciare? Cosa vorrebbe dire a quei giovani calabresi e a tutti gli altri che credono nell’autonomia della magistratura? "Io innanzitutto credo che questa mobilitazione sia sui diritti e sulla giustizia e non su un giustizialismo o provocata dalla voglia di un tintinnio di manette, di monetine tirate. Questa è una differenza importante con il 1992. Bisogna capire quale è la posta in gioco, questa non è più una questione solo di Luigi De Magistris. Sono convinto che c’è una consapevolezza dei propri diritti, che oggi c’è una grande maturità democratica. Ho ammirazione per quei ragazzi".
Come si sente davvero, cosa prova dentro nel momento che deve lasciare le sue inchieste? "In una regione che ha decine e decine di magistrati che si trovano in una situazione di opacità assoluta, si va a colpire con tutti i mezzi chi sta cercando di fare un po’ di chiarezza sul fiume di finanziamenti pubblici che sono arrivati... ".
Catanzaro, la Procura toglie l’inchiesta a De Magistris
Incompatibile a indagare su Mastella. Luigi De Magistris costretto dalla Procura di Catanzaro a lasciare l’inchiesta Why not. È l’ennesimo colpo di scena della saga che vede coinvolti il pubblico ministero calabrese e il ministro della Giustizia. Dopo che venerdì si era avuta notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di Clemente Mastella, sabato mattina, il procuratore generale di Catanzaro, Dolcino Favi, ha avocato l’inchiesta al pm Luigi De Magistris. Il motivo sarebbe proprio l’incompatibilità del pm a indagare sul ministro che ne ha chiesto il trasferimento.
La richiesta in corso di trasferire De Magistris da Catanzaro avrebbe dovuto, secondo la Procura, far desistere il pm dall’iscrivere il ministro Mastella, ovvero colui che ha chiesto di mandarlo via dalla Calabria, nel registro degli indagati. Ma non è andata così, e il procuratore Favi ha sentito il bisogno di intervenire direttamente. Favi ha applicato l’articolo 372 lettera A del codice di procedura penale, secondo il quale il procuratore è obbligato a disporre l’avocazione dell’inchiesta nel momento in cui si presenti una situazione di incompatibilità con il titolare dell’inchiesta stessa.
Aveva destato scalpore venerdì la notizia che nella sterminata lista degli iscritti al registro degli indagati dell’inchiesta Why Not fosse finito anche il nome di Mastella. Sì, proprio il ministro che da settimane porta avanti una dura campagna contro il pubblico ministero Luigi De Magistris, quello che sostiene l’esistenza di una sorta di "nuova tangentopoli", una vera e propria associazione a delinquere che coinvolgerebbe politici e imprenditori, non solo calabresi. Un terremoto che aveva avuto una nuova scossa con la decisione del ministro Mastella di chiedere il trasferimento del pm calabrese, per la sua «vigilanza assai inefficace» sull’iter di alcune inchieste, nonché per «comportamenti svincolati dalle norme processuali, ordinamentali e deontologiche».
Ma ad oggi, gli ispettori del ministero della Giustizia non hanno trovato nulla, e sul caso De Magistris si era alzato il polverone: in molti, dalle associazioni ai parenti delle vittime di mafia, fino al gip Clementina Forleo, sostengono che l’unica colpa di De Magistris sia quella di essere arrivato dove non doveva arrivare. Mastella, comunque, venerdì si era detto tranquillo, sereno e soprattutto estraneo ai fatti. Dalle prime indiscrezioni, pare che al centro delle accuse contro Mastella ci siano i suoi presunti rapporti con l’imprenditore Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria e pedina centrale dell’inchiesta Why Not, dal nome dell’agenzia interinale intestata allo stesso Saladino.
Ora, l’intervento della Procura rimette in gioco tutte le carte. Il pm De Magistris, intanto, dice di non sapere nulla dell’avocazione: «Ancora una volta - ha detto - vengono rese pubbliche a mezzo stampa notizie riservate che riguardano il mio ufficio, le mie indagini, e la mia persona. Se è vero quello che l’Ansa ha scritto, non avendo io ricevuto alcuna notifica - conclude - ci avviamo al crollo dello stato di diritto, registrandosi anche, nel mio caso, la fine dell’indipendenza e dell’autonomia dei magistrati quale potere diffuso».
* l’Unità, Pubblicato il: 20.10.07, Modificato il: 20.10.07 alle ore 17.03
Welfare, sinistra in piazza
I ministri restano a casa
Oggi a Roma il corteo promosso dalla sinistra radicale sul welfare, contro la precarietà e per i diritti civili. Mezzo milione in piazza, anche la moglie di Bertinotti. Contestazione al convegno sulla legge Biagi *
15:26 Prodi: "Sto alle dichiarazioni" Il premier Prodi, a Reggio Emilia, minimizza e non è preoccupato per la manifestazione: "Mi hanno dichiarato che non è assolutamente contro il governo, quindi sto alle dichiarazioni. In poche settimane abbiamo avuto manifestazioni di tutti i tipi. E’ un modo di manifestarsi della democrazia, tutto italiano, al quale siamo abituati".
15:22 Ingrao: "Non contro Prodi ma serve un cambiamento forte" Il leader storico della sinistra Pietro Ingrao, 82 anni, è arrivato in piazza Esedra e si è messo alla testa del corteo accolto come una "star" e al grido "abbasso Rutelli, abbasso Prodi, viva Ingrao". La manifestazione, ha detto, "non è contro Prodi e nemmeno contro Veltroni. Questa massa di popolo vuole un cambiento profondo e quindi credo che quanto più si rafforzerà questo movimento tanto più Prodi potrà fare qualcosa di buono".
15:18 Giordano: "Prodi vada avanti col programma" Il segretario di Rifondazione Franco Giordano, molto soddisfatto, dice: "Prodi vada avanti, raccogliendo le richieste di questa piazza perchè sono le promesse che abbiamo fatto durante le elezioni".
15:16 Il verde Bonelli: "Condividiamo ma non aderiamo" Tra i leader politici giunti in piazza Esedra anche il capogruppo verde alla Camera Angelo Bonelli. Il partito di pecoraro Scanio non aveva aderito alla piattaforma. "Però condividiamo i punti sulla precarietà e i diritti" ha detto per spiegare la sua presenza.
15:13 Diliberto: "Sconfitti gli uccelli del malaugurio" Il segretario dei Comunisti italiani è in piazza Esedra alla testa del corteo. "E’ una grande, grandissima manifestazione. Sono stati sconfitti gli uccelli del malaugurio. Il governo adesso deve tenere di conto di questa piazza per migliorare le condizioni del welfare".
