di Oliviero Beha
Non è il «caso Calcio», è il «caso Italia». E non c’è proprio bisogno che ce lo ricordi il Financial Times definendoci come paese una «vecchia signora furfantella». Lo possiamo vedere da noi, se solo ne abbiamo la voglia e il coraggio intellettuale, e politico. Partiamo dall’ultima tessera di giornata, per arrivare al mosaico tricolore: mentre la Giunta del Coni nomina Guido Rossi Commissario straordinario della Federcalcio, escono le prime trascrizioni delle telefonate intercettate tra Luciano «Licio» Moggi e un signore che con il Coni ha qualcosa a che fare. Ne è semplicemente il Segretario generale. Si chiama Raffaele Pagnozzi. Dal tono e dagli scambi se ne evince che il secondo è il referente nel Palazzo del primo, lo informa su ciò che lo riguarda, fa per lui quello che in questi giorni fanno per Moggi gli arbitri, Carraro, altri dirigenti di club, ministri della Repubblica, generali della Finanza, giornalisti ecc. Insomma, «l’Italia», o meglio una parte rappresentati va dell’Italia e del suo modo di ragionare e di comportarsi.
Quanto vi sia di penalmente rilevante, è cosa che stabiliranno i giudici. Qui preme focalizzare il mosaico di questo costume degenerato, il disegno della palude italiana foscamente rischiarata dallo scandalo di Moggiopoli. Almeno per giungere alla conclusione che queste intercettazioni hanno «semplicemente» alzato il sipario sulla scena e ce la stanno mostrando giorno dopo giorno. Certo, la scena e gli attori erano così anche prima dietro il sipario, sul palcoscenico, e coloro che avevano a che fare in varie dosi con la compagnia del Giocattolone lo sapevano. Forse non conoscevano tutta la trama, ma sapevano benissimo che razza di recita fosse. Adesso lo possiamo constatare anche noi, «da fuori».
Guido Rossi, dicevamo. Figura di spicco nel suo campo, ex presidente della Consob (e il calcio in borsa ha sommato due elementi di forte opacità con le conseguenze oggi vistose a Piazza Affari, ma da sempre colpevolmente oscure), ex senatore che durante il governo D’Alema aveva parlato di Palazzo Chigi come l’unica merchant bank in cui non si parlava inglese. Era stato chiaro, Guido Rossi: bene, al Palazzo H del Coni parlano inglese in parecchi, è questa la differenza. Ma negli armadi c’è una varietà straordinaria di reperti da palude. Per esempio, il caso doping-Juventus, oggi in Cassazione dopo una condanna e un’assoluzione nei due gradi di giudizio. Caro Rossi perché, sempre a fini mosaicisti, per capirne di più, non collega il caso doping-Juve a Moggi, a Giraudo e a Pagnozzi, e al laboratorio antidoping e a tutta quella vicenda che tocca persino (non penalmente, almeno per ora) il Commissario tecnico della Nazionale, con le sue brave convocazioni? Tocca inteso almeno come fatto di costume. E questo inedito legame tra il Direttore generale della Juventus in tutti questi anni, e il segretario generale dell’Ente preposto al controllo anche del calcio, legame solo oggi «intercettato», non può contribuire per i curiosi a gettare un occhio anche su quelle vicende che in molti preferirebbero dimenticare?
E fin qui siamo allo spaccato calcistico-sportivo di Moggiopoli, e della sua splendida P3 rotonda. Ma ogni giorno ce n’è una anche nel resto. E quel che si legge nelle trascrizioni o è falso (ma chi l’avrebbe falsificato?), o se è vero - come è vero - contraddice la lettura che ne danno gli interessati. Prendiamo Pisanu, anche lui appena appena ministro dell’Interno del governo Berlusconi fino a ieri (e, di passata, giudicato anche dall’opposizione uno dei meno peggio, il cancelliere Bismarck se paragonato a Gasparri): dice che è amico di Moggi da quarant’anni. E allora? Mica gli si imputa questa simpatica amicizia, bensì di avergli chiesto «una manina» d’aiuto per la squadra della Torres. Secondo Pisanu è «normale».
