Noi stessi siamo i garanti e i sostenitori di una società malata che vive di schifosi compromessi.
Come comportarsi allora? Vivere una vita di compromesso? Mettersi in gioco solo quando si è sicuri di non perdere o cadere? (...)
In questa terra, che non è come sembrerebbe, terra di nessuno, non è terra abbandonata ma solo semplicemente ed orribilmente terra di ‘ndrangheta, si vive da schiavi. (...)
“Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti” scriveva l’illuminante De Andrè. (...)
Abbiamo la mentalità bieca delle scorciatoie. (...)
Abbiamo la mentalità torva dei favori. (...)
Siamo una società in gabbia incapace di autodeterminarsi.
Momenti come questi nei quali mi chiedo se quello che sto facendo della mia vita sia giusto, sono frequenti, molto frequenti.
Non che "giustizia" sia un termine che si possa usare con leggerezza, né di cui ne conosco un significato univoco, ma la sensazione che non stia facendo davvero quello che voglio veramente c’è.
A questo punto la domanda è che cosa voglio veramente?
Certo verrebbe facile rispondere con costruzioni teoriche bellissime e perfette, di cui peraltro il mondo è pieno; ma è la pratica, di ogni giorno vissuto su questo pianeta reso misero dall’uomo, che li smentisce.
Il fatto è che mi rendo conto di sapere molto poco di quello che effettivamente dovrei sapere o che vorrei poter sapere; è questo stato di profonda ignoranza in cui sono assopito a farmi sentire un’esigenza che certamente dovrà essere fondante di qualsiasi percorso che deciderò di intraprendere. L’esigenza appunto di studiare, di informarmi, istruirmi, per capire cosa accade attorno a me.
Un giorno, sfogliando per caso, un libricino sulle origini delle associazioni massoniche mi saltò all’occhio una frase significativa: “la massoneria non è niente altro che un gruppo di persone che prendendo atto delle proprie facoltà invece di subire la storia decide di esserne il motore”.
Essere il motore della storia, pensai, significa in qualche modo plasmarla e pur essendo fermamente convinto dell’uguaglianza sostanziale e formale dei diritti fra gli uomini, ritenni inconfutabile che ve ne fossero in questo tempo come negli altri passati alcuni più capaci di altri, a cui spettava come dovere quell’oneroso compito. Capendo quindi la possibilità se non di essere già uno di quelli, sicuramente di poterlo (anche se a fatica) diventare, arrivai alla conclusione che questa vita è degna di essere vissuta solamente da protagonisti.
Essere protagonista. Parrebbe cosa quanto mai gloriosa, ma si sa, le prime file sono quelle che in battaglia cadono per prime. Come comportarsi allora? Vivere una vita di compromesso? Mettersi in gioco solo quando si è sicuri di non perdere o cadere?
Grande fu la magnificenza dell’uomo nell’affrontare simili dilemmi di etica ma, ahimè, qualsiasi discorso o ragionamento che voli un po’ più alto finisce irrimediabilmente per precipitare quando mi ricordo di vivere nella mia amata Calabria; qui il destino di tutti sembra immobile.
Anche dopo un’analisi non troppo accurata e profonda, ci si rende conto in modo disarmante dell’impossibilità di poter cambiare lo stato delle cose. In questa terra, che non è come sembrerebbe, terra di nessuno, non è terra abbandonata ma solo semplicemente ed orribilmente terra di ‘ndrangheta, si vive da schiavi.
Sì. Schiavi, tutti schiavi, sia chi opera dentro l’organizzazione, sia chi vi ci sopravvive al di fuori: tutti indistintamente - certo chi in grado di maggiore coinvolgimento e chi in grado minore, ma sempre e comunque schiavi. “Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti” scriveva l’illuminante De Andrè.
Noi stessi siamo i garanti e i sostenitori di una società malata che vive di schifosi compromessi.
Abbiamo la mentalità bieca delle scorciatoie, che ci appaiono semplicisticamente solo un modo comodo di arrivare a un dato obbiettivo, non capendo invece che tali corsie preferenziali diventeranno, e già lo sono, un labirinto irrisolvibile; Abbiamo la mentalità torva dei favori, che prima o poi dovremo ricambiare per riceverne degli altri, creando così una sociètà diseguale in cui prevale la logica del più forte.
Disconosciamo l’interesse pubblico o peggio non riusciamo ad anteporlo a quello privato.
Siamo una società in gabbia incapace di autodeterminarsi.
Combatto ogni giorno per non farmi sopraffare da questo modus vivendi, che è soprattutto un problema culturale nonché storico, e così facendo mi scontro ripetutamente con il male peggiore che affligge l’ umanità: la stupidità non consapevole.
