Antonio Nicoletti ha vinto compiendo un miracolo francamente imprevedibile. Con 5846 voti, contro i 4758 dell’avversario, Antonio Barile, Nicoletti ha di fatto rilanciato una coalizione - il centrosinistra tradizionale e tradizionalista - ormai perduta e consegnata alle rimonte, che non ci sono state sul versante dei candidati consiglieri, dei vari matusa e impastati all’interno dei Ds e della Margherita, in campo per condizionare una parte grossa dell’elettorato educata a favori e amicizie. La vittoria di Nicoletti è duplice. Gli osservatori più acuti s’aspettavano, prevedevano, un risultato opposto, stavolta, viste le antipatie, verso l’Ulivo, accumulate con la lunga gestione amministrativa d’un solitario e affaticato Succurro, colpevolmente lasciato, in famiglia, alla sua erudizione e al culto d’una immagine (mediatica) decisa e sistemata. Inoltre, la battaglia grossa Nicoletti ha dovuto combatterla all’interno, nonostante che Barile gli abbia dato man forte a far credere, all’esterno, d’essere il suo più terribile e agguerrito rivale. Cose piuttosto note, queste. La tv locale, stranamente evitando il confronto fra i candidati in ballottaggio, ha rafforzato la convinzione che Barile e Nicoletti non fossero gestibili in un faccia a faccia, per causa d’un clima d’alta tensione generato, a sentir voci, dalle bordate del candidato azzurro e dal suo atteggiamento di sistematica demolizione della controparte. Il quale, a rigore, è sempre stato molto fondato, per quanto abbiamo visto, articolato e argomentato. Nicoletti aveva, credo, il compito più arduo: sostenere una maggioranza, quella di centrosinistra, contestata fino al giorno prima e sposata, dopo, sul principio dell’appartenenza e d’una solidarietà fra simili - similia cum similibus. Ma l’impresa più difficile Nicoletti dovrà realizzarla fra un po’. E non sarà certamente quella di resistere ai colpi, immaginiamo parecchio duri, d’un Barile ancora carico di certa ideologia per (o con) la base. Nicoletti dovrà ricostruire, adesso, un centrosinistra effettivamente diviso da gelosie, invidie e poltrone saltate; una compagine in cui la motrice della sinistra - quella più autenticamente formale - vale quanto il due di picche, a meno di non investire su Vattimo e boys, i quali sono comunque oltranzisti, e in cui il centro conservatore può ancora spingere e pretendere, considerate le rinunce di potere e, ancor più, le trombature eccellenti. Però, Nicoletti, formato da un Uomo ineguagliabile come il papà, ha buone carte da giocare e avrebbe, da attuare, quella che l’amico Camilleri definisce «la mossa del cavallo»: può saltare davanti. Succurro, il predecessore, si fece impantanare, invece: rimase a pugnare con l’onorevole Oliverio e con la gente, la stessa che l’aveva eletto e rieletto. Regione Calabria e Provincia di Cosenza stanno a sinistra, sicché, da qui in avanti, il cammino potrà essere di dialogo, serenità e sviluppo. Ce lo auguriamo tanto, posto che, dopo l’iniziativa di Vattimo, e con la sua presenza in consiglio comunale, non sarà più possibile congelare progetti, chiudere gli occhi e calpestare diritti. Così come non sarà esperibile quell’autoritarismo esasperato di parte della sinistra locale, la quale ha mostrato di replicare esattamente ciò che, in Italia, è contestato a Berlusconi: proprietà assoluta della stampa e comportamenti pubblici - e trame - come in regime. Non vogliamo credere, manco per un momento, che l’onorevole Oliverio sarà artefice, pure adesso, dell’ulteriore e finale regressione della città. E non vogliamo farlo perché assumiamo che non abbia mai compiuto tutto da sé, come già scritto troppe volte; perché vogliamo essere di buon auspicio e, innanzi al nuovo pontefice (di Roma), riprometterci d’essere buoni e domandare perdono per il nostro nichilismo ispirato al pensiero debole di Vattimo. E ci rivolgiamo, scusandoci, a padre Vilella, il quale, mosso da spirito cristiano, ha tirato fuori ancora vicende politiche, domenica 17 aprile, giorno anche elettorale, raccomandando di tenersi lontani dagli ateismi e relativismi - che ritiene, senza mai aver letto un solo libro di Vattimo, possano maturare, oggi, per l’azione del professore, nella città dell’eretico Gioacchino da Fiore. La città di San Giovanni in Fiore, si dica quel che si vuole, deve e può crescere proprio perché ci sono argini robusti a quella sinistra dello sfascio perpetuo e perché, con Antonio Nicoletti, può esserci una giusta composizione per le riforme. Bisogna, però, che ognuno faccia la sua parte, che si proceda razionalmente e con onesta passione morale. Bisogna che si guardi al bene della comunità, che s’abbandonino definitivamente modi e sistemi clientelari. Bisogna che si tolga l’agire mafioso - nel senso spesso precisato - di alcuni politici e profittatori. Bisogna trovare distensione e rispetto per le istituzioni, per la cosa e la casa pubblica. L’opposizione, Barile in testa, è chiamata a svolgere un fondamentale ruolo di controllo e crescita democratica. Speriamo, per davvero, che un nuovo corso cominci, col concorso di tutti.
Emiliano Morrone