“Politica, cultura, cultura politica” è stato il titolo del dibattito del 24 agosto 2009, organizzato da lavocedifiore.org e tenutosi nell’Aula Magna dell’ Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri di San Giovanni in Fiore (Cs), col patrocinio del Sap di Crotone - Sindacato Autonomo di Polizia.
Hanno portato i saluti del sindacato Eugenio Lucente, segretario provinciale, e Roberto Bonina, delegato di base-responsabile provinciale polizia stradale. Ha aperto i lavori l’attrice Maria Costanza Barberio, con una lettura di uno scritto di un giovane calabrese, Diego Nesci, il quale pone una serie di domande profonde e spesso prive di risposte sulla politica.
Al tavolo dei relatori il neoparlamentare europeo Luigi De Magistris, l’on. Angela Napoli, il consigliere regionale Antonio Acri, l’antropologo Mauro Minervino, lo scrittore Orfeo Notaristefano e il dott. Vincenzo Tiano.
Il dibattito è stato moderato abilmente dal giornalista Emiliano Morrone, il quale, con stimolo e convinzione, ha impostato i lavori dando maggiormente spazio al pubblico, superando una certa autoreferenzialità dei convegni.
Si è registrata una partecipazione massiccia della cittadinanza, venuta anche da fuori provincia: circa quattrocento persone per tre ore di dibattito. Una ventina di interventi dal pubblico a dimostrazione che la società civile rivendica un ruolo nelle faccende politiche.
L’on. Napoli, oramai di casa a San Giovanni in Fiore, non si stanca mai di stimolare una rivoluzione culturale dei Calabresi, i quali, se vogliono uscire finalmente dallo stato di minorità, non devono più piangersi addosso. L’on. De Magistris è convinto che la Calabria non possa essere migliorata con l’intervento della magistratura, bensì della politica. L’on. Acri ribadisce il concetto elementarmente democratico: la sua attività pubblica trova fondamento nel potere del popolo. Minervino e Notaristefano, autori rispettivamente di La Calabria brucia e Cocaina connection , hanno offerto esempi di giornalismo d’inchiesta volti al miglioramento della politica.
Diversi interventi: quello appassionato d’un cittadino , che giustamente chiedeva: “Se nemmeno un De Magistris è garantito dalla magistratura, a quale procura mi devo rivolgere io, cittadino qualunque, se ho un problema?”; quello del giornalista Antonio Mancina, col quale chiedeva di conoscere i mezzi per compiere la rivoluzione in Calabria; quello consapevole e profondo del consigliere comunale Marco Militerno, che ha rilevato il divario tra nord e sud e ha parlato del progetto delle primarie aperte a San Giovanni in Fiore; quello della prof.ssa Fernanda Bilanzuoli che ha animato la discussione e lasciato una linea di pessimismo; quello di Franco Merandi che ha chiesto all’on. De Magistris come intenda gestire la carica di magistrato con quella di parlamentare europeo; quello del prof. Michele Borrelli, autore del libro Difendiamo la democrazia ; quello del prof. Rosario Foglia, molto critico e deluso dalla classe dirigente; quello di Pietro Spadafora, che ha denunciato come la classe politica abbia tolto qualsiasi speranza ai cittadini e ha invitato i politici presenti ad assumersi le proprie responsabilità; quello di Francesco Scarcelli, che ha auspicato una funzione dominante dei buoni politici; quello dell’architetto Tullio Cusani, riguardante l’urbanistica e la gestione del territorio a San Giovanni in Fiore, luogo di deturpazione e disconoscimento dello spazio pubblico.
Si è effettuato un collegamento telefonico con dei ragazzi di Fano, impegnati nell’antimafia. Ha chiuso i lavori Vincenzo Tiano, il quale in un’epoca di antipolitica, ha tracciato, mediante il ritorno agli antichi, un elogio della politica, affinché i governanti ne abbiano una visione alta e liberatrice, superando le modeste gestioni del potere e gli interessi particolari.
Infine, è stato letto dal delegato di Heritage Calabria, Alessandro Garofalo, un messaggio del presidente François Nicoletti, molto vicino da anni alle sorti dei calabresi. Alla fine del dibattito è stato distribuito, in omaggio, un dvd prodotto da Heritage Calabria dal titolo L’abate della speranza , del compianto regista Max Cavallo e curato da Emiliano Morrone, assieme ad un comunicato volto alla diffusione del pensiero gioachimita a firma della stessa Heritage.
