Approfondimento

Superconsulenza a San Giovanni in Fiore, tuttappostu? Parla Scaffidi, l’uomo che salvò l’ospedale

giovedì 13 ottobre 2016.
 

Intervista di Emiliano Morrone

Gianluigi Scaffidi, consigliere nazionale di Anaao Assomed, la più grande associazione italiana della dirigenza medica, e già dirigente del settore Piano di rientro della Regione Calabria. Ci diamo del «tu» perché ci conosciamo bene, lo preciso in premessa. È un passo importante l’affidamento di una consulenza annuale - sotto soglia - per interventi di tiroidectomia all’ospedale di San Giovanni in Fiore? Può essere il punto di partenza, come sostiene il sindaco e il suo partito, il Pd, per la riapertura di una Chirurgia che esegua piccoli interventi e freni l’emigrazione sanitaria verso il Nord?

Se in una famiglia mancano i quattrini per il secondo piatto non credo sia un buon punto di partenza tentare di sfamare i figli con il caviale. Se qualcuno vuole rilanciare l’Ospedale iniziando dal settore chirurgico è bene potenziare la chirurgia generale nel suo complesso e non una superspecialità della Chirurgia generale che, per fortuna, non mi sembra costituisca una patologia endemica nella comunità di San Giovanni in Fiore. Salvo che il direttore Mauro non abbia dati epidemiologici diversi che tiene nascosti.

Ha fatto discutere il compenso di questa consulenza. “Il Corriere della Calabria” ha parlato di “superconsulente”, a prescindere dal nome dell’incaricato, perché è previsto il pagamento di 800 euro ad accesso e non a intervento, per un totale di quattro accessi al mese. Ma non è la solita cattiveria di chi vuole impedire a tutti i costi che inizi un percorso di certo positivo?

Un chirurgo, in quanto tale, dovrebbe esclusivamente prestare la propria attività di consulenza attraverso interventi operatori e non altro. A maggior ragione nel caso delle patologie tiroidee che sono evidenziate da preventivi accertamenti specialistici (endocrini e scintigrafici) che esulano dalle competenze del chirurgo. Pertanto ci si può trovare, al di là del costo, di fronte ad un accesso del consulente chirurgo all’Ospedale di San Giovanni in Fiore senza l’effettuazione di alcun intervento chirurgico. Il problema è quante tiroidectomie eseguirà il chirurgo a fronte di quattro accessi settimanali ad 800 euro ciascuno. Laddove la patologia tiroidea oggetto della consulenza fosse endemica (ossia numericamente importante) in San Giovanni in Fiore, la consulenza avrebbe dovuto essere strutturata diversamente. Non trattandosi di patologia d’urgenza, ma di elezione, i pazienti avrebbero potuto essere raggruppati in numero di tre-quattro in un giorno, in modo da effettuare gli interventi con una migliore, anche se temporanea, organizzazione di salvaguardia nei confronti di eventuali complicazioni chirurgiche. Colgo l’occasione per evidenziare che se fosse in vigore la legge che il M5S ha proposto, oggi l’Ospedale di San Giovanni in Fiore farebbe parte dell’Azienda sanitaria ospedaliera dell’Area Nord, che raggruppa tutti gli ospedali di Cosenza e provincia, per cui potrebbe avvalersi dell’attività, in San Giovanni in Fiore, dell’équipe chirurgica dell’Annunziata di Cosenza che, ritengo, non abbia nulla da invidiare al consulente scelto ad personam da Mauro.

Di che cosa avrebbe bisogno l’ospedale di San Giovanni in Fiore?

Anche San Giovanni in Fiore, come gli altri ospedali similari, avrebbe bisogno di potenziare i servizi esistenti ed in particolare il Pronto soccorso e la Cardiologia (le cui patologie rappresentano la prima voce di mortalità) nonché il trasporto dei pazienti (con patologie gravi trattabili in altri ospedali) con ambulanze medicalizzate e/o eliambulanze. Questa consulenza mi sembra la classica ciliegina sulla torta, ma senza torta.

Soprattutto in sanità, tecnici e politici sono obbligati al dialogo, specie in questa lunga e interminabile fase di rientro dal piano sanitario regionale. Come valuti il fatto che sulla sanità si sia tenuto soltanto un consiglio comunale a San Giovanni in Fiore, peraltro dopo pressioni insistenti della società civile?

Non entro nel merito di tale comportamento che, purtroppo, mi sembra diffuso in tutta la Regione. Prendo atto, con dispiacere, che, a partire dalla mia Città, Reggio Calabria, manca totalmente il dialogo con le forze sociali ed i Cittadini, per paura che si possa disturbare il manovratore unico della sanità che, tristemente, non risiede in Calabria ma a Roma, da dove detta norme e regole per amici e compari. È sotto gli occhi di tutti il grave superfinanziamento illegittimo all’AOU Mater Domini che ad oggi stimo in oltre 30 milioni o le consulenze assegnate dai commissari ad personam anche del costo di circa mille euro al giorno. Con tutti questi sprechi sai quanti Ospedali si possono risistemare in modo accettabile, rispetto alle esigenze della popolazione di riferimento ? Ma i commissari non intendono dialogare nemmeno con il Dipartimento regionale Tutela della salute, organo tecnico che ha il dovere di ufficio di supportare la loro azione. È a tutti nota la frizione tra commissari e Dipartimento. Ciò pone un problema di natura politica mai risolto, se non a chiacchiere. Condivido pienamente la posizione del segretario regionale del Pd Magorno, il quale aveva annunciato che entro la fine di settembre i commissari sarebbero stati rimossi. Peccato che Magorno si sia dimenticato di specificare l’anno.

Quando eri dirigente del settore Piano di rientro, l’amministrazione comunale dell’epoca veniva a trovarti. Che cosa voleva?