14:49 Russo Spena: "Siamo 500 mila" Il capogruppo al Senato Giovanni Russo Spena è appena arrivato in piazza e dopo aver parlato con gli organizzatori ha detto: "Siamo 500 mila".
14:47 Gli organizzatori: "Siamo tantissimi" Piazza Esedra non basta più a contenere i manifestanti. Gli organizzatori hanno quindi avuto il permesso di aprire i varchi fino all’inizio di via Cavour dove stanno posizionando la testa del corteo e lo striscione "Siamo tutti un programma". "Aspettiamo Ingrao, sarà lui ad aprire il corteo" spiegano. La partenza è prevista alle 15 e 30.
14:37 Cremaschi: "Corteo contro la politica del governo" Per il segretario della Fiom "quella di oggi è una manifestazione contro la politica confindustriale del governo". Oggi, contrinua il leader sindacale, "scende in piazza un pezzo importante della sinistra che non ne può più del governo Prodi"
14:08 In piazza anche bandiere della Cgil Alla fine le bandiere della Cgil sono in piazza con quella della sinistra radicale. Piazza Esedra, punto di partenza del corteo organizzato contro il precariato e contro il protocollo sul welfare è quasi piena e non mancano la musica e le bandiere.
12:57 Marini: "Sarà una manifestazione democratica" "Non mi sono mai scandalizzato di manifestazioni democratiche". Quella di oggi della sinistra radicale "sarà così e credo avrà dei contenuti" afferma il presidente del Senato, Franco Marini. La decisione dei ministri della sinistra radicale di non partecipare alla manifestazione sul welfare "è stata una scelta saggia perchè la loro presenza in piazza strideva un po’".
12:48 Primi arrivi alla manifestazione Comincia l’affluenza alla manifestazione ’Siamo tutti un programma’. I primi treni sono arrivati alle stazioni Ostiense e Tiburtina. L’arrivo dell’ultimo treno è previsto per le 14:30 da Trieste. A Civitavecchia la nave dalla Sardegna è attraccata puntuale, questa mattina alle sette. I pullman cominciano ad arrivare nei diversi piazzali individuati come punti di incontro.
12:47 Precari contestano il convengno Parapiglia alla manifestazione organizzata al centro convegni Capranica dal comitato a difesa della legge Biagi. Un gruppo di cinque o sei giovani di Rifondazione comunista è infatti entrato nella sala dove si svolge il convegno esibendo un lungo striscione proprio davanti al tavolo degli oratori: "Siamo troppo giovani per lavorare", era scritto sul cartello in polemica con alcune norme della legge 30. "Il protocollo non me lo accollo". Quando i giovani sono entrati nella sala del convegno, dalla platea si è levato un grido: "Andate a lavorare’.
12:10 Casini: "Governo in crisi" Il fatto che una parte del governo sfili oggi a Roma "contro se stesso" è "un gravissimo segno di crisi dal quale forse non si può tornare indietro". Lo afferma il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini
12:10 Angeletti: "Difendere Biagi e Treu" "Il pacchetto Treu e la legge Biagi vanno difese perchè hanno portato risultati positivi. E per questo non capisco quali obiettivi si possa porre la manifestazione i oggi pomeriggio". Lo ha detto il leader della Uil Luigi Angeletti
12:09 Damiano: "Manifestazione sbagliata" "Un errore, ma il governo non rischia nulla". E’ quanto dichiara il ministro del Lavoro Cesare Damiano in un’intervista al ’Mattino’ riferendosi alla manifestazione. "Secondo me è una manifestazione sbagliata - spiega - Soprattutto dopo che il sindacato aveva deciso di promuovere un grande referendum democratico fra lavoratori e pensionati."
12:08 Bertinotti: "Manifestazioni tonico per la democrazia" Le manifestazioni vanno "guardate con grande interesse e attenzione, sono un antidoto alla separazione tra politica e istituzioni". Lo ha detto il presidente della Camera Fausto Bertinotti intervistato stamattina dal Gr1 Rai sulla manifestazione di oggi sul welfare.
La richiesta avanzata dal procuratore nei confronti del governatore della Sicilia
Gli avvocati chiedono il trasferimento del processo "per grave situazione ambientale"
Mafia, chiesta condanna a 8 anni per Cuffaro
Berlusconi: "Sono solidale con lui"
PALERMO - Otto anni di reclusione: questa la richiesta avanzata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone, al termine della requisitoria nel processo alle cosiddette "talpe della Dda", nei confronti del presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, imputato di favoreggiamento a Cosa nostra e rivelazione di notizie riservate. I pm hanno poi chiesto la condanna a 18 anni per il manager della sanità privata Michele Aiello, che deve rispondere di associazione mafiosa; nove anni per il maresciallo del Ros Giorgio Riolo, accusato di concorso in associazione mafiosa; cinque anni per il radiologo Aldo Carcione, imputato di concorso in rivelazioni di segreto d’ufficio. Pene pecuniarie sono state invocate per le società Atm (1 milione e 549 mila euro) e per la Diagnostica per immagini (un milione di euro).
Al fianco del Governatore si schiera Silvio Berlusconi che conferma "la solidarietà" a Cuffaro. "La stima che nutro nella sua intelligenza mi fa escludere in maniera assoluta che egli possa essere coinvolto in quelle vicende in cui si pretende di coinvolgerlo" dichiara il presidente di Forza Italia.
"Questo è stato definito il processo alle ’talpe’ - ha detto il procuratore Pignatone, alla fine della requisitoria, prima di formulare le richieste di pena - ma questa definizione è riduttiva. Questo processo ha svelato alcuni aspetti strategici e vitali per Cosa nostra, facendo emergere il coacervo di interessi illeciti che hanno accomunato mafiosi, imprenditori, professionisti ed esponenti delle istituzioni, compresi rappresentanti politici. Mai, come in questo processo è stato ricostruito, in un’aula giudiziaria, il fenomeno delle fughe di notizie, rivelando un panorama desolante di sistematico tradimento anche da parte di esponenti degli apparati investigativi".
In riferimento alla fuga di notizie, attribuita al governatore della Sicilia, sull’esistenza di intercettazioni a casa del boss Guttadauro, che nel 2001 portò alla rimozione della microspia e alla neutralizzazone dell’indagine, Pignatone ha sottolineato la "gravità della condotta di Cuffaro, che in quei giorni veniva eletto presidente della Regione siciliana". L’ultima considerazione, Pignatone l’ha dedicata al "comportamento processuale degli imputati" perché "non è stato possibile ricostruire l’intera catena delle rivelazioni delle notizie riservate, e dunque accertare se vi era una fonte interna alla Procura, e chi era quella persona in diretto collegamento con Roma, con cui Cuffaro commentava l’esito delle indagini".
