Il commissario Ue per gli Affari sociali Vladimir Spidla ha annunciato lunedì a Lussemburgo ai ministri Ue un pacchetto di provvedimenti che prevede un documento sulla popolazione Rom ed una proposta di normativa anti-discriminazione. Lo ha riferito la sua portavoce Katharina Von Schnurbein precisando che il pacchetto sarà varato dalla Commissione europea il 2 luglio prossimo e non il 25 giugno come previsto in un primo momento. Il commissario, secondo quanto si è appreso, si è limitato ad un’informativa ai ministri sul provvedimento a cui non è seguito dibattito in Consiglio.
L’annuncio di un pacchetto di misure specifiche sulle questioni dei rom e delle norme europee anti discriminazione arriva dopo le recenti polemiche sulla situazione che si è venuta a creare in Italia che hanno investito l’Europa sia con la discussione straordinaria del Parlamento di Strasburgo sia con i moniti di Bruxelles al pacchetto sicurezza italiano e alla volontà più volte ribadita del governo italiano di voler istituire un apposito reato di clandestinità per gli immigrati.
A ciò si aggiunge più recentemente la denuncia del commissario per i diritti umani presso il Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, che nel suo ultimo intervento tematico sulla popolazione apolide presente in Europa ha ricordato tra l’altro che l’Italia è uno dei paesi dell’Unione che ancora non ha ratificato la Convenzione europea sulla nazionalità del 1997 e la Convenzione sulla prevenzione della condizione di apolide. Gli apolidi - molti dei quali sono nomadi - sono tutelati infatti dalle leggi europee alla stregua di una particolare tipologia di rifugiati. Essere apolide significa non avere una nazionalità specifica.
Si calcola che vi siano dodici milioni di apolidi, dei quali 640.000 nel Vecchio Continente. Tra essi vi sono rifugiati e immigrati, ma anche coloro che dopo la disgregazione dell’Urss e dell’ex Jugoslavia hanno perso la cittadinanza. Hammarberg ha espresso rammarico per il fatto che solo pochi stati, fra questi non c’è l’Italia, abbiano ratificato la Convenzione europea sulla nazionalità del 1997 e la Convenzione sulla prevenzione della condizione di apolide in relazione alla successione di Stati, del 2006. Quest’ultima è stata recepita solo da due paesi del Consiglio d’Europa, che ne raccoglie 47.
* l’Unità, Pubblicato il: 09.06.08, Modificato il: 09.06.08 alle ore 21.13
Sul tema, nel sito, si cfr.:
"Stato di emergenza" per gli insediamenti nomadici: una scelta irrazionale e discriminatoria.
(Giuristi Democratici).
Il Parlamento europeo vota un risoluzione: "Prima decida la Commissione"
Il governo italiano manda una lettera di "chiarimenti" a Barrot
Strasburgo avverte l’Italia
"Stop alle impronte ai nomadi"
STRASBURGO - La risoluzione sulle impronte ai nomadi, presentata da Pse, Verdi, Liberaldemocratici e Sinistra europea è passata al parlamento europeo con 336 sì, 220 no e 77 astenuti. Nel testo si mette in guarda dalla violazione delle norme "antidiscriminazione". Una richiesta di rinvio del voto, presentata dal Ppe (che ha poi deciso di votare no alla risoluzione, ad eccezione di alcuni eurodeputati rumeni e ungheresi), era stata precedentemente respinta dalla maggioranza dell’Aula.
Gli europarlamentari hanno approvato un emendamento al testo della risoluzione col quale si esortano le autorità italiane "ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte digitali dei rom, inclusi i minori e dall’utilizzare le impronte digitali già raccolte in attesa dell’imminente valutazione delle misure previste annunciata dalla Commissione, in quanto questo costituirebbe chiaramente un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e l’origine etnica".
L’assemblea ha anche approvato una proposta di modifica presentata dal gruppo di destra con la quale si fa riferimento alla risoluzione approvata dall’Europarlamemto nel gennaio di quest’anno nella quale si sollecitano gli Stati ue a risolvere il problema dei campi "illegali" dove non c’è igiene o standard di sicurezza e dove "un alto numero di bambini rom muore per incidenti domestici".
Nel frattempo al commissario Ue alla Giustizia, Jacques Barrot è arrivata una prima risposta del governo italiano alla nuova lettera della Commissione Ue per chiedere ulteriori chiarimenti sulla raccolta delle impronte digitali nei campi rom. Solo tre giorni fa il ministro Maroni aveva detto di aver chiarito "i malintesi" con Barrot. E oggi il commissario avverte: " Sulla questione dei rom occorre una soluzione effettiva e adeguata, soprattutto per quanto riguarda i minori. Occorre aiutare i rom, non stigmatizzarli".