Ma che idea di Stato e di Italia ha, Pisanu? È normale solo perché si tratta del calcio, concettualmente una specie di bordello o di Luna Park, con la franchigia del divertimento per il tifoso bue? È un’interpretazione socioculturale (magari implicita) probabilmente vicina alla verità, che condanna il pallone a giacere nelle condizioni comatose di oggi. Ma sia nella lingua usata per parlarne sia nel modo di pensare, ci dice più cose su Pisanu che su Moggi. Lo stesso valga per le intercettazioni tra Moggi e un altro ministro, Siniscalco. Sembra proprio che l’ex ferroviere di Civitavecchia di cinta senese funzioni da evidenziatore dell’Italia contemporanea, come le intercettazioni da manovella per il sipario: afferri un capo qualunque del filo, e si sgomitola tutto il paese, tra piccoli e grandi drammi, penose ipocrisie e farse ciclopiche, con un occhio solo...
C’è un industriale di fama come Diego Della Valle che sera dopo sera in tv in attesa dei giudici eroicamente fa il Don Giovanni rifiutando di assumersi la sua colpa di fronte al Commendatore: se conosce la storia, sa come va a finire. Negli inferi, mentre decine e decine di giornalisti/Leporello gli stanno adesso facendo il coro del «poverino» ma affilando i coltelli per recidere i fili dopo. Ormai senza più bisogno di metafore Della Valle conferma tutto: costretto al «pizzo» calcistico dal boss della mafia pallonara (ma chi? solo Moggi? oppure con il concorso di chi altro, a parte i caratteristi sulla scena di questa commedia all’italiana di sedicesimo ordine? Carraro? Galliani? altri ancora?) per salvare il suo club penalizzato, lamenta di averlo dovuto fare per forza. E continua a volere pubblicamente «tavoli» attorno a cui sedersi (con Berlusconi e c.) per «moralizzare» il calcio. Pensate, sembra non trovarci nulla di contraddittorio. Non si è chiesto per esempio se il suo «pizzo» ha danneggiato qualcun altro? E come fa a non contemplare l’ipotesi che aver oggettivamente «fatto parte dei compagni di merende arbitrali» per un mese ha stabilito le condizioni per non uscirne più neppure dopo, neppure in quest’ultima stagione? Se no, doveva denunciare il tutto, altro che intercettazioni. Ma Don Giovanni non la pensa così. Staremo a vedere come finisce l’opera.
Il Moggi piangente alla fine del primo interrogatorio ha detto agli inquirenti che il calcio aveva «un virus» anche prima che lui mettesse su questo po po di congegno a prova di bomba, di ministri, di imprenditori ecc ecc, ma non di intercettazioni. Interessante: e da quanto prima? Dagli anni del doping (cfr. come detto Pagnozzi, ma anche Carraro, Pescante e così via)? O ancora prima? Con le scommesse del 1986, che hanno visto all’opera come magistrato un intercettato di oggi, il Procuratore di Pinerolo Marabutto evidentemente folgorato sulla via di Luciano? O ancora prima, con il Totonero del 1980 (al Coni c’era Carraro «soltanto» presidente)? È tutta materia curiosa, dottrina per uno studioso operativo come Guido Rossi, che certamente conosce queste cose. Se no, grazie ai magistrati - ma sempre e comunque quelli ordinari... - gli verrà rinfrescata la conoscenza.
Così come sarebbe importante che il neopresidente del Consiglio, Prodi, e il suo consulente parasportivo, Angelo Rovati, prestassero un’attenzione politica e culturale a quello che è successo al calcio in questo paese, senza mettere mano alla pistola se uno nomina Berlusconi. Non è un tic, Rovati, è storia e cronaca. Vent’anni di calcio con Berlusconi, e Moggi in quella progressione geometrica oggi a sipario sollevato sotto gli occhi di tutti, hanno tinto diversamente quest’industria, già discutibile allora. Moggi è solo la centrifuga e la centripeta di interessi spaventosi, noti a tutti quelli che operano oltre il sipario. Il berlusconismo come idea della vita e della società è anche un modo di intendere il calcio e farne funzionare (sic!!) il mondo. Un mondo in cui Buffon scommette impunemente, il figlio di Lippi spopola alla Gea, e domenica scorsa come monito mafiosissimo viene mandato da quarto uomo a Bari l’arbitro Paparesta, il «sequestrato» delle intercettazioni, p roprio a una partita della Juventus - e con la stessa Reggina come ai tempi del sequestro - senza che nessuno nella bufera di Moggiopoli rimarchi questa stupenda coincidenza.
