Sto seguendo attraverso gli organi d’informazione il disegno di legge relativo alla riforma della scuola. Ho letto le diverse posizioni della stampa, quelle a favore e quelle contrarie.
di Corrado Morrone
Nessuno dei critici competenti ha messo a fuoco il vero problema della scuola, in quanto solo chi vive nel mondo scolastico conosce quale sia il male profondo, il cancro della scuola.
Essa è colpita da un tumore irreversibile sin da quando è nata. A distanza di un quarantennio dalla sua esistenza, la riforma tuttora vigente si è rivelata fallimentare con un passivo pedagogico e didattico annualmente accumulatosi fino a raggiungere, sul piano teorico, organizzativo e pratico un crac totale.
Siffatta riforma è stata interpretata a loro piacimento da persone esterne alla scuola, le quali hanno preso il sopravvento, e da figure ad essa interne, che da tempo dominano lo scenario scolastico con l’estromissione degli insegnanti, un tempo protagonisti e autonomi nello svolgimento del loro ruolo, oggi divenuti di fatto puramente e semplicemente servi della gleba.
Quanto ai dirigenti scolastici, se si esclude un’esigua minoranza di loro, il resto spadroneggia sugli insegnati, soprattutto tiranneggia sui precari minacciandoli ad ogni pie’ sospinto di depennarli, di mandarli a casa, nonostante la Costituzione favorisca l’occupazione e tuteli il lavoro.
Così come si è venuta configurando, la scuola attuale, avendo relegato ai margini e nullificato gli attori primari, i protagonisti, gli artefici, cioè gli insegnanti, è destinata a regredire sempre più.
D’altra parte bisogna pur dire che gli stessi dirigenti subiscono la pressione, la morsa dello strapotere genitoriale e degli stessi scolari e studenti. Conseguentemente, i dirigenti, per rifarsi, in modo sbagliato in quanto dovrebbero essere solidali col corpo docente, esercitano sugli insegnanti un arrogante assolutismo fuori luogo e fuori tempo. Sicché la scuola è di fatto ingovernabile, dal momento che l’insegnante al massimo può invitare gli alunni all’osservanza delle norme, a comportarsi correttamente, educatamente e civilmente.
Infatti essi non hanno alcuna possibilità di essere ascoltati dagli alunni, perché vige la prassi secondo la quale gli scolari devono sentirsi in classe come a casa loro, con la differenza che nelle loro famiglie essi non possono fare tutto quello che vogliono, mentre a scuola possono prendersi il lusso di fare i diavoli a quattro.
L’insegnante nei confronti degli alunni è completamente disarmato, al limite ha sulla carta la facoltà di fare le note sul diario o sul registro, note che non sortiscono alcun effetto e sono controproducenti per maestri e professori, i quali all’indomani vengono letteralmente mangiati dalle mamme per essersi permessi di aver fatto una nota ai loro pupi, che sono modelli di bravura e di educazione.
Per cui, gli alunni, consapevoli di avere sempre e comunque l’appoggio dei genitori, in classe si scatenano e divengono viepiù prepotenti; litigano continuamente, si azzuffano fra di loro impedendo il normale svolgimento delle lezioni, malgrado il continuo intervento dell’insegnante, che, nel separarli, riceve calci e pugni.
Sia ben chiaro che gli insegnanti, benché in realtà svolgano il servizio di guardiana, vigilanza e custodia della classe, non dovrebbero esserlo, essendo il loro compito precipuo quello di fornire ai discendi istruzione, conoscenze, saperi. Invece, di tutto ciò che di negativo si verifica nelle aule scolastiche in seguito all’indisciplina degli alunni è sempre e in ogni caso l’insegnante a dover rispondere degli atti inconsulti e istantanei dei discendi.
In tempi non molto lontani a scuola ci si stava con due piedi in una scarpa; oggi le aule sono pericolose e invivibili per gli insegnanti; e tutto ciò grazie alla prassi instauratasi e alle numerose leggi e leggine ordinarie, peraltro non proprio costituzionali, poste in essere dai governanti, per lo più su consiglio di psicologi, psichiatri e neurologi ministeriali interessati.
Decreti e leggi ordinari che hanno scavalcato la Costituzione laddove recita: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”; e non degli insegnanti.
Devo sottolinearlo ancora, la famiglia è un istituto giuridico di rilievo costituzionale che impone ai genitori l’obbligo di cui sopra, come peraltro recita il rito del vincolo matrimoniale.
Anche la scuola è un’istituzione di portata costituzionale, ma solo sotto gli aspetti dell’istruzione, delle conoscenze dei saperi e marginalmente educativi che, sotto quest’ultimo aspetto, gli insegnanti, per quanto oggi possibile, svolgono.