* la Repubblica, 10 luglio 2008.
Comunicato della sezione ANPI di Zona 1 di Milano sulla schedatura dei cittadini Rom
La sezione ANPI "Zona 1" denuncia il clima discriminatorio e razzista montato in queste ultime settimane, clima che ha portato ai provvedimenti sulla comunità rom intrapresi in questi giorni.
La sezione esprime indignazione ed enorme preoccupazione per il "silenzio" dei media e della collettività sotto il quale tali provvedimenti passano ed invita a dare la massima diffusione a questo comunicato, con lo scopo di diffondere l’informazione e la denuncia dei fatti gravissimi.
La sezione ricorda a tutti, cittadini ed istituzioni, lo spirito di eguaglianza sancito dalla nostra Costituzione, con particolare riferimento agli articoli 2 e 3 che qui riportiamo:
Art. 2 - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove sì svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3 - Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Alleghiamo la lettera di Giorgio Bezzecchi, Rom medaglia d’oro al valor civico, residente nel campo comunale di via Impastato, la cui famiglia e’ stata sottoposta a schedatura il 6 giugno u.s.
Giorgio Bezzecchi è vice-presidente nazionale dell’Opera Nomadi e da anni lavora per la promozione sociale, politica e culturale dei rom a Milano. La sua famiglia vive in un campo a Milano, il padre è stato deportato in un campo di concentramento, a cui fortunatamente è sopravvissuto. Il nonno, deportato in un altro campo non è sopravvissuto. Domani tutta la sua famiglia sarà fotografata e schedata, conformemente alle attuali decisioni del prefetto che prevedono un rilevamento completo di tutti i rom residenti nel territorio milanese. E’ stato deciso un rilevamento di identità da parte della polizia su base esclusivamente etnica.
Per inviare messaggi di solidarietà è importante scrivere sia all’indirizzo dell’opera nomadi di Milano, sia della cooperativa Romano Drom, di cui Giorgio è presidente.
segreteria@operanomadimilano.org
ROMANDROM@libero.it
Testo della lettera di Giorgio Bezzecchi ( Rom-medaglia d’oro al valor civico):
Prossimo intervento differenziale per cittadini Italiani ( censimento fotografico e schedatura-Polizia), domani mattina, presso il campo comunale di via Impastato a Milano (famiglie Bezzechi).
Sono passati sessant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali e dalla pubblicazione della rivista "La difesa della razza" di Guido Landra e dei primi rastrellamenti che sfociarono dopo un breve periodo di tempo in un ordine esplicito di "internamento degli zingari italiani" in campi di concentramento (Circ.Bocchini 27/04/41), quei "campi del Duce" di cui in Italia si è preferito perdere la memoria.
"RICORDARE PER NON DIMENTICARE"
Sono passati sessant’anni, ma le preoccupazioni, la percezione del pericolo, I PROVVEDIMENTI PUBBLICI SONO GLI STESSI DI OGGI.
E’ agghiacciante quello che sta avvenendo oggi sotto i nostri occhi, a Milano.
Rimanere in SILENZIO oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.
NESSUNA collaborazione di Enti o Associazioni è giustificata ( VERGOGNA)........
Mi appello alla società civile, chiedo un sostegno per le comunità di rom e sinti Milanesi.............voci dal silenzio........
Ricordo che domani sarà schedato anche mio padre,CITTADINO ITALIANO, che ha patito la persecuzione nazifascista con l’internamento in campo concentrazionale italiano (Tossicia).................mio nonno deportato a Birkenau e uscito dal camino................VERGOGNA
MI VERGOGNO,IN QUESTO MOMENTO, DI ESSERE CITTADINO ITALIANO E CRISTIANO.................
Chiedo in questo momento tragico per la democrazia e la cultura a Milano ed in Italia ,di URLARE il proprio dissenso per questa politica razzista,incivile e becera.
RICORDO E NON DIMENTICO che oggi siamo noi e domani..............................