"A questo punto ci aspettavamo una richiesta pesante, peraltro anticipata anche in questi giorni da qualcuno. Certo, non ci attendavamo il massimo previsto dalla legge. Comunque da noi, anche la richiesta di un solo giorno di carcere, sarebbe stata ritenuta eccessiva". Questo il commento dei legali di Cuffaro, Nino Caleca e Nino Mormino, che proprio questa mattina hanno depositato, nella terza sezione del Tribunale di Palermo, l’istanza in cui chiedono la "remissione" del processo in altra sede giudiziaria per "la grave situazione ambientale". A decidere sarà la Cassazione.
* la Repubblica, 15 ottobre 2007.
A proposito di Licio Gelli
di Marco Travaglio *
Caro Antonio, ho letto il tuo bellissimo editoriale di ieri. Tanto più bello in quanto raro, visti gli incredibili attacchi e insulti scagliati contro AnnoZero e contro chi ci lavora dalla stragrande maggioranza dei politici e dei giornali. Ti rispondo per la parte che mi riguarda, cioè per il post scriptum. La lettera di Licio Gelli era, ovviamente, frutto della mia fantasia, ma fino a un certo punto. Nel 1997 ho avuto modo di intervistare il cosiddetto Venerabile a proposito della Bicamerale che allora, sotto la presidenza D’Alema, si adoperava alla riforma costituzionale della giustizia a colpi di bozze Boato. Gelli era entusiasta di quelle bozze, tant’è che mi disse: «Dovrebbero darmi il copyright». Poi, fortunatamente, il suo discepolo Silvio fece saltare il banco perché pretendeva ancora di più (cioè, se possibile, di peggio). Quell’intervista m’è tornata in mente quest’estate quando, con la scusa di scongiurare l’entrata in vigore dell’ordinamento giudiziario Castelli, l’Unione ha approvato in fretta e furia l’ordinamento giudiziario Mastella. Che, pur essendo un po’ meno peggio della Castelli (quisquilie), separa di fatto le carriere tra giudici e pm: per passare dall’una all’altra, ora il magistrato penale dovrà cambiare regione. Così gli scambi dalla requirente a quello giudicante, che l’Europa raccomanda agli stati membri di agevolare in ogni modo, saranno difficilissimi, dunque rarissimi. Ci avevano provato Gelli, Craxi e Berlusconi, a separare le carriere. Invano. L’Unione, con la riforma Mastella, di fatto ci è riuscita. È tanto paradossale immaginare che il venerabile Licio ne sia felice?
Per questo - hai capito bene - l’altra sera parlavo sul serio. Non so te, ma se io avessi saputo che il ministro della Giustizia sarebbe stato Mastella e che costui avrebbe, nell’ordine, sponsorizzato l’indulto, separato di fatto le carriere dei giudici, vietato ai giornalisti di parlare delle indagini giudiziarie e di pubblicarne gli atti, perseguitato i magistrati più coraggiosi ed esposti del Paese, io l’anno scorso non sarei andato a votare per l’Unione, come purtroppo ho fatto. E credo che molti, come me, se ne sarebbero rimasti a casa.
Come hai scritto nel tuo editoriale, AnnoZero ha mostrato una realtà che esiste: un pm isolato e sotto attacco, sia da parte del governo sia da parte della ’ndrangheta; una società civile, quella calabro-lucana, che si è svegliata e fa scudo con migliaia di cittadini, perlopiù giovanissimi, ai suoi (pochi) magistrati veri. Questi sono i fatti che abbiamo mostrato. Un sondaggio condotto da Sky dopo AnnoZero dice che l’85% dei cittadini sta con De Magistris e con la Forleo, contro i politici che li attaccano. Un sondaggio condotto da la Repubblica dice che l’82% dei lettori sta con Santoro e contro chi lo insulta o addirittura lo vorrebbe riepurare. Con chi sta il governo Prodi? Purtroppo, visto il ricatto permanente che Mastella esercita su Prodi, su tutta la maggioranza e sulla Rai, il governo è contro quei magistrati, contro AnnoZero e contro la stragrande maggioranza dei cittadini.
Lo so anch’io che Prodi non è Berlusconi, Padoa-Schioppa non è Tremonti e - aggiungo - Di Pietro non è Lunardi (altrimenti non avrei votato per l’Unione). Che Mastella sia diverso da Castelli, a parte un cambio di vocale e uno di consonante, ho i miei seri dubbi: e comunque lo penserò quando manterrà una sola delle promesse elettorali dell’Unione in materia di giustizia, cancellando tutte le leggi vergogna, anziché mandarle in vigore con qualche ridicolo ritocco (ordinamento giudiziario) o aggiungerne di nuove o perseguitare i magistrati migliori. E comunque i governi non si giudicano solo per le facce che esibiscono: si giudicano soprattutto, per la politica che fanno. Bene, anzi male: in tema di giustizia e di informazione siamo ancora, più che mai, nell’èra Berlusconi. Tu dici: «Certi partiti e certi ministri commettono errori». Eh no, caro Antonio: errare humanum, perseverare diabolicum. Errori potevano essere quelli dell’Ulivo nella legislatura 1996-2001, quando non fu risolto il conflitto d’interessi, non fu varata la legge antitrust sulle tv e furono approvate una dozzina di leggi contro la Giustizia in perfetta sintonia (e con i voti) del centrodestra. Se le stesse persone di allora ricadono nelle stesse vergogne e omissioni di dieci anni fa, vuol dire che quelle non sono (e non erano) “errori”: sono (ed erano) i frutti di un progetto politico ben ponderato, che considera i poteri di controllo - informazione libera e magistratura indipendente - come fastidiosi intrusi da scacciare dal tempio della casta.
Non c’è bisogno di cercare “fili invisibili” o “manovre occulte” per spiegare tutto ciò: come hai scritto, «tutto il bene e tutto il male del governo Prodi lo abbiamo sotto gli occhi». Infatti abbiamo sotto gli occhi il caso di una giudice che chiede il permesso di usare le intercettazioni di alcuni parlamentari forzisti e diessini e viene insultata e attaccata per mesi senza soluzione di continuità (e senza uno straccio di solidarietà dall’Anm); e abbiamo un pm che indaga su Prodi e sui migliori amici di Mastella (da Saladino dell’ex piduista Bisignani) che rischia di essere defenestrato su richiesta di Mastella, cioè del governo Prodi (senza uno straccio di solidarietà dall’Anm). È proprio tutto sotto i nostri occhi che tanti elettori dell’Unione sono inferociti o sconcertati: perché queste cose accadono davvero, non perché AnnoZero ne ha parlato o perché io ho immaginato una letterina del Venerabile.