Infatti la corrispondente amministrazione statale si chiama Ministero della Pubblica Istruzione.
Sta per passare al parlamento la legge di riforma della scuola incentrata sullo strapotere dei dirigenti. Essi già da tempo erano e tuttora sono altrettanti generali dell’esercito scolastico, che possono fare il bello e il cattivo tempo, quasi sempre quello cattivo.
Se passerà la legge di riforma preparata dal governo in carica, i dirigenti scolastici diventeranno generalissimi come lo era Franco a capo della monarchia assoluta spagnola, anzi diventeranno altrettanti Stalin, Hitler e Mussolini, i quali avranno una facoltà decisionale illimitata: si potranno scegliere i docenti che credono, licenzieranno gli insegnanti da loro non graditi o li costringeranno a dimettersi mediante accanita persecuzione ecc., in definitiva faranno piovere e scampare.
Ai docenti non rimarrà che l’eventuale consolazione di ricevere un irrisorio premio di assiduità e impegno, ma resteranno vittime dei dirigenti, dei tre vice aspiranti alla dirigenza, delle mamme e degli alunni.
Questa riforma, atteso che sarà approvata, conferirà ai dirigenti la totipotenzialità come le staminali; essa è potenzialmente un attentato alla democrazia col placet e il tradimento dei propri iscritti da parte della triade sindacale Cgil, Cisl, Uil.
Gli insegnanti ringraziano sin da ora dell’eventuale “premio di produzione” e fanno presente di non essere interessati alle promesse pecuniarie, peraltro insignificanti, piuttosto suggeriscono al governo di cogliere l’occasione per abrogare quelle norme che ancorano la scuola al palo di partenza del 1974 e di volere far riemergere il ruolo chiave dei docenti ripristinando la loro immagine e rivalorizzando la loro figura, oggi relegata nel dimenticatoio, sbiadita e irriconoscibile mantenuta troppo a lungo nelle tenebre della caverna.
Stiamo per ritornare al Medioevo con feudatari del vasto territorio usurpato agli insegnanti.
Una riforma, quella proposta, velleitaria che cerca di scimmiottare legislazioni e organizzazioni di altri Stati, dove ci sono i presupposti sociali, civili e istituzionali per attuare determinati programmi.
Sembra impossibile che ancora gli insegnanti non abbiano capito dove vuole parare la varata riforma: ad una ulteriore riforma a breve distanza, mediante la quale la scuola italiana, che è già di fatto la più privata tra le scuole a carattere privatistico della nostra Repubblica, dovrà arrivare alla privatizzazione totale e definitiva della scuola pubblica, tale ormai sulla carta sdemaniandola e facendola divenire un patrimonio delle baronie dirigenziali a loro titolo personale.
Così stando le cose, agli insegnanti non rimane che mobilitarsi massicciamente, protestare energicamente, far sentire la loro voce e la loro pressione anche in termini duri e decisi a tutto.
Quanto al ventilato licenziamento dei dirigenti inadeguati, bisogna dire che trattasi di pura finzione, di una sceneggiata governativa tanto per placare i cattivi umori degli insegnanti, essendo il governo impossibilitato a trovare sulla piazza, in loco e sul mercato quei dirigenti eventualmente incapaci e da sostituire.
Corrado Morrone
Caro Marco Lodoli, tu e Matteo Renzi voi non siete i “maestri della nazione” e noi non siamo i vostri alunni
di Elisabetta Amalfitano (Left, maggio 22nd, 2015)
_*** Caro Marco,
Ebbene sì, anch’io quel 5 maggio ero a scioperare e ho contribuito a costruire quel profondo senso di solitudine di cui parli sulle pagine di Repubblica.
Nel leggerti mi è venuto in mente l’immagine di un giocatore che si lamenta di non trovare i propri compagni negli spogliatoi, mentre loro sono già sul campo a giocare la finale...
Caro Marco il tempo stringe... e non si può stare mani in mano a vagare per i corridoi. Ne va della nostra professione, ne va dei nostri ragazzi, ne va del nostro sistema scolastico. Stanno attaccando la scuola pubblica!
Tu, che ti sei sforzato così tanto di fare bella figura e noi, stupidi e arrabbiati, non abbiamo compreso le vostre intenzioni, le vostre serie e buone intenzioni. Lo sai qual è il problema? È proprio quest’aria buonista che nasconde invece l’arroganza di chi erge un muro e una distanza siderale fra voi della scuola “buona” e noi, della scuola “normale”.