Milano,05/06/2008
Rag. Giorgio Bezzecchi ( Rom-medaglia d’oro al valor civico)
Fummo tutti nomadi
di ARRIGO LEVI (La Stampa, 10/6/2008)
Aquanto sembra» - ha scritto questo giornale, che ha giusta fama di credibilità - la candidatura a nuovo vicegerente del vicario del Papa per la diocesi di Roma di monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, esponente della Comunità di Sant’Egidio, è stata scartata, pur essendo stata «ripetutamente richiesta dalla base ecclesiale». E la ragione sarebbe che Sant’Egidio dimostra «troppe simpatie per i rom» e per gli extracomunitari. Non sono in grado di confermare, ancorché vecchio amico di don Vincenzo (se le cose siano andate così, e se effettivamente gli verrà preferito un altro degnissimo sacerdote, monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, vicino ai Focolarini).
Debbo fra l’altro a un suggerimento degli amici di Sant’Egidio se il cardinale Ruini, ora vicario uscente del Papa nella diocesi romana (a cui mi legano sentimenti di stima), mi volle come dialogante laico sul tema della fede con il cardinale Biffi, dall’altare della Cattedrale di Roma, San Giovanni in Laterano: e fu un’esperienza emozionante. Se ho qualche dubbio sulla notizia del «siluramento» dall’alto di don Paglia è solo perché, negli stessi anni in cui l’eminenza Ruini, ancora assai influente, fu «vicario del vicario di Cristo», mons. Paglia fu ambasciatore viaggiante di Giovanni Paolo II a Mosca, a Bucarest e in altre capitali ortodosse; e so che fra i due vi è rispetto e amicizia.
Quello che è fuori dubbio è che la Comunità di Sant’Egidio è dal lontano 1982 impegnata nell’assistenza ai rom e agli extracomunitari di Roma; e che nella loro presenza, come è stato scritto su questo nostro giornale, essa «vede solo sfide pastorali e sociali e non minacce». Lo conferma ancora una volta il libro Il caso zingari (ed. Leonardo International) che comprende scritti di Andrea Riccardi, Marco Impaglazzo, Amos Luzzatto, Giovanni Maria Flick, Paolo Morozzo della Rocca e Gabriele Rigano. Questo libro ho presentato qualche tempo fa, insieme col cardinale Crescenzio Sepe, vescovo di Napoli. Questi ha fra l’altro fatto notare che a zingari ed extracomunitari prestano (purtroppo) concreta assistenza la Chiesa e i suoi movimenti, più dello Stato e delle sue istituzioni. Quanto alle popolazioni delle periferie a più diretto contatto con gli zingari, esse hanno nei loro confronti atteggiamenti contraddittori: sono (cito il card. Sepe) «quelle più sensibili all’apertura all’altro, anche se nello stesso tempo hanno mostrato la più totale chiusura, fino alla violenza».
Lo hanno provato ancora una volta le reazioni al progetto di costruire un decente campo residenziale per i Sinti di Mestre, cui si oppongono violentemente i leghisti. A un autorevole senatore loro simpatizzante si dovrebbe questa battuta: «Sono nomadi, o no? Perciò devono fermarsi nelle città solo per brevi periodi». Condannati, cioè, ad essere nomadi, senza possibilità di trovare lavori rispettabili, anche se aspirano solo ad integrarsi pacificamente in una città dove risiedono da decenni, essendo tra l’altro molti di loro, come una buona parte degli zingari oggi in Italia, cittadini italiani! Ma questo è impossibile se non si creano condizioni di vita accettabili, con la possibilità di mandare regolarmente a scuola i loro bambini, che così domani saranno rispettati cittadini, come hanno diritto di diventare.
Parlando degli zingari, ammetto di avere anch’io, come ebreo, un pregiudizio (nel mio caso favorevole) nei loro confronti. Non posso dimenticare che nei lager nazisti, insieme con sei milioni di ebrei, furono sterminati anche centinaia di migliaia di zingari. Se gli zingari sono o furono nomadi, lo furono anche molti miei antenati per effetto delle persecuzioni subite in quanto «diversi». La cosa di cui non mi do ragione è che tanti italiani abbiano dimenticato le discriminazioni, le accuse di essere sporchi, ladri e criminali, di cui furono bersaglio tanti nostri compatrioti, costretti, tra l’Otto e il Novecento, a emigrare. (E non fu dapprincipio molto più favorevole l’accoglienza all’ondata di immigranti dal Sud nel dopoguerra, nel civilissimo Piemonte. Lo ricordate? Col tempo, i pregiudizi scomparvero e gli immigrati divennero bravi piemontesi, come tutti gli altri).