Il guaio è la luna, non il dito che la indica. L’ha scritto anche Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia e coordinatrice della lista Veltroni a Firenze: «Il Partito democratico dica esattamente se sta con i ragazzi di Locri o con Mastella». Il Pd dica esattamente se sta con Salvatore Borsellino, con Sonia Alfano, con Rosaria Scopelliti, o se li considera un branco di facinorosi. Risposta: silenzio assordante dai maggiori candidati alla guida del Partito democratico.
Non a te, che hai cortesemente dissentito, ma ai tanti colleghi e politici che mi hanno insultato, vorrei rivolgere questa semplice domanda: che cosa direste oggi se queste cose le facesse (anzi, le rifacesse, perché ha già fatto tutto lui prima di Mastella) Berlusconi? Che i giudici non hanno diritto di parola? Che i giornalisti non hanno diritto di cronaca e di critica? Che il Cavaliere commette qualche “errore” in buona fede? E con quale credibilità potrete criticare Berlusconi se tornerà a manomettere la libertà d’informazione e l’indipendenza della magistratura? Ecco, è questa doppia morale che trovo francamente insopportabile. Perché tende a nascondere e a minimizzare quel che accade e rende impossibile ciò che tutti noi non smettiamo mai di sperare: e cioè che, a furia di frustate, questo governo, proprio perché composto in gran parte da persone perbene, rinsavisca, si dia una regolata, ammetta di avere sbagliato e spenda i prossimi mesi a realizzare ciò che tanti elettori si augurano dal maggio 2006. Anche per questo, a costo di passare per barbaro, esibizionista e disinformatore, intendo seguitare a non nascondere e a non minimizzare nulla sotto il ricatto: «Zitto, se no torna Berlusconi». Anche perché Berlusconi non ha bisogno di tornare: purtroppo, non se n’è mai andato.
Anche io spero che su giustizia e legalità questo governo spenda i prossimi mesi (e i prossimi anni) a realizzare ciò che gli elettori hanno chiesto e che si può leggere nel famoso programma dell’Unione. Mastella a parte, anche tu concordi che il governo Prodi non è il governo Berlusconi. Non dimentichiamolo mai.
Antonio Padellaro
* l’Unità, Pubblicato il: 08.10.07, Modificato il: 08.10.07 alle ore 9.32
Fanno discutere le frasi del candidato favorito alla leadership del Partito democratico
"La moglie di Berlusconi è una persona che stimo, con grande curiosità culturale"
"Veronica Lario nel Pd? Nulla di strano" Veltroni apre, ma è duello con la Bindi
Replica polemica del ministro: "Proposta improbabile, al partito serve gente normale" *
BARI - "Non c’è nulla di strano, è una persona che stimo, con la quale ho avuto modo di discutere, è una persona con grandi curiosità culturali ed intellettuali". Walter Veltroni torna così sul suo invito rivolto a Veronica Lario, moglie del leader del centrodestra Silvio Berlusconi e affidato alle colonne del settimanale "A".
A Bari con Massimo D’Alema e Dario Franceschini per una manifestazione sul Partito Democratico, il sindaco di Roma torna così su una questione che ha stimolato la curiosità di molti. "Veronica Lario ha dei valori che - continua Veltroni - mi sembrano interessanti e attenti ai temi dei diritti civili".
Veltroni racconta di aver incontrato Lady Berlusconi in Campidoglio e di averla trovata "open minded, con la mente aperta e con una grande autonomia intellettuale". Spingendosi fino a ipotizzare il suo ingresso in un’eventuale squadra di governo. Affermazioni che Veltroni spiega così: "E’ solamente una manifestazione di stima, non c’è nessuna squadra, è l’idea di un Paese civile nel quale le persone si possono stimare, possono rispettarsi e possono incontrarsi e parlare anche al di là delle appartenenze di ciascuno". E non, assicura il sindaco di Roma "un colpo basso a Berlusconi". Di cui, però, si ignora la reazione. Come quella di Veronica Lario che, a quanto risulta, non ha replicato all’invito di Veltroni.
L’apertura del sindaco di Roma non è piaciuta invece ai suoi concorrenti nella corsa alla guida del Pd. Una bocciatura secca è arrivata soprattutto da Rosy Bindi. "Veltroni vuole Veronica Berlusconi nel Pd? Questa è l’esternazione più improbabile che ho sentito dall’inizio della campagna per le primarie", ha commentato il ministro. "Il punto è molto semplice - ha aggiunto la Bindi - dobbiamo deciderci se alle oligarchie dei partiti vogliamo sostituire le oligarchie della società civile". Il Partito democratico, ha concluso, deve essere "il partito degli italiani normali, quelli che la mattina escono di casa, fanno fatica con il sistema dei trasporti che abbiamo ad andare a lavorare, che hanno il problema dei figli, della crescita della famiglia. Se non irrompe nella politica questa Italia perderemo l’ennesima occasione".
* la Repubblica, 3 ottobre 2007.
Un appello contro la deriva che DAL NOSTRO INTERNO sta distruggendo la Società Civile Organizzata di questo Paese.
di Paolo Barnard *
Cari amici,
sono Paolo Barnard, giornalista ex inviato di Report e scrittore (Perché ci Odiano ecc.), impegnato da molti anni nei temi che ci stanno a cuore. Queste righe sono un appello molto più che accorato, sono piuttosto un grido per ostacolare la rovinosa deriva nella quale la Società Civile Organizzata italiana* è franata, e di cui il terribile V-day di Beppe Grillo è solo l’espressione più visibile.
Sta accadendo che noi, la Società Civile Organizzata di questo Paese, ci stiamo facendo annullare dai metodi e dalle strutture di rapporto di alcune personalità divenute nostri leader, e dal fumo negli occhi che costoro sono riusciti a soffiarci. Siamo ridotti oggi a poca cosa, ci stiamo auto consegnando all’irrilevanza, nonostante l’apparenza sulla superficie sembri dimostrare l’esatto contrario. Eravamo invece l’unica speranza rimasta a fronteggiare il trionfo internazionale del Sistema massmediatico e neoliberista, davvero l’ultima spiaggia. L’annullamento di quella speranza è per me una tragedia enorme, ma è indicibilmente più tragico che questa rovina si stia consumando per mano dei nostri stessi leader alternativi e con il nostro pieno ed euforico consenso. Questo, mentre il Sistema se ne sta tranquillo a guardare in piacevole stupore (il Sistema, amici, quello vero, quello che non sta a Palazzo Chigi).