Si ringrazia il Preside dell’Istituto Tecnico, Giovanni Tiano, che ha ospitato il dibattito, il segretario Domenico Foglia (presente sino alla chiusura), il personale tecnico e i collaboratori scolastici. Un ringraziamento è dovuto anche alla Coop. Internationalpol Vigilanza di Giovanni Urso che ha gestito, gratuitamente, il servizio d’ordine dentro e fuori la struttura. Un riconoscimento particolare per la collaborazione tecnico-informatica a Enzo Gigliotti e agli ing.ri Giuseppe Candalise e Luigi Martino, e per la fase organizzativo-pubblicitaria al prof. Pasquale Tiano e Gerardo Tangaro. Grazie a tutti i partecipanti per la riuscita dell’iniziativa.
la redazione
BERLUSCONI SI CAMUFFA DA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (1994), RUBA LA PAROLA-CHIAVE DELLA "IDENTITA’ DELL’ITALIA INTERA .. E A 14 ANNI DI DISTANZA ANCORA L’ESISTENZA DEL SUO PARTITO!?!
E CONTINUA (CON I SUOI COM-PARI, PORTA A) PORTA AVANTI ANCORA IL SUO SPORCO "GIOCO" (2009): "FORZA ITALIA", Viva il "POPOLO DELLA LIBERTA’"!!!
EVIDENTEMENTE L’ ITALIA HA FATTO E VUOL FARE DEFINITIVAMENTE LA FINE DELLA ... VECCHIA "TROIA".
L’ATTACCO DEI "FARABUTTI" VERI, IL PARTITO TRASVERSALE DEL "CAVALLO DI TROIA" CONTRO L’ITALIA CONTINUA E IL PRIMO ATTORE LASCIATO SOLO A GRIDARE: "FORZA ITALIA", SI INFURIA E GRIDA: LO ’SPETTACOLO’ DEVE CONTINUARE!!!
MA TUTTI E TUTTE GRIDANO: SIAMO D’ACCORDO. Non ti preoccupare, il ’gioco’ continuerà. CAMBIAMO IL "CAVALIERE", MA IL GIOCO DEL "CAVALLO" CONTINUA E CONTINUERA’: "FORZA ITALIA"!!!
Finisce in carcere per 50 giorni
per uno scambio di identità
Un giardiniere di Empoli finisce in carcere per 50 giorni per errore. Qualcuno ha rubato la sua identità e poi ha copmpiuto una serie di reati in Germania. Un caso che ha dell’incredibile
di Luciano Menconi *
EMPOLI. Gli hanno rubato l’identità, un pezzo di vita e la serenità delle persone perbene. Luca Cesaretti fino a due mesi fa era un padre di famiglia come tanti: quarant’anni, una moglie, tre figli, un lavoro da giardiniere, piccole e grandi preoccupazioni, piccole e grandi soddisfazioni. Poi il 9 luglio scorso tutto cambia improvvisamente.
Alle 23,20 il campanello di casa suona, all’ingresso ci sono i carabinieri, entrano, gli fanno leggere un foglio, lui impallidisce, non capisce, legge e rilegge quelle righe, poi, come se quello che sta avvenendo fosse un incubo, riesce solo a salutare la moglie e si avvia verso la porta insieme ai militari in borghese.
Meno di un’ora dopo viene rinchiuso in una cella di Sollicciano: secondo il mandato di cattura internazionale che i carabinieri hanno appena eseguito sarebbe il responsabile di una serie di furti commessi in giro per l’Europa. In particolare avrebbe compiuto un colpo al castello di Pullach in Germania l’11 agosto 2002, dove avrebbe sottratto dalla cassaforte scardinata a picconate orologi e preziosi per 50mila euro, poi un secondo colpo il 27 luglio 2003, in un appartamento di Villach in Austria, poi un altro ancora, tra il 28 e 29 agosto 2006 a Monaco di Baviera, dove avrebbe svaligiato una villetta. A inchiodarlo le impronte digitali e le tracce di dna sui luoghi dei delitti.
Ma Luca Cesaretti in Germania e in Austria non c’è mai stato, nei giorni in cui venivano commessi i furti stava lavorando tra Empoli e Fucecchio come dimostrano le fatture da lui consegnate ai clienti, non è pregiudicato e perciò nessuna banca dati può essere in possesso delle sue impronte digitali e tantomeno del suo dna.