Ora l’Italia è ricca, ed è diventata da terra d’emigranti terra d’immigrazione. Ma come possiamo dimenticare che anche noi fummo, almeno per un periodo, un poco zingari? Come non nutrire comprensione per coloro che lo sono ancora? Come non impegnarsi per favorire, e non ostacolare, un loro insediamento stabile, oltre che per loro, per i loro figli?
Italia dei diritti rovesciati, rapporto 2008
di Alessia Grossi *
«Un vero e proprio libro nero, nero come il lutto delle morti sul lavoro, la guerra a bassa intensità che solo nel 2007 ha fatto più di mille morti contro i 3mila e cinquecento della guerra in Iraq». Sergio Segio, curatore del Rapporto per i diritti globali e direttore dell’Associazione SocietàINformazione, illustra con questa immagine forte un pezzo del rapporto 2008. Uno studio dal quale esce un’Italia quasi al collasso per la mancata redistribuzione del reddito, per i salari sempre più bassi, un caro vita ai massimi storici, morti sul lavoro ai limiti di una vera e propria guerra, indebitamento in crescita e aumento incontrollato degli stipendi dei top manager.
Presentato lunedì a Roma, il rapporto è pubblicato da Ediesse e redatto da una galassia di organizzazioni, da Arci a Cgil, Antigone, ActionAid, Cnca, Forum Ambientalista, Gruppo Abele e Legambiente. E dal libro nero emerge un mondo «sull’orlo del precipizio» dice Sergio Segio, un’Unione Europea che fatica a reinventarsi un modello di futuro diverso da quello proposto dalla globalizzazione. In questo scenario l’Italia appare dal Rapporto uno dei paesi a più alto rischio di precipitare nel baratro.
Salari
La copertina nera del volume, infatti, sembra anche indicare il colore della maglia che l’Italia si aggiudica con il 22esimo posto per l’Ocse con i salari più bassi tra i paesi europei, dove la ridistribuzione del reddito «è ferma da 35 anni a favore delle imprese», scrive Guglielmo Epifani, segretario nazionale della Cgil.
«Un paese in cui il caro vita al contrario cresce a grande velocità. Nera come la povertà che si estende, secondo il Rapporto sempre di più ai lavoratori dipendenti, tra cui spuntano un 4,6 per cento di poveri in più rispetto allo scorso anno. Una famiglia su cinque, quindi, è povera secondo i dati Istat, mentre lo stipendio di un top manager è 1000 volte superiore a quello di un operaio».
Dato allarmante è la povertà cosiddetta "differita" e non ancora percepita, cioè i debiti contratti non per spese straordinarie ma per arrivare alla fine del mese e che un giorno dovranno essere rimborsati. Un italiano su quattro si indebita per vivere e il credito al consumo è cresciuto dell’86 per cento negli ultimi quattro anni. Insomma gli italiani sono sempre più poveri e non sembra abbiano molte speranze di miglioramento.
Capitolo inedito e analizzato per la prima volta in sei anni dal Rapporto è quello della sicurezza. «Paura e insicurezza sono in forte crescita- dichiara Segio - se si pensa che in Italia per dati del Ministero dell’Interno sono in diminuzione i reati e il nostro è il paese più sicuro- non si capisce come mai ci 9 italiani su 10 credono siano in aumento i crimini e 6 su 10 sono d’accordo con le ronde». Dunque il rapporto fotografa una insicurezza percepita e «enfantizzata per nascondere le vere emergenze come la violenza sulle donne» conclude Segio.
«È emergenza politica - spiega invece Paolo Beni, presidente dell’Arci alla presentazione del Rapporto- perché c’è un’assenza completa di politiche redistributive, una politica che si piega sempre di più alla ricerca del consenso e che non lavora ad un nuovo modello di sviluppo. Serve il coraggio di provare a cambiare il senso comune» conclude Beni
Ma nel resto del mondo la globalizzazione non ha prodotto meno danni. Il modello di sviluppo globale, semmai, stando ai dati del Rapporto- sembra aver più sull’affare della guerra, che sul benessere delle popolazioni mondiali.
Guerra
«Con una crescita del 37 per cento nell’ultimo decennio e un’equivalenza di 184 dollari per ogni abitante della terra, la spesa militare mondiale ha superato i 1200 miliardi di dollari all’anno, con soli 15 paesi che insieme spendono l’83 per cento del totale e gli Usa al primo posto con il 46 per cento della spesa mondiale» si legge nel Rapporto sui diritti globali. «Nel frattempo il cambiamento climatico, il caro pane, e anche le stesse guerre affamano l’altra parte del mondo - commenta Segio - pensare che a cambiare le cose basterebbero le centinaia di miliardi di dollari che gli Usa spendono in spese militari» conclude Segio.