E’ accaduto che noi, gli antagonisti, abbiamo riprodotto al nostro interno le medesime strutture del Sistema che volevamo contrastare.
* per Società Civile Organizzata si intendono sia i pochi attivisti che i tanti simpatizzanti raccoltisi attorno ai Movimenti e ai gruppi di protesta italiani.
L’annullamento verticale
Anche fra noi dilaga oggi la struttura chiamata Cultura della Visibilità, che è la cultura dei Personaggi, cioè dei Vip, e che nel nostro caso è rigorosamente alternativa, certo, ma sempre identica all’equivalente struttura del Sistema massmediatico. E cioè la nefasta separazione fra pochi onnipresenti famosi, e tanti seguaci. Ne siamo pervasi totalmente.
I nostri Personaggi e gli eventi che essi gestiscono (i Grillo, Travaglio, Guzzanti, Strada, Zanotelli, Ciotti, Moretti ecc., con le loro marce, manifestazioni, spettacoli di piazza, film ecc.) producono singolarmente cose (talvolta) egregie, ma collettivamente fomentano quella struttura compiendo un danno devastante, e che pochi ancora comprendono nella sua ampiezza e implicazioni. Quale danno? Essi di fatto svuotano l’Io dei loro seguaci impedendogli di divenire singole entità autonome e potenti, rendendoli (rendendoci) un esercito di anime incapaci, dunque minando la Società Civile Organizzata e la speranza che essa rappresenta. Ecco come:
1) I Personaggi, ponendosi come tali, inevitabilmente ci trasmettono la sensazione di sapere sempre più di noi, di poter fare più di noi, di contare più di noi, di aver sempre più carisma di noi, più coraggio, più visibilità. E più sapere, capacità, importanza, carisma, coraggio e visibilità noi gli attribuiamo meno ne attribuiamo a noi stessi. Il paragone inevitabile fra la nostra (generalmente fragile) autostima e l’immagine di ‘grandezza’ dei Personaggi, fra il nostro limitato potere e quello invece di chi è famoso, è ciò che finisce per annullarci. Tantissimi di noi infatti pensano “ma da solo cosa posso mai fare? cosa conto? chi mi ascolta?”, e in sol colpo ci auto annulliamo. Smettiamo così di pensare e di agire autonomamente e corriamo ad affidarci ai suddetti Personaggi, che prontamente ci forniscono un pensare e un agire preconfezionati, che noi fotocopiamo in un’adesione adorante e acritica. E questa è, insieme, una rovina per noi e la salvezza del Sistema, per le ragioni che esporrò a breve.
Riguardatevi la folla del V-day di Bologna e ragionate solamente su tutte quelle mani alzate e sulle ovazioni. Cosa trasmettevano se non una colossale attribuzione di potere a coloro che cavalcavano quel palco?
Abbiamo così ricreato una verticalità e nuove Caste. E’ tutto lì, la cosa peggiore è proprio questa. La loro imponenza, cultura, e visibilità rimpiccioliscono noi, che deleghiamo loro praticamente tutto.
E infatti in assenza dei personaggi, delle loro analisi e delle loro iniziative, la maggioranza di noi diviene inerte, anzi, scompare. Ecco perché le migliaia di noi che si riversano nelle piazze ogni anno sembrano regolarmente sparire nel nulla all’indomani. Ecco perché questa Società Civile non cambierà alcunché.
Beppe Grillo, come tutti i trascinatori, fa crescere (o piuttosto fanatizza?) alcuni suoi attivi seguaci ma contemporaneamente svuota centinaia di migliaia, ed ecco il fumo che egli ci getta negli occhi quando ci convince invece che tanto sta accadendo.
E non fatevi ingannare dal fatto che i nostri Personaggi denunciano cose spesso sacrosante, o che alcune loro iniziative sono anche benefiche. Questo vi oscura una visione più obiettiva, poiché siete assetati di qualcosa che finalmente spezzi il Sistema e vi gettate con entusiasmo sulla prima offerta disponibile che ‘suoni’ come giusta. Ma il giusto che costoro invocano e operano è ben poca cosa di fronte al danno che nell’insieme (e più o meno consapevolmente) essi causano attraverso l’annullamento di così tanti. Esattamente come nel caso, a voi noto, dell’ingannevole giustezza e natura benefica dei cosiddetti aiuti al Terzo Mondo: ineccepibili e sacrosanti all’apparenza, ma nella realtà essi sono la vera causa della rovina e della morte di milioni di derelitti nel mondo.
2) Tutti i sopraccitati Personaggi, dai comici ai preti ai giornalisti, hanno dato l’avvio in Italia a una forsennata industria della denuncia e dell’indignazione, ovvero la febbre della denuncia dei misfatti politici a mezzo stampa o editoria, con tanto di pubblici inquisitori che ne sfornano a ritmo incessante, nella incomprensibile convinzione che aggiungere la cinquecentesima denuncia alla quattrocentonovantanove in un martellamento ossessivo serva a cambiare l’Italia. Eppure, che la politica italiana fosse laida, ladra e corrotta, milioni di italiani lo sapevano benissimo già prima che molti di questi industriali dell’indignazione nascessero, e assai poco è cambiato. Allora, a che serve procedere compulsivamente ad aggiungere denuncia e denuncia e indignazione a indignazione? In realtà questo modo di agire serve a giustificare (oltre agli incassi degli autori) l’auto assoluzione di masse enormi di italiani, noi italiani come sempre entusiasti di incolpare qualcun altro, e mai noi stessi e la nostra becera inerzia, per ciò che accade. E badate bene che è proprio questa auto assoluzione scodellataci dai nostri Personaggi che ci annulla ulteriormente, poiché ci impedisce di imbatterci nell’unica verità in grado di farci agire, e cioè che alla fine della strada la responsabilità ultima per tutto quello che accade di sporco e corrotto in questo Paese è nostra. Direbbe Truman: The buck stops here.