Ma chi l’ha deciso, Paparesta vicino alle panchine, anche a quella della Juventus in una domenica direi eccezionalmente significativa come l’ultima, l’ho deciso io? E chi del direttorio arbitrale ce l’ha spedito è un giocherellone oppure uno del giro, uno che così facendo spedisce «pizzini» visivi il cui patente contenuto è «calma, anche dopo Moggi il sistema è sempre questo, quindi non sgarrate, non parlate, non vi illudete»? È il «caso Italia» dunque, non solo e non tanto il «caso Calcio», e come tale va affrontato, Rovati, Prodi, tutti coloro che nella palude stanno male e pensano a una bonifica, non alla solita cementificazione stagionale per l’ennesima speculazione edilizia.
da l’Unità del 17.05.2006
Calciopoli, prescrizione per Moggi e Giraudo in Cassazione
Assolti ex arbitri Bettini e Dattilo. Ex dg Juve: processo finito nel nulla
di Margherita Nanetti (ANSA, 24.03.2015)
La prescrizione è calata sulla maggior parte del processo Calciopoli: prescritta l’associazione a delinquere contestata all’ex dg della Juventus Luciano Moggi e all’ex ad bianconero Antonio Giraudo; poco o nulla rimane delle contestazioni di frode sportiva, se non qualche aspetto risarcitorio per le parti civili; scagionati da ogni accusa gli ex arbitri Paolo Bertini e Antonio Dattilo; confermata la condanna a 10 mesi di reclusione (pena sospesa) per l’ex arbitro Massimo De Santis, che aveva rinunciato alla prescrizione. Così si è concluso in Cassazione il processo che aveva messo a soqquadro il mondo del pallone. Ci sono volute sei ore di camera di consiglio.
"Abbiamo scherzato per nove anni: il processo si è risolto nel nulla, solo tante spese. E’ stato accertato che il campionato era regolare, regolari i sorteggi e le conversazioni co le schede estere non ci sono state", ha commentato a caldo Moggi. Per Bertini è stato "un processo tragico" e anche se lui è stato assolto ne è uscito "molto provato". Deluso invece De Santis, che si sente "discriminato" come "unico arbitro condannato". La decisione della terza sezione penale ha accolto le richieste del pg della suprema corte Gabriele Mazzotta, che aveva chiesto di confermare "l’esistenza di una associazione a delinquere finalizzata a condizionare i risultati delle partite, le designazioni arbitrali, le carriere dei direttori di gara, e l’elezione dei vertici della Lega calcio". Per Mazzotta erano da convalidare le sentenze di secondo grado, ad eccezione di alcuni episodi di frode sportiva e delle condanne di Bertini e Dattilo. Mazzotta inoltre ha descritto la "struttura associativa" contestata, "nella quale tutti si ritrovavano ad attentare ai risultati delle singole partite ma anche a dare appoggio a Carraro, candidato al vertice della Figc, o a pilotare dossier contro i Della Valle, ’colpevoli’ di volere un altro presidente alla guida della Lega. E si interferiva anche nella progressione delle carriere degli arbitri". Il pg ha ricordato anche che i sodali del ’sistema Moggi’ si erano dotati di un "apparato organizzativo con schede telefoniche svizzere riservate, difficilmente aggredibili da intercettazioni legali o illegali, come quelle dell’Inter".
Calciopoli
Cinque anni e quattro mesi per Moggi
Pesante condanna per l’ex dg della Juventus al processo di Napoli. Pene, tra gli altri, anche per gli ex designatori arbitrali Bergamo e Pairetto (3 anni e otto mesi e un anno e 4 mesi), l’ex arbitro De Santis (un anno e undici mesi), Lotito e i Della Valle (un anno e tre mesi). Dalla Juventus: "Risultati estranei, lotteremo per ripristinare la parità di trattamento"
di DARIO DEL PORTO *
NAPOLI - Condannato Luciano Moggi, pene severe agli altri imputati. Cala il sipario sul processo per lo scandalo Calciopoli con il riconoscimento dell’ipotesi di associazione per delinquere. Cinque anni e quattro mesi di reclusione sono stati inflitti all’imputato principale del processo, l’ex direttore generale Juventus Luciano Moggi, ritenuto il promotore della Cupola configurata dalla Procura di Napoli. Dunque secondo il Tribunale è esistita davvero l’organizzazione che condizionava il massimo campionato. Con il dispositivo emesso questa sera alle otto il collegio composto dal presidente Teresa Casoria e dai giudici a latere Maria Pia Gualtieri e Francesca Pandolfi ha infatti riconosciuto Moggi colpevole delle accuse di associazione per delinquere e frode in competizione sportiva ipotizzate dalla Procura di Napoli durante la primavera del 2006 che sconvolse la serie A, determinò la retrocessione della Juventus e la cancellazione dei due scudetti conquistati sul campo dai bianconeri.