Ambiente
«Nel mondo si muore anche per l’Ambiente, non solo per le guerre - sottolinea durante la presentazione del Rapporto Ciro Pesacane, presidente nazionale Forum Ambientalista - si muore anche per mancanza d’acqua, tutto dato dai cambiamenti climatici, ma in Italia di tutto questo non si parla quasi mai- continua Pesacane - ed invece si continua a parlare di ricorso al nucleare». E mentre dal il Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite, (Unep) dice che il numero dei profughi ambientali ha superato quello delle vittime di guerra, e i pronostici per per i prossimi 20 anni sono catastrofici, «l’Italia continua ad occuparsi del problema immigrazione e sicurezza» spiega Maurizio Gubbiotti.
Diritti umani
E anche nel campo dei diritti umani la globalizzazione risulta perdente. «Nel Rapporto 2007 - spiega Segio - si sono posti all’attenzione paesi come la Birmania, il Tibet, la Cina - che nonostante il lustro delle Olimpiadi continua ad essere ai primi posti per la pena di morte. Ma soprattutto dal Rapporto si evince che i diritti umani, a 60 anni dalla stesura della Carta, non vengono rispettati neanche nei paesi cosiddetti democratici, con 80 mila persone rinchiuse in carceri speciali». Ultime vittime della "guerra democratica"- secondo il Rapporto - sono stati nel 2007 giornalisti e sindacalisti. Per i giornalisti, infatti, il 2007 è stato l’anno peggiore soprattutto in territorio iracheno. E ai sindacalisti di tutto il mondo non è andata meglio. Solo nel 2007 nel mondo ne sono stati uccisi 144.
«La situazione globale - conclude Sergio Segio- risulta davvero sull’orlo del precipizio - se si considera che anche dal vertice Fao sono venute fuori piuttosto promesse che veri obiettivi».
* l’Unità, Pubblicato il: 09.06.08, Modificato il: 09.06.08 alle ore 20.30
Caritas: rom e romeni più vittime che criminali *
In un anno il numero dei romeni in Italia è raddoppiato: ad inizio 2008 è stato superato il milione di presenze. Lo stima la Caritas Italiana. All’inizio del 2007, la comunità romena regolare era stimata in 556mila; dopo un anno l’ipotesi è che sul territorio italiano ci siano 1.016.000 romeni. Di questi, il 73,7% è qui per motivi di lavoro e il 23,5% di famiglia. La maggior parte, il 53,4%, sono donne.
Il rapporto Caritas. È la fotografia che presenta la Caritas Italiana in un rapporto, presentato giovedì al Cnel, sull’immigrazione romena. La pubblicazione utilizza dati di varie fonti ed è stata curata da una cinquantina di autori, un terzo di questi romeni.
Nel 1980 i romeni in Italia erano appena 8mila. In 17 anni sono aumentati di ben cento volte. I ricercatori della Caritas sostengono che se anche la stima di un milione di romeni fosse eccessiva (è possibile un errore del 10-15%) e la comunità contasse 850 mila presenze, quella romena sarebbe comunque la più numerosa nel nostro paese.
Il gruppo più ampio è nel Lazio (200mila), Lombardia (160mila), Piemonte (130mila). Le rimesse dei romeni ammontano a quasi 4 miliardi l’anno. Per l’Un’impresa, sarebbero 20mila le imprese italiane in Romania che danno lavoro a 800mila persone; alimentano un interscambio di 12 mila miliardi di euro annui. Il loro fatturato è di 150 milioni di euro, pari al 7% del Pil.
Discriminazioni e Criminalità. Il documento prodotto dalla Caritas si sofferma anche sul rapporto esistente tra immigrazione romena e sicurezza. Il focus sui romeni parte dalla constatazione che l’argomento criminalità ad opera di stranieri in Italia è un «problema serio» e che in particolare i romeni, che sono stati il 12% dei soggiornanti nel 2006, hanno inciso con una percentuale più alta in diversi reati (omicidi volontari consumati, violenze sessuali, furti di autovetture, furti con strappo, furti in abitazione, furti con destrezza, rapine in esercizi commerciali e rapine in pubblica via, estorsioni).
Va però messo in evidenza un dato fondamentale: Le vittime di questi reati sono per lo più romene. Questo significa che il problema non risiede nell’indole violenta dei cittadini romeni, ma nelle difficili condizioni economiche e sociali in cui versa tale popolazione nel nostro paese.