La vera Casta in Italia sono i milioni di bravi cittadini che evadono più di 270 miliardi di euro all’anno, quelli che fanno politica una volta ogni cinque anni, quelli che ogni cinque anni consegnano masse di potere a pochi rappresentanti e poi si occupano solo dei fatti propri (come affidare a un bambino le chiavi del magazzino della Nutella e non controllarlo più, e poi lamentarsi che il bimbo ha finito col papparsela tutta). Ma anche quelli che, e parlo ora delle adoranti folle del V-day, si sentono ’belle anime’ in lotta per Un Mondo Migliore perché si riversano nelle piazze ad applaudire l’istrione egomaniacale di turno, ma che chissà perché non compaiono mai nei luoghi del grigio vivere quotidiano a fare il lavoro noioso, paziente, un po’ opaco dell’impegno civico, del controllo sui poteri, della partecipazione continua, del reclamo incessante di standard morali e democratici, e della creazione di consenso fra la vera Casta.
E invece a braccetto con l’industria della denuncia e dell’indignazione ci auto assolviamo e ci ri-annulliamo.
Si doveva fare altro.
La struttura orizzontale*. Solo Fonti, non Star.
Dovevamo invece essere aiutati a crescere per divenire ciascuno singolarmente il Personaggio di se stesso, il Leader di se stesso, il Travaglio-Grillo-Ciotti-Zanotelli ecc. di se stesso.Dovevamo imparare a ‘scrivere’, ciascuno di noi a suo modo, il ‘libro’ dellapropria denuncia dei fatti e della propria analisi accurata dei fatti,dovevamo imparare a fare ogni giorno il nostro personale Tg, ad essere i presidenti del consiglio di noi stessi, i politici di noi stessi, unici e soli referenti di noi stessi, a credere solo nella propria verità, senza mai, mai e mai aderire acriticamente alla verità di alcuno, chiunque esso/a sia, qualunque sia la sua fama, provenienza, carisma o potere. Ciascuno di noisul proprio palco,sotto i propri riflettori, in prima serata, non importa quanto colti, quanto intelligenti, quanto connessi, poiché l’unico motore del nostro agire doveva essere la fede nell’insostituibile importanza di ciascuno di noi.
Non dovevamo permettere la nascita di Star alternative perennemente citate, adorate, ospitate in tv, inseguite nelle piazze fin al delirio da stadio, e detentori del ‘cosa si deve fare’, se non addirittura dell’organizzazione nostro futuro. Semmai esse dovevano invece fungere da semplici individui che si mettevano a nostra disposizione unicamente come fonti. Semplici fonti, da consultare con sana distanza, da usare come si usa Google, ovvero pagine fra le tante di una enciclopedia che può esserci utile ma il cui ruolo doveva rimanere più modesto. A scintillare non dovevano essere i Grillo e i Travaglio, doveva essere ogni singola persona comune, per sé, in sé. Tutto ciò, in un rapporto sempre e solo orizzontale.
Solo il percorso sopraccitato avrebbe garantito la nascita di un insieme di cittadini capaci di agire sempre, indipendentemente da qualsiasi cosa, capaci di combattere anche da soli, anche in assenza dei trascinatori, per sé e con sé, dunque potenti, affidabili e durevoli, sani in una dialettica sociale sana. Gente in grado di analisi attente e indipendenti di ogni evento, alla ricerca della giusta soluzione, e che mai si farebbe trascinare dall’errore fatale dell’adesione acritica all’analisi di qualcun altro.
Questo avrebbe fatto tremare i palazzi, questo li avrebbe spazzati via, questo e solo questo avrebbe cambiato la nostra Italia.
* ho preso in prestito il termine ‘orizzontale’ da uno scritto di Gherardo Colombo, che ringrazio. nda
Il gregge e il precipizio.
Fra i nostri Vip alternativi si agitano alcuni personaggi meschinamente in malafede, ed è davanti agli occhi di tutti. Altri sono meno equivoci, ma tristemente incapaci di vedere una verità che vale la pena ripetere: non possono incitare le persone ad agire mentre, per i motivi sopraccitati, li svuotano della capacità di agire. Il V-day e i suoi Vip hanno offerto uno spettacolo indecente quando incitavano la cittadinanza a fare politica dopo averla per anni annullata fino all’intontimento. Ed eccolo l’intontimento risultante: sentiamo e accettiamo da costoro cose che solo pochi anni fa ci avrebbero fatto trasecolare e indignare, come
le proposte di omologazione culturale degli immigrati che neppure Le Pen ha mai fatto;
l’esaltazione del criminale di guerra Tony Blair come leader illuminato (sic) e della Fallaci come “unica vera giornalista italiana”;
la schedatura del DNA;
l’assoluzione delle condotte disumane e dei crimini internazionali d’Israele perché “sappiamo di cosa sono capaci gli arabi”;
l’inammissibile retorica sull’esistenza di un presunto ‘regime’ in Italia, che offende la memoria dei milioni che sono morti sotto le vere torture nelle vere carceri dei veri regimi, e che espone la frode di certi nostri attuali ‘oppositori del regime’ perennemente in prima serata Tv, o nei salotti letterari, o nelle piazze o sui maggiori quotidiani nazionali, quando non mi risulta che Steve Biko o Santiago Consalvi o ancor prima Gramsci o i fratelli Rosselli si siano mai opposti in quel modo ai rispettivi regimi;
e poi guazzabugli sgangherati di concetti come democrazia e partecipazione, con, solo per citare un esempio recentissimo, sconsolanti assurdità come questa (profferta da una fra i nostri idoli in prima serata): “L’Italia non è una democrazia, lo dimostra il fatto che dopo ogni inchiesta di Report non accade mai nulla!”. E’ desolante che questa opinion leader alternativa confonda una trasmissione Tv col risultato di un referendum. E’ a questo livello di competenza che affidiamo le nostre convinzioni? E non si tratta di bazzecole; immaginate solo come avrebbe ironizzato quella stessa opinion leader se Calderoli avesse detto “L’Italia non è una democrazia, lo dimostra il fatto che dopo ogni denuncia della Padania non accade mai nulla!”.