Sono convinto che si possa e si debba fare qualcosa ma non so bene come e dove farla ma soprattutto con chi.
E’ agghiacciante come delle volte, il più delle volte, mi senta solo ed in qualche modo emarginato da questa società che non capisce e non tutela la mia sacrosanta esigenza di libertà che dovrebbe essere quantomeno condivisa.
E’ come se lo stato attuale delle cose alla fine vada bene un po’ a tutti; altrimenti non si spiegherebbe tutta questa passività e obbedienza al sistema vigente.
Ma come è possibile che una minoranza decida il nostro destino e noi non riusciamo a ribellarci?
A questa domanda da tempo mi sono dato una risposta: infatti quella che in realtà è minoranza diventa purtroppo maggioranza schiacciante mischiata e confusa con maestria a quella massa considerevole di malati afflitti da stupidità non consapevole.
La verità vera è però che questo problema sociale ed esistenziale non può essere trattato così generalmente ed è molto più complesso e soprattutto pieno di sfaccettature di quanto possa sembrare; inoltre non ci si può prendere il lusso né di cadere in luoghi comuni irrilevanti né in un inconcludente disfattismo.
Non avendo ancora però la capacità per farlo, non lo farò.
22 novembre 2008, Diego Antonio Nesci
Ed io? Ed io che ci sto a fare ancora qui in Calabria? Ci sono pur nato certo, ed inevitabilmente, un giorno o l’altro, il più tardi possibile, ci creperò. Stupidamente, frattanto, ad arrancare come un cane rabbioso, orbo tra orbi/ orsi /otri in una (in)esistenza asservita, a maledire il cielo. A cercare distinzioni inossidabili: che cazzo mai ho da spartire io, sì proprio io, con voi servum pecus! A scrivere del più e del meno, sempre meno, in uno sterile, ameno vaniloquio esercizio di stili. L’estrazione calabrese un accidente ed il mio dentista un odontotecnico che si spaccia per ciò che non è. ...Son Lombardo io! I miei geni a condannarmi, il mio genio a non smettere d’incularmi. Se sono come voi, che colpa ne ho io? Tare ereditarie e saperi occasionali hanno partorito e plasmato in maniera acconcia il gran portento, me ne sto sul mio piedistallo, come sul trespolo un parrocchetto. Autocompiacimento /narcisismo e solipsismo in egual guisa. Tutta colpa dei cromosomi di mio padre e mia madre, delle loro aspettative, delle loro ansie, delle loro certezze. Per non parlare della scuola. Sì della scuola. Cosa ho imparato io? Cosa avrei dovuto/potuto imparare? Avrei dovuto imparare a genuflettermi con quel pizzico di contrizione che suscita pietà, ammirazione, attenzione. Io e le mie idee. I miei titoli li vendo all’asta: sono povero in canna io! Io, che avrei potuto fare grandi cose solo se... Io non... Non “Vorrei essere libero come un uomo / Come un uomo / Che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia /E che trova questo spazio solamente nella sua democrazia /Che ha il diritto di votare / E che passa la sua vita a delegare /E nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà. (G. Gaber)” Si stava meglio quando si stava peggio, decisamente. Vuoi mettere la civiltà contadina?! Mio nonno analfabeta scopava come un riccio e sua moglie a cinquant’anni, aveva già sfornato la sua sfilza di undici figli “venuti al mondo come conigli (F. De Gregori)”. Niente grilli per la testa. Schiena piegata e abbondanza di niente, ma una vita sana in ogni caso. Vuoi mettere la soddisfazione?! Altro che viagra, cialis, ciarle! Niente telefonini a rompere lì nel bel mezzo. Che adesso i telefonini li usate pure per sturarvi il culo, a mo’ di ordinari vibratori insomma! ...Vuoi mettere la soddisfazione?! Bisognerebbe interrogarsi, un giorno o l’altro, sulla possibile condanna al patibolo del superfluo, voi e la vostra bella nostalgia canaglia dei bei tempi andati! Ti ricordi? ...Non ti ricordi? ...Ma dai! Non vuoi darmi a bere, che pure tu si’ natu ieri e camini goj!? Quando due più due faceva quattro. Quando i treni arrivavano sempre e comunque in orario. Quando l’acqua era acqua ed il vino s’annacquava. Quando la quinta elementare valeva più di una laurea, e chi sapeva leggere e scrivere (si) contava sulle dita d’una mano. Quando i signori erano signori ed i cafoni rimanevano comunque tali. Quando i gabinetti si confinavano fuori, e il fardello dei vasi da notte volava giù dalle finestre. Sic transit gloria mundi. La nostalgia dei bei tempi andati, che bella ardita consolazione! Vuoi mettere la religione delle tradizioni?! Le oneste /dilette tradizioni rispolverate ad ogni pie’ sospinto e spacciate per cultura per ingrassare pro-loco e qualche altra meritoria associazione. Non ne posso più del vostro folklore del cazzo! Non ne posso più di tarantelle ed organetti, di conserve, sazizze e pasta fatta in casa. Odio il vernacolo delle vostre rime in versi. Odio le agiografie dei vostri beati e/o santi e le geografie dei vostri vetusti borghi. Le chiese, le case, i conventi, le conventicole. Che me ne frega a me? Son Lombardo io, Calabrese nemmeno per sogno! “Ci sarebbe da scoprire tutto cio’ che e’ da apprezzare, me la sento:/ sarebbe bene ne potessimo parlare.