Almeno due volte al mese per concertare possibili azioni di potenziamento dell’Ospedale. Mi fa piacere sottolineare che così come dialogavo con il sindaco di San Giovanni in Fiore, dialogavo con tutti gli altri sindaci o consiglieri regionali che chiedevano di incontrarmi, indipendentemente dal loro partito di appartenenza.

Sei stato tu a ridurre l’ospedale di San Giovanni in Fiore, su ordine dell’allora governatore Scopelliti, a un piccolo ambulatorio?

Premesso che non ho mai preso “ordini” da nessuno che non fossero le leggi ed i regolamenti, ti dirò come stanno veramente le cose. Quello che sarebbe divenuto il DCA n. 18 di Ottobre 2010 (cioè il riassetto della rete ospedaliera) è stato ufficialmente presentato il 29 Settembre 2010 nell’aula della Provincia di Catanzaro. Bene, secondo il progetto di Agenas e Kpmg, veri ed unici redattori di quel progetto con la benedizione di Massicci che ci minacciava di non sbloccare le somme dovute alla Regione (questa è l’Italia !), gli Ospedali di San Giovanni in Fiore, Acri, Soveria Mannelli e Serra San Bruno erano diventati Case della salute. Unico ad opporsi a tale visione, errata e beceramente stringente, fu il sottoscritto che, fino alle due di notte dello stesso giorno (29 settembre) insistette tanto da riuscire a salvare questi presidi ospedalieri e denominarli “Ospedali di zona montana”, in attesa di tempi migliori. Sarebbe stato, infatti, facile e possibile, in condizioni economiche migliorate e a piano di rientro cessato, migliorare tali ospedali, ma sarebbe stato impossibile ritrasformarli in ospedali se fossero divenuti Case della Salute. Siamo stati fino alle due di notte perché non mi sono fidato delle promesse ma ho preteso che venissero modificate anche le slides di presentazione.

Il governatore Oliverio sta lottando strenuamente per la sanità calabrese e per i servizi sanitari nel suo comune di origine, che è San Giovanni in Fiore?

Oliverio sta conducendo una finta battaglia con i commissari, perché non è in grado di influenzare le decisioni del partito romano degli affari che pretende la permanenza dei commissari ed il silenzio di Oliverio. Ricordo una frase di Lotti in risposta a quanti, a Lamezia, gli chiedevano la rimozione dei commissari. Lotti disse: «Se fallisce Scura, ha fallito Renzi». Ora, siccome Renzi, a dire del Pd, è infallibile, la Calabria non può tornare a gestire la propria sanità attraverso il governatore regolarmente eletto.

È vero che Oliverio non ha colpe, perché il governo non ha voluto nominarlo commissario? È vero che sta dando filo da torcere ai commissari Scura e Urbani, i soli responsabili dell’attuale stato delle cose in sanità?

La colpa di Oliverio è di essersi fidato dei suoi compagni di partito. Infatti fino al 31 dicembre 2014 Oliverio aveva il diritto di essere nominato Commissario ad acta ed il Governo aveva il dovere di nominarlo a partire dal 10 Dicembre, data del suo insediamento ufficiale a Presidente. Come sia andata è a tutti noto, ivi compreso la farsa della promessa modifica della legge per conferire ad Oliverio il ruolo di commissario ad acta. Farsa politica e presa in giro di Oliverio e con lui di tutti i Calabresi. Ricordo che, nel silenzio di tutti, solo il M5S presentò un esposto alla Procura della Repubblica di Roma contro l’abuso commesso dal Governo nei confronti del Presidente della Regione Calabria Oliverio, scippato dal diritto di ricevere l’incarico di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro. Ma se al Pd calabrese è stato bene così, non ci resta che prenderne atto. Però non vengano più a raccontarci, per favore, le favolette della stima ed apprezzamento per la popolazione calabrese da parte di Roma. Oggi la sanità della Calabria serve ad alimentare clientele e favori, non ultimi gli oltre duecentomila euro annui regalati a Scura ed Urbani.

È vero che sei un uomo dei poteri forti? Sei stato comunque, come si dice da più parti, un consulente di Scopelliti e perciò non puoi essere attendibile?

L’unico potere forte cui appartengo è il Milan club che, poi, oggi tanto forte non è! Non sono mai stato consulente di Scopelliti, bensì un dirigente della Regione Calabria durante la legislatura Scopelliti, incarico occupato con regolare concorso. Se fossi stato il suo consulente, non mi avrebbe letteralmente cacciato (facendo scoprire al Dipartimento regionale del personale che non avevo i requisiti per partecipare al concorso cui lo stesso Dipartimento mi aveva ammesso anni prima) sol perché facevo gli interessi della comunità e non delle logge o dei singoli. Poiché avevo il “vizio”, esecrabile in una Regione come la nostra, di evidenziargli formalmente le discrasie e gli sprechi chiedendogli di porre rimedio (a cominciare dal continuo regalo all’Università) - e, soprattutto, a suo dire mi ero schierato con il Generale Pezzi che aveva la gravissima colpa di interpretare il suo ruolo di commissario in modo tecnico e non politico, cioè senza elargire favori agli amici - sono stato cacciato dopo un anno di guerra aperta. Meglio così. Questa cacciata costituisce per me un motivo di merito personale e professionale, tanto che l’ho inserita nel mio curriculum vitae. L’attendibilità di un dirigente, anzi di una persona, scaturisce dai suoi comportamenti e non dai pettegolezzi. Dei miei comportamenti esistono prove documentate, contrariamente ad altri dirigenti che sono stati letteralmente servi della malapolitica e che, nel segno della discontinuità promessa da Oliverio, sono stati promossi dirigenti generali da questa amministrazione regionale.


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