cadute di stile terribili, come l’augurio di morte al politico urlato dal palco e accolto dall’applauso scrosciante (sic) del pubblico dei ‘giusti e nuovi cittadini’;
tirate isteriche all’insegna del miglior imperialismo culturale in pieno stile Bush/Huntington spacciate per difesa dei diritti umani e della legalità in Afghanistan;
intolleranza ed esclusione delle opinioni dissidenti espresse dall’interno da parte dei grandi paladini anti imperialisti come Lettera 22 o Peacereporter o il Manifesto, o Diario, o Liberazione o Radio Popolare, esattamente come accadrebbe su Libero, il Foglio, Matrix o a Porta a Porta;
il noto programma d’inchiesta “coraggioso” che sopravvive e prospera 4 anni in prima serata Tv sotto il governo Berlusconi, mentre il noto ‘oppositore del regime’ pontifica che “chi non ha il guinzaglio in televisione in questo momento non lavora e chi ci lavora in un modo o nell’altro un suo guinzaglio ce l’ha....”, salvo poi rifiutarsi con spregio e arroganza di spiegare questa contraddizione;
il giornalista moralizzatore che salta dalla RAI a Mediaset alla RAI al parlamento europeo a suon di denaro pubblico e con mandato popolare, per poi dire grazie tante e piantarci in asso per riprendersi il suo giocattolo preferito alla faccia del nostro mandato e dei nostri soldi;
il quotidiano ‘diverso’ e i suoi fans che abbracciano l’eroe Calipari perché ha salvato una di loro, ma che alla domanda “cosa avreste detto di questo ‘sbirro’ se fosse morto salvando Quattrocchi o Agliana?” si rifiutano sia di rispondere che di aprire una riflessione tremendamente importante;
i preti attivisti che chiedono ai potenti del mondo il ripudio, senza se né ma, dell’imperialismo, del capitale selvaggio, dei mercati di armi, delle mafie, in quanto irriformabili e osceni, ma che non accennano ad alcun ripudio senza se né ma del loro Vaticano, non meno irriformabile e osceno;
gli insulti a raffica come strumento dialettico del nuovo Guru, in totale sintonia con le dialettiche ‘celoduriste’;
il pressappochismo delle denunce, le sparate nel mucchio, l’urlo come garante di affidabilità di un’affermazione, che ha rimpiazzato del tutto l’analisi critica con cui dovremmo sezionare ciascuna affermazione prima di promuoverla a verità. E tanto, tristemente, altro.
E noi in deliquio per questa roba, la chiamiamo rivoluzione, democrazia, giustizia.
Ma proprio più nessuno si sta rendendo conto che il V-day è stato lo scioccante apogeo di questa disastrosa deriva? O che Beppe Grillo è andato fuori di testa, detto come va detto, che si sente e si pone come l’Unto del Signore che salverà l’Italia (vi ricorda qualcuno?). Quell’uomo dilaga e straripa e mescola e pasticcia e spara e si contraddice e impera e fa e disfa, e persino delira di un futuro a sua immagine per tutti, e ce lo sta imponendo a urli e insulti.
Noi persone civicamente impegnate siamo finiti a berci tutto questo senza neppure più vederlo. E il pericolo è che un affidamento così sciagurato a figure così ipertrofiche con tali metodi e con quella struttura di relazione verticale ci sta portando tutti insieme nel baratro, al loro seguito.
I sonni tranquilli del Potere.
Vi prego di riflettere. Credete veramente che il Potere sia così sciocco e impreparato da poter essere, non dico sconfitto, ma anche solo disturbato da questo sgangherato esercito alla deriva? Ma credete veramente che coloro che in soli 35 anni hanno saputo ribaltare due secoli e mezzo di Storia, coloro che hanno reso di nuovo plausibile l’inimmaginabile nella quotidiana vita di 800 milioni di cittadini occidentali, coloro che muovono 1,5 trilioni di dollari di capitale al giorno, coloro che tengono ben salde nelle loro mani tutte le leve della nostra Esistenza Commerciale stiano perdendo anche un singolo secondo di sonno per noi e per i nostri Guru? Ma avete un’idea di come lavorano questi? Dovete capire, proprio visualizzare, il potere di chi è riuscito in un attimo della Storia a compattare migliaia di destre economiche eterogenee sotto un’unica egida e sotto un pugno di semplicissime ma ferree regole, per poi travolgere il pianeta ribaltandolo da cima a fondo. Il Potere è ed è stato coeso, annullando ogni individualismo fra i potenti, è ed è stato disciplinato all’inverosimile, ossessivamente preciso in ogni analisi, immensamente competente, sempre silenzioso, al lavoro 24 ore su 24 senza mai un respiro di pausa, comunicatore raffinato, con a disposizione i cervelli più abili del pianeta e mezzi colossali. Aprite gli occhi. Secondo voi questa immensa macchina infernale può preoccuparsi dell’incedere di un nugolo di personaggi o istrioni più o meno credibili con al seguito una minoranza di adepti/fans/seguaci persi nell’ingenua buona fede quando non già del tutto disattivati dei loro stessi leader?
E allora capite la mia disperazione nel vedere che forze già così fragili e sparute come le nostre vengono eviscerate e si fanno eviscerare dall’interno? Vi prego, fermatevi, fermiamoci tutti.
L’unica speranza.
Dobbiamo fermarci, fermare tutta la nostra macchina di oppositori civici, Movimenti inclusi, e guardarci dentro. Forse non siamo tanto migliori o differenti dal Sistema che vorremmo contrastare, dalle persone che tanto detestiamo. Forse abbiamo replicato il loro sciagurato modello di rapporti, e per alcuni dei nostri leader alternativi vale la considerazione di Brecht che “Il nemico talvolta marcia alla vostra testa”.
Io ho suggerito una strada, che è quella descritta precedentemente, e cioè il percorso di crescita individuale in consapevolezza e in autostima di ciascuna persona in assenza di Guru e di Vip, e in assoluta orizzontalità critica. Ma con un’aggiunta: è ora di piantarla con questa febbre autoassolutoria nutrita dall’industria della denuncia per nutrire le sue Star e che paralizza noi. Lo sappiamo già alla nausea cosa non va, basta. E’ ora di farsi carico, e prima di tutto
FARSI CARICO DEI PROPRI TALENTI, NON IMPORTA SE MOLTI O POCHI, CON PARI DIGNITA’ RISPETTO A CHIUNQUE ALTRO
FARSI CARICO DELLE PROPRIE RESPONSABILITA’, SENZA SCARICARE LE COLPE SOLO SUI POTENTI
E POI ACCETTARE CIASCUNO DI NOI DI PAGARE OGNI PREZZO LUNGO LA STRADA PER UN MONDO MIGLIORE
E INFINE CREARE CONSENSO FRA LA GENTE SUI VALORI COMUNI E SU QUEI PREZZI DA PAGARE
DIVENIRE IN ALTRE PAROLE CITTADINI ADULTI CHE, SENZA GURU E SENZA VIP, SAPPIANO PARTECIPARE IN ORIZZONTALE
Grazie per avermi letto.