(Marlene Kuntz)” Indosso la mia dignità con ostinazione, come se temessi di fare cattiva figura, come se indossassi una camicia di forza che si allaccia culavantarrieti. Se io fossi davvero un pazzo, voi di grazia, cosa sareste? ...Omnia munda mundis. Lo sfascio di questa nostra terra bruzia non vi atterrisce, non vi addolora, non vi mette vergogna? Non vi disgusta (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=4256) il vostro mare di merda dove con nonchalance vi recate come in processione di domenica in domenica? Non vi ripugnano i vostri ospedali che sfornano morti per cause sempre da accertare, mentre il deficit finanziario e d’assistenza straripa di anno in anno? Non vi fa incazzare lo sfascio generale e il sorriso imbelle sempre uguale del politico di turno di tragedia in tragedia? La religione del potere purché sia e il potere della religione come instrumentum regni. “L’uomo è stato creato libero, è libero; poi gli viene il morbillo, e poi la dignità - e con questa non sa che pesci prendere. Salvo che non diventi sottosegretario. È questa l’unica situazione in cui il filisteo va in giro come se dovesse portare la borsa della divina Provvidenza. (Karl Kraus)” Il passato. Il passato. Il passato equamente, o non tanto, ripartito tra magna grecia e bruttium, quello di verdura è per lo più liofilizzato, surgelato, pronto all’uso. Il futuro, senza rancore, a pigliarvelo nel culo. Il presente a grattarvi i coglioni o a navigare nel mare magnum della dissimulazione. “Ah! L’ironia! / non ci prende alla sprovvista / è come una pioggia estiva / che ci bagna in mezzo al mare (Quintorigo)” Il web che bella stronzata! Vuoi mettere una bella scopata in rete, e cumi ti ricrii a (ri)sorbirtela in streaming?! Da viverci di rendita, archiviando i bei tempi andati. Intanto la tua bella foto tessera si (s)vela su facebook, oppure sotto altre sembianze il tuo ego s’invera, peccato non ci sia scritto sotto in bell’evidenza: che razza di deficiente! ...“Considerate la vostra semenza:/ fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e canoscenza’ (Dante )”. Pure mezza Bisignano è in palla per Facebook, l’altra mezza non si schioda dal sonnellino imperituro sul sofà davanti alla televisore, spento o acceso che differenza fa? L’indignazione fa proseliti nei bar, il senso civico pubblico si è dato alla macchia. Spersa ogni speranza. Tutti, canuti e imberbi, amici di tutti. Ossequi e riverenze fanno m(el)assa. La denuncia è anonima carta straccia. “E` inutile non c’è più lavoro, non c’è più decoro / Dio o chi per lui sta cercando di/ dividerci, di farci del male, di farci annegare... (L.Dalla)” Ci si schiera, pittuttosto, per il ritorno/ripristino delle serenate /scemate, per quattro cazzate, la squadra del cuore e non si piglia posizione su tutto il resto. Del resto la politica è morta ma i politici (se la s)campano. All’inverso andrebbe decisamente meglio. Meglio Facebook, meglio le dispute sterili per il gusto di dire ci sono pur io, meglio il rivendicare fieri la propria ignoranza. “Ah! L’ironia, sì! / non ci perde mai di vista /è come una pioggia estiva /che ci guarda naufragare (Quintorigo)” Per il gusto della curiosità, che fa rima con novità, meglio spararsi qualcosa in vena! “E andiamo a vedere le luci della centrale della centrale elettrica! Andiamo a vedere i colori delle ciminiere dall’alto dei nostri elicotteri immaginari, andiamo a dare fuoco ai tramonti e alle macchine parcheggiate male, ad assaltare ancora i cieli e farci sconfiggere e a finire suoi telegiornali, foto in bianco e nero delle nostre facce stravolte sui quotidiani locali andiamo a vedere i canteri delle case popolari dai finestrini dei treni ad alta velocità trasformiamo questa città in un’altra cazzo di città!!! (Le Luci della Centrale Elettrica) Uno sfogo? L’ennesimo rimbrotto? Il piagnucolamento di rito? No. Una semplice variazione sul tema del già detto. La mia condanna è la vostra indifferenza.