FOTO: Il dispositivo / L’ultima udienza
Condannati, ma non come promotori dell’associazione, gli ex designatori Paolo Bergamo, 3 anni e 8 mesi, e Pierluigi Pairetto, un anno e undici mesi. Per frode sportiva sono stati condannati il presidente della Lazio Claudio Lotito e i maggiori azionisti della Fiorentina Diego e Andrea Della Valle, tutti e tre alla pena di un anno e tre mesi di reclusione. Un anno e sei mesi, sempre per frode, al presidente della Reggina Pasquale Foti. In tutto, sedici condanne e otto assoluzioni. Assolti Maria Grazia Fazi, Ignazio Scardina, Mariano Fabiani, Gennaro Mazzei, Marcello Ambrosino, Enrico Cenniccola, Silvio Gemignani e Pasquale Rodomonti. Nessun commento da parte di Luciano Moggi mentre il pm Stefano Capuano ha detto:"Non era farsopoli, come qualcuno ha detto". Nei confronti, fra gli altri, di Lotito, Della Valle e Foti i giudici hanno disposto anche il divieto di accedere a luoghi dove si svolgono manifetazioni sportive, anche se non ancora esecutivo. Le pene fino a tre anni sono coperte da indulto.
LE IMMAGINI/ Il giudice legge la sentenza
La Procura di Napoli aveva ipotizzato l’esistenza di un gruppo di persone capace di influenzare profondamente il calcio italiano e guidata dall’ex dg bianconero. Tesi condivisa dal gup Eduardo De Gregorio nel giudizio abbreviato concluso con 4 condanne, compresa quella a tre anni di reclusione per l’ex ad della Juve Antonio Giraudo. E adesso confermata anche dal Tribunale. Protesta la difesa, che annuncia ricorso in appello. Soddisfatta la Procura che aveva chiesto 21 condanne e 3 assoluzioni. Nei confronti di Moggi è in corso il procedimento davanti alla Corte Arbitrale del Coni che dovrà decidere sulla richiesta di radiazione del dirigente che si è sempre proclamato estraneo alle accuse. L’udienza di iera era stata aperta dalla discussione di uno dei suoi legali, l’avvocato Paolo Trofino, che aveva severamente contestato l’impianto accusatorio delineato dalle indagini. In attesa delle motivazioni, e dei giudizi di appello per questo processo e quello celebrato con rito abbreviato, resta da capire quali saranno gli effetti dl verdetto sul piano sportivo, soprattutto con riferimento allo scudetto 2006, assegnato a tavolino all’Inter ma rivendicato dalla dirigenza juventina.
LA REAZIONE DI MOGGI - Luciano Moggi ha lasciato scuro in volto l’aula del Tribunale dicendo soltando "Non me l’aspettavo, non ho voglia di fare battute". Ha parlato uno dei suoi legali, Maurilio Prioreschi:"Non ci aspettavamo questa sentenza, ma comunque lavoreremo su questa. Abbiamo tolto 8 frodi su 17 e crediamo che con l’appello si possa tornare a ristabilire quella che per noi è la verità. Le altre intercettazioni? Noi abbiamo offerto altre prove che erano state occultate e abbiamo detto al tribunale che non c’era reato in quelle precedenti e anche in queste nuove. Ricaduta sul processo sportivo? Abete ha tenuto a precisare questa mattina che si tratta di cose diverse, temendo un’assoluzione, ora voglio vedere se continua ad attenersi a questo criterio".