Allora perché secondo la polizia tedesca è lui il ladro che nei giornali - qui in Toscana e in Baviera - era stato subito ribattezzato come il giardiniere Arsenio Lupin? La risposta è tanto semplice quanto agghiacciante: per un clamoroso scambio di persona. Qualcuno - a tutt’oggi libero e senza nome - si è impossessato della sua identità, ne ha trascritto i dati anagrafici su documenti sapientemente contraffatti, moduli rubati in un qualche municipio o riprodotti chissà come, poi è andato in giro per l’Europa a commettere reati. Quando è stato fermato, nel 2003 in Austria, il ladro è stato schedato negli archivi della polizia di Vallach come Luca Cesaretti, residente a Empoli, professione giardiniere, al cui nome sono stati associati volto, impronte digitali e dna del malvivente.
L’ultimo colpo, quello compiuto nel 2006, fa scattare la tagliola kafkiana che lo fa finire a Sollicciano. Gli inquirenti rilevano sul luogo del furto le impronte digitali e tracce del dna del ladro, le comparano con quelle contenute negli archivi della polizia, scoprono che corrispondono all’identità dell’autore del furto commesso anni prima in Austria e schedato come Luca Cesaretti. Da qui il mandato di arresto europeo che viene girato ai carabinieri di Firenze due mesi fa. Così il vero Cesaretti si ritrova in carcere con una condanna a 10 anni e 2 mesi di reclusione comminata dalla pretura di Rosenheim per furto aggravato e continuato.
Ci sono voluti 50 giorni e la grinta dell’avvocato Antonio D’Orzi di Empoli per chiarire che in realtà si è trattato di un madornale errore giudiziario. D’Orzi ha raccolto tutta la documentazione che dimostra l’estraneità del suo assistito alle accuse: agende e fatture della sua impresa di giardinaggio relative ai giorni dei furti, amici e conoscenti (compreso un carabiniere) pronti a testimoniare che nelle date dei furti avevano avuto con lui incontri e colloqui, e soprattutto le impronte digitali e il volto che sono completamente diversi da quelli che negli archivi della polizia tedesca corrispondeno all’autore dei delitti.
Così, mentre Cesaretti dopo 18 giorni di reclusione ottiene prima gli arresti domiciliari e poi una misura cautelare ancora più blanda, la direzione centrale della polizia criminale del Viminale e poi la Corte d’appello di Firenze devono prendere atto dell’e rrore e scagionano definitivamente il giardiniere. La stessa cosa che è costretta a fare - e riconoscere con tanto di telex inviato ai carabinieri di Firenze - la polizia tedesca.
«Non so come ho fatto a sopravvivere a tutto questo - commenta adesso il quarantenne empolese - se ci sono riuscito è solo grazie alle persone che mi vogliono bene e che mi sono state vicine durante questo incubo interminabile. Quando i carabinieri hanno bussato alla mia porta ho pensato che fosse uno scherzo di cattivo gusto orchestrato chissà da chi e chissà perché. Quando mi hanno detto perché mi stavano per rinchiudere a Sollicciano mi è sembrato di svenire. In carcere sono stati giorni molto duri, non ho quasi mai dormito e ho perso otto chili. Questa esperienza mi ha tolto moltissimo: oltre a un bel po’ di lavoro mi ha preso un pezzo di anima e mi ha portato via la fiducia che avevo nella giustizia. Senza contare che ogni volta che vedo carabinieri o poliziotti ho come un sussulto di paura. Mi sono molto preoccupato per i miei figli, avevo il timore che i compagni di scuola li prendessero in giro o li guardassero con sospetto per causa mia. Sono pensieri pesanti che mi hanno accompagnato in tutte queste settimane. Ma ancora una volta, grazie all’appoggio prezioso di parenti e amici, oltre a quello di mia moglie che è stata fortissima, i miei figli hanno capito che il loro papà non aveva fatto nulla di male e che possono continuare ad essere orgogliosi di lui».
* Il Tirreno 16 settembre 2009
Il colpo di stato d’autunno
Nei prossimi mesi la maggioranza politica tenterà di attuare il più devastante disegno autoritario dal dopoguerra in poi
di Luigi De Magistris (l’Unità 30.8.2009)
Credo che il popolo italiano debba essere consapevole che la maggioranza politica di ispirazione piduista tenterà di utilizzare le Istituzioni per portare a compimento nei prossimi mesi il più devastante disegno autoritario mai concepito dal dopoguerra in poi. Un vero golpe d’autunno.