Rosario Lombardo
Siamo una società in gabbia incapace di autodeterminarsi.
Federico La Sala
Una “contraddizione” in Vaticano? “Santità, perché il Vaticano vende anche sigarette?”, ha chiesto un sacerdote romano a Giovanni Paolo II, durante l’udienza che il papa concede ogni anno al clero romano. Il sacerdote ha detto inoltre: “Questo commercio, oltre a danneggiare la salute, contraddice i suoi continui appelli alla difesa della salute e la nostra attività pastorale”. (La Repubblica, 3 marzo 1995) Per Ugo Mesini, sacerdote 76enne, il fatto che il Vaticano venda tabacco e sigarette - le cui confezioni recano la dicitura “Il fumo è dannoso alla salute” - è una vera e propria “controtestimonianza”,
“Il secolo di Satana” “Se si considerano i suoi aspetti peggiori, questo è stato il secolo di Satana”, dice un editoriale del New York Times. “In nessuna epoca precedente l’uomo ha manifestato una tale tendenza e un tale forte desiderio di uccidere milioni di persone per motivi di razza, religione o classe”.
“Perché, Signore, hai taciuto?” QUESTE parole sono state pronunciate da papa Benedetto XVI il 28 maggio 2006, in occasione della sua visita all’ex campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, il luogo in cui i nazisti sterminarono centinaia di migliaia di ebrei e altri. Il papa ha aggiunto: “Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? . . . Dobbiamo rimanere con l’umile ma insistente grido verso Dio: Svegliati! Non dimenticare la tua creatura, l’uomo!” - L’Osservatore Romano, 7 giugno 2006. Il discorso del papa ha suscitato vivaci reazioni. Alcuni hanno rilevato omissioni significative, come il mancato richiamo all’antisemitismo che caratterizzò le atrocità di Auschwitz. C’è anche chi ha letto nelle parole del papa un tentativo di sminuire la richiesta di perdono per le colpe della Chiesa fatta da Giovanni Paolo II. Un giornalista cattolico, Filippo Gentiloni, ha osservato: “Era però logico che non pochi commentatori di fronte alla domanda difficile su dove fosse Dio, domanda senza risposta, chiedessero invece risposta alla domanda più facile: dove era Pio XII?” (Adista, 10 giugno 2006) I commentatori si riferivano al silenzio di papa Pio XII durante l’Olocausto. L’Olocausto e tutti gli altri genocidi commessi nel corso della storia umana dimostrano che “l’uomo ha dominato l’uomo a suo danno”. (Ecclesiaste 8:9) Davanti a tanto orrore il Creatore dell’uomo non ha taciuto; anzi nelle pagine della Bibbia ha spiegato perché ha tollerato il male. Dio, inoltre, ci ha assicurato che non ha dimenticato l’umanità, perché il periodo concesso all’uomo per autogovernarsi avrà presto fine. (Geremia 10:23)
Siamo una società in gabbia incapace di autodeterminarsi.
Sono convinto che si possa e si debba fare qualcosa ma non so bene come e dove farla ma soprattutto con chi.
esigenza di libertà che dovrebbe essere quantomeno condivisa.
Ma come è possibile che una minoranza decida il nostro destino e noi non riusciamo a ribellarci?
La verità vera è però che questo problema sociale ed esistenziale non può essere trattato così generalmente ed è molto più complesso e soprattutto pieno di sfaccettature di quanto possa sembrare;
Non avendo ancora però la capacità per farlo, non lo farò.
27, Gennaio...2005...............60 anni fa’ in questo stesso giorno, l’ultimo dei campi di concentramento nazzisti...AUSCHWITZ e’ stato; chiuso.
4 Km...Quadrati; dove treni venivano di continuo; pieni e se ne andavano vuoti.
8.000...muorivano ogni giorno...e quelli che lavoravano; lo facevano per oltre, 10 ore al giorno; con 200 calorie di rancio.
Il caffe’...... non era caffe’ vero!.
Questo periodo della storia e’ stato definito; non solo un periodo senza giustizia; ma addirittura; (un periodo demonico).
Tutto questo rappresentava, una degradante situazione di fare; (il loro meglio del PEGGIO)
MILIONI sono morti per darci la risposta....con la loro morte...perche’ son davvero morti.
una minoranza decida il nostro destino!!!
la capacità per farlo!!!non lo farò!!!
Perche’ non farlo se veramente siamo ansiosi di trovare la risposta?
(il male peggiore che affligge l’ umanità: la stupidità non consapevole).
(Con tutto il bene del mondo)