Paolo Barnard
Cooperazione, 1 mld di debiti di Berlusconi pagato da Prodi *
Il buco, l’abbiamo coperto per metà con un decreto legge varato a luglio. Oggi, ci tocca pagare il resto. «Immaginate cosa significa pagare un miliardo di euro in un anno», commenta amaro Enrico Letta mentre racconta come il governo Prodi abbia dovuto rimediare agli impegni presi e non rispettati dall’esecutivo Berlusconi.
Lotta all’Aids, cooperazione internazionale, campagna per il cibo dell’Onu e campagna sull’infanzia dell’Unicef: Berlusconi, quando era presidente del Consiglio, si era impegnato a versare un miliardo di euro per sostenere queste campagne. Ma poi è sparito, e la comunità internazionale è tornata a battere cassa, minacciando l’esclusione dall’ultimo G8, che si è riunto a Rostock lo scorso giugno.
«Oggi chiudiamo cinque anni di “pagherò” del governo Berlusconi verso la comunità internazionale», ha spiegato il sottosegretario Letta. Il pericolo di vederci chiudere in faccia la porta dai "grandi" della Terra, insomma, è scampato. Ma le inadempienze del governo Berlusconi tornano ad appesantire le casse dello Stato perennemente in rosso.
In occasione dell’incontro tra i candidati alla segreteria del Pd e le organizzazioni del Terzo settore, Letta ha anche annunciato che «il 5 per mille sarà di nuovo in Finanziaria». Un modo, ha spiegato l’esponente Dl per «mettere in movimento le migliori energie del paese».
* l’Unità, Pubblicato il: 28.09.07, Modificato il: 28.09.07 alle ore 13.27
Lo Stato, oltre i particolarismi
Occorre riscrivere la mappa del bene comune *
di Pierpaolo Donati (Avvenire, 28.09.2007)
La profonda crisi che l’Italia sta attraversando è sotto gli occhi di tutti. La cosa pubblica è in mano a una miriade di partiti, gruppi di pressione e di interesse, migliaia di piccole e grandi lobby che si comportano come vere e proprie bande armate le une contro le altre. È la crisi del bene comune, che sta portando il Paese alla deriva.
La 45ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, in programma per il prossimo mese di ottobre, dovrà affrontare questa sfida. Come possiamo porre rimedio ad un sistema societario che funziona in modo perverso, cioè premiando i particolarismi? Il mondo cattolico ha molto da dire al riguardo. Ma dovrà fare un grande sforzo per articolare in concreto i suoi principi fondamentali. Non si esagera se si afferma che si tratta di rifondare uno Stato sociale che, nelle pratiche quotidiane, si comporta come se il bene comune fosse solo un intreccio di interessi economici e politici, una forma di utilitarismo collettivo, volto a svincolare le persone dalle loro responsabilità relazionali. I frutti ci saranno se si penserà in grande, cioè nei termini di un processo costituzionale simile a quello che prese le mosse dal Codice di Camaldoli. Come farlo?
Ridefinendo il bene comune e tracciandone una nuova mappa. Richiamarsi alla Costituzione repubblicana, per quanto certamente valida nei suoi principi fondamentali, non sarà sufficiente per affrontare questo passaggio.
Si tratta, infatti, di comprendere che, al di là delle singole cause, molte e complesse, l’incapacità di perseguire il bene comune oggi deriva dal fatto che tutti gli attori, volenti o nolenti, sono forzati a condividere una concezione di Stato sociale - quella hobbesiana - secondo la quale il bene comune risiede in un contratto fra individui proprietari che in comune hanno solo la regola di non pestarsi i piedi a vicenda nel perseguire i propri interessi e conferiscono al Leviatano (lo Stato) il monopolio del potere politico affinché garantisca la competizione fra attori che sono, basicamente, lupi che lottano contro altri lupi. Questa configurazione si presenta oggi nella forma lib-lab, che combina le libertà individuali di competizione (lib) con il controllo statale delle uguali opportunità (lab). Per quanto ancora dominante (con politiche di welfare mix), questo assetto ha esaurito la sua spinta e diventa patogeno.
Per tracciare una nuova mappa del bene comune, occorre prendere atto che l’assetto lib-lab, per quanto democratico, alimenta solo la lotta fra interessi egoistici. La società odierna esprime l’esigenza di nuovi beni comuni nel senso che solo comunità di persone aventi orientamenti prosociali possono esprimerli e tutelarli. La mappa del bene comune deve essere riscritta come mappa di quei beni relazionali, primari e secondari, che sono oggi richiesti al di là dei beni strettamente statuali (imposti con la forza della legge) e di quelli strettamente privati (in quanto fruiti individualmente, senza che richiedano relazioni ad altri). Ciò vale in tutti i campi: politiche familiari, scuola, mercato del lavoro, imprese, università e ricerca, sanità e organizzazioni di cura, fino ai sistemi previdenziali e assicurativi.
Dobbiamo lasciarci alle spalle una concezione del bene comune inteso come somma dei beni individuali acquisiti attraverso opportunità individuali, per mettere in luce il fatto che il bene comune è invece costituito dalla relazione di scambio fra i soggetti sociali quando essi operano in base ai principi del primato della persona umana (la personalizzazione del welfare), della sussidiarietà (aiutare l’altro a fare quello che l’altro deve fare) e della solidarietà (la responsabilità è comune).
Sul tema, per non ripetere vecchi errori e per non equivocare, si cfr.:
La costruzione del "presepe" ... e la risata di "Giuseppe".
La Fenomenologia dello Spirito .... dei "Due Soli". Un’ipotesi di rilettura della "Divina Commedia".
L’Unità rivolge un appello ai partiti dell’Unione affinché cessino le divisioni e i litigi che oltre a frantumare la maggioranza ledono l’immagine del governo allontanando numerosi elettori che a questa coalizione avevano dato fiducia. Pur rispettando e conservando le legittime differenze sui vari interventi di governo, si deve dire basta a un modo di agire con il quale l’Unione fa solo del male a se stessa.
Un simile comportamento fa sì che l’attenzione dei cittadini e dei media sia tutta rivolta alle tensioni e ai litigi, lasciando in secondo piano, o addirittura nascondendo, la difficile azione di risanamento intrapresa dal governo Prodi, con il risultato paradossale di far ricadere solo sul centrosinistra il peso dell’antipolitica e di restituire consensi a quella destra che ha portato il Paese sull’orlo della bancarotta economica e morale.
Siete d’accordo con questo appello che viene lanciato sulla prima pagina dell’Unità? E perché? Dite la vostra.