Da un punto di vista istituzionale si cercherà di rafforzare il progetto presidenzialista di tipo peronista disegnato su misura dell’attuale Premier. Poteri assoluti al Capo dello Stato eletto dal popolo. Elezioni supportate dalla propaganda di regime costruita attraverso il controllo quasi totale dei mezzi di comunicazione. Il Parlamento coerentemente ad un assetto autoritario e verticistico del potere ridotto ad organo di ratifica dei desiderata dell’esecutivo con le opposizioni democratiche messe in condizione di esercitare mera testimonianza. La distruzione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura attraverso la sottoposizione del pubblico ministero al potere esecutivo con modifiche costituzionali realizzate illegittimamente con legge ordinaria (quale quella che subordina il Pm all’iniziativa della polizia giudiziaria e, quindi, del governo), nonché attraverso la mortificazione del suo ruolo attraverso leggi quale quella che elimina di fatto le intercettazioni (rafforzando quindi la cd. microcriminalità in modo, poi, da invocare poteri straordinari per combatterla).
La revisione della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura - non però nella direzione di liberare tali fondamentali organi dalle influenze partitiche e di poteri che pure sono presenti - ma attraverso il rafforzamento della componente politica e partitocratica. La soppressione della libertà di stampa e del pluralismo dell’informazione formalizzando normativamente la scomparsa dei fatti. La disintegrazione della scuola pubblica, dell’università e della ricerca, in modo da favorire il consolidamento della sub-cultura di regime, quella per intenderci che ha realizzato il mito del «papi», ossia del padrone che dispensa posti e prebende.
Il prossimo Presidente della Repubblica - il desiderio dei nuovi peronisti è ovviamente quello che Berlusconi diventi il Capo, il Capo di tutto e di tutti dovrà avere ampi poteri e con questi anche il comando delle forze armate (dopo aver già ottenuto la gestione della sicurezza attraverso la sua privatizzazione con l’utilizzo delle ronde da lanciare magari a caccia di immigrati e omosessuali) in modo da poter governare anche eventuali conflitti sociali con la forza.
Sul piano economico e del lavoro la maggioranza prepara la repressione al dissenso ed al conflitto sociale causato da un disegno che punta a rafforzare le disuguaglianze attraverso una politica economica che consolida sempre più i poteri forti e squilibra fortemente il Paese come nei regimi (chi ha già tanto deve avere di più, mentre sempre di più saranno quelli che non riescono ad arrivare alla fine del mese), con l’assenza del contrasto all’evasione fiscale e l’approvazione di norme che rafforzano il riciclaggio del denaro sporco. Il furto delle risorse pubbliche che vanno a finire nelle tasche dei soliti comitati d’affari. Il mancato adeguamento dei salari al costo della vita. L’incapacità di favorire l’iniziativa economica privata fondata sulla libera concorrenza supportando, invece, la rapacità dei soliti prenditori. L’assenza di strategia che possa rilanciare il lavoro pubblico e privato fondandolo sulla meritocrazia e non sul privilegio e sull’occupazione della cosa pubblica (come, per fare un esempio, nella sanità). Assenza di politiche economiche fondate su sviluppo e lavoro, tutela delle risorse e rispetto della natura e della vita. Il saccheggio, in definitiva, della nostra «Storia».
Un progetto contro il nostro futuro. Il colpo di Stato apparentemente indolore ed a tratti invisibile reso possibile dall’istituzionalizzazione delle mafie, dalla loro penetrazione nelle articolazioni economiche e pubbliche del Paese, dal loro controllo del territorio, dalla capacità di neutralizzare la resistenza costituzionale. Un golpe senza armi ma intriso di violenza morale con l’utilizzo del diritto illegittimo,della creazione di norme in violazione della Costituzione. L’eversione attraverso l’uso di uno schermo legale. L’uccisione della democrazia dal suo interno. È necessario, quindi, che si realizzino subito le condizioni per una grande mobilitazione civile, sociale e politica che si opponga a questo disegno autoritario che stravolge gli equilibri costituzionali e l’assetto democratico del nostro Paese.