Comunque, si legge nel dossier, si può sottolineare che tra i romeni ci sono solamente piccole frange di persone che si comportano male rispetto alla stragrande maggioranza. Anche tra i romeni vi sono le organizzazioni malavitose che si occupano di immigrazione clandestina, tratta degli esseri umani, lavoro nero, traffico di sostanze stupefacenti, contraffazione, clonazione di carte di pagamenti, accattonaggio e sfruttamento di minori e di storpi.
Prostituzione romena. Per alimentare il circuito della prostituzione, le ragazze vengono reclutate con violenza nelle zone più povere della Romania: si tratterebbe, tra le romene e quelle di altre nazionalità, di 18.000/35.000 persone l’anno che circolano in Italia. La stragrande maggioranza dei clienti delle prostitute romene sono cittadini italiani che contribuiscono notevolmente a far lievitare la domanda nel mercato nero della prostituzione . Purtroppo, sono ricorrenti anche gli atti di violenza sessuale all’interno delle mura domestiche, a danno delle romene o di altre colf a servizio delle famiglie italiane.
Un aspetto ancor più preoccupante consiste nel fatto che un terzo dei minori stranieri denunciati è romeno (4.000 nel 2004), per lo più di sesso femminile e in prevalenza rom e accusate di furto contro il patrimonio; quasi un migliaio di questi minori sono passati nei centri di prima accoglienza. Inoltre i romeni sono i primi anche tra i minori non accompagnati (più di 2.000), abbandonati o venduti dai genitori o desiderosi di sfuggire a un regime familiare oppressivo o allontanatisi per altri motivi.
I nomadi. I rom, i sinti o i camminanti, oltre a vivere in situazione di povertà ed emarginazione, sono svantaggiati per l’alloggio, i servizi sociali, l’occupazione, l’istruzione e oggetto di notevoli pregiudizi che li inquadrano come approfittatori, malviventi o vagabondi: essi, non di rado invisi anche in patria, costituiscono una questione specifica all’interno della questione dei romeni. In Romania i rom sono ufficialmente 535.140, il 2,5% della popolazione locale, ma in realtà sarebbero fino a 4 volte di più: studiati in profondità da Etnobarometro, essi si tripartiscono in 23 gruppi e quindi in ulteriori sottogruppi, con caratteristiche differenziate: alcuni sono nomadi e altri sedentari, alcuni istruiti e integrati (le élite) e altri no, per cui dovrebbe essere maggiormente articolato l’approccio nei loro confronti.
Gli aspetti problematici, riscontrati in tutti i flussi migratori di massa, possono però essere ridimensionanti tramite l’insistenza sulla legalità (anche a livello lavorativo), il coinvolgimento delle associazioni dei romeni (un immigrato che delinque offusca innanzitutto l’immagine della collettività), la collaborazione bilaterale e una maggiore insistenza sui percorsi di integrazione: c’è bisogno di una strategia concreta e ispirata alla reciproca fiducia.
Rapporto Unar. I romeni più che «untori sono delle vittime»: lo sostiene l’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali che fa capo al ministero delle Pari opportunità, secondo quanto riferisce un rapporto della Caritas Italiana dedicato all’immigrazione romena. L’Unar, che collabora con l’omologo romeno Cncd e con le associazioni romene, sulla base delle segnalazioni che riceve, parla di «ricorrenti situazioni di discriminazione e di disparità» per quanto riguarda i romeni. Essi sono in particolare vittime di «un’informazione tendenziosa» sui fatti nei quali sono coinvolti connazionali.
E poi: subiscono la mancanza di informazioni per l’assistenza legale; sono sfruttati sul posto di lavoro, specialmente nel settore edile dove hanno il primato negli infortuni mortali e nelle molestie sessuali subite da donne; sono perseguiti dalla sicurezza pubblica con atteggiamenti intimidatori; hanno difficoltà burocratiche e sono oggetto di atteggiamenti ostili degli operatori pubblici. A volte - prosegue l’Unar - si hanno segnalazioni di impedimenti che ostacolano l’esercizio del diritto di voto nelle amministrative del 2007: qualche comune ha addirittura preteso una traduzione legalizzata della parola ’Bucarestì, nome romeno della capitale. «Contrariamente a quanto si crede - afferma il rapporto - la vita quotidiana dei romeni non è facile»
* l’Unità, Pubblicato il: 12.06.08, Modificato il: 12.06.08 alle ore 16.41