Voi della scuola buona avete capito tutto e tutti, sapete come fare, animati dal sano ottimismo e dall’energia del fare. Noi della scuola normale invece siamo duri a capire, disfattisti e pessimisti sappiamo solo lamentarci e non vediamo la grandezza di una riforma epocale come la vostra. Siamo troppo arrabbiati e delusi, abbiamo le menti offuscate da anni di malaffare e di mal governo e prendiamo lucciole per lanterne additando voi, proprio voi, che vi siete rimboccati le maniche per risolvere gli annosi problemi della scuola italiana!
Non voglio e non posso credere che uno come te, che insegna da anni, che scrive libri, che ha partecipato alla ideazione di questa riforma, possa davvero credere che i veri e i grandi punti di forza del Ddl siano i 500 euro annui da spendere per la propria formazione culturale e l’assunzione dei precari. Nessuna parola che entri nel merito della riforma: e i soldi dati alle scuole private? E le modalità di assunzione dei precari storici? E le modalità dell’alternanza scuola-lavoro? E l’autonomia delle scuole gestita dal preside, “primus inter pares”? Nessuna parola inoltre sulle materie da insegnare, sul monte ore da distribuire, sulla relazione insegnante - allievo.
È inutile nascondersi dietro le semplificazioni e gli stereotipi della “professoressa tacco 12″ o del “professore marxista leninista”. Queste possono andare bene per una sceneggiatura dell’ennesimo film scadente sulla scuola, ma non per convincerci che vi siete spiegati male. Non è un problema di come dite le cose, ma delle cose che dite.
Chi ti scrive “festeggia” quest’anno il suo undicesimo anno di precariato: ho attraversato tutti i ministri, tutte le riforme che si sono susseguite nel nostro paese in quest’ultimo decennio, ho visto ogni anno una scuola diversa, conosciuto centinaia di studenti e decine e decine di insegnanti, ma raramente ho incontrato questa semplificazione, questa fatuità disarmante con cui presentate il vostro progetto. Dietro un’idea di scuola, c’è un’idea di essere umano, di società, di politica. E la vostra idea di essere umano, di società, di politica non ci piace per niente. Voi dividete gli esseri umani in “chi è fatto per studiare” e “chi per lavorare”, la vostra è la società del merito di avere i soldi. Acuite le disuguaglianze, elargite fior di euro alle scuole cattoliche.
Eppure basterebbe fare classi di venti alunni al massimo, rendere le scuole private senza oneri per lo stato e investire in quelle pubbliche. Tu che insegni non puoi negare di quanto possa migliorare una lezione in un’aula ben attrezzata con un massimo di 20 alunni.
dal tuo pezzo, così come dalla lettera che Matteo Renzi ha inviato a tutti noi docenti, emerge una freddezza e una presunzione che nascondono soltanto il disprezzo per coloro che quella scuola la vivono davvero. Senza i 500 euro i professori non si formerebbero! Ahimè caro Marco io quest’anno ne spendo “solo” 2500 ( pari a poco meno di due mensilità) per prendere un’altra abilitazione e non ti aggiungo quelli che spendo per i libri, per il cinema, il teatro, i convegni e le mostre che vado a vedere nella mia e in altre città italiane. I 500 euro sono la solita ovvietà elargita come se fosse una grazia scesa dal cielo. Ma come?!? Mi lamento proprio io che forse il prossimo anno verrò assunta? Vogliamo innanzitutto sapere i numeri precisi di queste assunzioni, ma soprattutto come e dove saremo assunti. Nessuno, ad oggi, è ancora in grado di spiegarcelo!
Inoltre quella cosa che si chiama Contratto nazionale avrà ancora una sua validità o sarà scavalcato dalle decisioni del governo?
Qui si tratta di difendere un’idea di scuola pubblica, di stato sociale, di laicità e di uguaglianza!
Qui si tratta di interesse vero per gli altri esseri umani, in particolare per quelle nuove generazioni che saranno i cittadini di domani.
Qui si tratta di difendere una professione dalle basse logiche del mercato e della competizione.
Qui si tratta di formare i giovani nel pensiero critico, nella propria autonomia.
Qui si tratta di fare bene e amare la propria professione.
Qui si tratta di difendere uno dei pochi luoghi di lavoro e di formazione in cui vigono l’onesta e la trasparenza.
Non potete farlo voi che girate da soli per i corridoi e guardate dall’alto in basso.
Tu e Matteo Renzi vi lamentate di non essere stati capiti. Come farebbe un bravo insegnante quando la maggior parte dei suoi alunni non arriva alla sufficienza. Il buon insegnante è quello che ammette di non essersi spiegato bene.
C’è una piccola differenza: che voi non siete i “maestri della nazione” e noi non siamo i vostri alunni.