JUVENTUS: "PROSEGUIREMO NELLA NOSTRA BATTAGLIA" - "La sentenza odierna afferma la totale estraneità ai fatti contestati della Juventus, che presso il tribunale di Napoli era citata in giudizio come responsabile civile a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’articolo 2049 c. c. Tale decisione, assunta all’esito di un dibattimento approfondito e all’analisi di tutte le prove, stride con la realtà di una giustizia sportiva sommaria dalla quale Juventus è stata l’unica società gravemente colpita e l’unica a dover pagare con due titoli sottratti, dopo aver conseguito le vittorie sul campo, con una retrocessione e con relativi ingenti danni. Juventus proseguirà nelle sue battaglie legittime per ripristinare la parità di trattamento". Così la soscietà bianconera ha commentato la sentenza del tribunale di Napoli con una nota sul proprio sito.
BERGAMO: "SONO SERENO" - "Mi aspettavo una sentenza negativa - ha detto Paolo Bergamo - viste le richieste ancora più pesanti del pm. Dobbiamo accettare la giustizia per come ci viene proposta, ora aspettiamo le motivazioni e poi vedremo i passi da fare, ma questo processo è stato vergognoso. Il tribunale ha deciso sulle intercettazioni, io mi sento sereno perchè so come mi sono comportato, quello che ho fatto e soprattutto non ho fatto, quindi sono tranquillo"
I DELLA VALLE: "AMAREGGIATI" - Dichiarazioni congiunte da parte dei Della Valle: "Siamo molto amareggiati, ma non sorpresi da questa sentenza, che troviamo profondamente ingiusta. Faremo valere le nostre ragioni nei prossimi gradi di giudizio perchè venga ristavilita la verita".
DE SANTIS: "PAGINA NERA" - "Questa è una pagina nera per la giustizia italiana", commenta l’ex arbitro Massimo De Santis. "Combatteremo in appello, non c’è stata unanimità da parte dei tre Giudici, spero che chi ha deciso abbia la coscienza pulita perchè non si scherza con la vita delle persone. Chi non ha servito lo Stato nella maniera giusta, alla fine dei tre gradi di giudizio pagherà"
TUTTE LE CONDANNE
Luciano Moggi 5 anni e 4 mesi;
Paolo Bergamo 3 anni e otto mesi;
Innocenzo Mazzini 2 anni e 2 mesi;
Pierluigi Pairetto 1 anno e 11 mesi;
Massimo De Santis 1 anno e 11 mesi;
Salvatore Racalbuto 1 anno e 8 mesi;
Pasquale Foti 1 anno e 6 mesi e 30mila euro di multa;
Paolo Bertini 1 anno e 5 mesi;
Antonio Dattilo 1 anno e 5 mesi;
Andrea Della Valle 1 anno e 3 mesi e 25 mila euro di multa;
Diego Della Valle 1 anno e 3 mesi e 25 mila euro di multa;
Claudio Lotito 1 anno e 3 mesi e 25 mila euro di multa;
Leonardo Meani 1 anno e 20mila euro di multa;
Claudio Puglisi 1 anno e 20 mila euro di multa;
Stefano Titomanlio 1 anno e 20 euro di multa;
Sandro Mencucci 1 anno e 3 mesi e 25.000 euro di multa
ASSOLUZIONI per: Pasquale Rodomonti, Maria Grazia Fazzi, Mariano Fabiani, Gennaro Mazzei, Ignazio Scardina, Marcello Ambrosino, Enrico Ceniccola e Silvio Gemignani.
* la Repubblica, 08.11.2011 (ripresa parziale).
Caro signore,
meno se ne parla e più si è mafiosi. Fossi la Juve, farei piazza pulita di quanti, della società, hanno agito illegalmente e contro ogni etica. Ove reati siano stati commessi. Non spetta a me giudicare Moggi. Ci sono inquirenti e giudici. Poi, mi faccia il piacere: quando mai una società colpita nell’immagine si scaglia contro qualcuno? La prossima volta si firmi, come vuole la regola di questo giornale. In quanto ai mondiali, l’Italia dovrà mostrare il suo valore solo in campo. Circa le raccomandazioni, le dico che io e i miei collaboratori ce ne siamo andati dalla Calabria perché le abbiamo combattute e per questo non possiamo tornarci.
Cordialmente, Emiliano Morrone (il direttore)